Il blog di Elio Ria

Spighe di poesia

3. La grandezza di Dante

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Il primo importante documento sulla circolazione dell’Inferno si deve a Francesco da Barberino (1264-1348), notaio, poligrafo e artista, che probabilmente Dante conosceva bene. Francesco da Barberino in una nota redatta tra la fine del 1313 e il marzo 1314 scrive: «Dante Alighieri in una sua opera che s’intitola Commedia e tratta, tra molte altre, di cose infernali, presenta Virgilio come proprio maestro». È la prova che la Commedia, la cui elaborazione ebbe inizio tra il 1305 e il 1307, era già ultimata, forse già nelle prime due cantiche.

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Cosa scoraggia l’interesse e la lettura della Divina Commedia?
- È stata scritta sette secoli fa: la vita è cambiata, le esigenze sono diverse. È un’opera ideologica e la società attuale è distratta da altri interessi.
- La dimensione dottrinale è dominante e la visione di Dante sul mondo è sempre presente, poiché lo scopo non è solo quello di intrattenere, piuttosto quello di enunciare concetti filosofici e teologici.
- Un’opera complessa in cui le istanze umane sono presenti: amore, odio, potere, dolore, morte, sofferenza. Si aggiunga anche la necessità che bisogna dotarsi di un commentario o di un’enciclopedia durante la lettura per gli innumerevoli intrecci storici, filosofici e teologici sempre presenti in ogni terzina.
- Dante parla anche della sua vita privata, e ne parla come se tutti fossero al corrente di ciò che sta dicendo.

Una certa difficoltà di lettura è plausibile almeno in parte, tuttavia non può essere assunta a pretesto per escluderla. In verità, anche il peso interpretativo che gli è stato imposto dalla critica contribuisce a gravare sulla comprensione. Per riuscire ad amare Dante e la Divina Commedia bisogna avere chiara la genesi dell’opera, capire qual è il suo scopo e quali sono gli antecedenti letterari dell’opera.
Comprendere i significati allegorici, le tematiche trattate, la concezione dello spazio e del tempo, la simbologia dei numeri, per avere una visione d’insieme anche all’interno di ogni Cantica, giacché un’intera epoca della storia d’Italia e d’Europa si riassume nell’opera. Dante fece della propria esistenza la ragione stessa della sua opera, tant’è che volle essere riconosciuto come l’auctor cristiano al pari di Virgilio, auctor pagano.

con altra voce omai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesimo prenderò ‘l cappello

Per Boccaccio aveva diritto a più titoli:

E di tanti e sì fatti studii non ingiustamente meritò altissimi titoli; però che alcuni il chiamarono sempre poeta, altri filosofo, e molti teologo, mentre visse.

Il titolo di poeta comprende gli altri titoli. La Divina Commedia è insieme opera creativa e compositiva; cioè è strutturata in modo tale che raffigura lo scenario di un 'altro mondo', ossia dell’altro mondo con i suoi confini geografici dei tre regni e le leggi che li regolano. Nino Borsellino nel suo Ritratto di Dante (Laterza, 2007) così definisce il poeta:

Dante è un attore, il primo attore del suo poema. Ma egli è anche, anzi soprattutto, l’autore, il creatore di un mondo fantascientifico, ma anzi è il nostro, che egli rievoca continuamente, per allusioni talora, che nascondono circostanze private ignote anche ai primi lettori, ma spesso con dettagli di cronaca cittadina.

Il poema fu composto – secondo la ricostruzione cronologica più attendibile tra il 1306 e il 1309 – nel pieno della sua maturità di uomo e di scrittore. I suoi modelli di riferimento furono Virgilio, Ovidio, Lucano, Stazio. Dante assimilò da essi il ritmo narrativo, le descrizioni, le modulazioni delle azioni. La lingua del poema diventerà la lingua di tutti, del parlato, la lingua in continua evoluzione: trattiene e migliora la lingua dei dialetti, conia neologismi, recupera da altre lingue antiche e moderne termini che confluiscono nel suo grande vocabolario. La grandezza di Dante è un dato inconfutabile, diventando nel tempo quasi un luogo comune, come a dire: «sì va bene è il sommo… ma non andiamo oltre». Un modo sbrigativo per difendersi dalla sua grandezza, per non leggere la sua opera, per non confrontarsi con le sue tesi, per non penetrare in un mondo che forse fa paura, ma soprattutto per non tediarsi del suo modo di rappresentazione della storia e delle cose della storia.
La sua fortuna di poeta è sempre oscillante, con oblio e ritorni, nonostante il rilievo culturale della sua opera sia rimasto sempre valido; d’altronde anche le mode letterarie hanno il loro peso, altrimenti non si spiega come il Cinquecento contrappose Petrarca a Dante, e il Seicento relegò l’uno e l’altro tra le anticaglie. La disputa fra antichi e moderni conobbe in quelle epoche una generale caduta d’interesse che ne compromise la fortuna critica e poetica. Dante più degli altri conobbe il disinteresse, l’indifferenza, l’oblio.

Tutti però devono qualcosa a Dante: poeti, scrittori, filosofi, musicisti e pittori. Il genio di Dante è stato riconosciuto da tutti quando il poeta era ancora in vita. Solo per citare alcuni pittori: Raffaello era stato cresciuto nel culto di Dante, raffigurandolo sia nel ‘Parnaso’ che nella ‘Disputa del Sacramento’ sulle pareti della stanza della Segnatura. Michelangelo fu definito ‘Dante della pittura’, che tra l’altro conosceva vari canti della Divina Commedia a memoria. Nei suo affreschi della Cappella Sistina sono evidenti gli influssi danteschi, in particolar modo nel ‘Giudizio universale’.
Illustrare la Divina Commedia è stata sempre un’impresa ambiziosa quanto stimolante per gli artisti di tutte le epoche. Il francese Gustave Dorè illustrò nel secolo XIX gli aspetti più realistici dell’opera dantesca. Un altro significativo illustratore dantesco fu Amos Nattini, che, incoraggiato da Gabriele D’Annunzio, realizzò una serie di 100 tavole che costituirono l’illustrazione di una speciale edizione della Divina Commedia.
In ambito musicale nell’Ottocento vi fu una particolare predilezione per la prima cantica della Commedia. Solo a mo’ di esempio, ricordiamo la canzone Così nel mio parlar voglio esser aspro intonata, fra gli altri, da Luca Marenzio (1553-1599), compositore cantore e liutista e soprattutto il più acclamato autore di madrigali del suo tempo; oltre al celebre ma purtroppo perduto Lamento del Conte Ugolino di Vincenzo Galilei (1520-1591).
Nel XIX secolo non mancano lavori pregevoli: Il conte Ugolino (1828) per basso e pianoforte e Ave Regina (1844) per soprano, contralto e archi di Gaetano Donizetti. Pater noster per coro (1879), Ave Maria per soprano e archi (1880), Laudi alla Vergine Maria per coro femminile (1886) di Giuseppe Verdi.
Il compositore russo Boris Tischenko (1939-2010) dedicò al poeta un ciclo sinfonico intitolato Beatrice costituito da cinque sinfonie. E già, l’imponente presenza di Beatrice non poteva non essere notata musicalmente. Nel 2000, compose la Seconda Sinfonia, sottotitolata Abbandonate ogni speranza voi che entrate.
L’inglese Granville Bantock (1868-1946) compose nel 1901 Dante and Beatrice, rielaborato poi nel 1910.
Il russo Vladimir Martynov (1946) compose l’opera La vita nuova.
Tanti altri compositori e musicisti, fra i quali, Mario Castelnuovo Tedesco (1895-1968), Franz Liszt (1811-1886), Nicolai Jacobsen (1979), Anton Rubinstein (1829-1894), approdarono alle opere dantesche per ricavarne pregevoli spartiti musicali.
Dante amava la musica e frequentava i musicisti, come sottolinea Boccaccio (Della origine, vita, costumi e studii di Dante Alighieri di Firenze e delle opere composte da lui): «Sommamente si dilettò in suoni e canti nella sua giovinezza e a ciascuno che a quei tempi era ottimo cantatore e sonatore fu amico e ebbe usanza». I cantori dell’epoca componevano melodie ispirandosi ai versi del sommo poeta.

È Dante, e non l’opera in sé, a riscuotere attenzione e successo; grazie alla sua visionaria creatività è diventato un vero e proprio brand declinato in ogni settore del mercato, dal cinema al romanzo, dal videogioco al fumetto. È sempre l’Inferno ad attirare l’interesse artistico. La Panini Comics ha editato nel 2011, in chiave horror moderno, una serie di fumetti tratti a loro volta dal videogioco Dante’s Inferno di Electronic Arts. In questa rivisitazione gotica della Divina Commedia, Dante è un crociato che torna a casa dalla sua Beatrice ma la trova uccisa. Sconvolto dal dolore, il poeta entra nell’Inferno per capire le ragioni dell’assassinio dell’amata e per tentare di salvarla. Il suo cammino verso la verità sarà però ostacolato da creature infernali. Una versione pop-moderna dell’opera di Dante che sorprende e al contempo diverte.
L’Editore Bonelli invece ha pubblicato Speciale Dampyr, personaggio del fumetto intitolato La porta dell’inferno, ambientato nell’Oltretomba dantesco e ispirato al lavoro di Dorè.
Non potevano mancare Topolino e Paperino: l’editrice Giunti ha pubblicato nel 2016 due fumetti dal titolo L’Inferno di Topolino e L’Inferno di Paperino.

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Se Dante è saccheggiato, ripreso, riscritto, reinventato, una ragione ci deve essere e va ovviamente ricercata nella sua grandezza, nel suo modo di essere personaggio accattivante per storie moderne in formato cinematografico, fumettistico e mediatico. La stessa cosa non capita con nessun altro personaggio, e nemmeno con Leonardo, con Shakespeare o Manzoni. Dante è Dante, è l’unico letterato che non ha bisogno del cognome per identificarsi, dire Alighieri è controproducente.

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