Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Nom de plume, Hans Fallada

Jun 162018

Questo lavoro è il primo di una serie di interventi che prendono spunto dall'ultima a discussione del Gruppo di lettura del Forum di Letteratour, a cui è stato messo un titolo fortemente storico che, nella scelta dei testi, può rientrare anche nei classici canoni letterari: "Il nazional socialismo in Germania". La proposta di apertura della discussione, presenta infatti un romanzo:

Vorrei discutere su un argomento che mi sta a cuore: la dittatura nazista in Germania e la resistenza tedesca. Il romanzo che ho finito di leggere è "Ognuno muore da solo" di Hans Fallada, dal quale è stato tratto il film "Lettere da Berlino"

"Jeder stirbt für sich allein" (tradotto in italiano come: "Ognuno muore solo"), fu l'ultimo romanzo di Hans Fallada, dato alle stampe nel 1946, giudicato da Primo Levi come "uno dei più bei libri sulla resistenza tedesca contro il nazismo"

Nel risvolto di copertina dell'edizione Sellerio è scritto: "undefined

Hans Fallada, massimo autore del neorealismo weimariano, ormai alcolizzato, dipendente da farmaci, ripetutamente richiuso in istituti psichiatrici, ricevette l'incartamento da autorità della ricostruzione e scrisse l'opera nel tardo 1946, in ventiquattro giorni, appena prima di morire.

Considerato che "il romanzo parla sempre del suo autore", con questo criterio, ho ritenuto utile approfondire la conoscenza dell'autore prima di leggere e interpretare le vicende narrate nel romanzo.

Chi era Hans Fallada? In questo lavoro, cerco di rispondere alla domanda analizzando, secondo il "desiderio mimetico" girardiano, quello che, per me, rappresenta l'evento iniziatico ovvero l'ante-opera del romanziere: il tentato suicidio di coppia mascherato da duello, ben descritto da Geoff Wilkes nella postfazione al romanzo edito da Sellerio.

Buona lettura

 

Nom de plume, Hans Fallada

dalla postfazione di Geoff Wilkes a "Ognuno muore solo"

 


 

Rudolf Ditzen,

 

Rudolf Ditzenundefined

Il 17 ottobre 1911 il diciottenne Rudolf Ditzen e il suo amico Hans Dietrich von Necker aprirono il fuoco l’uno sull’altro, alla maniera dei duellanti. Ditzen e von Necker stentavano a conciliare sessualità e convenzioni sociali e fecero un patto suicida travestito da duello: difendere l’onore di una giovane fanciulla, onde salvaguardare la reputazione delle rispettive famiglie. L'esito del finto duello fu drammatico: Von Necker mancò il bersaglio ma fu ferito a morte da Ditzen, che adoperò l’arma dell’amico per spararsi al petto.

Miracolosamente Ditzen sopravvisse e fu incriminato per omicidio. Non processabile per problemi psicologici fu internato in una casa di cura per malati di mente, nel febbraio 1912. Dimesso nel settembre del 1913, fu indirizzato alla carriera di agronomo. Trascorse diversi anni lavorando principalmente in fattorie e aziende agricole. Un periodo caratterizzato da intermittente tossicodipendenza che segnerà tutta la sua vita adulta.

Nè i suoi problemi con la giustizia, né l’abbandono degli studi, né le ricorrenti crisi della tossicodipendenza, poterono spegnere l’interesse per la scrittura che Ditzen aveva mostrato già dagli anni della scuola.

Nel 1920 la casa editrice Ernst Rowohlt pubblicò il suo romanzo d’esordio: "Der munge Goedeschal", sulle tribolazioni sessuali e psicologiche dell’eponimo protagonista. Il padre Wilhem, giudice della Suprema Corte tedesca in pensione, lo aveva pregato di pubblicarlo sotto pseudonimo. Rudolf scelse il nom de plume Hans Fallada.

Il nom de plume prendeva lo spunto da due favole dei fratelli Grimm, La fortuna di Hans e La piccola guardiana d’oche.

Nella prima, Hans conserva il suo ingenuo ottimismo pur perdendo il frutto di sette anni di fatiche attraverso baratti con estranei dalla parlantina facile: da una pepita d’oro a due pietre, che fa cadere in un pozzo, per poi riprendere il suo cammino felice e contento. Nella seconda c’è un cavallo parlante di nome Falada che riscatta una principessa dal suo lavoro di guardiana d’oche, facendosi testimone della sua vera identità.

Lo pseudonimo riflette, tanto le sue continue difficoltà nell’affrontare la realtà circostante, quanto il suo convincimento che nonostante tutto, in qualche modo sarebbe riuscito a padroneggiarla. La difficoltà e il convincimento lo avrebbero accompagnato per tutta la vita e li ritroviamo nei personaggi dei suoi romanzi.

 

Il duello-suicidio

Considerazioni girardiane

17 ottobre 1917 - il duello di Rudolstat in Turingia -

Come molti altri giovani della undefinedGermania imperiale, Rudolf Ditzen e Hans Dietrich von Necker stentavano a conciliare sessualità e convenzioni sociali: quale via d’uscita avevano scelto un patto suicida travestito da duello (per difendere l’onore di una giovane fanciulla) onde salvaguardare la reputazione delle rispettive famiglie.

Il tentato suicidio mascherato da duello, a diciotto anni, fu la prima vera testimonianza, cioè, l’antefatto che alimenta il contenuto dell'opera omnia di Rudolf Ditzen, nom de piume Hans Fallada; un’esperienza vestita dalla menzogna, un tentato suicidio vestito da duello, un atto vile vestito da atto eroico; una menzogna vestita da verità, un doppio mostruoso che traccerà e orienterà tutta la vita del "finto" eroe.

È sulla motivazione che ha spinto la coppia di amici al suicidio mascherato, che si trova la chiave del girardiano desiderio mimetico dei due aspiranti "eroi", capri espiatori della società e vittime sacrificali della storia. Il loro auto-sacrificio congiunto è un atto di ribellione verso la società; un superamento divinatorio di una società ormai persa nell'ipocrisia delle convenzioni; una società in preda al parossismo vittimario dei perdenti, vessati nella miseria e nell’indigenza; una società in piena crisi identitaria che ha smarrito il senso della storia e ha azzerato tutte le differenze: una girardiana crisi di indifferenziazione dove è il caos che regna sovrano; dove tutti sono contro tutti.

Renè Girard su "La violenza e il sacro” descrive questo salto nel vuoto caotico, nella descrizione del carattere rituale delle feste:

“La promiscuità sessuale è tollerata, in certi casi richiesta. In talune società può spingersi sino all’incesto generalizzato. La trasgressione va inscritta nel quadro più vasto di un generale annullamento delle differenze: le gerarchie familiari e sociali sono temporaneamente soppresse o invertite. I figli non obbediscono più ai genitori, i domestici ai padroni, i vassalli ai signori. (…) Nel corso della festa sono provvisoriamente tollerati e incoraggiati i contatti più imprevedibili, le unioni contro natura.”

Qualcosa di simile al carattere rituale delle feste di cui parla Girard, si verifica anche quando un evento catastrofico, (come una guerra), scardina tutte le differenze, stravolgendo tutte le gerarchie in cui si articolava il vivere sociale della comunità. L’omosessualità trasgressiva univa i due amici-eroi aspiranti suicidi, ai loro rispettivi doppi mostruosi e divinatori; l'odio reciproco e l'amore per se stessi; il reciproco desiderio di essere l'altro e la conseguente rivalità per non rinunciare a se stessi; questo alternarsi di situazioni contraddittorie, incontrollate e incontrollabili, spinge i due amici al sacrificio liberatorio: il suicidio di coppia vestito da duello; un sacrificio che li avrebbe restituiti a Dioniso. Ma uno dei due sopravvisse e restò "solo" a giustificare la sua vita con la "morte nell'anima".


Il nascondimento dietro le convenzioni sociali: questa maschera necessaria, questo mentire a se stesso, fa vivere al sopravvissuto Rudolf Ditzen un disagio esistenziale che lo costringe in ogni occasione in una posizione di distacco, sia dalla società sia da se stesso; un distacco che gli permette di osservare, con occhio critico, la realtà oggettiva ma, nel contempo, lo relega in una solitudine affettiva senza appigli. Ma come il giovane Hans della fiaba pseudonomastica, Rudolf è convinto che ci sarà sempre "qualcosa" che lo farà vivere felice e contento.

Manicomi, penitenziari e periodi di confino in sperdute fattorie, diventano la sua casa il suo habitat. Scrittura, alcol e droghe sono le vie di fuga dalla misera realtà in cui é costretto a vivere: una realtà ai margini, una realtà di periferia; le fosche "periferie esistenziali" che troviamo ben rappresentate nel romanzo "Ognuno muore solo"; nelle rassegnate esistenze vissute da tutta la pleteora di personaggi che popolano la storia. L'autore stesso conclude la sua brevissima prefazione con una descrizione in chiave girardiana:

"Spesso l'autore si è rammaricato di dover tracciare un quadro così fosco; ma una maggior luce sarebbe stata una menzogna." (Berlino, ottobre 1946)

Ancora una volta la menzogna "romantica" veste la verità "romanzeca" e si avvinghia alla storia di un romanziere nazista-resistente.

 

nota di servizio

Il romanzo "Ognuno muore solo" di Hans Fallada è tra quelli letti e discussi dal Gruppo di lettura del Forum di Letteratour; assieme a molte altre letture che si sono aggiunte in corso di discussione. In calce

il link della discussione: Discussione: Il nazional socialismo in Germania

 

 

 


 

 

 

 

 

 

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