Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Date a Cesare

set 292022

Licet dare tributum Caesari an non? Dabimus an non dabimus?"

 

Gli mandarono alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. E venuti, quelli gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E rimasero ammirati di lui.

Inseriamo anche la versione in latino, (così lo capisce anche Cesare)

Et mittunt ad eum quosdam ex pharisaeis et herodianis ut eum caperent in verbo. Qui venientes dicunt ei: "Magister, scimus quia verax es et non curas quemquam, nec enim vides in faciem hominum, sed in veritate viam Dei doces. Licet dare tributum Caesari an non? Dabimus an non dabimus?" Qui sciens versutiam eorum ait illis:"Quid me tentatis? Afferte mihi denarium, ut videam. Att illi attulerunt. Et ait illis:"Cuius est imago haec et inscriptio?"Illi autem dixerunt ei: "Caesaris". Jesus autem dixit illis:"Quae sunt Caesaris, reddite Caesari et quae sunt Dei, Deo". Et mirabantur super eo.



 Il nostro povero cuore, di carne, ama con un affetto umano che, se è unito all'amore di Cristo, è anche soprannaturale. Questa, non altra, è la carità che dobbiamo far crescere nell'anima, e che ci porterà a scoprire negli altri l'immagine del Signore. (San Josemaria Escrivà)

 

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"Sono un clown. Definizione ufficiale:

Attore comico, non pago tasse per nessuna Chiesa".

(Heinrich Boll - Opinioni di un clown)

 

La trappola mancata

La risposta di Gesù è un esempio magistrale di abilità comunicativa. Da buon "Maestro" accoglie la domanda insidiosa, schiva l'aggressività degli interlocutori e li costringe a riflettere e rispondere alla sua domanda di rimbalzo, molto più semplice e concreta. Cattura attenzione obbligandoli ad osservare la moneta che hanno tra le mani, a guardare l'effige e leggere l'iscrizione. I farisei son così costretti a distrarsi dall'intenzionalità maligna del tranello e a concentrarsi su come rispondere adeguatamente a Gesù; non hanno tempo per organizzare una risposta che mantenga in atto la malignità delle loro intenzioni: e la risposta è semplice, immediata e mette in mostra tutta la loro conoscenza e padronanza dell'argomento; facilitati anche dal fatto di avere la moneta tra le mani e possono vedere bene l'effige e l'iscrizione; così rispondono con sicurezza che la moneta è Di Cesare.

Con questa risposta, l'argomento del dialogo cambia: non si tratta più della liceità del dare o meno il tributo a Cesare ma di riconoscere l'intestatario, il proprietario della moneta. E su questa evidente e facile verità, dichiarata con prontezza dai farisei, Gesù risponde all'originaria domanda con parole semplici e chiare: "Rendete a Cesare quel che è di Cesare" e subito aggiunge: "...e a Dio ciò che è di Dio"; cioè, detto tra le righe: come la moneta è di Cesare, così la volontà è di Dio.

Farisei ed erodiani sono rimasti intrappolati nella loro cupidigia, nascosta dietro lo scudo della ribellione al dominio romano; e son costretti ad ammettere sia il potere imperiale di Cesare e sia all'onnipotenza di Dio. Per un patito di giustizia, - che viaggia sulla logica espressa dal motto "a ciascuno il suo" - la morale del dialogo è che non ci può essere giustizia (in tutte le declinazioni sociali: finanziaria, tributaria, lavorativa, ecc...) se non è illuminata dall'amore e finalizzata al bene comune, cioè a Dio (Deus caritas est).

La domanda trappola dei farisei potrebbe costringere un interlocutore emotivo a schierarsi pro o contro, una parte o l'altra; ma la risposta di Gesù è "divina", va oltre: non interviene direttamente  sulla questione materiale del dare o non dare il tributo, ma sposta le opzioni di scelta dal piano materiale e impositivo alla coscienza d'essere individuale e sociale; ovvero alla coscienza di classe. Detto in altri termini: dal dare qualcosa ad essere qualcuno; come dire: "Chi sei tu?... Se sei suddito paghi, se sei Cesare incassi. Dimmi chi sei e ti dirò che fai. L'aut aut, diventa soggettivo ovvero ha radici soggettive, è radicato nel soggetto.

L'oggetto del contendere perde valore perchè il nocciolo non è più materiale ma esistenziale: "chi si è" viene prima del "cosa si ha" (da dare); non siamo più nella relazione, siamo nella coscienza d'essere: oltre oltre delle parti; siamo nella realtà, nel logos dove tutto è perchè è; tutto è giustificato: Cesare, popolo e tributo.

Monoteismo... e Cesare?

Anche se per i romani il loro imperatore è quasi una divinità, per il popolo ebraico Dio è uno; e loro sono il "popolo eletto": farisei ed erodiani credono in un solo Dio... e in solo popolo: "Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio all'infuori di me".

Jahvè è il solo Dio d'Israele: non solo è proibito il culto d'altri dei, ma altresì ogni raffigurazione della divinità.(Treccani)

 Per i farisei "Jahvè è il solo Dio d'Israele", cioè, di Abramo e della sua discendenza: non c'è posto per Cesare. I farisei ritengono, credono e sono convinti che i romani non sono discendenti di Abramo. Per Gesù, invece, è tutta un'altra storia: Dio è suo padre; lui stesso, in quanto uomo, è figlio di Dio; ovvero, generalizzando, tutti gli uomini sono figli di Dio*. In definitiva per Gesù Dio è padre anche di quell'uomo raffigurato nella moneta e chiamato Cesare.

Dunque, nella logica cristiana, tutti gli uomini, nel profondo della loro coscienza, trovano l'onnipotenza di Dio Padre e solo a Lui possono chiedere lumi se imporre o meno il tributo; e se darlo o meno a colui che lo impone perchè la "storia" lo ha messo al governo.

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In principio era l'etica

Gesù, perfetto uomo e perfetto Dio, ha dato la sua magistrale risposta ai farisei, in quella circostanza; ma la stessa risposta resta valida oggi e per sempre. La moneta è diventata un pre-testo per riordinare a Dio tutto il creato, tutta la società: Cesare, il popolo e il t ributo. "Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è Dio", generalizzando, ieri come oggi, vuol dire che qualsiasi questione etica, con ricaduta sociale, politica e individuale, va esaminata, discussa e risolta secondo coscienza:

il principio etico non viene dal cielo ma è nella coscienza di ciascuno, illuminata dall'amore...che è Dio (Deus caritas est).

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Nota

(*) Dal Vangelo secondo Matteo: "Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo»."

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Libertà e libero arbitrio

"Libera Chiesa in libero Stato" - L'espressione venne utilizzata da Cavour in occasione del suo primo intervento al parlamento, fatto dopo la proclamazione del Regno d'Italia, il 17 marzo 1861, che portò alla proclamazione di Roma come capitale del regno. (Wikipedia)

 

Il rapporto tra Stato e Chiesa in Italia è stato sintetizzato da Cavour con il motto: "libera chiesa in libero stato”; ma il motto è ingannatore perchè Stato e Chiesa sono Istituzioni, entità astratte, persone giuridiche senza carne nè ossa: non sono persone umane e non possono essere ontologicamente "libere" così come semplifica solennemente il motto usato da Cavour.

Sarebbe come dire che Stato e Chiesa esistono da loro stesse, si son create e fatte da sole, sono da sempre e per sempre saranno; cioè possono crearsi, governarsi e servirsi senza l'intervento di qualcuno che sappia farlo: uomo, donna, re, regina, suddito o suddita non fa differenza.

Sappiamo tutti che non è e non può essere così: perché è sempre l’uomo che fa lo Stato o il Regno o la Chiesa o le altre forme di reggenza e governo della società, comunità, tribù, gruppi, ecc.; una qualsiasi forma astratta, immagine o ente "fai da te" non può esistere nè fare alcunchè senza l'uomo.

Stato laico e la Chiesa laica, come figure e/o forme, sono sì indipendenti tra loro; ma entrambe dipendono, dalla natura, dalla realtà; cioè, giuridicamente, dalle leggi della natura, da leggi di quel corpo iuris riconosciuto in tutti gli Stati, Regni e Nazioni del mondo, senza distinzioni di sesso, razza e religione.


Ogni uomo di responsabilità organizza il suo agire, il suo fare politico con atti ispirati dal corpo iuris naturale universale condiviso da tutta l'umanità.

Ritornando alla dinamica del dialogo evangelico della moneta, una considerazione che salta all'evidenza è che nelle dispute su questioni etiche, prima che politiche, l'abilità di "controllo" della situazione dialogica, sta nel non rispondere, istintivamente e precipitosamente, nei termini in cui spesso vengono poste le domande; ma digerirle, rifletterle e riformularle nei termini universalmente condivisi; tenendo presente che c'è un ordine sociale subordinato all’ordine naturale, che a sua volta risponde per fede, in fede e con fede al mistero soprannaturale inconoscibile.

Solo questo "misterioso" e immaginario "Ente" a cui ci si può accostare solo per fede, può garantire la libertà dell'uomo; di ogni uomo, in ogni momento e in ogni circostanza; questa libertà, per i cristiani è agìta nel mondo, alimentata ed ispirata dalla caritas, dall’amore, da Dio: Deus caritas est. Pertanto, la linfa del politico autentico non è la rivalità con il diverso o l'avversario di parte, ma è l'amore per il mondo e l'umanità, compreso il nemico. Per il cristiano questo amore è incarnato in Gesù, "perfetto uomo e perfetto Dio".

In ogni disputa, il cristiano si sforza di essere Cristo in persona; e prenderà prudentemente la decisione giusta ed eticamente corretta, rispetto a Dio, agli uomini e a se stesso: cioè, trasformerà in atto politico quella risposta che Gesù diede ai farisei oltre duemila anni fa; cioè, rendere a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. E questo non vuol dire che Cesare e Dio abitano due mondi separati; sono, invece, due mondi compenetrati l'un l'altro nell'uomo, nel comportamento umano, senza soluzioni di continuità, secondo quel modello di perfezione umana e divina che è la persona di Gesù Cristo, "perfetto Uomo e perfetto Dio".

I politici, uomini e donne, dovrebbero essere così: "perfetti" ... o, almeno, umili quanto basta per provare ad imitarlo.

 

Et mirabantur super eo.

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ratio imitarum naturam

 

 

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