Il Blog di Davide Morelli

Pensieri di un pontederese (Sozzifanti mon amour)

Due parole soltanto su poesia e inconscio...

ott 082022

 

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L’inconscio per Freud è tutto ciò che non affiora alla coscienza. Secondo Freud si può accedere all’inconscio tramite le associazioni libere, l’ipnosi regressiva, l’interpretazione dei sogni, l’analisi della psicopatologia quotidiana (dimenticanze, lapsus, errori). Per intenderci potremmo definire questo come inconscio personale o individuale. Esiste anche l’inconscio collettivo, scoperto da Jung, che invece è formato da istinti ed archetipi. Un archetipo è un principio arcaico universale e al contempo un’immagine primordiale, presente nella psiche umana dagli albori. Riguardo agli istinti c'è chi sostiene che anche noi esseri umani li abbiamo e studiosi che pensano che li abbiano solo gli animali. Quindi la cosa è dubbia. Comunque gli archetipi esistono. Non è assolutamente detto che inconscio sia sinonimo di irrazionalità perché anche l’inconscio ha la sua logica. A riguardo si pensi al celebre aforisma di Lacan, secondo cui “l’inconscio è strutturato come un linguaggio”. Inoltre esiste anche l’inconscio cognitivo. Si pensi ad esempio alle recenti ricerche sulle euristiche di Tversky & Kahneman. Le euristiche, semplificando, sono delle scorciatoie mentali errate, che utilizziamo perché la nostra memoria a breve termine è limitata. Messi di fronte a certi problemi non decidiamo quindi come dei decisori esperti, che utilizzerebbero il calcolo delle probabilità. Ogni rimatore si confronta quotidianamente con il proprio inconscio cognitivo e con l'euristica della disponibilità. Ci sono infatti parole che vengono più alla mente e sono più disponibili, anche se magari sono meno frequenti di altre nel vocabolario. Oppure molto più banalmente si pensi a tutte quelle operazioni mentali, che sono divenute degli automatismi della psiche e che non giungono più alla soglia della coscienza. Si pensi quindi ad attività come guidare una macchina o suonare uno strumento musicale. In poesia a mio avviso esistono anche autori, che cercano di rimuovere il più possibile dalla loro scrittura qualsiasi tipo di inconscio. I loro scritti sono colmi di razionalizzazioni. Esistono e sono esistiti anche autori (ad esempio i surrealisti e i futuristi), che hanno lasciato che l’inconscio prevalesse su tutto e su tutti. È da ritenere che ci debba essere una giusta misura, un giusto equilibrio tra conscio e inconscio: la parte conscia però deve sempre prevalere sulla parte inconscia, anche se non può censurare tutto l’inconscio. Infatti è da ritenere che, quando prevale eccessivamente il conscio, si registra un’eccessiva intellettualizzazione. Invece quando prevale l’inconscio si assiste negli autori meno capaci a dei versi incomprensibili e illeggibili. Comunque far riaffiorare l’inconscio è un ottimo atto di autoterapia. Quando la scrittura si apre all’inconscio, rileggendosi, si può avere delle piccole sorprese: delle piccole rivelazioni. Talvolta scaturiscono espressioni inaspettate, che possono essere delle piccole scoperte e che aiutano a conoscere meglio sé stessi. Scrivere quindi è utile (prima di tutto per sé stessi). Gli ermetici sprigionavano il loro inconscio soprattutto tramite le analogie. La Neoavanguardia scatenava l’inconscio con l’asintattismo. Montale invece spesso rimuoveva l’inconscio. Amelia Rosselli e Zanzotto, pur avendo poetiche razionali e un’elevata intellettualità, liberavano spesso il loro inconscio. Di solito l’inconscio viene utilizzato nel dettaglio, nella figura retorica, nell’espressione verbale. L’inconscio può consentire la creazione di nuove immagini poetiche e di accostamenti inusuali, originali di parole. I poeti neo-orfici negli anni Settanta in Italia hanno instaurato un nuovo rapporto con l’inconscio. Sono stati dei poeti “innamorati” della parola. I neo-orfici hanno creduto nella funzione sacrale della poesia e nell’assolutezza della parola. Hanno preferito il prelogico al logico, unendo a ciò nei loro testi oscuri la mitologia. Inconscio individuale e inconscio collettivo si fondevano quindi armoniosamente. L’uomo moderno non può riflettere troppo perché diventerebbe pericoloso per il sistema produttivo; potrebbe infatti chiedersi quale senso abbia effettivamente il suo lavoro o potrebbe diventare un consumatore molto critico. La filosofia, la letteratura, la poesia sono quindi pericolose per il sistema perché possono creare degli umanisti, che esercitano nella vita il loro senso critico e la loro autonomia di pensiero. Il potere inoltre vuole dominare totalmente l’inconscio. Invece tramite la poesia qualsiasi persona si riappropria del proprio inconscio. Ecco perché la poesia viene considerata inutile dalla società odierna (fondata sulla razionalità tecnologica e scientifica) e chi scrive versi invece viene considerato un perditempo!!! La poesia è anche espressione della razionalità umana (per quel che è possibile). La parola poetica può dirci sempre qualcosa di nuovo sul mondo e sull’animo umano. La parola poetica può mettere ordine nel mondo: innanzitutto nel mondo interiore di chi scrive. Da questo punto di vista la bellezza non è solo verità, ma la riflessione poetica-filosofica può condurre alla verità umana (per cui sempre provvisoria e instabile, mai definitiva). Quindi molti poeti sono razionalisti e umanisti moderni. Poi naturalmente bisognerà anche valutare gli esiti. Come scriveva Saba in “Cose leggere e vaganti”: “anche i versi somigliano alle bolle di sapone; una sale e un’altra no”.

 

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