Il Blog di Davide Morelli

Pensieri di un pontederese (Sozzifanti mon amour)

"Il Meridione rugge" ovvero due parole sulla poesia meridionale...

ott 312022

 

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Cantava decenni fa Piero Ciampi: "il Meridione rugge, il Nord non ha salite…". È passato molto tempo dai versi di questa canzone. Sono cambiate molte cose. L'Italia ha mutato faccia. Però ancora oggi il Meridione rugge, ma non tutti lo ascoltano, soprattutto in poesia. Ci sono diversi poeti meridionali validi, da ricordare, che non sono conosciuti come dovrebbero perché schivi, appartati. Alcuni poeti meridionali si sentono incompresi e forse hanno ragione. Pensano, soprattutto i più anziani, di essere testimoni o custodi preziosi di una realtà che gli altri non possono capire. Ma non ci sono solo quelli che quasi si autoescludono dalla vita. Ci sono anche quelli ostracizzati, emarginati, feriti nell'animo, esclusi dalla comunità poetica, apparentemente tanto accogliente ma talvolta faziosa, troppo esclusiva. La realtà è che le grandi case editrici, gli incontri letterari, le riunioni culturali che contano veramente sono a Roma, a Milano oppure nel Nord. Un poeta meridionale parte svantaggiato. L'industria culturale almeno nei decenni precedenti ha promosso tutt'altro, ma non la poesia meridionale. Prima di tutto per autopromuoversi poeticamente ci vogliono tempo, soldi, opportunità per creare sodalizi, incontrare letterati, partecipare a dei premi. Un poeta disoccupato siciliano è già di per sé escluso a livello logistico ed economico ad esempio. La realtà è che per molti anni in poesia ha prevalso la linea lombarda, mentre invece non ha avuto adeguata rilevanza culturale, editoriale, mediatica la poesia del Sud. Si pensi solo a tutto quel fiorire di riviste letterarie napoletane o campane che sono nate negli anni '70, '90, '90 e la critica letteraria che conta non ne ha mai capito l'importanza, non le ha mai considerate veramente. Sembra quasi che a un pregiudizio sottoculturale di stampo pseudoleghista si associ un pregiudizio puramente letterario nei confronti dei poeti del Sud. Tra poeti del Sud ci sono ottimi e buoni autodidatti, che però vengono snobbati dalle accademie e dalle università. Alcuni poeti del Sud non vengono stimati perché scrivono in dialetto e la critica letteraria neanche li considera degni di nota. Certamente cercare di rendere pan per focaccia e iniziare una guerra umana e letteraria tra Sud e Nord non ha senso, è estremamente dannoso e controproducente. Non porta a niente ricambiare l'odio da parte dei poeti del Sud nei confronti del Nord, né porta a niente l'autocommiserazione perenne. Non ha nemmeno senso crogiolarsi nella sofferenza interiore e/o trincerarsi in un complesso di inferiorità o superiorità. Non ha senso neanche mettersi a criticare quello che c'è di buono nella poesia del resto d'Italia oppure chiudersi a riccio e fare esclusivamente sette di poeti meridionali. Un rischio insito nella poesia meridionale è quello di fare cricca, di fare massoneria per difendersi, di considerarsi superiori, perché più puri e incontaminati, per sopravvivere. Il sistema chiuso invece non porta a niente. Ecco perché i poeti meridionali che l'hanno capito usano sempre più Internet e interagiscono con persone di ogni provenienza e cultura. Il sistema per forza di cose deve essere aperto. Non ha nemmeno senso pensare di essere troppo rancorosi, vendicativi, violenti e pensare di "menare le mani". Per quel che la conosco la poesia del Sud può rinnovare la tradizione poetica o continuarla egregiamente, può riprendere la tradizione del nuovo (ovvero la neoavanguardia), può essere ottima poesia visiva o comunque sperimentale. Una qualità dei poeti del Sud, per come li conosco io, è senz'altro che sono più refrattari a seguire le mode letterarie, culturali, poetiche e cercano di non farsele imporre. Un difetto a mio avviso presente in alcuni luoghi del Sud è che chi scrive quattro versi la domenica a tempo perso spesso viene considerato poeta, mentre invece poeta è una parola grossa, da usare con parsimonia e cautela. Un rischio per alcuni poeti meridionali è quello di farsi attanagliare però dal conformismo culturale, ma anche dal moralismo (questo vale per i più anziani, i cosiddetti boomers), insomma da quel decoro piccolo-borghese che Mastronardi chiamava "catrame", visto che il Sud è fatto soprattutto di borghi dove tutti sanno tutto di tutti. C'è bisogno dei poeti meridionali che cantano la bellezza del paesaggio e della terra del Sud, ma anche le contraddizioni e le difficoltà di quella realtà (e intendiamoci bene ogni realtà ha i suoi punti critici. Non siamo certamente più ai tempi di Carlo Levi). La letteratura italiana ha bisogno della poesia meridionale, che è un poco più defilata e marginale rispetto ad altre zone italiane. Inoltre i poeti meridionali devono lottare contro una realtà culturale più difficile. In alcune zone del Sud (e penso di poterlo scrivere senza alcuna ombra di pregiudizio... che poi io non sono mica del profondo Nord) fare cultura è più difficile. In alcune zone del Sud, dove la criminalità organizzata ha il controllo del territorio, scrivere poesia significa poter denunciare quello stato di cose, rompere gli schemi, andare contro la sottocultura. Per alcuni uomini di onore chi scrive poesia è un mezz'uomo, uno che rincorre farfalle, un poveretto, etc etc. In realtà scrivere anche poesia in certe realtà è pericoloso e chi scrive è ritenuto una persona scomoda. Viene guardato con sospetto, con molta diffidenza. Questo purtroppo è ancora un retropensiero diffuso. La politica meridionale dovrebbe valorizzare molto meglio la poesia del Sud con la creazione di premi e festival letterari, che potrebbero innescare un piccolo circolo virtuoso e aumentare in piccola parte il turismo culturale. Eppure Pirandello, Quasimodo e molti altri grandi letterati erano meridionali. La poesia italiana nasce con la scuola siciliana, se non erro. Quindi ogni pregiudizio contro la poesia del Sud contemporanea è infondato. Chi può a onor del vero cantare la bellezza del Mediterraneo, se non i poeti del Sud? Chi è troppo ingenuo o ignorante in letteratura pensa che il Sud sia un mondo a parte, un mondo lontano, un'altra realtà. Invece con la poesia meridionale bisogna fare i conti, non si può relegare ai margini. Lo so benissimo che alcuni penseranno che io deliri o sia totalmente fuori strada, che ormai queste sono cose antiche o inesistenti, ma basta leggere soltanto alcune pagine di qualche saggio del poeta Giorgio Moio per capire che anche recentemente la poesia meridionale non ha avuto l'attenzione che si meritava. Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che nelle antologie scolastiche Alfonso Gatto, Sinisgalli, Scotellaro, Calogero, Pierro, etc etc ci sono tutti. Ma quanti vengono messi nei programmi scolastici e quanti poeti del Sud vengono fatti studiare? Proprio al Sud ci sono molti giovani che si laureano brillantemente in materie umanistiche e scrivono cose egregie. Proprio nel Sud ci sono delle isole felici, diverse associazioni culturali, diversi circoli culturali, che premiano i poeti, ancora più che in altre zone di Italia. Il Sud talvolta mi sembra quasi spaccato culturalmente, in precario equilibrio, a metà strada tra due fuochi: il fuoco della criminalità e quello del vero Rinascimento letterario. In questi ultimi anni si registra comunque una maggiore attenzione nei confronti della poesia meridionale e, diciamocelo francamente, Internet ha ridotto le distanze e le ingiustizie critiche, visto che oggi tutto viene pubblicato e reso noto al pubblico online.

 

 

Il poeta del web e il poeta riconosciuto (tra il serio e il faceto)...

ott 182022

 

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Se Il poeta riconosciuto pubblica con la Mondadori, l'Einaudi, la Feltrinelli, la Garzanti, il poeta del web pubblica nel suo blog letterario (o aspirante tale) i suoi versi. Ogni tanto fa qualche altra apparizione in altri lit-blog di amici oppure in una rivista online a cui collabora. Se il poeta riconosciuto viene elogiato da una miriade di aspiranti poeti, che si dicono amici (ma la loro amicizia è molto interessata e finalizzata a far parte delle patrie lettere), ebbene il poeta del web ha come amici dei sodali. In realtà il poeta riconosciuto e il poeta del web hanno entrambi pochi amici veri nel loro mondo artistico e invece molti conoscenti: il primo viene più invidiato che ammirato, il secondo è in competizione con gli altri e anche se non gareggia sono gli altri che sono comunque in gara con lui (pochi capiscono come Ferlinghetti che la poesia non è una gara). D'altro lato la poesia è anche pubbliche relazioni, consiste anche nello stringere alleanze. Il poeta riconosciuto frequenta solo i propri pari. Il poeta del web frequenta tutti oppure si autoesclude dalla vita. Se il poeta riconosciuto per un motivo imprecisato cade in disgrazia nessuno lo considera più. Il poeta del web se ha successo acquista molti falsi amici, ma perde anche qualche amico vero. Fino a quando il poeta del web è un carneade i suoi amici (o apparenti tali) gli danno manforte, gli danno sostegno emotivo/psicologico. Il poeta riconosciuto pubblica per tutti. Il poeta del web pubblica per la propria bolla ma anche per nessuno.


Il poeta del web si deve sudare collaborazioni in blog e riviste online oppure anche delle apparizioni in angoli di web. Spesso ricorre a delle pubblicazioni a pagamento di libri per dire che ha pubblicato anche lui e per essere più accreditato. Il poeta riconosciuto spesso è un cattedratico o ha buone entrature nel mondo universitario. Non ha problemi a trovare una casa editrice che non lo fa pagare perché sa che il suo nome è una garanzia e permetterà almeno un piccolo ritorno economico. Il poeta riconosciuto sa che il suo libro avrà molte recensioni sui quotidiani e che i suoi seguaci lo compreranno. Il poeta riconosciuto viene già antologizzato in qualche manuale scolastico. Nessuno regala niente al poeta del web. Talvolta chiede aiuto economico ai suoi familiari per pubblicare un libro di poesie. Fa dei sacrifici risparmiando per tutto l'anno oppure li fa fare ai suoi familiari. Nel corso degli anni potrà scrivere sul suo curriculum che ha pubblicato diversi libri. Inoltre ogni pubblicazione online è una piccola conquista, un piccolo passo avanti. Ma verso dove? Essere pubblicato su qualche sito letterario in più cambierà forse la sua vita, lo farà svoltare (come si dice a Roma) oppure migliorerà la sua arte? In ogni caso è un passatempo, un hobby...

 

 

 

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Per essere poeti riconosciuti bisogna avere capacità intellettuali, cultura umanistica, saper sfruttare le giuste occasioni (per dirla alla Montale), la fortuna di avere almeno un maestro (io sostengo che la cosa più importante a tal riguardo sia avere una buona maestra elementare perché parte tutto da lì), ma spesso bisogna anche avere un trauma da superare, un lutto da rielaborare, essere considerati dei diversi per qualsiasi motivo, avere un grande amore non corrisposto, essere disadattati, avere una psicopatologia oppure essere poveri: una sola di queste cose o più cose insieme. I grandi poeti e le grandi poetesse sono tutti in un certo qual modo traumatizzati almeno da un evento della vita oppure in senso lato dalla vita stessa. Per essere poeti o poetesse bisogna soffrire. Non a caso alcuni critici talvolta scrivono agli aspiranti poeti: "bravo ma freddino" oppure più semplicemente "non sai ancora cosa vuol dire soffrire". Ci vuole quindi qualcosa che segni per sempre in modo indelebile. I casi sono due: vivere normalmente o soffrire e scrivere. Ma non è sufficiente. I casi sono ancora due: vivere o capire. Il poeta riconosciuto soffre, capisce, scrive. Il poeta del web pensa di capire, pensa di soffrire, nel frattempo scrive. Inoltre il poeta riconosciuto deve essere contro la mentalità comune, contro la logica del sistema, contro il potere costituito. Associando queste due caratteristiche, utilizzando le parole di De André, potremmo affermare che ogni poeta autentico, riconosciuto o meno, "viaggia in direzione ostinata e contraria, con il suo marchio speciale di speciale disperazione".

 


Il poeta del web spesso si guarda bene dal non mettere tutto in piazza. Se ha dei traumi non vuole metterli in piazza, neanche in una piazza virtuale. Sa che i suoi compaesani o i suoi concittadini potrebbero usare tutto ciò che scrive contro di lui. Cerca quindi di non autospubblicarsi. L'autopubblicazione va bene, ma non l'autospubblicazione. Prima di scrivere qualcosa di compromettente si autocensura pensando ai suoi familiari, ai suoi parenti, alle sue amicizie. D'altronde è con loro che deve convivere. Non tutti sono disposti a dare tutti sé stessi in pasto a tutti. Che poi anche i datori di lavoro o i potenziali datori di lavoro possono leggere le cose pubblicate sul web. Basta fare una semplice ricerca. Insomma di solito il poeta del web ha minore talento del poeta riconosciuto, ma non osa mai tanto. Si risparmia. È più pudico. È meno coraggioso. Ha una reputazione da difendere nel suo paese o nella sua cittadina. Il suo lavoro, il lavoro dei suoi familiari dipendono in buona parte anche dalla reputazione. Il poeta del web ha molto da perdere e forse il gioco non vale la candela. Il poeta riconosciuto ha le spalle molto più larghe. Sa che è un personaggio pubblico o semipubblico e che in questo villaggio globale ormai di chi è noto tutti sanno tutto di lui. Il poeta del web invece tratta difficilmente di sesso. Non fa invettive. Non combatte draghi né fantasmi mentali. Non fa nomi dei propri nemici per paura di denunce per diffamazione. Ma ci sono anche poeti del web che si lasciano andare a diarismo e intimismo. In linea di massimo diciamo che il poeta del web anche se si confida o entra nell'intimità gli prestano attenzione in pochi, mentre il poeta riconosciuto fa più notizia, anche se solo nella comunità poetica. Il poeta del web e il poeta riconosciuto hanno la stessa passione, hanno sempre avuto la stessa ambizione, coltivano da sempre il loro talento, sono entrambi alla ricerca della verità o della sua parvenza. Il poeta del web e il poeta riconosciuto si possono scambiare i ruoli, la faccia, la vita perché probabilmente sono ognuno la faccia della stessa medaglia o addirittura la stessa persona (chi è l'originale e chi la copia? Oppure sono due sosia che nessuno riconosce come tali).

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