Il Blog di Davide Morelli

Pensieri di un pontederese (Sozzifanti mon amour)

Due parole su talento, genio, libertà di creare...

ott 152022

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"Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione." (Dal film "Amici miei")


" Il nostro genio è per l’1% talento e per il 99% duro lavoro” (Albert Einstein)

 

 

 

 Antefatto: una volta io e un mio amico discutemmo sulla gente. Per lui la maggioranza delle persone non ci arrivava mentalmente e si trattava di una grande stupidità collettiva. Per lui ciò che non dava la natura non lo dava neanche Salamanca.  Secondo lui era un fatto di natura e perciò andavano scusati tutti. A mio avviso si trattava solo di ignoranza e quindi era rimediabile.  Io comunque che ero meno conservatore ero quello più arrabbiato con la gente perché pensavo che molti si desssero la zappa sui piedi e che la loro ignoranza fosse colpa loro. A ogni modo siamo tutti un poco ignoranti. La questione di fondo è come essere civili e umani. 

 

L'immunologa Antonella Viola su Alessandria Today e su Alessandria Online, blog ideati e gestiti dal consulente marketing e social media manager Pier Carlo Lava, ha scritto che il genio e il talento non esistono, che conosce premi Nobel che nella vita si dimostrano persone banali, che la maggioranza degli studiosi sono persone mediamente intelligenti che si sono impegnate. Perseverare insomma sarebbe fondamentale. Secondo questa scuola di pensiero non sarebbe questione di differenze individuali, ma di impegno e costanza. Che poi la branca della scienza che dovrebbe illuminarci a riguardo è la psicologia delle differenze individuali, che con test d'intelligenza e psicoattitudinali vari dovrebbe misurare le capacità di ognuno. Comunemente si usa avere una concezione molto lineare dell'intelligenza: qualcuno potrebbe obiettare che le differenze di intelligenza esistono e che sono lampanti, ma non è così semplice se si vuole approfondire la cosa. Cattell, noto studioso di questo argomento, alla fine della vita si chiese se poi l'intelligenza umana era quella misurata dal Q.I, dopo che aveva sottoposto quei test a migliaia e migliaia di persone. Ma secondo alcuni studiosi l'intelligenza non può essere misurata. Diciamo che per convenzione, per tradizione, per presunta scientificità la psicologia ha la funzione sociale di misurare l'intelligenza e le attitudini, seppur tra dubbi e criticità. In verità non è una scienza esatta. I suoi risultati sono controversi e si devono prendere col beneficio di inventario. Come esistono i falsi negativi e i falsi positivi nei test di medicina, esistono anche i falsi positivi e i falsi negativi nei test di psicologia. In realtà non c'è ancora nessun test che misuri il talento. Secondo i test d'intelligenza Andy Warhol aveva un Q.I di 86 punti, Salinger un Q.I di 104, Jim Watson (scopritore insieme a Crick della doppia elica del DNA) un Q.I di 115 punti, Muhammad Ali (campione di pugilato e leader dei diritti civili) aveva un Q.I di 73 punti. Al contrario non mi risulta che le persone più intelligenti del mondo secondo i test del Q.I abbiano mai fatto scoperte o invenzioni importanti oppure scritto o dipinto capolavori. La stessa precocità intellettuale spesso confusa con la genialità non è sempre indice di talento né di genio. Bisogna mettere in chiaro cosa si intende per talento o per genio. Se si intende andare in modo eccellente a scuola forse finiamo fuori strada e poniamo in modo errato la questione. Se si intende la capacità di scoprire, inventare, creare cose importanti, nuove, originali allora il talento e il genio non possono essere predetti con certezza, non possono essere sempre individuati ex ante ma solo ex post. E poi che differenza c'è tra talento e genio, al di là delle frasi fatte, delle frasi a effetto, delle citazioni, che invece di chiarire la cosa la complicano ulteriormente? Il genio è un talento maggiore, il talento è un genio minore, ma ad esempio quanto talento ci vuole per fare un genio? Non essendo quantificabili queste qualità non si può fare una ricetta con le dosi. Alcuni studiosi parlano appunto di qualità intellettuali e creative, che possono essere solo qualificabili. Inutile fare sottili distinguo tra genio e talento perché non si finirebbe più e saremmo punto e a capo. Al talento e al genio non si può dare una definizione esaustiva. Si può di volta in volta definire e specificare in che cosa consista per ogni opera creativa. La prova del nove è l'opera. Di Salinger non ci deve importare assolutamente il suo Q.I, ma il fatto che abbia scritto "Il giovane Holden" e molti racconti. Si può dire che aveva del genio perché aveva scritto dei capolavori. A ogni modo un'opera artistica oppure la soluzione di un rompicapo scientifico sono strettamente connessi a un certo sfondo culturale, a quello che Popper chiamava un quadro di riferimento, insomma a un contesto che nessun test d'intelligenza o di pensiero divergente ha ed è per questo che non sempre le persone ritenute brillanti secondo queste prove intellettive si dimostrano creative. Non sempre il talento e il genio, ammesso e non concesso che esistano, sono riconosciuti e riconoscibili. È proprio per questo che alcuni mollano, abbandonano la loro attività creativa, dopo delusioni e fallimenti, mentre altri continuano imperterriti, considerandosi dei geni incompresi. Il talento e il genio dipendono dai fatti e i fatti sono le opere creative. Ma artisticamente non esistono dei valori assoluti e davvero universali di capolavoro. Tutto ciò rientra nell'ambito dell'opinabile. Di solito si considera oggettivo il consenso quasi unanime della comunità artistica dell'epoca del genio presunto o di quella dei suoi posteri. La questione cruciale è essere considerati dei talenti e dei geni. Sono dei geni solo coloro che vengono considerati tali, a torto o a ragione. La genialità ha quindi una valenza sociale. In definitiva nessuno sa con certezza assoluta se il genio esiste o se non esiste perché non è definibile universalmente, perché non è quantificabile, perché talvolta non è riconoscibile. Ma poi è così importante saperlo? Nessuno può vedere se una persona è geniale da Tep, Tac, Risonanza magnetica. Secondo lo studio del cervello di Einstein lo scienziato aveva addirittura molte più cellule gliali della media e niente più. A una mente geniale non sempre corrisponde un cervello eccezionale allo stato attuale delle conoscenze. Se esistono dei geni o meno nessuno lo sa. Però esistono delle opere geniali, perché necessarie per l'umanità o perché capolavori artistici. Ma a volte i critici letterari o i critici d'arte sono faziosi, incompetenti o solo miopi. Anche loro hanno delle sviste e compiono degli errori. Non si potrebbe forse scrivere un'altra storia della letteratura oggi con gli autori scartati, ignorati, dimenticati, ostracizzati, perduti? Il fatto è l'opera creativa, ma il vero fatto, a pensarci bene, probabilmente non è la legittimazione dell'opera creativa? Cosa importa che tizio scriva un capolavoro sul suo blog o lo lasci nel cassetto se le grandi case editrici non lo considerano? A volte mi chiedo cosa sarebbe successo nel mondo della letteratura se le persone a loro care avessero rispettato i voleri di Pascal e di Kafka di disfarsi delle loro opere per sempre. Oppure penso a cosa sarebbe successo se non avessero pubblicato postumi Proust, Pessoa, Tomasi di Lampedusa, Morselli. Il problema non è che di solito non si riesce a capire quale alunno sarà un genio creativo domani, ma riuscire a riconoscere il talento a opera creativa compiuta, anzi talvolta il talento non viene riconosciuto neanche da morti. Comunque forse ognuno a suo modo è dotato se non di genio almeno di un piccolo talento, che deve essere messo a frutto. Invece molte persone hanno per tutta la vita delle potenzialità inespresse. E allora qui si aprirebbe tutto un discorso sulla crescita personale e sullo sviluppo umano, che viene malinteso almeno in questa società perché identificato con la concretizzazione di business e di successo economico e professionale. In fondo le persone che si rivolgono ai mental coach e ai life coach (figure solo recentemente regolate legalmente e professionalmente) chiedono solo e soltanto la realizzazione sul lavoro e monetaria. Mi vengono alla mente a riguardo i suicidi di alcuni studenti universitari molto indietro con gli esami, che avevano invece detto alle loro famiglie che avrebbero dato la tesi. Un mix incredibile di aspettative deluse, pregiudiziali insoddisfatte, sogni non realizzati può portare all'estremo gestto. I più vulnerabili in questa società, dove bisogna essere persone di successo, finiscono per soccombere. Bisognerebbe che tutti avessero la stessa libertà di creare. Ma siamo distanti da questo traguardo, oggi irraggiungibile. Il problema comunque alla base dello sviluppo delle capacità intellettuali invece come aveva capito il poeta Eliot riguarda soprattutto l'uguaglianza di possibilità prima ancora della possibilità di uguaglianza e la scuola, almeno quella italiana, che dovrebbe essere il primo motore della mobilità sociale è ancora lontana da dare tutto ciò agli studenti più disagiati. Tutto ciò non è una questione necessariamente politica, ma che dovrebbe essere affrontata da ogni tipo di politica.

Due parole soltanto su genio e follia...

lug 132022

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In molti credono nel mito dell’artista maledetto e nel binomio genio e sregolatezza. Di studi ne sono stati fatti parecchi negli ultimi duecento anni sul rapporto tra psicopatologia e creatività.

È dall’antichità che si suppone che gli artisti siano saturnini. Secoli fa si pensava che la creatività fosse un dono per pochi che avevano una dote innata. Erasmo da Rotterdam elogiò la follia (“la sola capace di rallegrare uomini e dei”), mentre lo stesso Cesare Lombroso associò il genio alla follia in quanto fu colpito dall’ingegno dei pazienti nei manicomi.
Alcuni si chiederanno cosa significhi esattamente il termine “follia”. Per i saggi è follia anche il possibile suicidio collettivo della specie a causa dell’inquinamento e della distruzione delle risorse naturali. Ma torniamo al rapporto tra disturbi psichici e creatività.
Secondo le ricerche più recenti in linea di massima sarebbero creative alcune persone depresse, alcuni ciclotimici, alcuni maniaco-depressivi, ma anche alcuni che soffrono di schizofrenia. Secondo la psichiatria la schizofrenia sarebbe contrassegnata oltre che da deliri e dalle allucinazioni anche da ritiro sociale e scarsa capacità di comunicazione. Ciò sembrerebbe in netto contrasto con la smodata voglia di esprimersi e dalla grande capacità comunicativa degli artisti. Gli schizofrenici in genere dovrebbero avere povertà ideativa e soffrire di anaffettività.
Eppure nel corso della storia ci sono stati anche casi di artisti schizofrenici. Secondo gli studiosi Van Gogh, Holderlin, Tasso, Gogol, Dino Campana, Strindberg, Artaud erano schizofrenici (tanto per citare i più celebri). Si veda a tale riguardo lo studio di Eugenio Borgna su Artaud.

 

 

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Non è assolutamente detto però che se uno è schizofrenico debba per forza diventare artista o che al contrario essere artista comporta il rischio di diventare schizofrenico. Le persone schizofreniche in Italia sono circa l’1% della popolazione e solo una esigua minoranza di essi è veramente creativa. Bisogna però considerare che non a tutti gli schizofrenici viene diagnosticata la schizofrenia. Esiste comunque un legame tra schizofrenia e creatività artistica. Lo possono testimoniare gli psicoterapeuti e gli psicologi che curano pazienti psicotici con l’arteterapia.
Nessuno però è riuscito a spiegare scientificamente questo legame tra creatività e follia, anche se di ipotesi ne sono state fatte molte. L’espressione artistica sarebbe una valvola di sfogo e la creazione produrrebbe uno stato euforico. Le persone cosiddette equilibrate e normali non avrebbero alcun bisogno di provare queste emozioni. Starebbero già bene senza bisogno di creare.
Per gli psicoanalisti la creatività sarebbe una risposta all’angoscia. Per gli psicologi cognitivi le persone creative starebbero buona parte del tempo in uno stato di rêverie prima di giungere all’illuminazione. La psicopatologia inoltre potrebbe causare originali associazioni di idee, che potrebbero rendere pregevole la creazione di uno psicotico. Come definire però la creatività?

 

 

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Secondo il matematico Henri Poincarè: “Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”. A mio avviso questa è la definizione più sensata, ma molti hanno provato a stabilire in cosa consistesse il pensiero creativo. Gli psicologi ad esempio hanno studiato la creatività tramite vari approcci (psicometrico, psicodinamico, cognitivo, comportamentale) e sono giunti a conclusioni differenti.
Spesso per essere creativi gli intellettuali devono essere fuori dagli schemi e originali. Avere disturbi dell’umore, disturbi di personalità o turbe psichiche può talvolta aiutare a vedere il mondo in modo inusuale e ad accorgersi di cose che gli altri non vedono. Ritornando alla schizofrenia, bisogna ricordare che sono diversi i miti da sfatare e che non sempre una persona affetta da schizofrenia ha un deterioramento cognitivo e una disorganizzazione del pensiero tale da non poter comunicare con gli altri.
Ogni caso clinico è una storia a sé e deve essere valutato singolarmente. Ci sono diverse forme di schizofrenia: quella di tipo paranoide, quella di tipo disorganizzato, quella di tipo catatonico, etc etc. Ci sono anche diverse fasi. Ci possono essere storie di persone caratterizzate da miglioramenti e ricadute.
È sempre difficile generalizzare. La creatività è un mistero; la cosiddetta follia è un mistero e anche il legame tra queste due realtà è un enigma insolubile su cui molti studiosi hanno cercato di indagare senza approdare a niente di certo. Viene poi da chiedersi se il disturbo psichico tolga o aggiunga all’artista. I pareri sono discordanti.
C’è chi sostiene che un artista sia tale a causa del disturbo psichico e chi invece ritiene che lo sia malgrado questo. Una cosa è sicura: l’arte non fa impazzire ma nella stragrande maggioranza dei casi è terapeutica.

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