Il blog di Elio Ria

Spighe di poesia

3. Il mito di Rimbaud?

mar 202020

Rimbaud nel corso degli anni è stato fatto mito di tutto. Tra i miti letterari di cui il più riconosciuto è quello di poeta maledetto, segue quello simbolista e surrealista (cabala, magia, ecc.). Tra quelli politici, prima quello cattolico (Rimbaud cristiano, Santo Rimbaud, solo per citare alcuni titoli); poi quello totalitario in cui troviamo il poeta di Charleville in tutte le ideologie, quella comunarda, fascista, nazista, comunista, disfattista, patriottica; poi il mito della morale: dell’onesto borghese, dell’uomo d’azione, dell’avventuriero; la dimensione mistica: il profeta, l’angelo, il Cristo. Infine, icona dei gay, l’omosessuale dell’eterna giovinezza, il simbolo della diversità.
Rimbaud, dunque, utilizzato in ogni forma ed essenza letteraria, politica e sociale. Forma, in quanto combinatoria di pensieri e canoni letterari per una sostanza di scrittura. Essenza letteraria per riconoscere e individuare un respiro ampio di genialità poetica. Forma politica per strumentalizzare la sua vita in aderenza a ‘sbadigli ideologici’ di ogni genere. Forma sociale per innalzarlo a ragazzo trasgressivo, fuori dalle regole e soprattutto simbolo distensivo dell’omosessualità.
In tal modo, si dimenticano due aspetti importanti: l’uomo, il poeta.

undefinedL’uomo, o meglio l’eterno ragazzo, che vive sino alla morte una ‘straordinaria’ condizione di solitudine e di sofferenza, di rinunce e di esaltazione del proprio Io nella conoscenza dell’abisso.
Il poeta della modernità che concentrò la sua produzione tra il 1870 e il 1874, tra i sedici e i vent'anni. Solo per questo va ricordato come un caso singolarissimo nelle letterature di tutti i tempi.
Indubbiamente, nel tempo si è cristallizzata una critica logorroica, maniacale e cervellotica che ha contribuito a confondere il cammino umano del poeta con quello letterario, che invece si può vedere con facilità, avendocelo, almeno in parte, lui stesso descritto nelle sue opere.
Il suo vero capolavoro è la Lettre du Voyant scritta nel 1871(all'età di sedici anni) e inviata a Georges Izambard (13 maggio) e a Paul Demeny (15 maggio). Quest’ultimo era un poeta francese, co-direttore della casa editrice Librairie artistique, dove pubblicò nel 1870 la sua prima raccolta di versi, Les Glaneuses (Le spigolatrici). La fama di Demeny resta legata al rapporto intrattenuto con Arthur Rimbaud. Sempre nello stesso anno del 1871 Rimbaud compone Le bateau ivre e raggiunge Verlaine a Parigi.
Lettre du Voyant è un testo celebre, dove Rimbaud afferma che la poesia antica culmina con la poesia greca, dopo, fino al Romanticismo non si trovano che poeti, versificatori, secoli di generazioni idiote. «È la posizione più rivoluzionaria che fosse mai stata concepita» (Gabriele-Aldo Bertozzi, Rimbaud. Illuminazioni, Tascabili economici Newton, Roma 1994).
Quest’annuncio di fare poesia, questo nuovo modo di intendere la lingua, i colori, le immagini, le visioni deve essere il vero mito di Rimbaud, niente altro.
Nessun poeta prima di lui aveva inteso la poesia come descritta nella Lettre du Voyant:
[…] Il romanticismo non è mai stato giudicato per bene. E chi avrebbe saputo farlo? I Critici! I Romantici, che stanno a provare come la canzone sia così di rado l’opra, il pensiero cioè cantato e capito da chi canta?
Poiché Io è un altro. Se l’ottone si sveglia tromba, non è affatto colpa sua. Per me è evidente: assisto allo schiudersi del mio pensiero: lo osservo, lo ascolto: lancio una nota sull’archetto: la sinfonia fa il suo sommovimento in profondità, oppure d’un balzo è sulla scena.
[…]Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggenteIl poeta diventa veggente attraverso una lingua, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di follia; cerca egli stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che le quintessenze. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il gran malato, il gran criminale, il gran maledetto, - e il sommo Sapiente! – Perché giunge all’ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di ogni altro! Giunge all'ignoto, e quando, sbigottito, finisse per perdere l’intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe viste! Che crepi in quel suo balzo attraverso cose inaudite e ineffabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sui quali l’altro si è accasciato.

Nella lettera, la genialità del poeta è indiscutibile, ed è tracciato senza reticenza il suo cammino poetico, contraddistinto dal suo ‘essere, farsi veggente’. Il poeta cerca il mondo dell’interiorità. Il suo è un pensiero irrazionale. È un veggente, non vede con gli occhi esteriori, vede senza l’aiuto dei sensi e della ragione. Distrugge tutto il passato letterario della Francia e del mondo, salvando solo i greci dell’antichità. Una specifica menzione di ignominia è riservata al soggettivismo e sentimentalismo dei romantici e, in generale, allo spirito rappresentato da Lamartine, Musset, Rabelais, La Fontaine, Voltaire. La nuova lingua contribuirebbe al progresso dell’umanità, ed è per tale ragione che Rimbaud diventa profeta e modello per le generazioni dei poeti del Novecento. Il poeta offe la parola alla visione che si realizza in lui, attraverso l’emersione dalle zone oscure dell’inconscio.

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Robert Faurisson (1929-2018), saggista e pubblicista francese, noto per le sue tesi negazioniste sull’Olocausto, si è interessato agli inizi degli anni Settanta di Rimbaud, nel suo libro A-t-on lu Rimbaud. Suivi de l’affaire Rimbaud (Editore La Vielle Taupe, 1991) dichiara:
Rimbaud ha il senso preciso della proprietà dei termini; l’origine delle parole gli resta sempre presente: se gli capita di creare parole nuove, di deformarle, di ricostruirle o di giocare col loro significato, non lo fa mai con la sprezzante incoscienza di certi innovatori ma bensì con l’istinto sicuro del conoscitore.
Aube è una delle composizioni più emblematiche e uno dei migliori esempi di quella nuova poesia cui Rimbaud giunge dopo gli eccessi denunciati in una Saison en enfer. Per l’analisi testuale di questo testo si rimanda a Arthur Rimbaud, Alba a cura di Eloise Lonobile in Letteratour (www.letteratour.it).
Veggenza, dunque, che nel caso di Rimbaud non è arte divinatoria bensì capacità extrasensoriale di percepire quanto vi è nascosto nelle immagini, nel pensiero, nel linguaggio, dove la parola non basta più e necessita un sostegno per rilanciarsi e lasciarsi trasportare nel lampo luminoso dell’immaginazione.

Indubbiamente, Rimbaud nelle sue opere si presenta come personaggio-protagonista, l’unico attore di una vita intensa di accadimenti che lo hanno travolto e non gli hanno dato il tempo di vivere con normalità la sua adolescenza; possiamo anche dire che è stato l’eterno adolescente mai adolescente. Troppe cose della sua vita rientrano in quel cerchio magico della fatalità, causalità, destino, magia; dei sensi deteriorati dall'assenzio e dalle visioni, dell’amore intravisto nelle sporcizie di Verlaine, nei misfatti degli abbandoni e delle rinunce, dell’amore mai avuto.
Per tutto questo la leggenda si è impadronita di lui, dando troppo spesso una visione distorta dell’uomo e del poeta. Tutti coloro che si sono interessati in lui hanno rimaneggiato secondo le proprie esigenze il suo vissuto.
Rimbaud è un mito, tant'è che la bibliografia su di lui è immensa e si allunga a dismisura. È la conseguenza della sua importanza di poeta innovatore.

Isabelle Rimbaud e suo marito Paterne Berrichon dopo la morte di Rimbaud si adopereranno a far passare la notizia della sua conversione negli ultimi istanti di vita. Isabelle difatti raccolse l’ultimo respiro del fratello, riuscendo anche a fargli somministrare l’estrema unzione, ma quello che effettivamente accadde ci resterà sempre ignoto. Il valore di questa conversione in extremis è dato soltanto dalla volontà di Isabelle di proporre all'opinione pubblica la morte pia del fratello al solo fine di rivalutarlo e sconfessare la sua vita senza regole. Ardengo Soffici, in riferimento alla biografia scritta da Perrichon J.A. Rimbaude. Le poète (1912) tuona: «Una delle disgrazie più terribili che possan capitare a un uomo di genio è d’essere interpretato e difeso da un essere piccolo e meschino».

Jim Morrison lo ammirò, lo lesse e per certi versi si ispirò al suo modello; dichiarò agli amici più stretti che sperava di essere ricordato come poeta piuttosto come cantante rock. Altri artisti si sono ispirati a Rimbaud, da René Char ad André Breton, fino ai più recenti poeti come Patty Smith.

Per Bob Dylan Rimbaud ha rappresentato fonte d’ispirazione nella canzone You're Gonna Make Me Lonesome, pubblicata in Blood on Tracks nel 1975.

Nella sua biografia di Dylan, il critico musicale Robert Shelton individua le prime tracce di una scrittura profondamente influenzata dal simbolismo di Rimbaud, in canzoni come A Hard Rain's A-Gonna Falle Bob Dylan's Dream (album The Freewheelin’Bob Dylan, 1963).

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Il pittore Jean Michel Basquiat (1960-1988), celebrato come una rockstar, è paragonato a Rimbaud per lo stile di vita sregolato e trasgressivo. È un simbolo degli anni Ottanta e della cultura urbana alternativa. Di origine haitiana, è stato uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d'arte. Nelle sue opere prevalgono parole e colori dove esprime una realtà multirazziale, di conflitto, dove vivono figure primitive tormentate. Nel 1983 stringe un’amicizia con Andy Warhol, il quale lo aiuta a sfondare nel mondo dell'arte come fenomeno mondiale emergente. I suoi dipinti sono caratterizzati da immagini rozze, quasi infantili. L'elemento che però contraddistingue l'arte di Basquiat è essenzialmente l'utilizzo delle parole, inserite nei suoi dipinti come parte integrante, ma anche come sfondo, cancellate, a volte anche per attrarre l'attenzione dello spettatore.

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Come Rimbaud è sregolato, maledetto; sbarcato all’età di diciassette anni a New York si impone in ambito artistico, è coccolato dai critici e dai media, ma schiavo dell’eroina muore di overdose nel 1988.
Il surrealismo indicava, in Rimbaud e soprattutto in Lautréamont, gli iniziatari di poesia. Nel sogno, secondo i surrealisti, viene individuato una sorta di stato di veggenza, e questa condizione è quella che deve costantemente ricercare il poeta, il pittore, l’artista in senso generale.

Roberto Vecchioni nel 1971 nell'album Elisir dedica la canzone A.R. a Rimbaud.
[…] E sua madre nel fienile, nel ricordo:
Vecchia, scassata borghesia.
Ribaltare le parole, invertire il senso
Fino allo sputo,
Cercando un'altra poesia.
E Verlaine che gli sparava e gli gridava:
"Non lasciarmi, no, non lasciarmi, vita mia"...
E nave, porca nave vai
La gamba mi fa male, dai
Le luci di Marsiglia non arrivan mai.

Gilbert Amy compone nel 1980 Une Saison en enfer, per soprano pianoforte, percussioni e banda magnetic.


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Rimbaud ha ispirato e continua ad ispirare gli artisti, sembra quasi difficile sfuggire al fascino delle sue opere e alla sua vita singolare di giovane poeta ribelle, innovatore della poesia. Si riportano di seguito alcune significative opere in cui il poeta di Charleville è protagonista.
Nel 1955 dalla regista Agnieszka Holland mette in scena nel film Poeti dall'inferno la complicata relazione tra Verlaine e Rimbaud, dove Arthur è interpretato da Leonardo Di Caprio.
Nel 1966 Rainbow pour Rimbaud è un film tratto da una novella dello scrittore francese Jean Teulé. La trama è data da un giovane che sotto l’influenza delle opere di Rimbaud decide di viaggiare in Africa e incomincia a identificarsi con il poeta.

 undefinedNel 2004 Étienne Faure dirige il documentario sulla vita del poeta Quoi? L’éternité.

Rimbaud, dunque, affascina e ispira, divenendo un culto, un fenomeno di cui ci si innamora immediatamente. Questo culto è assai diffuso, e tutti coloro che lo celebrano in opere e con il sentimento di ammirazione lo hanno trasformato in un idolo, un’icona per ogni cosa. E ,qui, si commette lo stesso errore di coloro che considerano il sodalizio di Rimbaud con Verlaine solo ed esclusivamente in ambito passionale, dimenticando, oppure ignorando che la loro unione volgeva anche verso la poesia. Il secolo XIX fu il secolo che, pur nel progresso, al contempo agonizzava nelle sue contraddizioni sociali, politiche e religiose; ogni sensibilità andava mutando ed emergevano istanze culturali innovative. In Francia i ‘poeti maledetti’, tali appunto appaiono soprattutto agli altri, per la rivolta e l’emarginazione in cui essi stessi si situano e si mostrano nella luce demoniaca. Ed è appunto Verlaine che sarà la coscienza critica del gruppo di quasi tutti questi poeti: Corbière, Rimbaud, Mallarmé, Villiers, nonché se stesso. Questa operazione oggi può sembrare facile; in verità essa dà prova di intuizione, di divinazione dell’arte poetica e della propria vita, una divinazione che costerà cara a tutti i poeti in termini di moralità, e non solo. I poeti maledetti dimostrarono coraggio e genialità nel sviluppare la rivolta, il satanismo, il sogno dell’Assoluto, l’Arte, la gioia amara del Male, nella dannazione.
Rimbaud ha in sé la precocità, la brevità e la densità di una esperienza che si svolge con il carattere del disprezzo verso ogni forma canonizzata della letteratura. Disdegno la pubblicazione delle sue opere, se si eccettua la Saison en enfer. La poesia di Rimbaud viaggia per oltre un decennio per canali sotterranei, si affida a fogli volanti, missive agli amici, quadernetti, manoscritti autografi. Già questo è una opposizione alla vanità dei poeti che tendevano alla gloria.
«Enfant prodige è Rimbaud. Ma il prodigio non è tanto nell'aver iniziato a comporre versi sui banchi di scuola (un ‘fenomeno’ comune a tanti altri poeti), quanto nel’aver raggiunto così presto una sua fisionomia e autonomia, nell'essersi forgiato quasi immediatamente un suo stile, una sua poetica, segnati da marchi d’un’inconfondibile originalità, e soprattutto nella fierezza sdegnosa con cui innova, lacera, ribalta, distrugge procedimenti e convenzioni, per poi a breve scadenza registrare, con non minore fierezza, il proprio fallimento, e cessare, tacere» (G.Macchia/ M.Colesanti, E.Guaraldo/G.Machi, G.Rubino/G.Violato, La letteratura francese. Dal Romanticismo al Simbolismo, Editore Rizzoli, sesta edizione, giugno 2006, pag.266). Questo è il vero mito di Rimbaud.

 

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Bibliografia minima generale

- A. Soffici, Arthur Rimbaud, a cura di François Livi, editore Vallecchi, 2002
- G. Furgiuele, Rimbaud. Come si difende un mito, edizioni Fontana di Trevi, 2013
- G.-A. Bertozzi, Rimbaud. Illuminazioni, Tascabili economici Newton, Roma 1994
- G.Macchia/ M.Colesanti, E.Guaraldo/G.Machi, G.Rubino/G.Violato, La letteratura francese. Dal Romanticismo al Simbolismo, Editore Rizzoli, sesta edizione, giugno 2006
- R. Faurisson, A-t-on lu Rimbaud. Suivi de l’affaire Rimbaud, editore La Vielle Taupe, 1991
- Rimbaud A., Rimbaud. Opere in versi e in prosa (con testo a fronte), introd. e note di M. Guglielminetti, trad. di D. Bellezza, Garzanti, IV edizione marzo 2004.
- E. Ria, Il ragazzo dalla faccia pulita. Saggio su Rimbaud, Villaggio Maori edizioni, Catania 2014, Collana 'Ellissi'.

 

2. Rimbaud comunardo e la presunta iniziazione all'omosessualità

mar 102020

Secondo la leggenda Rimbaud sarebbe giunto a Parigi nel 1871 a piedi e si sarebbe arruolato nei franchi tiratori della Rivoluzione. Alcune lettere indirizzate al suo maestro Georges Izambard attestano però la sua presenza in quell'anno a Charleville. Comunque sia, Arthur s’infiammò per gli ideali e le politiche sociali della Comune, tanto da chiamare i borghesi torma di cagne in foia mangiatrici d’impiastri nel testo L’orgia parigina, ovvero Parigi si ripopola, dove prevalgono toni forti e decisi. Si può dire che il suo attivismo politico fu un sussulto patriottico durato giusto il tempo necessario per comporre alcuni canti rivoluzionari che lo dimostrarono vicino ai rivoltosi: Chant de guerre parisien, Le mains de Jeanne-Marie (dedicata ad una ragazza proletaria), oltre alla già citata L’orgie parisienne ou Paris se repeuple.
La Comune di Parigi è il governo democratico che diresse Parigi dal 18 marzo al 28 maggio 1871. La Comune adottò a proprio simbolo la bandiera rossa, eliminò l’esercito permanente e armò i cittadini; stabilì inoltre l’istruzione laica e gratuita, rese elettive le cariche di magistrato, favorì le associazioni dei lavoratori ed iniziò l’epurazione degli oppositori.

undefinedL’istituzione della Comune rivoluziona la geografia di Parigi, durante l’assedio la gente scopre nuovi modi di incontrarsi e di riunirsi, poiché la rivolta ha con sé l’intuizione di un ‘tempo finito, in cui ogni istante potrebbe assumere la possibilità di svolta della storia. 

La Comune non è solo una rivoluzione politica, ridetermina la quotidianità delle persone, intensifica l’emancipazione economica, dà risalto al riconoscimento della divisione del lavoro, intensifica gli spazi urbani. Rimbaud interpreta il ritmo, le agitazioni rapide e oscillanti tra la minaccia e la quiete di Parigi; attinge dagli slogan e dai detti popolari i materiali linguistici per l’esaltazione della rivolta e l’impulso dionisiaco dell’essere in comune.
Henry Lefebvre (filosofo, sociologo, urbanista, saggista, partigiano) considera la Comune come una ‘festa’ che irrompe nel tempo lineare della storia del Capitale, per dare inizio a un atto che spezza la sequenza degli eventi umani: «La Comune fu una festa, la più grande del secolo e dei tempi moderni. Persino l’analisi più fredda vi trova l’impressione e la volontà degli insorti di divenire padroni della propria vita e della propria storia, non solo in quel che riguarda le decisioni politiche, ma a livello della quotidianità» (La proclamation de la Commune). ‘Festa’ va intesa come ‘epifania’ di una nuova vita politica, sociale, temporale e spaziale.
Arthur percorse circa 250 chilometri per arrivare a Parigi verso la fine di aprile del 1871. Ai soldati che presidiavano l’entrata della città confessò di essere giunto a piedi dalle Ardenne e di non avere un soldo. I soldati lo accolsero e fecero una colletta di denaro per donargliela. C’era un’atmosfera di euforia, di trasgressione. Rimbaud cedette al fascino di Parigi e della Comune. Incontrò gli anarchici più grandi e apprese da loro i modi scontrosi e le idee antiborghesi.

Le notizie sulla sua partecipazione alla Comune sono incerte e controverse, non suffragate da documenti certi. Il suo arruolamento fra i cosiddetti ‘corpi franchi’ e l’assegnazione alla caserma Babylone, dove avrebbe subìto violenza, non è attendibile.
Enid Marie Starkie, critica letteraria irlandese, nota per le sue biografie sui poeti francesi, in una biografia su Rimbaud (Arthur Rimbaud by Enid Starkie, Reissue edizione 1982) ipotizzava che egli fosse stato violentato da alcuni soldati e che questo evento lo avesse poi reso omosessuale.
La Starkie riferiva di aver preso spunto dalla testimonianza di una biografia francese redatta dal colonnello Simon Godchot che nel 1936 scrisse una biografia dal titolo Arthur Rimbaud ne varietur. Risulta evidente che Rimbaud prima dell’abuso non avesse alcuna esperienza sessuale. Il suo corpo pareva quello di una ragazzina, per la statura minuta (un metro e sessanta), la carnagione fresca, i riccioli rossicci, gli occhi azzurri.

undefinedSecondo la scrittrice irlandese, quell'esperienza nonostante gli avesse provocato ribrezzo, gli rivelò la reale essenza del sesso e la falsità delle emozioni. Non fu mai più lo stesso. Tra l’altro, sempre la Starkie fonda la sua idea di violenza sessuale sulla poesia Cuore di buffone (in altre traduzioni il titolo diventa: Il cuore del Pagliaccio, Cuore rubato, Il cuore torturato, Il cuore suppliziato) in cui appunto viene denunciato l’abuso. Va precisato che la Starkie formula soltanto delle ipotesi, anche sul fatto che Rimbaud durante lo stupro avesse goduto. Sono soltanto pure invenzioni che hanno permesso una visione distorta della realtà letteraria e biografica di Rimbaud.

Cuore di buffone

Il mio triste cuore sbava a poppa,
il mio cuore coperto di trinciato:
su di lui sputano schizzi di zuppa,
mio triste cuore che sbava a poppa:
sotto i turpi lazzi della truppa
che scoppia in un riso generale,
il mio triste cuore che sbava a poppa,
mio triste cuore coperto di trinciato!

L’atmosfera è indubbiamente da caserma, con atteggiamenti buffoneschi che sfociano in un riso generale; tuttavia, non sono comprensibili le immagini marinare che compaiono nel testo. Molti critici sono propensi ad azzardare l’ipotesi che la scena orgiastica si svolga in una camerata decorata da un dipinto murale raffigurante un vascello.

Itifallici e soldateschi,
i loro insulti l’hanno depravato!
E nel vespero dipingono affreschi
Itifallici e soldateschi
prendere il mio cuore, che sia salvato:
Itifallici e soldateschi,
i loro insulti l’hanno depravato.

In questi versi l’abuso sessuale emerge con l’accostamento ai culti fallici dell’antica religione greca (carmi fallici o itifallici). La scena è bacchica, fallica sino agli estremi, senza pudore, con brutalità soldatesca, tra l’altro dipinta sui muri della caserma.

Quando avranno consumato le loro cicche
come agire, o cuore defraudato?
Ci saranno bacchici rutti
quando avranno consumato quelle cicche;
io avrò conati di vomito
se il mio triste cuore è avvilito;
Quando avranno consumato le loro cicche,
come agire, o cuore defraudato?

Dopo la consumazione dell’atto sessuale e ai gioiosi bacchici rutti, Rimbaud s’interroga sul suo futuro.
Cuore di buffone lascia spazio a molte decrittazioni. È una poesia elegantemente costruita. Per Rimbaud quei versi avevano valore di esercizio poetico o di velata confessione?
Con una lettera datata 13 maggio 1871, Arthur trasmetterà il testo a Georges Izambard, suo insegnante di retorica al Collège di Charleville, soprannominato Zanzibar. Del suo insegnante Rimbaud era affascinato e appena scoprì la sua biblioteca (poesia francese, riviste letterarie, classici) fu attratto anche dai suoi libri. Dai suoi insegnamenti ebbe modo di conoscere Rabelais, Rousseau e Françoise Villon. Izambard liquiderà il testo come insignificante e pieno di immagini scatologiche.

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Rimbaud in Cuore di buffone vede sé stesso con profondo distacco, tanto da imprimere al testo una reticenza nello svelarsi, non pervenendo a una conclusione, per marcare e delimitare il proprio Io, che diventa latitante e fantasma soggiacente ad una rappresentazione inquietante dell’accaduto. Possiamo dire che i complessi giocano in letteratura lo stesso ruolo che svolgono nella vita reale. Nella comunicazione del senso del sentimento tramite la scrittura Rimbaud giunge a una condizione di godimento psichico capace di acquietare le ansie e le compulsioni velando e rivelando il malessere interiore. Per un’indagine psicoanalitica del testo si deve infatti procedere in senso opposto, dalla costruzione alla decostruzione, per giungere alla divisione della vita psichica in quella particolare organizzazione dello psichico che è la scrittura. Così come sostengono autorevoli studiosi di semiotica del testo, fra i molti Alessandro Serperi, Cesare Segre e Mario Lavagetto.

L’interpretazione di Cuore di buffone non deve essere un atto che estrapola ciò che si vorrebbe avere come valutazione per una rapida e conclusiva ‘diagnosi’ psicologica dell’autore. Non giovano gli azzardi interpretativi della poesia, serve un maggiore approfondimento per restituire a Rimbaud la dignità che gli spetta come uomo e come poeta, senza ricorrere a facili etichette personalistiche.
Non dobbiamo dimenticare che Rimbaud era un ragazzo normale, abbandonato al proprio destino senza aver potuto assaporare la pienezza della giovinezza, senza la guida di un padre, in perenne solitudine con sé stesso e la sua poesia, con quel desiderio di «creare tutte le feste, tutti i trionfi, tutti i drammi», con quella sua infinita ricerca dell’alba nuova.

Alla luce di tutto ciò si può concludere che Rimbaud avrebbe potuto raccontare il fatto scabroso della caserma – nella lettera a Izambard – senza ricorrere all'artificio poetico, liberamente come uno sfogo. Ma questo non avviene. Perché? Vi è forse il narcisismo con cui vuole preservarsi ancora vergine e bello, lasciando trapelare qualcosa in una sorta di atto riparatore psicologico nei confronti di sé stesso?
Non è possibile dare per certa la violenza sessuale, né in che modo eventualmente essa sia stata perpetrata. In verità, non si può affermare con certezza la sua omosessualità come condizione appagante di un desiderio corporale.

Dopo il presunto incidente sessuale ad opera dei soldati, vi è il rapporto con Verlaine che tanto ha fatto discutere. L'incontro fatale fra i due avvenne a Parigi nel settembre del 1871. Era l'epoca delle droghe, dell'assenzio, del sesso. Paterne Berrichon (marito della sorella di Rimbaud) dopo la morte di Arthur si adoperò a dimostrare la purezza di Arthur, mentre Marcel Colon farà il contrario. Fu davvero Rimbaud a deviare Verlaine? Questi lo introdusse nei caffè, dove bevevano birra, seduti su un trono invisibile di gloria e sullo sgabello dei fotografi. Paul-Marie Verlaine aveva ventisette anni, non lavorava, beveva, sovente picchiava la moglie, incinta del loro primo figlio Georges. Recitavano sonetti aspettando, ognuno, di essere l'eletto. 

undefinedVerlaine non era bello, anzi sembrava un orango, distratto nel vestire, sudicio. Era comunque buono e provvisto di una falsa innocenza tinta di ipocrisia, omosessuale che non disdegnava qualche approccio sporadico con la moglie. Poeta che balzò alla ribalta grazie ad alcune poesie geniali del Parnasse contemporaine e uno studio su Baudelaire. Rimbaud, diciassettenne, aveva i modi da contadino provinciale, disubbidiente, mal vestito, con i capelli disordinati. La convivenza sfacciata dei due è sempre oggetto di interpretazioni curiose e stravaganti, tanto da far passare in secondo ordine l'opera poetica di Verlaine, ultimo romantico. Verlaine era diverso in un'epoca che non ammetteva diversità nella sfera sessuale. La sodomia era considerata reato sino al 1791, anno in cui in Francia fu poi abrogata. Nonostante ciò, nel secolo XIX il sistema sociale non era predisposto a una 'diversità' da esibire senza alcun pudore. Verlaine punito dalla natura che lo volle brutto, ebbe però la soddisfazione di possedere eloquenza poetica e di essere proclamato Principe dei poeti. Per Verlaine la carne giovane e fresca di Rimbaud fu un pasto principale. La vita dei due poeti in quel periodo fu allegra negli incontri che ogni sera avevano presso il locale affittato all'Hotel des Entrangers, dove fra una risata e una bevuta recitavano versi scurrili, parodistici e satirici con il gruppo dei Zutistes (una frangia di artisti  scissionista di parnassiani con a capo Ernest Cabaner). Un divertimento letterario che si prefiggeva di scimmiottare poeti importanti, alterandone le poesie. 

Da alcuni documenti finiti nel fascicolo processuale di Bruxelles a carico di Verlaine per aver sparato due colpi a Rimbaud il 10 luglio 1873, emergono aspetti significativi della loro unione. Rimbaud ad una lettera di Verlaine così risponde: «Ritorna amico caro, unico amico, ritorna. Ti giuro che starò buono… Sono due giorni che non smetto di piangere… La parola vera è: ritorna, voglio stare con te, ti amo. Se ascolti questo, mostrerai uno spirito sincero… Ma io ti amo, ti bacio e ci rivedremo… Tuo per tutta la vita» (Londra, 4 luglio 1873).
In verità, Rimbaud esercita un fascino irresistibile sul fragile Verlaine, il quale è sempre combattuto fra l’amore per l’angelo maledetto e il desiderio di non rompere il matrimonio. Non è affatto facile stabilire le vere intenzioni di Rimbaud nei confronti di Verlaine, stante l’animosità, l’ira, nonché la confusione sentimentale che emergono, si annullano o si innalzano in situazioni imbarazzanti, scandalose, inspiegabili, prive di moralità. In Les déserts (estate 1872, se non addirittura successiva) si intravedono incubi sessuali e pensieri confusi, in cui il carattere erotico è dichiarato sin dal principio dell’opera. Rimbaud dichiara la sua malinconia, dovuta alla consapevolezza della negazione di un rapporto sentimentale normale.

Les déserts

Queste scritture sono di un giovane, giovanissimo uomo, la cui vita s’è sviluppata non importa dove; senza madre, senza paese, insofferente di tutto ciò che si conosce, fuggente ogni forza morale, come già furono diversi giovani degni di compassione. […] Non avendo amato alcuna donna, - benché pieno di sangue! – ebbe la sua anima e il suo corpo, ogni sua forza elevata in strani e tristi errori.

Benché Rimbaud neghi di essere omosessuale, tuttavia, è indubbio che egli abbia praticato l’omosessualità, come sostiene il poeta e critico d’arte Alain Jouffroy: «essa rappresenta per lui la droga, una tecnica di perversione volontaria, per vedere altrimenti la vita». Anche Verlaine, ascoltato dal giudice istruttore l’11 luglio del 1873, alla domanda: «Esistono tra voi e Rimbaud rapporti diversi da quelli dell’amicizia?», dichiara: «No è una calunnia che è stata inventata da mia moglie e dalla sua famiglia per nuocermi; mi si accusa di questo nella petizione presentata al tribunale da parte di mia moglie a sostegno della richiesta di separazione».
Il dottore Charles Semal, incaricato, dal giudice per una perizia medica su Verlaine, il 16 luglio 1973, certifica: «Paul Verlaine porta sulla sua persona tracce di pederastia attiva e passiva. L’una e l’altra di queste due specie di vestigia non essendo così marcate non fanno sospettare abitudini inveterate e antiche ma pratiche più o meno recenti».

La questione come si può notare non dispone di una confessione degli interessati per quanto concerne la pratica omosessuale. Fu amore vero, amore di convenienza, fulmine di trasgressione, gioia di trasgressione? Difficile rispondere! Verlaine praticava l’omosessualità ancora prima di conoscere Rimbaud; certamente, il poeta di Charleville con i suoi occhi di un blu pallido, di una dolcezza infantile, contribuì a destabilizzare sentimentalmente Verlaine e a minare la quiete coniugale. Rimbaud non era gay, era un fanciullo privo di esperienza sessuale, solo qualche curiosità e fantasia, nulla di più; soddisfaceva l’appetito sessuale del suo amico per ricevere in cambio ospitalità e mantenimento. Secondo Edmund White, Rimbaud rappresentava l’ideale erotico di Verlaine, un adolescente dominante che si mostrava sempre disponibile dal punto di vista sessuale. 

La trasgressione dei due si consuma nello splendore della massima indecenza. Incontrollabili vivono nelle viscere del sesso, consumano piaceri, s’inebriano di volgarità.
Verlaine non possedeva nulla del fascino maschile, e per tale ragione soccombeva, non avendo nessun vantaggio da contrapporre al potere di dominanza psicologica di Rimbaud. Doveva soggiacere, in quanto il piacere che riusciva a procurarsi da Rimbaud non poteva conquistarselo con la propria bellezza ma soltanto con la resa incondizionata all’autorità maschile del compagno.
L’omosessualità era per Rimbaud un ripiego, mentre per Verlaine era un’abitudine, passione e ragione di vita, sporcizia che lo inebriava.
Rimbaud cercò un maestro, ebbe un amante, anzi una sposa, - anche se è preferibile dire che sono l’uno e l’altro alternativamente. In una lettera sequestrata dalla polizia e rinvenuta nel portafoglio di Rimbaud, Verlaine in data 18 maggio 1872 scrive:

Il buon discepolo

Sono eletto, sono dannato!
Un grand’alito sconosciuto mi assedia.
Oh, terrore! Parce, domine!

Chi è l’Angelo duro che mi satura
Tra gli omeri adesso
Da farmi librare per Paradisi? […]

Tu il geloso che m’ha fatto segno
Eccomi, eccomi tutto!
Verso te striscio ancora indegno!
- Salta sulle mie reni, e sbatti!

Testo fin troppo esplicativo della sottomissione di Verlaine, cigno indegno che s’immola al piacere dell’amore relegando quello coniugale, di cui ogni tanto fa ammenda, ma incapace di una scelta che possa portarlo a una serenità d’animo più accettabile, giacché è sempre in uno stato di sovreccitazione, di un’euforia che non consce limite. È un immaturo, con Rimbaud nel ‘petto’ e...

La moglie di Verlaine Mathilde Mauté era la vittima sacrificale che subisce e patisce botte e umiliazioni, tanto da indurre il padre, dottor Mauté, a chiedere a un dottore di certificare le ferite e i lividi su tutto il corpo. La povera Mathilde tentò in tutti i modi di salvare il proprio matrimonio e a far rientrare Verlaine nella normalità coniugale e domestica.
L’amante di Rimbaud era una contraddizione vivente: frequentava prostitute e ragazzi, ma poi scriveva poesie religiose e panegirici della Vergine. Diceva di amare sua moglie, ma non disdegnava di picchiarla quando lei si rifiutava di dargli i soldi da sperperare in bordelli con bevute di assenzio con Arthur. Era un poeta che sapeva cantare magnificamente la vita semplice e tranquilla. Il suo grande peccato è aver avuto sempre nel petto Rimbaud, il quale lo ha devastato in ogni modo, poiché il cuore di Rimbaud si apriva davanti alle sue vittime, e Verlaine era una di loro. Il giovane Arthur aveva preso Verlaine per far parte della sua ‘impresa’ – così la chiamerà in Vagabondi – di ritrovare in due il «primitivo stato di figlio del Sole».

Rimbaud invece continuava l’opera di demolizione delle amicizie di Verlaine, allo scopo di renderlo del tutto dipendente da lui. Questo atteggiamento (perverso) di Rimbaud si può collegare all’ansia poetica che in lui predominava per dichiarare la forma che la poesia doveva assumere in contrapposizione ai canoni del passato. La poesia di Verlaine e dei suoi amici poeti era rivolta al passato, intimistica; mentre Rimbaud era un lavoratore della poesia.
Rimbaud vide con i suoi occhi quel che era Verlaine dietro le poesie: debole e con modi spesso futili. Paul intratteneva un rapporto altalenante, per non dire falso o ambiguo, con una giovane donna timida e la sua famiglia borghese. Il giovane Arthur seguì Verlaine tra letterati di poco conto, dediti a giochi, ed egli fu scandalizzato da tutto ciò, colpito nel vivo della sua idea di poesia. Lui si era riconosciuto poeta, pronto a cercare l’ignoto attraverso le vie della sofferenza, e purtroppo dovette riconoscere in Verlaine un uomo dedito a tutti gli appetiti, a tutti gli egoismi, insomma, un ‘porco’ come una volta lo chiamò.
L’ambiente letterario parigino non gradì la superbia di Rimbaud, tant’è che Ernest Cabaner gli dedicò un testo intriso di antipatia e sdegno.

Che fai a Parigi, poeta,
da Charleville arrivato?
Vattene, qui il genio vegeta,
Muore di fame sul selciato.
Va’ torna da tua madre
Che ti accudì nei primi anni…
Figlio, che fai sulla terra?
- Aspetto, Aspetto, aspetto. […]

Criminali verso la tua tenera età,
Degli amici, avendo letto i tuoi versi,
Insieme ti hanno pagato il viaggio,
Complici del tuo piano perverso.
Maledetti siano, in nome di tua madre,
Quei parnassiani imprudenti!
Fanciullo…

Un uomo [Verlaine], seppur rispettabile,
Invece di disapprovarti,
Ti ha fatto dono di un letto, di un tavolo,
Dell’occorrente per lavarti.
Eppure quest’uomo ha una madre,
Come te, che loda nei suoi canti…
Fanciullo

Verlaine chiamava l’adorato Rimbaud il suo ‘micetto biondo’, gli scriveva: «ancora indegno striscio verso di te, montami sopra e calpestami». Aveva scritto con lui poesie oscene, e, per mantenere il ragazzo dagli occhi azzurri che si rifiutava di lavorare, aveva costretto sua madre a dissipare in pochi anni un considerevole patrimonio.
Entrambi scandalizzarono Parigi, e il loro modi essere sporchi si tinse anche di aspetti ridicoli e fuori dalla buona educazione; Il loro ‘amore’ durò sino all’inizio del marzo 1872, data in cui Rimbaud fece ritorno a Charleville.

Tutto poi si concluderà in una stanza dell’Hotel à la Ville de Courtrai, rue de Brasseurs 1 (nei pressi della Grande Place a Bruxelles), ore 14,30 del 10 luglio 1873: Verlaine, ubriaco fradicio, spara due colpi a Rimbaud, di cui uno si conficca nel polso dell’amante. In quell’Hotel arrivarono insieme da Londra per continuare a vivere la loro ‘straordinaria’ e ‘folle’ avventura d’amore.
Verlaine fu condannato, l’8 agosto 1873, dal Tribunale di prima istanza con sede a Bruxelles, a due anni di reclusione e a duecento franchi d’ammenda, nonché alle spese processuali per la somma di quarantotto franchi e 15 centesimi.
Rimbaud rientrò a Roche nel 1873, scrive Une Saison en enfer pubblicata da Alliance typographique di Bruxelles), forse con l’aiuto degli amici o della madre Vitalie.
Nel 1874 tornò a Londra con un altro amico poeta, Germain Nouveau. Nel 1875 mentre era a Stuggart, ricevette la visita di Verlaine, uscito da prigione; gli avrebbe consegnato il manoscritto delle Illuminations (sua ultima opera). Ma il problema che più lo assillava era il denaro e tornò a battere cassa a Verlaine, ma questi ormai divenuto un altro e vergognoso del suo passato, gli annunciò il suo rifiuto.
Ritroveremo nel 1880 Rimbaud in Africa, e questa è un’altra storia oscura della vita del giovane poeta di Charleville.

Verlaine nella sua struggente solitudine si convertì al cattolicesimo ed esercitò temporaneamente a Rethel l’incarico di insegnante. Giancarlo Pontiggia così commenta la sua religiosità: «Il cristianesimo di Verlaine non ha pressoché nulla di dottrinale: non è altro che il luogo caldo e umile, in cui trovare conforto ai propri mali» (P. Verlaine, Viaggio di un francese in Francia, prefazione, Medusa, Milano 2013). Verlaine accetta come come pena di redenzione la sua vita immorale. Alcune sue poesie risentono del sentimento religioso: Sagesse, Jasis et Naguère, Parallèment.

Nel 1882 pubblica Art poétique in cui comunica la sua idea di poesia: la musica prima di tutto, sottolineando il fatto che le poesie non devono avere un significato preciso ma contenere incertezza con concetti un po' accennati e un po' misteriosi. 

Nel 1883 morì di tifo il giovane Lucien Lètinois che Verlaine aveva conosciuto durante la sua esperienza di insegnamento e di cui si era innamorato. Nuovamente disperato pianse la morte dell’amante nella raccolta Amour (1888), e cercò ancora conforto nell'assenzio. 

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Nel 1884 pubblicò il saggio Poètes Maudit (Veraline, Rimbaud, Corbière e Mallarmè). La pubblicazione dell'opera gli dà fama e successo, ma avrà sempre alle calcagna Léon Vanier, che cercherà di fare di lui un caso letterario.  Nel 1885 divorziò dalla moglie, e sempre più in preda dell’alcol tentò di strangolare la madre, finendo nuovamente in carcere. 

A partire dal 1887, la sua fama crebbe, ma cadde in miseria; scrisse poesie fortemente erotiche contenute nelle raccolte Hombres (a tematica omosessuale) e Femmes (a tematica eterosessuale).

L'ultimo decennio della sua vita è il più triste e il più squallido. Vive in completa indigenza a causa dell'avidità con cui le prostitute che frequenta con assiduità (Marie, Eugénie, Philomène) gli dilapidano i ricavi della sua attività letteraria. Ammalato di polmonite muore a Parigi l'8 gennaio 1896, alle sette di sera, dopo essersi confessato. 

Nel 1907 fu pubblicato postumo Viaggio in Francia di un francese, composto da Verlaine intorno agli anni Ottanta del XIX secolo, dove si ritrovano le descrizioni delle ingiurie e delle scaramucce dei due poeti amanti, anche in ambito politico: Verlaine sosteneva che la democrazia è il male assoluto della modernità, mentre Rimbaud voleva il massacro dei borghesi ricchi e aveva elogiato i rivoltosi del 1789 per avere ucciso il Re. Paul scrisse Viaggio in Francia di un francese solo quando Arthur partì per l’Africa, mettendoci tutta la rabbia del deluso e del tradito, e tutto quello che da innamorato folle aveva in parte dovuto nascondere per farsi accettare come amante dall'amico irrequieto.

Rimbaud conclude la sua vita terrena in una stanza dell'Ospedale Conception di Marsiglia, registrato sotto il nome di Jean Rimbaud, il 10 novembre 1891, all'età di trentasette anni. In ospedale durante la degenza delira a causa della febbre, soffre con forti dolori alla gamba sinistra, mentre l'occhio sinistro è mezzo chiuso. Accusa dolori al petto e alla schiena. È assistito dalla sorella Isabelle, la quale dopo la sua morte si appropriò della produzione letteraria di Arthur e pur di imporre un'immagine diversa del fratello si rese colpevole di censure, omissioni e snaturamenti sui testi del fratello. 

Paul e Arthur: due poeti destinatari della santità del destino che li volle uniti e divisi, infelici, inquieti, maledetti e benedetti, fuori dal tempo, incompresi, sporchi, ubriachi di assenzio e di lussuria; avidi di poesia, di canti e di parole, di colori e di ombre, di inferni, di piacere.
Entrambi percorsero un sogno di poesia, un luogo inusuale, sconosciuto, dove poter rincontrare l’innocenza perduta e la libertà, in preda di folgoranti bagliori di lucidità, di deliri di follia e di sconvolgenti contraddizioni. Parole come carità, bene, bellezza, forza, coraggio, sono evocate e innalzate e poi contemplate nel loro rovescio, poiché la giusta normalità delle stesse è sempre messa in discussione, degradate e perdute.
Rimbaud sino alla fine dei suoi giorni non si sottrae alle vertigini del sogno e dell’abisso, precipita nella morte con lo stesso fuoco di gioventù. La sua dimora è la parola. Accoglie il demone, lo incanta e non si sottomette ad egli. Libero come l’essenza della verità, Rimbaud non è mai raggiungibile definitivamente nel suo 'pensiero' poetico, sfuggente, sempre, per essere l’autentico se stesso, affermazione di Io è un altro.
Inchiodò sulle croci delle falsità pregiudizi, comodità, compromessi di una lingua stantia, incipriata con la grammatica del sentimentalismo estremo, patetico, fastidioso per la ragione, incongruente della realtà.
Rimbaud non sopporta la prescrizione di dio. Avverte il limite della cultura imparata a scuola, quella ricevuta in famiglia, tanto da mescolare fede e sentimento, rabbia e incoscienza, nell'oggetto della sua ricerca dell’Io.
Rimbaud è il poeta della modernità, contemporaneo a noi, compagno di sofferenza di scrittura dei veri poeti, veggente, santo patrono della Lingua. Ma è anche il ragazzo sensibile dagli occhi di cobalto che cercò negli occhi della gente la lucentezza dei suoi stessi occhi; finì per trovare tutt'altro.

 Questa è la storia di Rimbaud e Verlaine, tutto il resto è letteratura.

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Bibliografia minima generale

- E. Wite, La doppia vita di Rimbaud, trad. di Giorgio Testa, minimum fax, Roma 2009

- P. Verlaine, Femmes e Hombres. Poesie erotiche, (con testo a fronte), trad. di Sergio Zoppi, Tascabili economici Newton, Roma 1993

- G. Robb, Rimbaud. Vita e opere di un poeta maledetto, trad. di Melania Mascarino e di Andrea Palladino, Carocci editore, Roma 2002

- H. Lefebvre, La proclamation de la Commune, Gallimard, Paris 1965

- P. Verlaine, Viaggio in Francia di un francese, trad. di Luana Salvarani, pref. di Carlo Pontiggia, Medusa, Milano 2013

- I. Rimbaud, L'ultimo viaggio di mio fratello Arthur, a cura di Antonio Castronuovo, Via del vento edizioni, Pistoia 2009

- Rimbaud A., Rimbaud. Opere in versi e in prosa (con testo a fronte), introd. e note di M. Guglielminetti, trad. di D. Bellezza, Garzanti, IV edizione marzo 2004.

- G. Marcenaro, Una sconosciuta moralità. Quando Verlaine sparò a Rimbaud, Bompiani, 2013

- E. Ria, Il ragazzo dalla faccia pulita. Saggio su Rimbaud, Villaggio Maori edizioni, Catania 2014, Collana 'Ellissi'.

 

 

 

 

 

Musica prima di ogni altra cosa

set 232018

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Musica prima di ogni altra cosa,
e perciò preferisci il verso Dispari
più vago e più solubile nell’aria
senza nulla che pesi o posi.

 
Bisogna pure che le parole
tu le scelga non senza qualche equivoco:
nulla è meglio del canto ambiguo, dove
l’Indeciso al Preciso si sposa.

 
Sono i begli occhi da dietro un velo,
la gran luce che trema a mezzogiorno,
è, per un tiepido cielo d’autunno,
la farragine azzurra delle stelle!

 
La Sfumatura è ciò che ci vuole,
non il Colore, soltanto l’alone!
Oh, fidanzi la sfumatura sola
il sogno al sogno, il flauto al corno!


Fuggi l’Arguzia che assassina,
lo Spirito tagliente e il Riso impuro
per cui piangono gli occhi dell’Azzurro,
tutto aglio bi bassa cucina!

 
Strangola l’eloquenza, e sull’aire
di questa energia, fa attenzione
che la Rima abbia un po’ di discrezione,
altrimenti, dove andrà a finire?

 
O chi dirà i torti della Rima!
Quale fanciullo sordo o negro folle
ci forgiò questo gioiello da un soldo
vacuo e falso sotto la lima?

 
Musica e sempre musica ancora!
Sia il tuo verso la cosa che dilegua
e senti che con anima irrequieta
fugge verso altri cieli, altri amori.

 
Sia il tuo verso la buona avventura
sparsa al vento frizzante del mattino
che porta odori di menta e di timo…
E tutto il resto è letteratura.

 (Paul Verlaine, Arte poetica, Poesie a c. di Luciana Frezza, Rizzoli 2016)

Musica prima di ogni altra cosa, appunto! Musica e armonia di parole e di lingua. L'invito è di spogliarsi dell'eccesso, dagli 'abiti linguistici' che debordano inutilità di bellezza. La parola deve suggerire, avere una particolare forza allusiva, in linea con i canoni della poesia simbolista che deve produrre suggestioni più che descrizioni, fatta di impalpabili realtà. L’atmosfera dell’irrealtà deve espandersi con le sfumature dei colori. La poesia deve ripudiare l’espressione concettuosa (L’Arguzia) e ogni forma di tecnica retorica e superata, e ancora bandire dai versi l’eloquenza, vecchio e logoro strumento della poesia.

 

 

 

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