Letteratour

www.letteratour.it ARTICOLO

Horace Walpole,
Il castello di Otranto e Strawberry Hill

di Reno Bromuro

Nella categoria: HOME | TOURismi letterari

Biografia
L'opera
Critica
Il luogo
Bibliografia

BIOGRAFIA

Horace Walpole, quarto conte della Dinastia, nacque a Londra il 24 settembre 1717; il figlio più giovane del primo ministro più longevo della storia inglese, Sir Robert, primo ministro del governo whig sotto il regno di Giorgio I e Giorgio II dal 1721 al 1742. Frequenta gli studi a Eton e a Cambridge. Una volta terminata l’istruzione scolastica, gira l’Europa per due anni con il poeta e amico Thomas Gray e visita la Francia, la Svizzera, l’Italia ritorna in Inghilterra nel 1741, per avere un seggio in parlamento. Nel 1747 compra una casa a Twickenham vicino Londra, cui dedica tutta la sua vita trasformandola in un fantastico castello neo gotico di nome Strawberry Hill, dove allestisce una delle collezioni d’arte più grandi ed eclettiche di tutta l’Inghilterra.
Walpole deve la sua popolarità soprattutto per aver scritto nel 1765, il primo romanzo gotico, Il Castello di Otranto, cui scenario e intreccio sono ispirati allo stesso Strawberry Hill.
Muore a Londra il 2 marzo 1797 ed è seppellito nella tomba di famiglia a Houghton.

Il carteggio tra Horace Walpole e Horace Mann costituisce quella che Wilmarth S. Lewis definisce «la catena delle Ande della corrispondenza di Walpole». I due amici, che tra l'altro erano lontani cugini, si scrissero per quarantasei anni, dal 1740 al 1786, anche se, dopo la visita a Firenze nel 1741, scrive tutte le sue innumerevoli lettere per la posterità; ma quelle indirizzate a Mann sono concepite in modo particolare per costituire «una sorta di storia», la cronaca di importanti avvenimenti sociali e politici.
Il 28 gennaio 1754, scrive a Mann a proposito dell'arrivo in Inghilterra del ritratto di Vasari della granduchessa Bianca Capello che Mann gli fa mandare, gli racconta come ha fatto una «scoperta decisiva» circa lo stemma dei Capello in un antico libro di emblemi veneziani: «Questa scoperta l'ho fatta grazie a un talismano, che Mr. Chute chiama sortes Walpolianae, col quale trovo tutto ciò che desidero, à pointe nommée, ovunque io affondi la mano. Questa scoperta, in verità, è quasi di quel genere che io chiamo Serendipity, una parola molto espressiva che, giacché non ho niente di meglio da raccontarti, cercherò di spiegarti: la capirai meglio per derivazione che per definizione. Una volta lessi una sciocca favoletta intitolata The 7hree Princes of Serendip: nel corso dei loro viaggi, le Altezze scoprivano continuamente, per caso e per sagacia, cose che non andavano cercando: a esempio, uno di loro scoprì che un mulo cieco dall'occhio destro era passato per la loro stessa strada di recente, perché l'erba era mangiata solo sul lato sinistro, dove era più brutta che sul destro - ora capisci cos'è la Serendipity? Uno degli esempi più notevoli di questa sagacia accidentale (perché devi notare che nessuna scoperta di una cosa che stai cercando rientra in questa descrizione), si deve a Lord Shaftsbury, che essendo ospite a cena del Lord Cancelliere Clarendon, scoprì il segreto del matrimonio tra duca di York e Miss Hyde dal rispetto con cui la madre di quest'ultima la trattava a tavola».
Di tutte queste imprese, quella che sembra abbia impressionato di più il Lord Scrittore è una delle prodezze di osservazione e deduzione dei principi. Si tratta in effetti del primo incidente nel corso dei loro viaggi e forse Horace Walpole non è andato mai più in là di questa «sciocca favoletta»: «Mentre i principi cavalcano per la loro strada, incontrano un cammelliere che ha perso uno dei suoi cammelli e chiede loro se lo avessero visto. Poiché essi hanno osservato vari indizi che avrebbero potuto far pensare all'animale perduto, pongono all’uomo tre domande: l'animale è cieco di un occhio? Gli manca un dente? E non è per caso zoppo? Il cammelliere risponde di sì alle domande, così i principi a loro volta dicono che sono passati accanto al suo animale e che questo oramai doveva essere piuttosto lontano. Il cammelliere ripercorre la strada per venti miglia guardando dappertutto senza trovare il cammello perduto, così torna indietro e incontra di nuovo i tre giovani. Dice loro che pensa si fossero presi gioco di lui, al che essi gli offrono nuovi elementi; il cammello ha un carico di burro da un lato e di miele dall'altro ed è montato da una donna gravida. A questo punto il cammelliere ha la certezza che i tre principi gli hanno rubato il cammello e li fa trascinare di fronte all'imperatore Berham per avere giustizia. I tre principi confessano di non aver mai visto il cammello e di aver soltanto riferito al cammelliere le deduzioni tratte dai segni che hanno osservato e che per caso coincidono con i fatti.
L'incidente si conclude felicemente quando il cammello è trovato. L'imperatore, ora fortemente impressionato, vuole sapere come avessero fatto i principi a dedurre con tanta precisione, le sue caratteristiche. Essi gli spiegano di aver indovinato che il cammello era cieco dell'occhio destro perché l'erba era stata brucata sul lato sinistro della strada, dove era più brutta che sul lato destro; di aver trovato sulla strada pezzetti d'erba masticata dalle cui dimensioni si deduceva che erano caduti dalla bocca dell'animale dove gli mancava un dente; che le sue orme mostravano che era zoppo e che trascinava una zampa; che il suo carico di burro e miele si poteva inferire dalla scia di formiche su un lato della strada, poiché le formiche amano il burro, e di mosche sull'altro, poiché le mosche amano il miele; che in un luogo avevano visto impronte che attribuirono a una donna piuttosto che a un bambino perché avvertirono il pungolo del desiderio carnale; e infine che questa donna doveva essere gravida poiché avevano visto anche l'impronta delle sue mani sul terreno dove, data la pesantezza del suo stato, le aveva appoggiate per rimettersi in piedi
».
A mio avviso, furono queste le circostanze immediate dell'invenzione della parola serendipity: un episodio della storia di tre principi di Serendip in cui essi mostrano la loro capacità di osservazione e trovano alcuni indizi che non cercano; l'inattesa scoperta da parte di Horace Walpole di un elemento mancante della sua cultura araldica, una delle tante scoperte accidentali dello stesso genere; e, infine, la sua lettera a Sir Horace Mann, in cui egli si concede il piacere di filosofeggiare sulla natura di alcuni aspetti del processo di scoperta.

torna su

L’OPERA

L’opera «Il castello di Otranto», l’abbiamo conosciuta nella traduzione di Oreste Del Buono, sebbene la prima edizione del romanzo risalisse al 24 dicembre 1764 (anche se sul frontespizio appare la data 1765) per i tipi dell'editore londinese Thomas Lownds in forma anonima. Ne furono stampate soltanto cinquecento copie. Il frontespizio porta infatti questa dicitura: The Castle of Otranto. A Gothic Story. Translated by William Marshall, Gent. from the Original Italian Onuphrio Muralto, Canon of the Church of St. Nicholas at Otranto (Il Castello di Otranto. Una Storia che si trasferisce al periodo Gotico di William Marshall, Signore dall'Onuphrio Muralto italiano ed Originale, Canone della Chiesa di San Nicola ad Otranto). Quindi il romanzo è presentato come un autentico manoscritto medievale in cui sembra essere narrato il resoconto di una storia vera. Infatti, nella prefazione, il traduttore William Marshall, ci informa che «La seguente opera è stata trovata nella biblioteca di un'antica famiglia cattolica del Nord dell'Inghilterra. Fu stampato a Napoli, in caratteri neri, nell'anno 1529. Quanto tempo prima sia stata scritta non è assolutamente accertabile».
Per un anno intero i lettori credono che effettivamente il romanzo è semplicemente una traduzione di un antico manoscritto fino a quando Horace Walpole, lascia l'anonimato e si decide visto il grande successo riscontrato, a pubblicare una seconda edizione. Questa seconda edizione, dell'11 aprile del 1765 pubblicata dagli editori William Bathoe e Thomas Lownds, presenta in aggiunta alla precedente un sonetto dedicato all'amica di Walpole, Lady Mary Coke ed una nuova prefazione in cui appunto l’Autore esce allo scoperto scrivendo «Il favore con cui questo scritto è stato accolto dal pubblico rende necessario che l'autore spieghi i motivi che hanno portato alla sua composizione. Ma prima di rivelare tali ragioni, è giusto che egli si scusi con i lettori per aver proposta la sua opera sotto le mentite spoglie di un traduttore. Giacché una certa diffidenza nelle proprie capacità, nonché la novità del tentativo, sono stati gli unici stimoli che l'hanno indotto ad assumere tale travestimento, l'autore si illude di essere scusabile»...
La struttura narrativa di questo romanzo gotico è semplice e lineare: la vicenda si svolge in un'unica struttura. Infatti, compaiono, un'esposizione, una serie di peripezie e uno scioglimento. L'esposizione ha inizio con il primo capitolo, quando c'è la descrizione del principato d'Otranto, di Manfredo, della moglie e dei figli. Con la morte di Corrado iniziano le varie peripezie: la fuga di Isabella, l'aiuto del contadino Teodoro, padre Girolamo, il marchese Federico e tutte le visioni soprannaturali che ci sono nel castello.
Penso, anzi credo, che non esista un esordio, di una vicenda più importante di altre, perché tutto il romanzo, o quasi tutto, è caratterizzato da mutamenti ugualmente importanti. Alla fine il libro raggiunge il momento di massima tensione con la morte di Matilda, e la rinuncia di Manfredo al suo principato.
La storia è narrata in un periodo molto breve, circa due giorni, caratterizzata da parecchi flash-back, che ne fanno un susseguirsi di fotogrammi avvincenti e chiarificatori, che ci aiutano a comprendere meglio ciò che succede nel romanzo. Ad esempio quando Teodoro racconta di come mai Girolamo fosse suo padre, così inizia il breve racconto sulla sua vita.
I tanti, troppi dialoghi, lo rendono moderno e fanno dedurre che il tempo della storia sia spesso uguale a quello del racconto; perciò non ci sono troppe accelerazioni della storia, ed è per questo che la durata del romanzo è solo di due giorni.
Riguardo allo spazio penso che Horace Walpole preferisca sia il lettore a farsi un’idea personale, in modo che sia lui a costruirsi nella mente un proprio film. Da ciò si deduce come «Il Castello di Otranto» abbia solo un significato simbolico.

Manfredo: è un uomo di mezza età, padre di famiglia e principe amato dal popolo. Anche se all'inizio può sembrare un uomo buono, ma non positivo.
Ippolita: la moglie di Manfredo, è una donna sensibile, molto bella e pia. Si preoccupa spesso per suo marito e pur non essendo trattata molto bene da lui, gli è sempre devota. Matilda: è la loro figlia, una splendida fanciulla anche lei molto pia e devota. Per sua sfortuna s'innamora di un giovane, il contadino Teodoro.
Isabella: è una donna molto bella, però anche meno pia delle altre due donne.
Teodoro: è il contadino che aiuta sempre Isabella a fuggire da Manfredo; s'innamora di Matilda e rischia di essere messo a morte dal principe.

Questi, anche se appena accennati, i personaggi principali del libro; però non si possono dimenticare, padre Girolamo, la cameriera Bianca, il marchese Federico. La tecnica di presentazione dei personaggi presenta un Walpole poco concentrato sulla descrizione; essi sono, caratterizzati attraverso indizi con cui il lettore deve riuscire a farsi un'idea.

torna su

LA CRITICA

«Il castello di Otranto» è considerato il primo grande romanzo gotico e capostipite di questo genere che nel Settecento e Ottocento ha avuto molto successo. Lo stesso Walpole, sempre nella prefazione alla seconda edizione, sembra dare una definizione molto valida del genere letterario che egli ha inaugurato: ...«Si è trattato di un tentativo di fondere i due generi del romanzo, quello antico e quello moderno. Nel primo ogni cosa era guidata dall'immaginazione e dall'inverosimiglianza: nel secondo l'intento, che a volte è anche ben realizzato, è quello di imitare la natura. Non vi manca l'invenzione; ma le grandi risorse della fantasia sono state chiuse entro gli argini di una rigorosa aderenza alla vita comune... L'autore delle pagine che seguono credette possibile riconciliare i due generi. Pur desiderando lasciare i poteri della fantasia liberi di spaziare per l'immenso dominio dell'invenzione, e di creare per questo vicende più emozionanti, egli si prefisse di muovere gli attori mortali del suop dramma secondo le regole della verosimiglianza. Ovvero di farli pensare, parlare e agire come semplici donne e uomini avrebbero fatto se posti in situazioni così insolite»...
L’opera risulta positiva anche se, mai prima di questo, gli altri romanzi ambientati nel Medioevo mi abbiano attirato o fatto impazzire di gioia dopo averli letti, perché tutti farciti con storie fantastiche e irreali. Però, questo romanzo di Walpole, pur narrando storie irreali, immaginarie, con storie che si somigliano le une alle altre, mi è piaciuto veramente, e tanto. Walpole ha uno stile particolare, non va nei particolari, alla Manzoni per intenderci, permette al lettore di ricrearsi una storia propria. Un'altra cosa che mi ha particolarmente colpito di questo romanzo è il tempo del racconto: il fatto che un romanzo di centosettanta pagine abbia una storia che duri due giorni circa, mi ha colpito. All'inizio pensavo di non aver capito la storia.
Il romanzo si identifica con la narrazione di vicende o con l'analisi dei sentimenti e degli stati d'animo di uno o più personaggi su uno sfondo di fantasia. Protagonisti fatti, meditazioni, ricordi, astrazioni dei personaggi che vivono, contemplano la loro vita considerandola un quadro che si è sviluppato sulla tela attraverso i secoli.

torna su

IL LUOGO

Lisa Reggi ci riferisce: Strawberry-Hill non era proprio il posto delle fragole di Horace Walpole. Piuttosto, il castello sul Tamigi rappresentava il museo, con visite a pagamento, di un'anima amante del passato e del collezionismo. Il modesto edificio costruito sulla fine del Seicento, che dopo quarantaquattro anni di lavori il figlio di Sir Robert ha trasformato nella più famosa casa gotica del paese, raccoglie una messe enorme di oggetti singolari, curiosità, rarità: dall'armatura di Francesco I ai guanti di Giacomo I, dai dipinti di Holbein di ogni genere. Walpole ha scritto un catalogo delle bellezze che ha amato accumulare dentro e fuori Strawberry-Hill: fantasiosa dimora ispirata alla moda dei gotici medievalismi tanto in voga nel Settecento, cui lo scrittore ha dato un'impronta originale. Così originale da influenzare la storia architettonica di oltre un secolo.
La piccola residenza fu originariamente una casa d'affitto. Il primo ad abitarvi è stato il famoso attore londinese Colley Cibber; poi il Vescovo di Durham, Dr. Talbot per otto anni circa; in seguito la casa è stata abitata dal Marchese di Carnarvon, figlio del Duca di Chandos, chiamato Henry Bridges; successivamente Strawberry Hill è stata affittata a una famosa venditrice di giocattoli, la Signora Chenevix la quale, con la morte del marito, la subaffitta per due anni al gentiluomo, Lord John Philip Sackville, secondo figlio di Lionel, Duca di Dorset.
Walpole non prende immediato possesso di Strawberry Hill. In un primo momento, la prende in affitto da Mrs. Chenevix, questo avviene nella primavera del 1747. L'anno successivo decide di comprarla. Nelle Short Notes, incluse nel tredicesimo volume della Corrispondenza di Walpole, si apprende che l'accordo, stabilito tra lui e la Signora Chenevix, si basa sul pagamento di sessanta sterline ogni sei mesi, nel giro di un anno. In seguito, al momento dell'acquisto vero e proprio, si rende necessario un atto privato del parlamento, essendo la proprietà di tre minatori di nome Mortimor. La somma che deve pagare per l'acquisto della casa e dei dintorni è stata di £. 1356.10s.
Essendo il proprietario di Strawberry Hill, Walpole la fa diventare dieci volte la misura iniziale; da cinque ettari passa a cinquanta ettari circa e sono apportate varie alterazioni o abbellimenti. Il Lord Scrittore visse a Strawberry Hill circa cinquant'anni, fino alla morte.
Quando è morto, la casa è affidata alla cugina preferita, la signora Anne Seymour Damer che, per far fronte alle moltissime spese di mantenimento della casa, ha un sussidio, lasciatole dallo stesso Walpole, di £ 2000 circa annue. Tuttavia, la nuova proprietaria si accorge che i fondi non bastano per il suo mantenimento, e nel 1810 la cede alla pronipote Laura Elizabeth Waldegrave. Cinque anni più tardi, con la morte prematura di Laura, l'eredità passa nelle mani del figlio maggiore John Waldegrave e della moglie Anne. Dopo di loro, Strawberry Hill diviene proprietà del figlio John e della moglie Frances. Quest'ultima è figlia del cantante ebreo John Braham. Perseguitati dai creditori, i due sono costretti a vendere all'asta la preziosa collezione di oggetti preziosi insieme alla mobilia nella grande vendita di trentadue giorni del 1842. Più tardi la Contessa decide di restaurare la casa investendo circa £ 20.000 annue. Nel periodo che va dal 1856 al 1858, sono state restaurate:

- la sostituzione del pavimento della Gallery ;
- il restauro delle pareti di alcune stanze riportate ai tempi di Walpole;
- il cancello dell'ingresso settentrionale è ingrandito unendo The Little Cloister a The Oratory;
- The Pantry è unito a The Refectory;
- The Great Cloister è ingrandito;
- a The Great North Bedchamber è aggiunta una seconda porta;
- è aggiunta uùna lanterna a gas nel corridoio per risolvere il problema dell'oscurità;
- è costruita una scalinata interna per collegare la camera di letto di Walpole alla Breakfast Room che in seguito è diventata un salottino turco.

Nel 1923 l'edificio è acquistato dal Consiglio di Istruzione Cattolica per la Comunità Vicentina, e due anni più tardi è allestito, all'interno, il St. Mary's College, e costruita una seconda Cappella con una biblioteca. Da allora ci sono stati sporadici tentativi di restaurazione e riparazione dall'umidità e la corrosione. Il castello si può visitare previo appuntamento.

torna su

Bibliografia

H. Walpole, Il Castello di Otranto;
E. A. Baker, The History of the English Novel, Londra, 1924;
I. Simon, Formes du roman anglais de Dickens à Joyce, Liegi, 1949;
M. Praz, La crisi dell'eroe nel romanzo vittoriano, Firenze, 1952.

torna su

 

Reno Bromuro è nato a Paduli, in Campania, nel 1937. E' stato un poeta, scrittore, attore e regista teatrale. Nel 1957, a Napoli, ha fondato il Centro Sperimentale per un Teatro neorealista. Ha fondato nel 1973 (di fatto) l'A.I.A. Associazione Internazionale Artisti "Poesie della Vita", e, come critico letterario, ha recensito molti poeti italiani e stranieri. Si è spento nel 2009, qualche anno dopo averci dato l'opportunità di collaborare con lui. Noi di Letteratour lo ricordiamo con affetto qui.

Seguici sui nostri canali:  Telegram  |  Facebook  |  Instagram






Collabora!

Vuoi pubblicare un articolo o una recensione?
  Scopri come collaborare con noi


Condividi questa pagina




Seguici sui nostri canali:  Telegram  |  Facebook  |  Instagram


I NOSTRI SPECIALI

Storia del Fantasy

di Rosella Rapa

 

Pillole di Fantascienza

di Rosella Rapa

 

Arthur Rimbaud

di Elio Ria

 

Dante Alighieri

di Elio Ria

 

Balcanica

di Anna Lattanzi

 

Letture stravaganti

di Tiziano Gorini

 

I nostri blogger


Rosario Frasca
VAI AL BLOG

Rosella Rapa
VAI AL BLOG

Davide Morelli
VAI AL BLOG

Elio Ria
VAI AL BLOG

Anna Stella Scerbo
VAI AL BLOG

Anna Lattanzi
VAI AL BLOG



www.letteratour.it