Mar 312019
Non questa luce
sull’inceneritore,
non queste case grandi
e tutte a spigoli:
il tuo castigo sono le ore
che senti il sangue scorrere
come a rovescio,
e sei fermo sull’angolo
e vedi il paesaggio che ti sfugge,
viene, brilla e si vuota
come in uno specchietto retrovisore.
(Umberto Fiori, Paesaggio)
Vediamo una realtà, anche quella in apparenza più oscura (l’inceneritore), vuota di senso, a rovescio, che non brilla. Percepiamo la realtà componendo in immagini la decadenza che c’è in noi. Fermi sull’angolo di un luogo il paesaggio ci sfugge, non sappiamo cogliere l’erba anemica che ai bordi di un marciapiede germoglia, nemmeno gli spigoli delle case cubiche che vorrebbero significare la non circolarità della nostra esistenza. Ci manca la giusta dose di malinconia, di incapacità a stabilire un rapporto con il prossimo e la realtà. Può mai bastare uno specchietto retrovisore?
Feb 102019
Quando due che discutono
sono arrivati al cuore della questione
e uno alza gli occhi al cielo, scuote le braccia,
l’altro si guarda intorno
a mani giunte, come cercando aiuto,
e gridano fatti e prove,
cambiano tono, si chiamano per nome
– ma non c’è niente, nessuno che possa più
dare ragione a nessuno –
proprio allora, lontani come sono,
rivedono il miracolo:
che sia una la stanza,
che sia lo stesso
il tavolo dove battono.
(Umberto Fiori, Altra discussione)
Una discussione come tante che si snocciolano in una stanza, circoscritta fra poche persone; dove la ragione è sempre appesa a un filo invisibile di verità e a un carico di gestualità. Umberto Fiori la rappresenta con fotogrammi letterari e con meticolosità per evidenziarne la paradossale della staticità dei contendenti, in cui i contenuti si rimandano fra di essi e si contorcono, si imbottigliano, in un litigio infinito che s’innalza nei toni, si abbassa nelle motivazioni, si stempera infine (forse) per sopraggiunta e inevitabile stanchezza.