Il Blog di Davide Morelli

Pensieri di un pontederese (Sozzifanti mon amour)

Siamo tutti un pochino Elkann e siamo tutti molto lanzichenecchi!!!

lug 282023

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Alain Elkann qualche giorno fa ha scritto un racconto sul suo viaggio in treno verso Foggia. L'ha pubblicato su "la Repubblica". Ha dato dei lanzichenecchi (soldati mercenari, barbari e feroci, responsabili del sacco di Roma) a dei ragazzi settentrionali che parlavano di ragazze e di dove e come rimorchiare (al night oppure sulla spiaggia). È diventato il tormentone di questo luglio. Sui social si sono sbizzarriti con le offese allo scrittore, con i meme, etc etc. I quotidiani sono andati a nozze con le polemiche. Il racconto è stato divisivo: alcuni giornalisti l'hanno difeso a spada tratta, dicendo che la maleducazione oggi dilaga, mentre altri opinionisti l'hanno definito snob, elitario, classista. Alcuni hanno fatto da avvocati difensori, perché lui è un giornalista e uno scrittore affermato, oltre al fatto di essere il padre dell'editore. Altri lo hanno attaccato per invidia sociale. Insomma c'è stata poca obiettività e su tutto ha prevalso l'emotività. C'è chi si è identificato in Elkann e chi nei "lanzichenecchi". Certo a passare da intellettuale raffinato a radical chic con la puzza sotto il naso il passo è breve. Elkann ha delle scusanti: 1) probabilmente non si mischia con gli italiani. Non è avvezzo. Vive nell'alta società 2) i letterati sono spesso snob. 

Inoltre va dato merito a Elkann di averci messo la faccia e di aver avuto il coraggio di manifestare la sua insofferenza. Certe cose molti le pensano ma non le dicono! Elkann ha avuto il coraggio di risultare impopolare. Però mi chiedo io: su "la Repubblica" uno può scrivere tutto ciò che gli passa per la testa? Classista poi? Quei ragazzi, come lui del resto, erano in business class. Io che faccio parte del volgo non ho mai viaggiato in business class. Quei ragazzi erano quindi di buona famiglia e con molti soldi; erano agiati, forse ricchi. Certo forse un pochino classista lo scrittore a ogni modo lo è stato e oltre che essere una cosa di cattivo gusto è anche anacronistico, dato che oggi le classi sociali non esistono più; esistono le differenze culturali, di istruzione; esistono le varie fasce di reddito e le differenze di patrimonio, ma le classi sociali oggi non più. E poi erano nordici! Che dire allora delle esternazioni antisiciliane di anni fa del pur bravo, meritevole e umano Roberto Vecchioni? Certo viene da chiedersi cosa avrebbe scritto e quali strali sarebbero venuti fuori se Elkann si fosse trovato a viaggiare sul treno rapido Taranto-Ancona in seconda classe nel bel mezzo degli anni Settanta come Rino Gaetano (mi riferisco a "Mio fratello è figlio unico").

Cosa sarebbe successo se Elkann si fosse imbattuto la mattina dell'ultimo dell'anno sul diretto Pisa-Firenze negli anni Novanta in gruppi di giovani ubriachi che offendevano tutti e molestavano le ragazze, totalmente ubriachi e fumati? Cosa avrebbe scritto Elkann se si fosse trovato nello scompartimento un gruppo di ultras facinorosi in trasferta, che spaccavano mezzo treno, pronti a menare le mani, comportandosi come fossero impuniti e intoccabili? Posso dire che a Elkann è andata bene, perché non era solo, aveva dei compagni di viaggio e su certi treni quasi deserti in Italia le ragazze vengono anche stuprate e i viaggiatori possono essere aggrediti e rapinati. Ci sono stati addirittura dei casi di controllori feriti con l'accetta o con il coltello solo perché volevano far pagare la multa a chi non aveva biglietto! E poi quei giovani che hanno passato tutto il tempo a parlare di ragazze e di calcio avevano un grande pregio: parlavano di cose futili, ma non se ne stavano per tutto il viaggio con i telefonini, immersi totalmente nel mondo virtuale. E poi mi chiedo io cosa ha trovato di così grossolano nei discorsi di quei ragazzi? È una topica degli italiani di tutte le età parlare delle donne, raccontandosi fin nei minimi dettagli in modo boccaccesco le avventure. Dottor Alain (so bene che non mi leggerà)  ma lei in quale mondo edulcorato e ovattato vive? Un conto è vivere nell'Iperuranio o quantomeno in una torre eburnea e un altro è la realtà quotidiana di molti! Oh lo so in casa sua i suoi figli non hanno mai parlato di ragazze in quel modo, anche perché essendo milionari (o forse miliardari) le ragazze cadono ai loro piedi e non devono certo conquistarsele. Ah come sono volgari dottor Elkann questi nostri (non suoi) "amori ancillari" per dirla alla Guccini! E poi sarà vero che le cose sono andate veramente come raccontate? Se dei ragazzi si mettessero a parlare di ragazze, oggi che a 11 anni iniziano a guardare Youporn, ebbene lo farebbero in modo molto osceno. Insomma lo scrittore si è scandalizzato davvero per poco, se così sono andate le cose, e si dovrebbe scandalizzare per ben altro, ma gli stessi italiani dovrebbero scandalizzarsi per gli incendi dolosi, la cattiva gestione del dissesto idrogeologico, della cosa pubblica, etc etc. Un grande critico e italianista ha difeso Elkann scrivendo che non sempre l'io lirico coincide con l'autore. E allora è pura finzione? È tutto uno scherzetto? Non c'è niente di autobiografico? Su…via…non nascondiamoci dietro a un dito! E poi in letteratura non esistono opere molto più "sboccate" di quei discorsi di quei lanzichenecchi? Se quei ragazzi erano lanzichenecchi, vorrei sapere cosa ne pensa Elkann de "I ragionamenti" dell'Aretino? Non dico di fare come Pasolini che viveva gomito a gomito con i ragazzi di borgata, ma ogni tanto al Nostro scrittore famoso stare in mezzo alla gente, quella vera e che non arriva alla terza settimana del mese, farebbe bene! Certo ho guardato da ragazzo molto spesso la trasmissione televisiva condotta da Elkann e mi sarei aspettato qualcosa di meglio da una persona sobria, elegante, intellettuale, educata come lei. Mi sarei aspettato un altro aplomb. E poi "la Repubblica" non è uno sfogatoio. Ma a onor del vero oggi noi nip (not important person) possiamo scrivere ogni fesseria sui social, quasi impuniti, e al contempo i vip, che non hanno più paura di nessuno, possono dire, scrivere, fare ciò che vogliono (salvo poi bollare noi, il popolo come degli hater patologici). In definitiva oggi, nip o vip, si prendono licenze poetiche, che decenni fa sarebbero state impensabili.

Io porrei l'accento comunque sul fatto che lo scrittore sia ipersensibile e abbia un limite di sopportazione molto basso. E poi vorrei far ricordare a tutti che stare in società significa sopportarsi a vicenda. Invece di leggere il Financial Time consiglierei allo scrittore di rileggere "Il trattato sulla tolleranza" di Voltaire e poi anche quello di Locke. Bisognerebbe prima di misurare la disumanità e l'ignoranza altrui fare i conti con la propria: discorso valido per tutti. Inoltre bisognerebbe ricordare il concetto di non-luogo di Augè. Il treno è un non-luogo, dove per alcune ore bisogna convivere forzatamente con degli sconosciuti, nostro malgrado. Ma essendo un non-luogo ha anche dei vantaggi, specialmente se il viaggio è a lunga percorrenza: si può conoscere gente nuova, si può raccontare a sconosciuti la nostra vita, confidandoci totalmente, oppure si può inventare vite immaginarie. E vorrei concludere scrivendo a coloro che danno addosso a Elkann che chiunque nella sua vita ha apostrofato il prossimo con brutte parole (non siamo ipocriti), attribuendogli gli epiteti di gentaglia, rozzo, incivile, troglodita e peggio ancora. Anzi dare del lanzichenecco non è una grave offesa, non è troppo volgare e dispregiativa. Ma allo stesso tempo bisogna ricordare che siamo sempre i lanzichenecchi di qualcuno, come ha ricordato lo scrittore Paolo Di Paolo. E chissà…forse lo stesso Elkann era un lanzichenecco per il suocero Gianni Agnelli! 

 

Intellettuali, impegno, violenza...

giu 212022

 "Sulla violenza? Non si può rispondere a un mondo assurdo con un gesto assurdo" (Davide Morelli alla terza birra in un bar imprecisato)

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Per Dario Fo intellettuale è colui che ha un rapporto dialettico con la realtà. Bisogna notare che molti si credono intellettuali perché intrattengono soltanto un apparente rapporto dialettico con altri intellettuali.  Invece il rapporto dialettico deve essere innanzitutto con la realtà. Mi sembra appropriata e calzante come definizione, quella di Dario Fo. Premetto che di carne da mettere al fuoco ce ne sarebbe tanta. Cercherò di essere il più sintetico possibile. Ma il problema principale non è tanto dare una definizione di intellettuale o di cultura quanto quello del ruolo dell'intellettuale, ovvero se deve essere impegnato o disimpegnato. Può arrivare per esempio a uccidere per cambiare la società? Il filosofo Popper sembra risolvere la questione, quando ne "La società aperta e i suoi nemici" scrive che l'omicidio è legittimo se la vittima è un dittatore.

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(Nella foto Popper)

 

Parafrasando Pavese, secondo cui ognuno ha una ragione valida per uccidersi, oserei dire che, seguendo Popper, ognuno potrebbe avere una valida ragione per uccidere. Perché non uccidere degli oligarchi sanguinari o dei governanti democratici ma lestofanti e corrotti? In fondo ogni intellettuale potrebbe dichiararsi rivoluzionario e decidere di uccidere. Però viene da chiedersi anche se un artista può essere ritenuto tale se ha commesso un'azione riprovevole. Caravaggio fu un assassino. D'Annunzio e i futuristi ebbero delle responsabilità per l'entrata in guerra dell'Italia. Croce in "Etica e politica" faceva una netta distinzione tra arte e vita. Quasimodo invece pensava che chi avesse fatto la spia per i fascisti in guerra non potesse scrivere poesie. Prendiamo il caso del celebre Marco Paolini. Ha tamponato una macchina, uccidendo una donna. È risultato negativo all'alcol test e non era al cellulare. Tutto è accaduto involontariamente. Dovremmo forse condannarlo ed ergerci a giudici? Non l'ha fatto apposta. Paghi pure in sede civile e penale (i giudici ci sono per questo), ma eticamente potremmo forse condannarlo? La risposta certa è no. Comunque ritorniamo all'omicidio volontario. Ognuno avrebbe una ragione valida per uccidere. Ognuno potrebbe avere una giusta causa. Secondo la celebre opera teatrale di Sartre per fare la rivoluzione d'altronde bisogna "sporcarsi le mani". E che dire di coloro che subiscono un'ingiustizia o degli intellettuali che potrebbero diventare giustizieri? Non avrebbero i familiari delle vittime, per esempio, tutto il diritto di passare alle vie di fatto? E che dire dell'atto gratuito di "Delitto e castigo" o del Lafcadio di Gide? Qualcuno potrebbe giustificare anche chi spara a caso sulla folla. In fondo forse ogni incontro non è un numero random e il mondo non è forse un generatore di numeri casuali? Però dovremmo ricordarci come disse Sanguineti che sparare sulla folla non può essere considerato un gesto d'avanguardia.  Potremmo pensare alla teoria di Ivan Karamazov secondo cui "se Dio non c'è tutto è permesso". Però non sempre è così perché i nichilisti russi non furono mai sanguinari, anche se come Bazarov non credevano nei vecchi valori, credevano nella scienza e disprezzavano l'umanesimo. Non è poi assolutamente detto che tutti gli artisti innovatori siano automaticamente dei rivoluzionari: non tutta l'avanguardia è calda come si suol dire, cioè legata alla contestazione e alla rivolta. Per i cristiani non si dovrebbe agire "occhio per occhio" e ogni omicidio dovrebbe essere considerato un deicidio. La società occidentale teoricamente ha come principio la sacralità della vita. Specifichiamo meglio: ha a cuore la vita dei propri cittadini, mentre se ne strafotte dei cittadini del terzo mondo (penso di poterlo scrivere senza essere accusato di terzomondismo). Gli intellettuali non possono arrogarsi il diritto di uccidere in nome di nobili principi, sostituendosi a Dio o giustificandosi dicendo che è un sacrificio necessario. Devono essere biofili e non necrofili, anche se c'è stato in passato chi seguendo Marx ha ucciso per trasformare la realtà o chi ha ucciso seguendo Nietzsche per una trasmutazione dei valori. Diciamocelo francamente, le ideologie covavano della violenza. La volontà di potenza era insita in ogni ideologia, anche in quella marxista. La violenza esiste anche nel liberalismo, quando esporta a ogni costo la democrazia o quando i governanti non attuano un valido welfare. La violenza è in ogni sistema di pensiero perché anche se esso non è violento sono in un certo qual modo violenti gli uomini che lo mettono in pratica. Questo sistema però può anche essere combattuto civilmente dall'interno e a questo proposito essere militanti non significa essere capziosi e neanche faziosi, bollando gli altri come piccolo-borghesi, romantici o reazionari. La realtà non si suddivide in falchi e colombe e non sempre la vita è un gioco a somma zero. E allora un intellettuale deve abbracciare l'engagement? Deve essere così impegnato politicamente da prendere le armi?

 

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(Nella foto Camus)

La risposta a tutto ciò è l'introduzione de "L'uomo in rivolta" in cui Camus scrive che bisogna opporsi al "delitto logico", quello dovuto all'azione dell'ideologia. Sempre Camus scrive che "al tempo della negazione bisognava trattare del suicidio. Nell'epoca dell'ideologia bisogna discutere di omicidio". Il grande scrittore afferma anche che in quegli anni "il delitto è legge". La formula di Camus è la seguente: "mi rivolto, dunque siamo". Per Camus la rivolta deve essere metafisica, artistica: l'uomo non deve esercitare violenza nei confronti dei suoi simili. Secondo  Camus gli uomini devono affratellarsi dopo aver compreso l'assurdità del mondo e della vita.

 

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(Nella foto Sartre)

Dopo la pubblicazione de "L'uomo in rivolta", scaturirà una polemica, assai complessa e articolata, all'ultimo sangue tra Camus, Sartre e altri intellettuali francesi. Sartre e Camus non saranno più amici per divergenza di vedute. Alla base di tutto c'è una netta contrapposizione tra chi è filosovietico come Sartre e chi no come Camus. Solo con la morte prematura di quest'ultimo si placheranno gli animi. Comunque tutti dovremmo rileggere continuamente il saggio di Moravia "L'uomo come fine". C'è scritto tutto lì. È un libro smilzo, profondo, chiaro e comprensibile. Purtroppo l'uomo è un mezzo e il consumismo, l'utile, la tecnica, il progresso, l'affermazione sugli altri sono i soli fini.

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