Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

"Monologo della Madonna"

set 072022
Religione è una parola antica. Al momento chiamiamola educazione.
(Carmelo Bene)

(da ZAHR TEATËR - Monologhi alternativi)

 

undefinedCi sono cretini che hanno visto la Madonna* e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna. Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai. Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla.

San Giuseppe da Copertino*, guardiano di porci, si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera, si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta, volando.


I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma.


I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene, decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani, fidenti a ragione nell’emorragia imminente che lo fermerà.

Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono, quelli che volano sono essi stessi il volo. Chi vola non si sa. Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna, sono loro la Madonna che vedono.

 
È l’estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l’orante del suo soggetto e in cambio lo illude nella oggettivazione di sé, dentro un altro oggetto.Tutto quanto è diverso, è Dio. Se vuoi stringere sei tu l’amplesso, quando baci, la bocca sei tu. Divina è l’illusione. Questo è un santo.


Così è di tutti i santi, fondamentalmente impreparati, anzi negati. Gli altari muovono verso di loro, macchinati dall’ebetismo della loro psicosi o da forze telluriche equilibranti – ma questo è escluso -. È così che un santo perde se stesso, tramite l’idiozia incontrollata. Un altare comincia dove finisce la misura. Essere santi è perdere il controllo, rinunciare al peso, e il peso è organizzare la propria dimensione. Dov’è passata una strega passerà una fata.


undefinedSe a frate Asino avessero regalato una mela metà verde e metà rossa, per metà avvelenata, lui che aveva le mani di burro, l’avrebbe perduta di mano. Lui non poteva perdersi o salvarsi, perché senza intenzione, inetto.


Chi non ha mai pensato alla morte è forse immortale. È così che si vede la Madonna.


Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro: miracolo è la trasparenza.


Sacramento è questa demenza, perché una fede accecante li ha sbarrati, questi occhi, ha mutato gli strati – erano di pietra gli strati – li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista. Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo.


I cretini che vedono, vedono in una visione se stessi, con le varianti che la fede apporta: se vermi, si rivedono farfalle, se pozzanghere nuvole, se mare cielo. E dinanzi a questo alter ego si inginocchiano come davanti a Dio. Si confessano a un secondo peccato. Divino è tutto quanto hanno inconsciamente imparato di sé. Hanno visto la Madonna. Santi.


I cretini che non hanno visto la Madonna, hanno orrore di sé, cercano altrove, nel prossimo, nelle donne – in convenevoli dei quotidiano fatti preghiere – e questo porta a miriadi di altari. Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi, ma se stessi agli altri per ricavare Dio. L’umiltà è conditio prima.


I nostri contemporanei sono stupidi, ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare. Si prega così oggi. Come sempre. Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque. Essere più gentile dei gentili. Essere finalmente il più cretino. Religione è una parola antica. Al momento chiamiamola educazione.

 

La sacralità dell'immagine

 

Il brano è tratto da "menzogna romantica e verità romanzesca" di René Girard. L'accademico definisce lo scrittore un "realista del desiderio" che ricorre alla memoria affettiva (grammatica della trascendenza) per strutturare e "manipolare" personaggi e immagini a suo piacimento a supporto del racconto.

 

Il narratore si avvicina al suo dio solo con timore e tremore. I gesti più insignificanti assumono, grazie alle immagini, un valore di rito; la grammatica della trascendenza ne costituisce la struttura e i personaggi del racconto partecipano alla deificazione del mediatore.

Chi scrive non è un realista dell’oggetto ma un realista del desiderio. A un livello inferiore della creazione letteraria, l’immagine è un supporto, un semplice ornamento che lo scrittore può sopprimere o sostituire a suo piacimento.

Le immagini trasfigurano l’oggetto; non lo trasfigurano in un modo qualunque ma nel modo intellettivo che “cristallizza” l’immagine dell’oggetto nella mente mediandola, cioè, prendendo le mosse dai dati appresi dai libri e dal proprio vissuto. Nelle immagini mitologiche si congiungono e si fondono meravigliosamente il desiderio nascente del ricordo, la crescita umana del narratore protetta dalla famiglia e persino dagli oggetti ambientali.

Nell’animo del lettore gli accenni oggettivi non richiamano il sacro ma l’atmosfera in cui il sacro si svilisce e finisce col morire nella catarsi poetica del ricordo attualizzato. Lo scrittore sceglie sempre le immagini meno adatte alla funzione sacrale che egli desidera far loro svolgere. Riesce tuttavia a inserirle nel suo sistema estetico narrativo. Vi riesce poiché, a questo punto dello sviluppo romanzesco, la divinità del mediatore è saldamente costituita.

Non appena lo scrittore posa lo sguardo “fisso e doloroso” su un essere, un oggetto o un personaggio qualsiasi, vediamo scavarsi, tra questo essere e lui l’abisso della trascendenza.

Qui non è più l’immagine che rende sacra la percezione, ma la percezione che sacralizza l’immagine. Lo scrittore, però, tratta questa immagine falsa come un immagine vera e le fa riflettere il sacro fittizio che trae dal mediatore. L’immagine rispecchia il sacro come un eco rimanda il suono al luogo d’origine.

Non è un gioco gratuito. Esso non distrugge il realismo del desiderio, ma lo porta a perfetto compimento. Tutto infatti è falso nel desiderio, tutto è teatrale e artificiale salvo l’immensa fame di sacro. Ed è questa fame che trasforma gli elementi di una misera e positiva esistenza non appena il narratore abbia scoperto il suo Dio e riesca a rigettare sull’altro, sul mediatore, l’onnipotenza divina il cui fardello lo schiaccia.

 

I nominati

 

undefined

L'Annunciata - di Antonello da Messina

 

 

Madonna

(da Wikipedia)

Maria (in ebraico: מרים, Myrhiàm; aramaico: Maryām; greco: Μαριάμ Mariam, Μαρία/Μαρίη Mar[1] María; arabo: مريم, Maryam), detta anche Maria di Nazareth, è la madre di Gesù.

Venerata come "Santissima Madre di Dio" dai cattolici e dagli ortodossi (che la onorano del titolo di Θεοτόκος, Theotókos), la sua santità è comunque riconosciuta dalla Comunione anglicana e anche da confessioni protestanti come quella luterana. Soprattutto in Italia è usato anche il titolo di Madonna.

Facendo riferimento anche al passo evangelico sotto evidenziato,[2] Maria, la Madre di Gesù Cristo è un modo ortodosso ed esaustivo di riferirsi a Maria:

- "la" (Madre di Dio) in quanto protagonista di un evento unico e irripetibile, quale è l'Incarnazione,
- "Gesù", che in ebraico antico vuol dire Il Salvatore: il nome di persona che Ella diede a suo Figlio, secondo la volontà di Dio che gli fu annunciata dall'Arcangelo Gabriele,
- "Cristo": che in greco antico vuol dire l'Unto del Signore,
- "Dio": "Figlio di Dio" nel Vangelo, e poi anche Dio stesso, come sarà compreso nella successiva definizione del Mistero della Trinità: Gesù Cristo è la Seconda Persona della Santissima Trinità.

In sintesi: Maria, da Madre di Dio (Theotókos) a Madre di Gesù Cristo.

Per completezza, l'uso del nome di sola "Madre di Cristo", noto come tesi nestoriana, fu dichiarato eretico dal Concilio di Efeso (431 d.C.). Sono ben noti casi di Unzione di Dio per i Re di Israele, come Davide e Salomone, puri esseri umani, senza la natura divina di Gesù Cristo.

Maria, madre di Gesù Cristo, suo unico figlio, è detta Vergine in diversi passi biblici: Atti 1:14[3], Matteo 2:11[4] e 1:23[5], Luca 1:27[6] e poi Luca 1:34-38[7][Nota 2].

Altrove, si afferma anche che Maria, madre di Gesù Cristo, era collegata alla nobile discendenza di Davide, Re di Israele: Salmi 132:11[8], e Vangelo di Luca 1:32[9]; e per tramite di Elisabetta (madre del Battista), parente di Maria in Luca 1:36[10], dove a sua volta Elisabetta era discendente del sommo sacerdote Aronne in Luca 1:5[11]. A tutto questo, si aggiunge la genealogia di Gesù dal ramo paterno e materno.

Alla Vergine Maria è dedicata una sūra nel Corano, anche per l'Islam essa è madre vergine di Gesù e discendente di Re Davide[12][13]. Per l'Islam, Allah è Uno (e non Trino) e totalmente trascendente, non si incarna in nessun essere umano: Gesù non è Dio, è il secondo uomo e profeta più importante della Rivelazione, dopo Maometto.

 

San Giuseppe da Copertino

undefined"Giuseppe da Copertino, al secolo Giuseppe Maria Desa, è stato un presbitero italiano, appartenente all'Ordine dei Frati Minori Conventuali. Fu beatificato da papa Benedetto XIV nel 1753, e proclamato santo da papa Clemente XIII nel 1767. (Wikipedia)

 

Tra i fatti straordinari che si sarebbero verificati, la sua prima levitazione è documentata il 4 ottobre 1630, nel santuario della Madonna della Grottella a Copertino, dove si sollevò da terra fino all’altezza del pulpito. Le estasi e gli episodi di sollevamento da terra durante la celebrazione della messa divennero frequenti, davanti agli occhi della folla che arrivava a fare esperimenti sulla sua sensibilità con spilli e candele accese.

 

 

 

 

L'autore

 

Carmelo Bene

undefined

(da wikipedia)

Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene è stato un attore, regista, drammaturgo, filosofo, scrittore e poeta italiano. È stato uno dei protagonisti della "neoavanguardia" teatrale italiana e tra i fondatori del "nuovo teatro italiano".

La sua discussa e controversa figura, spesso oggetto di clamorose polemiche, ha diviso critica e pubblico fin dagli esordi: considerato da alcuni un affabulante ingannatore e un presuntuoso "massacratore" di testi[49], per altri Bene è stato uno dei più grandi attori del Novecento. Dalle dichiarazioni di Bene risulta evidente il suo disprezzo per certa critica teatrale, da lui ritenuta "piena di parvenus". Tra i primi a rendergli omaggio si ricordano alcuni tra i più illustri esponenti del mondo intellettuale dell'epoca, come, ad esempio, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Ennio Flaiano e Pier Paolo Pasolini. Bene ebbe poi modo di collaborare, tra gli altri, con Pierre Klossowski e Gilles Deleuze, i quali scrissero alcuni saggi sul modo di fare teatro dell'artista italiano. La lotta di Bene si rivolge contro il naturalismo e la drammaturgia borghese, contro le classiche visioni del teatro. Rivendica l'arte attoriale innalzando l'attore da mera maestranza (così definita da Silvio D'Amico) ad artista-personificazione assoluta del complesso teatrale. Il testo, poiché nato dalla penna di uno scrittore spesso avulso dal problema del linguaggio scenico, non può essere interpretato[27]: esso deve necessariamente essere ricreato dall'attore.

Carmelo Bene è contro il teatro di testo, per un teatro da lui definito "scrittura di scena"[50], un teatro del dire e non del detto. Fare "teatro del già detto" sarebbe un ripetere a memoria le parole di altri senza creatività, quello che Artaud definiva un "teatro di invertiti, droghieri, imbecilli, finocchi: in una parola di Occidentali". È l'attore, con la scrittura di scena, a fare teatro hic et nunc. Il testo viene considerato come "spazzatura", perché lo spettacolo va visto nella sua totalità. Il testo ha il medesimo valore di altri elementi come le luci, le musiche, le quinte. Il teatro di testo, di immedesimazione, viene definito da Bene come un teatro cabarettistico. Gli attori che si calano in dei ruoli, che interpretano, sono per lui degli intrattenitori, degli imbonitori, dei "trovarobe". Nel suo teatro, l'attore è l'Artefice. Il testo non viene più messo in risalto come nel teatro di testo, viene anzi martoriato, continuando un discorso iniziato da Artaud, che già aveva iniziato la distruzione del linguaggio, ma che per Bene fallì sulle scene, perché cadde nella interpretazione[27].

Bene distrugge l'Io sulla scena, l'immedesimazione in un ruolo[51], a favore di un teatro del soggetto-attore. Bene è stato definito Attore Artifex, cioè attore artefice di tutto, e lui stesso preferiva definirsi, con un neologismo, una "macchina attoriale": autore, regista, attore, scenografo, costumista.[52] Buona parte delle opere letterarie di Carmelo Bene le possiamo trovare raccolte in un volume unico, dal titolo Opere, con l'Autografia di un ritratto, nella collana dei Classici Bompiani. Inoltre La Fondazione Immemoriale di Carmelo Bene si preoccupa della "conservazione, divulgazione e promozione nazionale ed estera dell'opera totale di Carmelo Bene, concertistica, cinematografica, televisiva, teatrale, letteraria, poetica, teorica, ..."

 

L'accademico

 

René Girard

undefinedRené Girard (Avignone, 25 dicembre 1923 – Stanford, 4 novembre 2015[1]) è stato un antropologo, critico letterario e filosofo francese. Il suo lavoro appartiene al campo dell'antropologia filosofica e ha influssi su critica letteraria, psicologia, storia, sociologia e teologia. È stato professore di letteratura comparata presso la Stanford University (Stati Uniti) fino al momento del ritiro. Cattolico, ha scritto diversi libri, sviluppando l'idea che ogni cultura umana è basata sul sacrificio come via d'uscita dalla violenza mimetica (cioè imitativa) tra rivali. Le sue riflessioni si sono indirizzate verso tre idee principali:

1 - il desiderio mimetico,
2 - il meccanismo del capro espiatorio,
3 - la capacità del testo della Bibbia di svelare sia l'uno che l'altro.

(da wikipedia)

 

 

 

 

 

ratio imitarum naturam

Atom

Powered by Nibbleblog per Letteratour.it