Il Calamaio Bianco

Tra le righe dell'Albania

"Ho voluto narrare della società italiana". Leonard Guaci racconta il suo Ottanta infinito, prossimamente in libreria

gen 022021

Ottanta infinito è il nuovo libro di Leonard Guaci, edito da Besa Muci Editore, prossimamente in libreria. In una breve chiacchierata a tu per tu con lo scrittore, gli abbiamo chiesto di parlarci apertamente del suo romanzo.

Come e perché nasce Ottanta infinito?

Nelle mie precedenti pubblicazioni, ho trattato approfonditamente di tematiche legate all'Albania e ai quei Paesi, dove il comunismo ha condizionato tutto il sistema, da quello della pura quotidianità, a quello sociale e culturale. A un certo punto, mi sono reso conto che forse la mia missione in tal senso era finita e che sentivo fortemente l'urgenza e la necessità di narrare altro. Vivendo da tanti anni in Italia e avendo uno spirito d'osservazione molto acuto, ho pensato di mettere a frutto tutto quello che ero riuscito a carpire nel tempo. Sin da bambino, pur vivendo in Albania, ho sempre seguito le vicende italiane attraverso la televisione della Penisola, nonostante le problematiche legate alla lingua e ricordo di essere rimasto particolarmente colpito dalla questione del Banco Ambrosiano. Certamente all'epoca, non ne comprendevo proprio il senso, ma era impresso in me il volto di Roberto Calvi, i suoi baffetti, il suo sguardo così triste. Crescendo ho avuto modo di studiare e approfondire le vicende legate a questi fatti, che secondo il mio parere, hanno costituito uno dei più grandi scandali del sistema italiano del dopoguerra. undefined

In che modo ti sei documentato?

Innanzitutto leggendo due libri che mi hanno illuminato su quanto accaduto. Il primo è La storia di Roberto Calvi di Gianfranco  Piazzesi e Sandro Bonsanti (Longanesi 1984) e il secondo si intitola Poteri forti di Ferruccio Pinotti (Feltrinelli, 2017). Sono stati utili entrambi e in particolare la biografia di Calvi, che mi ha aiutato a conoscere il personaggio e i fatti che tanto da bambino mi avevano impressionato. Molto preziosi sono stati anche gli articoli su internet, i ritagli di giornale che ho recuperato e tutto quello che sono riuscito a ritrovare.undefined

Una parte della trama si fonda sul rapimento della sorella del protagonista. Ha un senso preciso questa scelta?

Onestamente no. Il rapimento è il pretesto che permette al protagonista d'indagare e di entrare in uno scenario di situazioni poco chiare e piuttosto torbide. Nessun riferimento a episodi autobiografici o di vita personale. Un'altra scelta ben ponderata è stata quella di rimanere sopra le parti. Ho voluto narrare senza esprimere la mia opinione, anche perché sarebbe stata insensata e priva di fondamento. Forse, mai si avrà una soluzione definitiva della vicenda. 

Leonard Guaci nasce a Valona nel 1967. Inizia la sua attività letteraria con numerosi scritti sui giornali albanesi. Nel 1990 si trasferisce a Roma e avvia la collaborazione con i periodici "Lo Stato" e "Il Borghese" e con il TG1. Con Panciera Rossa vince il Premio internazionale di letteratura "Antonio Sebastiani". Per Besa ha già pubblicato I grandi occhi del mare nel 2017.

 

Le Streghe secondo Virgjil Muçi

set 012020

                          Tra incanto e realtà, nel vagabondaggio del non senso

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In una notte illuminata dalla Luna Piena, alla vista del mare di Durazzo, uno scrittore fa scivolare la sua magica penna sul foglio e lasciando una fievole scia di stelle, da vita a un giovane intrepido, gagliardo e talmente sicuro di sé, tanto che nessun nome sembra essere adatto a lui. Il Ragazzo senza Nome non sa cosa sia la Paura e questo suo tormento lo spinge lontano, in un viaggio senza meta, in un vagabondaggio del non senso. Un percorso lungo, con poche soste, in cui il giovane da prova della propria abilità e di una superbia prepotentemente altezzosa. Che delusione per lui! Non riesce proprio a provare la sensazione che dona la Paura: cosa potrà mai dire questa strana emozione? Ed ecco le porte di una città, un posto che sembra abitato da fantasmi, dove aleggiano strani spiriti pronti a far perire sotto la propria scure, chiunque si offra come guardiano della ricca casa dell’uomo passato a miglior vita. Quale occasione ghiotta si presenta al suo cospetto! Finalmente avrà Paura, finalmente saprà cosa vuol dire. Ed eccolo nelle vesti dell’intrepido guardiano, nell’attesa del nulla, con la prontezza di chi ha voglia di accogliere tutto. Inizia così la sua traversata negli Inferi, tra spiriti che narrano, insospettabili streghe e uomini dalla disarmante semplicità e salvifica saggezza. Il Ragazzo non ha Paura quando le anime inquietanti gli parlano di quelle strane donne chiamate Streghe, che vendono la propria anima alla notte, sconfitte dalla purezza di altre anime, che mai si abbandoneranno al male. Allora cos’è la Paura? Quanto è necessaria nella nostra esistenza? Se lo chiede Virgjil Muçi nel suo Streghe, una fiaba adatta a grandi e fanciulli, domandandolo anche al lettore e ponendolo di fronte al quesito di tutti i tempi: quanto è importante la paura? Soprattutto, quanto è necessaria nella nostra vita? Provare tale emozione può metterci al riparo da situazioni di pericolo e aiutarci a reagire nel migliore dei modi in contesti di scarsa sicurezza. Nello specifico, però, il Ragazzo senza Nome conquista una fetta di mondo senza la paura: ci sarebbe riuscito lo stesso se avesse provato questa potente e viva sensazione? Allora qual è il giusto equilibrio? Esiste? undefined

Nella bella fiaba di Muçi non è solo il Ragazzo a non provare paura, ma anche tutti coloro che con la solo ingenua saggezza sconfiggono le Streghe. Lo scrittore disegna magistralmente queste figure di donne della quotidianità, pronte, spesso a loro stessa insaputa, a trasformarsi in anime perdute, che volteggiando nelle buie notti, mietono terrore. Si è parlato tanto di streghe nella storia: basti pensare che nel folclore popolare occidentale, le incantatrici sono sempre state circondate da un alone di negatività. Donne colpevoli e additate come usurpatrici della comunità, in possesso di malefici poteri magici. Figura antichissima quella della strega, i cui albori risalgono a prima del cristianesimo, ma è solo nel Medioevo che si individuano le fattucchiere come donne eretiche e pericolose. Non è un caso che la tristemente nota “caccia alle streghe”, conosca il suo culmine nel 1486. Donne accusate di stregonerie, le cui confessioni molto spesso vengono estorte, con modi che nulla hanno a che vedere con i canoni più elementari di umanità. Ed è proprio partendo da questi concetti, che la letteratura rende protagonista la strega in diverse opere, in diversi secoli. Le Streghe di Virgjil Muçi richiamano in qualche modo quelle della credenza popolare, con l’unica differenza che le sue, sono donne del focolare, ai cui corpi, la notte ruba l’anima. È la loro essenza a circolare tra uomini e donne ignari, travolti da fatti stranamente inspiegabili. Anime le loro, rapite dal male oscuro, quello indecifrabile, che spesso ci è accanto e che non riconosciamo. Muçi, però, ci ricorda che le disoneste magagne possono sempre essere sconfitte e la purezza d’animo può rappresentare un’arma potentissima. Lo scrittore offre il cuore incontaminato da ogni sozzura, come utile lente di ingrandimento contro il male. Quel male che sembra puramente fiabesco, in realtà identificabile con una delle sofferenze che maggiormente affligge la società: la non identificazione dell’altro. Le cronache quotidiane insegnano quanto sia difficile a volte individuare il marcio, quello che potenzialmente potrebbe viverci accanto, invadere la nostra vita, soffocare la nostra libertà. Quella corruzione dell’anima che veste i panni della violenza, che a volte si circoscrive troppo tardi, per colpa di pochi e responsabilità di tanti. Come questa fiaba insegna, l’intuizione e l’azione della genuinità, di chi è pronto a stare accanto, sono delle valide alternative alla “paura” e al “cavarsela da soli”. Questo Streghe, dall’essenza prettamente fiabesca, incastonata in uno stile armonico ed equilibrato, dalla lettura piacevole e divertente, è un libro di poche pagine, che si legge tutto d’un fiato. Una favola che può essere letta come tale, o una breve lettura, capace di offrire insegnamenti e spunti di riflessione molto forti.                                                                                                      Anna Lattanzi

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