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Voltaire, Trattato sulla tolleranza

di Perazzo Sara

Nella categoria: HOME | Recensioni

Anno di pubblicazione originale: 1763
Editori Riuniti
Collana Il Milione
Anno 2005
ISBN: 8835957001
Pp. 159

Il contesto in cui nasce il Trattato

Il breve trattato di Voltaire è figlio di un clima ideologico-culturale ancora intriso di pregiudizi, barbarie, caccia agli eretici e processi sommari. Come vuole lo spirito illuminista, al meglio rappresentato dalla figura del filosofo Voltaire, lo scritto si presenta come strumento di lotta contro la superstizione e l’oscurantismo ideologico-religioso in nome della ragione e della tolleranza. Ed in nome della ragione e della tolleranza,  Voltaire lancia un’accusa all’autorità,  alla tradizione ed agli oscuri rapporti tra Stato e Chiesa che non hanno esitato a condannare a morte un innocente.

L’impegno pubblico per ottenere giustizia

Il testo, infatti, prende spunto dalla vicenda di Jean Calas, sul cui caso Voltaire organizzò una campagna pubblica per ottenerne la riabilitazione, cosa che avvenne nel 1765. Jean Calas, negoziante ugonotto, viveva con la moglie e i figli a Tolosa. Il figlio maggiore Marc Antoine, non potendo avviare la carriera d’avvocato, per la quale occorrevano certificati di cattolicità che egli non possedeva, decise di suicidarsi. La famiglia lo trovò impiccato la sera del 13 ottobre 1761. Davanti casa si radunò una folla di persone e iniziò a diffondersi la voce che Jean Calas aveva ucciso il figlio per impedirgli di convertirsi al cattolicesimo e di avere poi inscenato il suicidio con l’aiuto della famiglia. Nonostante la mancanza di prove, Calas padre fu condannato a morte per ruota,  cioè torturato il 19 marzo 1762. Il triste epilogo della vicenda è maggiormente comprensibile se si considera che Tolosa era la città più bigotta della Francia, il luogo dove ogni anno si festeggiava la morte di 4000 ugonotti, avvenuta due secoli prima durante la notte di San Bartolomeo.

Lo stile

Lo scritto continua portando argomentazioni a favore della tolleranza secondo una logica serrante, stringente che fa del Trattato un capolavoro di polemica politica e anticlericale:

“O i giudici di Tolosa trascinati dal fanatismo della plebaglia hanno fatto suppliziare un padre di famiglia innocente: cosa inaudita; oppure quel padre di famiglia e sua moglie hanno strangolato il loro figlio maggiore, aiutati in codesto delitto da un altro figlio e da un amico: cosa che ripugna alla natura. In un caso o nell’altro l’abuso della più santa delle religioni ha provocato un grande delitto. Quindi è nell’interesse del genere umano esaminare se la religione abbia da essere caritatevole o barbara.”

Lo stile di Voltaire, così come i contenuti, sono attualissimi. Infatti per il filosofo il progetto di rinnovamento politico e civile delle coscienze si rifletteva in un parallelo progetto di rinnovamento stilistico e letterario: abbandona ogni convenzione retorica a favore di un linguaggio semplice e diretto poiché lo scopo è perorare una causa, fare breccia nella coscienza del lettore e non ricercare la perfezione stilistica ed estetica.

La visione positiva dell’uomo

Voltaire porta testimonianza delle prove di tolleranza date da altri popoli,  operando un confronto con differenti paesi europei secondo quello spirito squisitamente cosmopolita che voleva gli illuministi aperti all’incontro con l’altro e con il diverso. Il filosofo cita altri esempi di tolleranza religiosa, smentendo la versione ufficiale della storia secondo la quale i Romani perseguitarono i primi cristiani. Se persecuzioni vi furono, esse ebbero altre cause che riguardavano più la ragion di Stato che la religione. Voltaire fa appello alla capacità di ragionare di ognuno di noi, mostrando fiducia e una visione positiva dell’uomo, spinto dall’ottimismo che nutre nelle spontanee facoltà razionali del genere umano:

“Supplico il lettore imparziale perché pesi queste verità, perché le rettifichi e le propaghi. Gli attenti lettori che si comunicano i loro pensieri sono sempre più efficaci dell’autore stesso.”

L’insegnamento di Voltaire

In questo troviamo il profondo insegnamento di Voltaire: il fanatismo religioso,  quella miscela esplosiva d’inflessibilità dogmatica ed unilateralità del credo, non può trovare dimora nell’animo umano poiché in esso può trovare spazio solamente la tolleranza:

“La tolleranza è una conseguenza necessaria della nostra condizione umana. Siamo tutti figli della fragilità:  fallibili e inclini all'errore. Non resta, dunque, che perdonarci vicendevolmente le nostre follie. È questa la prima legge naturale: il principio a fondamento di tutti i diritti umani”.

La  preghiera a Dio

Voltaire termina la sua opera rivolgendo una preghiera a Dio affinché gli uomini non si odino a causa delle loro differenti idee religiose ma che, al contrario, si sentano fratelli. Percependo di non essere ascoltato e capito dagli uomini si rivolge a Dio, un dio universale che non si identifica in alcuna confessione religiosa. E’ questa la posizione del deismo professato dal filosofo: la ragione da sola può dare spiegazione e giustificazione dell’uomo e del mondo anche se si presuppone l’esistenza di una divinità che presiede al funzionamento dell’universo. Tale divinità non interviene a regolare le cose degli uomini, non esige che siano uccisi esseri umani per una sua presunta superiorità rispetto ad altre divinità.

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François-Marie Arouet più noto con lo pseudonimo di Voltaire (1694-1778) filosofo, scrittore e drammaturgo francese. E’ stato uno dei principali esponenti del movimento culturale dell’Illuminismo. Esiliato in Inghilterra nel 1726, qui scrisse “Lettere filosofiche” (o “Lettere sugli Inglesi”), in cui esprimeva le lodi per i principi civili di tolleranza politica e religiosa che vigevano in Inghilterra. Tale scritto gli costò un’ulteriore condanna all’esilio che lo portò a soggiornare in vari paesi europei. Durante il soggiorno presso il sovrano Federico II di Prussia scrisse “Il secolo di Luigi XIV” (1751), considerato uno dei più importanti fondamenti della cultura illuminista. Tra gli studi più importanti ricordiamo: Elementi della filosofia di Newton (1736), Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni (1756), Dizionario filosofico (1763). Tra gli scritti narrativo-filosofici: Zadig o il destino (1747), Micromega (1752), Candido e l’ottimismo (1759). Nel 1778, anno della sua morte, Voltaire tornò a Parigi dove fu solennemente ricevuto e dove rappresentò trionfalmente la sua ultima tragedia “Irene”.

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