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La letteratura ci aiuta a vivere
Pensieri d'autore sul valore della lettura

di Raffaella Di Meglio

Nella categoria: HOME | Teorie letterarie

 

Le indimenticabili pagine del Canto di Ulisse di Primo Levi e i pensieri d'autore sul valore della lettura e della letteratura ci suggeriscono quanto possa essere potente, magica, terapeutica la parola letteraria; ci mostrano quale invisibile eco una parola, una frase, un verso, un libro possano lasciare in noi, come una musica che continua a risuonare nella nostra testa e nel nostro cuore, capace di superare i limiti della memoria e della coscienza, per aiutarci a riconoscere e ad affermare, anche nelle situazioni più estreme, l'umanità e la vita dentro di noi e intorno a noi.

 

Da Se questo è un uomo di Primo Levi:

... Il canto di Ulisse. Chissà come e perché mi è venuto in mente: ma non abbiamo tempo di scegliere, quest'ora già non è più un'ora. Se Jean è intelligente capirà, capirà: oggi mi sento da tanto.
… Chi è Dante. Che cosa è la Commedia: quale sensazione curiosa di novità si prova, se si cerca di spiegare in breve che cosa è la Divina Commedia. Come è distribuito l'Inferno, cosa è il contrappasso. Virgilio è la Ragione, Beatrice è la Teologia. Jean è attentissimo, ed io comincio, lento e accurato:

Lo maggior corno della fiamma antica
Cominciò a crollarsi mormorando,
Pur come quella cui vento affatica.
Indi, la cima in qua e in là menando
Come fosse la lingua che parlasse
Mise fuori la voce, e disse: Quando...


Qui mi fermo e cerco di tradurre. Disastroso: povero Dante e povero francese! Tuttavia l'esperienza pare prometta bene: Jean ammira la bizzarra similitudine della lingua, e mi suggerisce il termine appropriato per rendere "antica". E dopo "Quando"? Il nulla. Un buco nella memoria. "Prima che sì Enea la nominasse". Altro buco. Viene a galla qualche frammento non utilizzabile: "…la piéta Del vecchio padre, ne 'l debito amore Che doveva Penelope far lieta…" sarà poi esatto?

…Ma misi me per l'alto mare aperto.

Di questo sì, di questo sono sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere perché "misi me" non è "je me mis", è molto più forte e più audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto: Pikolo ha viaggiato per mare e sa cosa vuoi dire, è quando l'orizzonte si chiude su se stesso, libero diritto e semplice, e non c'è ormai che odore di mare: dolci cose ferocemente lontane. [...] "Mare aperto". "Mare aperto". So che rima con "diserto": "... quella compagna Picciola, dalla qual non fui diserto", ma non rammento più se viene prima o dopo. E anche il viaggio, il temerario viaggio al di là delle colonne d'Ercole, che tristezza, sono costretto a raccontarlo in prosa: un sacrilegio. Non ho salvato che un verso, ma vale la pena di fermarcisi:

…Acciò che l'uom più oltre non si metta.

"Si metta": dovevo venire in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima, "e misi me". Ma non ne faccio parte a Jean, non sono sicuro che sia un'osservazione importante. Quante altre cose ci sarebbero da dire, e il sole è già alto, mezzogiorno è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda.
Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu capisca:

Considerate la vostra semenza:
Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguir virtute e conoscenza.


Come se anch'io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono.
Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle.

Li miei compagni fec'io sì acuti...

... e mi sforzo, ma invano, di spiegare quante cose vuol dire questo «acuti ». Qui ancora una lacuna, questa volta irreparabile. « ... Lo lume era di sotto della luna » o qualcosa di simile; ma prima ?... Nessuna idea, «keine Ahnung» come si dice qui. Che Pikolo mi scusi, ho dimenticato almeno quattro terzine.
- Ça ne fait rien, vas-y tout de même.

...Quando mi apparve una montagna, bruna
Per la distanza, e parvemi alta tanto
Che mai veduta non ne avevo alcuna.

Sì, sì, «alta tanto», non «molto alta», proposizione consecutiva. E le montagne, quando si vedono di lontano... le montagne... oh Pikolo, Pikolo, di’ qualcosa, parla, non lasciarmi pensare alle mie montagne, che comparivano nel bruno della sera quando tornavo in treno da Milano a Torino !
Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono. Pikolo attende e mi guarda.
Darei la zuppa di oggi per saper saldare «non ne avevo alcuna» col finale. Mi sforzo di ricostruire per mezzo delle rime, chiudo gli occhi, mi mordo le dita: ma non serve, il resto è silenzio. Mi danzano per il capo altri versi: «... la terra lagrimosa diede vento...» no, è un’altra cosa. È tardi, è tardi, siamo arrivati alla cucina, bisogna concludere:

Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque,
Alla quarta levar la poppa in suso
E la prora ire in giù, come altrui piacque...

Trattengo Pikolo, è assolutamente necessario e urgente che ascolti, che comprenda questo «come altrui piacque», prima che sia troppo tardi, domani lui o io possiamo essere morti, o non vederci mai più, devo dirgli, spiegargli del Medioevo, del così umano e necessario e pure inaspettato anacronismo, e altro ancora, qualcosa di gigantesco che io stesso ho visto ora soltanto, nell’intuizione di un attimo, forse il perché del nostro destino, del nostro essere oggi qui...
Siamo oramai nella fila per la zuppa, in mezzo alla folla sordida e sbrindellata dei porta-zuppa degli altri Kommandos. I nuovi giunti ci si accalcano alle spalle. - Kraut und Rüben ? - Kraut und Rüben -. Si annunzia ufficialmente che oggi la zuppa è di cavoli e rape: - Choux et navets. - Kaposzta és répak.

Infin che ’l mar fu sopra noi rinchiuso.

  Italo Calvino:

I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale.

  Roberto Saviano:

Un testo è necessariamente la misura tra l'inchiostro visibile versato sulla pagina e quello che prende forma attraversando i tuoi occhi e depositandosi nell'anima.

  Paola Mastrocola:

Un libro chissà dove va a finire, in quale parte profonda di noi; non lo sapremo mai, ma sappiamo con grande chiarezza che in qualche parte va pur a finire, e chissà quando e chissà come ce lo ritroveremo, magari dopo sei anni o dopo ventisei.

  Italo Calvino:

Non necessariamente il classico ci insegna qualcosa che non sapevamo; alle volte vi scopriamo qualcosa che avevamo sempre saputo (o creduto di sapere) ma non sapevamo che l’aveva detto lui per primo. E anche questa è una sorpresa che dà molta soddisfazione.

  Italo Calvino:

Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.

  Jorge Luis Borges:

Ci si innamora di una frase, poi di una pagina, poi di un autore.

  Italo Calvino:

Il «tuo» classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui.

  Roberto Saviano:

Spesso un libro ti sceglie, non lo scegli tu. Te lo trovi lì dinanzi al naso, magari a buon prezzo, e lo compri. O ti arriva tra le mani come regalo. Ma quando lo apri senza aspettarti nulla, ti accade che dalle sue pagine ti venga incontro qualcosa che sembra scritto apposta per te in quel momento.

  Jorge Luis Borges:

Nel mio testamento, che non ho intenzione di scrivere, consiglierei di leggere molto, ma senza lasciarsi condizionare dalla reputazione degli autori. L'unico modo di leggere è inseguendo una felicità personale. Se un libro vi annoia, fosse pure il Don Chisciotte, accantonatelo: non è stato scritto per voi.

  Niccolò Machiavelli:

Venuta la sera, mi ritorno in casa, ed entro nel mio scrittoio, ed entro nelle antique corti degli antiqui uomini, dove mi pasco di quel cibo, che solum è mio; dove io non mi vergogno di parlare con loro, e quelli per umanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, dimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro.

  Carlos Ruiz Zafón:

Ogni libro possiede un'anima, l'anima di chi lo ha scritto e l'anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza. Ogni libro può essere il miglior amico di qualcuno.

  Tzvetan Todorov:

La letteratura può molto. Può tenderci la mano quando siamo profondamente depressi, condurci verso gli esseri umani che ci circondano, farci comprendere meglio il mondo e aiutarci a vivere.

  Benedetta Cibrario:

Se hai pensieri pesanti, opprimenti, leggere ti fa spostare il fuoco fuori da te. Ti porta in un'avventura diversa, in un mondo altro, in un viaggio speciale. Nei libri puoi trovare la fuga e l'intrattenimento, il piacere e il divertimento, ma anche gli strumenti per scoprire il mondo e te stesso. Le storie sono terapeutiche, lo sono i personaggi, le vite degli altri. Leggere ti separa dalla confusione. La lettura aggiusta, dà fiducia e sollievo.

  Geraldine Brooks:

Prendete un libro. Non ci riuscirete, non potete davvero prendere un libro: nessun abbraccio umano è tanto grande. Però potete provarci, sussurrando a voi stessi che è una cosa che vale la pena di fare, che è qualcosa che fa bene. Potete, anzi dovete provare a prendere un libro. Perché in fondo, tentandoci, potreste ritrovarvi in mano il mondo.

  Italo Calvino:

Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani.

  Pierluigi Cappello:

Libro e libero sono una cosa
e non c’è distanza che non sia desiderare
non esiste fantasia che non liberi distanza […]
e ho imparato leggendo gli economici di Hemingway
che se un viaggio dura dalla seggiola di casa
alla scorza di un tiglio solitario
non c’è metro che possa misurarne
l’eternità della distanza.

  Carlo Ossola:

La poesia ferma il tempo e racchiude il cosmo in sillabe. [Leggere i poeti serve a] trovare un senso al vivere che non sia l'ingombro delle cose che produciamo, consumiamo, e che ci consumano. La poesia è parola essenziale, condensa e offre l'irrinunciabile. Il pubblico della poesia è il cittadino che non scende in campo, ma va in cerca di sé.

  Elisa Biagini:

La poesia serve a far luce dentro noi stessi: capire il mondo e capirsi. Scrivere poesia è obbligarsi a riscoprire (e a far riscoprire) la realtà, a sostare più a lungo di fronte alle cose, a sentirne il rumore interno.

  Alda Merini:

Io non ho bisogno di denaro
ho bisogno di sentimenti
di parole
di parole scelte sapientemente
di fiori detti pensieri
di rose dette presenze
di sogni che abitino gli alberi
di canzoni
che facciano danzare le statue
di stelle che mormorino
all'orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia
questa magia che brucia
la pesantezza delle parole
che risveglia
le emozioni e dà colori nuovi.

  Italo Calvino:

Non si creda che i classici vanno letti perché «servono» a qualcosa. La sola ragione che si può addurre è che leggere i classici è meglio che non leggere i classici. E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran: «Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un’aria sul flauto: “A cosa ti servirà?” gli fu chiesto. “A sapere quest’aria prima di morire”».

  Italo Calvino:

Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.

  Silvia Avallone:

Io leggo per combattere alla radice l'indifferenza. La letteratura racconta i vinti, quelli che hanno bisogno di solidarietà. Provo a capirli tra le pagine, così posso riconoscerli se li incontro sull'autobus o in fila al supermercato e regalo un sorriso, una parola di conforto. Insomma, un romanzo fa nascere in me l'umanità.

  Brunella Schisa :

Di buoni motivi per leggere non ce n'è soltanto uno. Si legge per sorprendersi, per non sentirsi soli. Per rimettere in discussione le proprie certezze e avere dubbi che ci fanno crescere. Per piangere, per ridere e persino per soffrire. Per innamorarsi, per impedire al tempo di scivolare via. E per avere una storia da raccontare a un amico.

  Daniel Pennac:

Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne parleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l'invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici.

  Elif Shafak:

La letteratura rende possibile l'incontro al di là dei confini nazionali, etnici, religiosi, attraverso l’empatia. Quando leggiamo la storia di qualcuno, in quello spazio di solitudine che creano le pagine, costruiamo dei ponti, siamo profondamente connessi. Tutti i fondamentalisti hanno una cosa in comune: la disumanizzazione dell’altro. E' il motivo per cui il nazista odia l'ebreo e il membro dell'Isis tortura lo yazida: vedono gli umani come specie diverse. L'arte, e soprattutto la letteratura, fanno il percorso opposto, mettendoci davanti agli occhi la nostra comune umanità. Per questo sono così importanti.

  'ALA Al-Aswani:

La letteratura ci insegna a non giudicare le persone ma, anzi, a capirne le pulsioni, le debolezze, gli errori. Leggendo un romanzo, non stiamo lí a chiederci se il protagonista è ebreo o musulmano proprio perché lo consideriamo un essere umano. Ed è sorprendente come la letteratura possa cambiarci i pensieri, come non abbia confini. Fino al 1863, nella Russia zarista, i detenuti venivano comunemente puniti con la flagellazione in base alla convinzione che erano tutti banditi, criminali che solo la frusta poteva raddrizzare. Quell'anno, però, uscì; Memorie dalla casa dei morti, in cui Dostoevskij raccontava della sua detenzione in Siberia e descriveva lo strazio di chi subiva la punizione. E poiché la coscienza dei funzionari russi non riuscì a sopportare le parole del grande Dostoevskij, le pene corporali vennero definitivamente abolite. Il forte impatto della letteratura sull'animo umano è il motivo per cui i fondamentalisti la detestano e si inquietano al pensiero che venga letta. Il fondamentalismo, che si costruisce sulla condanna collettiva, non potrebbe che sbriciolarsi davanti allo sguardo umano e tollerante della letteratura.

 

Pictures copyright: Steve MacCurry, "Leggere"

 

Raffaella Di Meglio (classe 1971) si è laureata in Lettere moderne e insegna materie letterarie in un liceo. Ama camminare e fare trekking, ama il contatto con la natura, viaggiare, leggere.

 

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