Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Il racconto sono io!

mag 062022

Julio Cortazar

 

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Julio Cortázar, all'anagrafe Julio Florencio Cortázar Descotte (Bruxelles 1914 – Parigi 1984), è tra i maggiori autori di lingua spagnola del xx secolo. Scrittore, poeta, critico letterario, saggista e drammaturgo; argentino naturalizzato francese; maestro del racconto e del romanzo. Scrittore dalla vocazione sperimentale: la sua scrittura è caratterizzata da una forte componente fantastica e a tratti metafisica, ma sempre aderente a uno stile realistico. Stimato da Borges e da molti paragonato a Čechov e Edgar Allan Poe. I suoi racconti non seguono una linearità temporale e sono abitati da personaggi che si muovono e agiscono in situazioni che riflettono fantastiche e inaspettate proiezioni oniriche della realtà. (wikipedia)

 

Ho la convinzione che esistano certe costanti, certi valori che si applicano a tutti i racconti, fantastici o realistici, drammatici o umoristici. E penso che forse è possibile illustrare, qui, quelle invarianti che danno a un buon racconto la sua atmosfera peculiare e la sua qualità di opera d'arte. (Julio Cortazar) 

 

1. Il testo
2. Il racconto
3. Risonanze 1
4. La scrittura
5. Risonanze 2
6. Ricordare
7. Raccontare
8. Il tema

Appendice immaginaria

Presentazione

Nella prima parte è riportato "Il testo" dell'incipit di una conferenza tenuta da Cortazar a La Habana (pubblicata in Casa de las Americas n. II nov1962- feb1963): "Alcuni aspetti del racconto" e riportata in appendice all'edizione Einaudi della raccolta di racconti "Bestiario". Di seguito "Il Racconto" è una essenziale raccolta di definizioni della parola (Racconto) tratte da Wikipedia e Treccani. "Risonanze 1" è un primo epilogo soggettivo che prende spunto da quanto dichiarato da Cortazar nella conferenza, sull'autore fantasma linfatico dell'opera. "La scrittura" è un breve escursus della scrittura che parte dai graffiti preistorici. "Risonanze 2" è il secondo epilogo soggettivo sulle dinamiche che conducono alla scrittura e/o all'opera d'arte. In "Ricordare" è riportata parte della presentazione di un'intervista autobiografica di Jung in cui risalta l'importanza della memoria affettiva come crogiuolo creativo del racconto. "Raccontare" è un brano tratto dal racconto Bestiario di Cortazar che mette in luce l'aspetto onirico della memoria affettiva dell'autore. Infine "Il tema" è un piccolo accenno al tema di fondo della libertà imprigionata nell'immagine ovvero nella maschera letteraria del racconto. In appendice immaginaria sono inserriti due esempi del ruolo dell'immagine e della memoria: Bobi Bazlen e le gambe di Dora Markus; Pigmalione.

 

1 - Il testo

Conferenza: Alcuni aspetti del racconto Iundefined
Data: 1962
Professore/Relatore: Julio Cortazar

 

Il fantasma

Mi trovo oggi, dinanzi a voi, in una situazione piuttosto paradossale. Uno scrittore argentino di racconti si accinge a scambiare alcune idee sul racconto senza che i suoi ascoltatori e interlocutori, salvo eccezioni, conoscano nulla della sua opera. L'isolamento culturale che continua a pregiudicare i nostri paesi, sommato all'ingiusta emarginazione cui si vede relegata Cuba attualmente han fatto si che i miei libri, che sono già un discreto numero, non siano arrivati se non eccezionalmente nelle mani di lettori tanto ben disposti ed entusiasti come voi. Il brutto di tutto questo, non e' tanto che voi non abbiate avuto occasione di vagliare i miei racconti, quanto che io mi sento un po' come un fantasma che viene a parlarvi senza quella relativa tranquillità che dà sempre il sapersi preceduto dal lavoro compiuto negli anni.


E il fatto di sentirmi come un fantasma deve già essere percepibile in me, perché qualche giorno fa una signora argentina mi ha assicurato che io non ero Julio Cortazar, e di fronte al mio stupore ha aggiunto che l'autentico Julio Cortazar è un signore dai capelli bianchi, amicissimo di un suo parente, e che non si è mai mosso da Buenos Aires. Siccome io risiedo da dodici anni a Parigi, capirete come la mia qualità spettrale si sia notevolmente intensificata in seguito a questa rivelazione.


Se sparisco di colpo nel mezzo di una frase, non mi sorprenderò troppo, e chissà che non ne guadagniamo tutti.

 

L'opera

Si dice che il desiderio più ardente di un fantasma è quello di riacquistare almeno un accenno di corporeità, qualcosa da tangibile che lo restituisca per un momento alla sua vita di carne e ossa.Per acquisire un po' di tangibilità dinanzi a voi, dirò in poche parole quali sono il senso e la direzione dei miei racconti. Non lo faccio per puro piacere informativo, perché nessun percorso teorico può sostituire l'opera in sé; le mie ragioni sono più importanti.

 

Il genere letterario

Poiché mi occuperò di alcune aspetti del racconto come genere letterario, ed è possibile che qualcuna delle mie idee sorprenda o traumatizzi coloro che ascoltano, mi pare di un'elementare onestà definire il tipo di narrazione che m'interessa, accennando al mio particolare modo d'intendere il mondo.

Quasi tutti i racconti che ho scritto appartengono al genere chiamato fantastico per mancanza di un termine migliore e si contrappongono a quel falso realismo che consiste nel credere che tutte le cose si possano descrivere e spiegare: come dava per scontato l'ottimismo scientifico e filosofico del diciottesimo secolo; e cioè, nell'ambito del un mondo retto più o meno armoniosamente da un sistema di leggi, di principi, di rapporti di causa effetto, di psicologie definite, di geografie ben cartografate.

L'eccezionalità

Nel mio caso, il sospetto che un altro ordine più segreto e meno comunicabile, e la feconda scoperta di Alfred Jarry(*), per il quale il vero studio della realtà non risiedeva nelle leggi bensì nelle eccezioni a tali leggi, sono state alcuni dei principi orientativi della mia ricerca personale di una letteratura al margine di qualunque realismo troppo ingenuo.

Perciò, se nelle idee che seguono riscontrerete una predilezione per tutto quanto è eccezionale nel racconto, siano i temi, siano pure le forme espressive, credo che questa presentazione del mio personale modo d'intendere il mondo, spiegherà la mia presa di posizione e il mio approccio al problema. In ultima analisi si potrà dire che ho solo parlato del racconto tale e quale lo pratico io. E, tuttavia, non credo sia così.

*) Alfred Jarry (Laval, 8 settembre 1873 – Parigi, 1º novembre 1907) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta francese. (https://it.wikipedia.org/wiki/Alfred_Jarry) 

 

La forma e le altre letterature

Ho la convinzione che esistano certe costanti, certi valori che si applicano a tutti i racconti, fantastici o realistici, drammatici o umoristici. E penso che forse è possibile illustrare, qui, quelle invarianti che danno a un buon racconto la sua atmosfera peculiare e la sua qualità di opera d'arte.

L'opportunità di scambiare qualche idea in merito al racconto mi interessa per svariate ragioni. Vivo in un paese (Francia) dove questo genere ha scarso vigore, sebbene negli ultimi anni si noti presso scrittori e lettori un interesse crescente per questa forma d'espressione.

Ad ogni modo, mentre i critici continuano ad accumulare teorie e intrattenere accese polemiche in merito al romanzo, quasi nessuno s'interessa alla problematica del racconto. Vivere come scrittore di racconti in un paese dove questa forma espressiva è un prodotto quasi esotico, obbliga necessariamente a cercare in altre letterature l'alimento che lì manca.

A poco a poco, nella versione originale o in traduzione, uno accumula, in modo quasi astioso, un enorme quantità di racconti del passato e del presente e arriva il giorno in cui può fare un bilancio, tentare un'approssimazione valutativa a un genere così difficile da definire, così sfuggente nei suoi molteplici contrastanti aspetti e, in fondo, così segreto e ripiegato in se stesso, chiocciola del linguaggio, fratello misterioso della poesia in un'altra dimensione del tempo letterario.

Teorici, critici e scrittori

Nelle letterature giovani la creazione spontanea precede quasi sempre l'esame critico ed è giusto che sia così. Nessuno può pretendere che i racconti si debbano scrivere solo dopo averne conosciuto le leggi. In primo luogo tali leggi non esistono; al massimo si può parlare di punti di vista, di certe costanti che danno una struttura a questo genere così poco incasellabile; in secondo luogo, non si vede perché i teorici e i critici debbano essere gli scrittori stessi, ed è naturale che quelli entrino in scena solo quando esista già un retaggio, un accumulo di letteratura che permetta di indagarne e di chiarirne lo sviluppo e le qualità.

Il lavoro

Se ci facciamo un'idea convincente di tale forma di espressione letteraria, questo potrà contribuire a stabilire una scala di valori per l'antologia ideale che dovrà essere fatta. C'è troppa confusione, troppi malintesi su questo terreno. Mentre gli scrittori di racconti proseguono il loro lavoro, è ormai tempo di parlare di tale lavoro in se stesso, al di là delle persone e delle nazionalità.

La vita, il racconto e l'immagine

È necessario arrivare ad avere un'idea viva di ciò che è il racconto, e questo è sempre difficile nella misura in cui le idee tendono all'astratto, a devitalizzare il loro contenuto, mentre a sua volta la vita rifiuta angosciata quel guinzaglio che vuole metterle la concettualizzazione per fissarla e categorizzarla.

Ma se non abbiamo un'idea viva di ciò che è il racconto, avremo perso tempo, perché un racconto, in ultima istanza, si muove su quel piano dell'uomo dove la vita e l'espressione scritta di quella vita ingaggiano una lotta fraterna, se mi si concede il termine; e il risultato di tale lotta è il racconto stesso, una sintesi vivente e insieme una vita sintetizzata, qualcosa come un incresparsi d'acqua dentro un bicchiere, una fugacità in una permanenza.

Solo con immagini si può trasmettere quell'alchimia che è all'origine della profonda risonanza che un grande racconto ha in noi, e che spiega anche perché ci siano pochissimi racconti veramente grandi.

2 - Il racconto

(definizioni)
Il racconto è una narrazione in prosa di contenuto fantastico o realistico, distinto dalla fiaba, poiché presenta le vicende narrate come realmente avvenute, e più breve del romanzo. Se riferito a una specifica persona, il racconto - di formato più o meno esteso - diventa biografico. (Wikipedia)

raccóntos. m. [der. di raccontare]. –
1. Relazione, esposizione di fatti o discorsi, spec. se fatta a voce o senza particolare cura, oppure se relativa ad avvenimenti privati (si distingue perciò danarrazionecomeraccontaredanarrare, ed è diverso anche daresoconto, che è più ufficiale e tecnico):il r.delle tue vicende familiari mi ha colpito;mi fece il r.particolareggiato del suo viaggio; l’attività stessa del raccontare:cominciare,terminare un r.;commuoversi nel r.delle proprie disgrazie;nel calore del r.;a un certo punto del racconto. Con riferimento al contenuto: r.storico, leggendario,favoloso,verosimile,inverosimile; al modo: r.prolisso,stringato,brillante,freddo,monotono.

2. Componimento letterario di carattere narrativo, quasi sempre d’invenzione, più breve e meno complesso del romanzo (in quanto dedicato in genere a una sola vicenda e destinato a una lettura ininterrotta) e distinto dalla fiaba perché tende a presentare i fatti come realmente avvenuti (per questi suoi caratteri si identifica sostanzialmente con la novella): un volume di racconti; r.popolari, per l’infanzia; r.lungo, breve, ben costruito, slegato.

3. Nel linguaggio della critica letter. (spec. nella critica formalistica), è sinon. di intreccio, contrapposto allafabula, ed è pertanto usato per ogni opera narrativa in versi o in prosa. ◆ Dim.raccontino; spreg.raccontùccio; pegg.raccontàccio(tutti con riferimento per lo più a racconti scritti). (Treccani)


3 - Risonanze 1


Il racconto sono io!undefined

Totum exigit te, qui fecit te
(SANT'AGOSTINO, Sermo 34, 4, 7 [PL 38, 212]),

Cortazar inizia evidenziando il paradosso di dover parlare della sua opera a un pubblico che non la conosce; questo lo fa sentire come un fantasma, desideroso di ritornare ad essere corpo in carne e ossa (Orribile Mostro).

Il racconto (opera d'arte) è quel corpo che l'autore sta cercando. Nella relazione, nella scrittura (nell'opera d'arte) è contenuto il corpo e l'anima dell'autore. L'opera è il rito che rinnova il sacrificio (l'eucarestia) dell'autore: la scrittura è il suo sacramento letterario.

"In generale i bambini che circolano nei miei racconti in qualche modo mi rappresentano" (J. Cortazar)

- Il racconto (l'opera d'arte) è un "Grido dell'anima" dell'artista e rende bene l'idea dell'eroe romantico. È in questa luce particolare che l'autore (artista) assume, nel suo agire, nel suo narrarsi, una drammaticità che rasenta il tragico. L'eroe-autore è dibattuto drammaticamente tra la pochezza umana e l'onnipotenza divina. (Essere o non essere - essere o apparire).

- Le "memorie affettive* dell'artista abitano la sua opera.

- Nell'esprimere se stesso, l'artista scompare dalla realtà oggettiva, dal pulpito, e si trasforma nel fantasma linfatico della sua opera; per lo scrittore, il suo racconto diventa una eterotopia, un luogo altro, una nuova "realtà", un museo dove sono esposte o espresse le sue memorie affettive, la sua vita; luoghi, situazioni e personaggi del suo vissuto rievocati e rappresentati "a sua immagine e somiglianza", a uso e consumo di ogni lettore e di tutta l'umanità: un se stesso che si mette in mostra, si dona nell'opera. L'opera incorpora l'autore, è il sacramento dell'autore, è l'autore.

"Madame Bovary c'est moi!" fa sapere Gustave Flaubert al mondo che lo interroga sul suo romanzo. Così anche Julio Cortazar che parla dei suoi racconti in una conferenza è come se dicesse: "Il racconto sono io"; un'affermazione perentoria che si approssima vertiginosamente all'universale "Io sono la via, la verità e la vita" .

 

 

4 - La scrittura

 


- Scrivere - a cosa serve, a chi serve? Due domande bisogna porsi davanti a un testo scritto: a cosa serve e a chi serve. La risposta a undefinedqueste domande può essere univoca: serve a conoscere; in senso universale ovvero per comunicare, testimoniare, lasciar traccia della propria presenza nel mondo, farsi e far conoscere a chi mai leggerà quel graffito, quell'immagine, quel testo.

- Esordio casuale - Diciassettemila anni prima della nostra era, a Lascaux, alcuni uomini tracciano i loro primi disegni. Passano altri undici millenni e inizia, solo allora, una delle storie più straordinarie dell'umanità: la scrittura. Si pensa spesso che chi inventò i primi segni scritti volesse lasciare traccia delle leggende del suo popolo. Gli inizi del romanzo della scrittura sono molto meno... romanzeschi. (La scrittura memoria degli uomini - Universale Electa/Gallimard)

- Dono degli dei - Da un capo all'altro del mondo gli uomini, che scorgono nella scrittura un dono divino, si ingegnano a trascrivere la storia sulla pietra, sull'argilla o sul papiro.

 

5 - Risonanze 2


- Guida morale - Il fondatore dell'Opus Dei, San Josemaria Escrivà, in uno dei suoi brevi e fulminanti consigli, scrive: "Un'impaziente e disordinata preoccupazione di emergere può mascherare l'amor proprio sotto il mantello del «servire le anime». Con falsità, ci fabbrichiamo la giustificazione di non dover lasciar cadere certe occasioni, certe circostanze favorevoli..."

- Alla luce di queste parole, la scrittura può essere vista come una fuga dalla realtà, una testimonianza del proprio sentirsi inadeguati in un mondo che non ci accoglie e che percepiamo ostile. Ma la scrittura è anche il forte desiderio di testimoniare la nostra presenza in quello stesso mondo, con tutte quelle forme espressive, come la scrittura e tutte le arti, che ci fanno sentire liberi; ci mettono in condizione di essere distaccati, fuori dal mondo e dalle sue ostative contraddizioni.


- L'arte, in genere, è un rifugio che ci protegge, ci dà sicurezza e in qualche modo ci libera; ma è anche l'ambito esistenziale estremamente egocentrico; l'arte diventa così il vessillo della disabilità dell'artista di vivere il presente concretamente, conformandosi alla normalità di quel mondo che odia e che ama;


- è anche un atto di ribellione: la raffigurazione del bisogno insopprimibile di estraniarsi dal mondo, di staccare e saltare a piè pari la realtà della vita quotidiana in cui siamo immersi; per rientrarci poi da lontano, dalle altezze dell'arte, dalla fine del mondo, aprendo - in tutta libertà e di nascosto - la finestra della fantasia, sbircia un nuovo mondo sconosciuto agli altri, lo interpreta, lo fa suo e lo propone all'umanità perduta nel vecchio mondo con tutta l'energia del mistero e della novità; spesso vien preso per pazzo mentre lui racconta il suo cammino per la libertà: parlando, disegnando, incidendo, scalfendo, tracciando, musicando, artigianando, ecc... insomma, testimoniando il suo fantastico mondo libero, meraviglioso e/o tenebroso, comunque pieno di vitale e di intima verità; così l'artista si presenta con forza e "propone" il suo cammino, il suo modo d'essere vivo, la sua storia, il suo racconto; una storia che può essere anche la storia dell'umanità... ma c'è chi sospetta e lo crede pazzo.

6 - Ricordare

Jung e le sue memorie affettive(*)

- Ricordi, sogni, riflessioni di Carl Gustav Jung
raccolti ed editi da Aniela Jaffé traduzione di Guido Russo edizione riveduta e cresciuta

Dall'introduzione.
Questo libro ebbe origine durante il Congresso di Eranos, tenutosi ad Ascona nell'estate del 1956. In quell'occasione Kurt Wolff, conversando con alcuni amici di Zurigo, manifestò il desiderio di pubblicare una biografia di C. G. Jung nelle edizioni "Pantheon Books" di New York; e la dott. Jolande Jacobi, assistente diJung, propose che mi venisse dato l'incarico di biografa.

Tutti noi sapevamo che il compito non era facile, e ci era ben nota la riluttanza diJung a rendere pubblica la sua vita privata: infatti diede il suo consenso solo dopo un lungo periodo di dubbi e di esitazioni. Però, appena convinto, dedicò al nostro lavoro in comune un intero pomeriggio alla settimana: molto tempo, se siconsidera l'attività febbrile richiesta dal suo normale ritmo di lavoro, e quantofacilmente - avendo già superata l'ottantina - egli cedesse alla stanchezza.

Nella primavera del 1957, si era convenuto di scrivere una vera e propria "autobiografia", narrata da Jung stesso. Questo accordo determinò la forma del libro: intervista autobiografica cioè articolata in domande finalizzate al racconto delle memorie dell'intervistato.

Jung, benché da principio fosse reticente, si appassionò presto al lavoro, ecominciò a raccontare di se stesso, della sua evoluzione, dei suoi sogni e dei suoi pensieri, con un interesse crescente.

Verso la fine dell'anno l'atteggiamento di Jung, favorevole a quella fatica in comune, portò a un passo decisivo: dopo un periodo di intimo travaglio le immagini remote della sua infanzia riemergevano alla luce della coscienza.

Jung avvertiva il legame che le univa alle idee esposte nelle opere della sua maturità, ma non riusciva a coglierlo con chiarezza. Fu così che una mattina mi avvertì che voleva fissare i suoi ricordi d'infanzia direttamente: l'intervistato si era accorto che, nel metodo usato la narrazione delle sue memorie era troppo "addomesticata" e l'intervista presentava ancora numerose lacune nel suo racconto.

Tale decisione fu tanto più gradita in quanto risultò inattesa, poiché sapevo quale fatica gli costasse scrivere. A quell'età non si sarebbe mai accinto a un'impresa del genere se non l'avesse considerata come un "compito" impostogli dal suo intimo: era la prova che l'autobiografia gli appariva legittima nei termini della sua vita interiore.
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*) "La memoria affettiva è il focolare di tutta l'opera dell'autore. E' fonte di verità e fonte di sacro; da essa scaturiscono le metafore religiose; essa svela la funzione divina e demoniaca del mediatore. Non bisogna limitarne gli effetti ai ricordi più antichi e più felici. Mai il vivo ricordo è più necessario che nei periodi di angoscia, perché dissipa la nebbia dell'odio". (Renè Girard - "Menzogna romantica e verità romanzesca")

 

7 - Raccontare

(brano tratto dal racconto "Bestiario" di J. Cortazar)

Coricata, a luci spente, piena di baci e di sguardi tristi di Inès e di sua madre, non ancora decise ma già completamente decise a mandarla. Pregustava l'arrivo in break, la prima colazione, la gioia di Nino cacciatore di scarafaggi, Nino rospo, Nino pesce (un ricordo di tre anni fa, Nino mentre mostra delle figurine appiccicate con colla di farina in un album, e le dice serio: "questo è un rospo, e questo è un pesce"). E adesso Nino nel parco mentre lo aspetta con la rete per le farfalle, e anche le morbide mani di Rema - le vide nascere dall'oscurità, stava con gli occhi aperti e invece della faccia di Nino zac le mani di Rema, la minore dei Funes. "Zia Rema mi vuole tanto bene", e gli occhi di Nino diventarono grandi e umidi, e di nuovo vide Nino staccarsi e fluttuare nell'aria confusa della camera da letto, e guardarla contento. Nino pesce.

Si addormentò con il desiderio che la settimana passasse quella notte stessa, e poi gli addii, il viaggio in treno, i cinque chilometri in break, il portone, gli eucalipti del viale d'entrata. Prima di addormentarsi ebbe un momento di orrore quando immaginò che poteva anche essere un sogno. Sgranchendosi all'improvviso colpì con i piedi le sbarre di bronzo, sentì dolore attraverso le coperte, e in sala da pranzo si udivano parlare sua madre e Ines, i bagagli, andare dal medico per i foruncoli, olio di fegato di merluzzo e hamamelis Virginia.

Non era un sogno, non era un sogno.

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Parenti onirici Acquerello di Rosario Frasca 

8 - Il tema


La libertà è uno dei beni più apprezzati e ricercati dall’uomo moderno e contemporaneo. Tutti desiderano essere liberi, non avere condizionamenti, non essere limitati, e perciò aspirano ad affrancarsi da ogni tipo di “prigione”: culturale, sociale, economica. (Franciscus)

...anche il racconto è può essere una prigione

 

 

Appendice "immaginaria"

Bobi Bazlen e le gambe di Dora Markus - Chissà che direbbe Freud...o qualunque altro "maestro" del sospetto vedendo la foto delle gambe di Dora Markus inviata a Montale dal suo amico Bobi Bazlen che, pieno di volontà di vivere e di scrivere, non è riuscito ad "essere" né poeta né artista...ma solo un fantasma che c'è ma non c'è. Un fantasma che non aveva il desiderio ardente di riappropriarsi, anche per un momento, del corpo perduto come invece ha confessato Julio Cortazar ai studenti cubani.

Lettera a Montale 25/Settembre/1929

 

undefinedMio caro Eusebius,
Sono stato molto addolorato per la morte di Schmitz. E sento molto - la sentono tutti - la sua mancanza. -
Scorso in libreria il Tuo articolo su S. sulla Fiera Letteraria (non lo compero "per principio", come non ho mai comperato un giornale): ho paura che il Tuo articolo si presti troppo ad essere interpretato male, ed a far sorgere la leggenda d'uno Svevo borghese intelligente, colto, comprensivo, buon critico, psicologo chiaroveggente nella vita, ecc. Non aveva che genio: nient'altro. Del resto era stupido, egoista, opportunista, gauche, calcolatore, senza tatto.
Non aveva che genio, ed è questo che mi rende più affascinante il suo ricordo. Se puoi, e se avrai occasione di scrivere ancora di Schmitz, metti a posto più possibile: la leggenda della "nobile esistenza" (dedicata unicamente, - ad eccezione dei tre romanzi - a far soldi) è troppo penosa, e troppo ignobile. -
Giorni or sono visita di condoglianze in casa Schmitz, con la figlia che racconta storielle tutte da ridere di suo padre. Tenterò di farmi dare in mano tutta l'opera postuma, e di evitare la pubblicazione dell'opera omnia. Sarebbe un disastro. Credo non ci sia nulla di pubblicabile. Ma darò un'occhiata, e - se sarà possibile - Ti manderò i manoscritti. - Sua moglie - a quanto pare - migliora.
Del resto:
IO: Fisicamente molto bene, moralmente meno. Grandi disastri a casa mia, e ripercussioni abbastanza gravi per la mia assenza (durata in tutto 20 giorni): credo che non mi potrò più muovere........, nemmeno per un paio di giorni. Fa dunque Tu tutto il possibile di venire a Trieste. -
GERTI E CARLO: Bene. A Trieste, loro ospite, un'amica di Gerti, con delle gambe meravigliose. Falle una poesia. Si chiama DORA MARKUS. - *
Regalato ad un amico, che vive in Jugoslavia, il mio esemplare degli Ossi di S. (Ribet) ed il mio Convegno con il Carnevale. Non so se sono già esauriti. Se puoi mandameli. Grazie. -
Avrei ancora molto da scrivere. Ma sono sfinito: ed è molto tardi. Scrivimi. A lungo.
Affettuasamente
tuo Bobi

 

(*) La lirica Dora Markus, probabilmente scritta nel 1928, apparve per la prima volta sul "Meridiano"di Roma, a. I, n. 2, 10 Gennaio 1937.

 

 

 

Anche Pigmalione non era artista, né poeta ma un re e che da re si infatuò di una statua della dea Venere che prese da un santuario. 

Pigmalione- Ovidio trasforma Pigmalione in un timido scultore, alienato dalla società e sprezzante le donne per la loro volgarità. Solo la statua che undefinedegli stesso ha creato merita tutte le attenzioni e i doni possibili, e solo di lei Pigmalione si innamora, pregando gli dei che la rendano reale. A differenza di ciò che accade a Orfeo, il disprezzo di Pigmalione verso le donne e la società, non lo porta alla morte, ma a veder esaudite le sue preghiere: la statua diventa una donna reale che Pigmalione sposa e dalla quale avrà la figlia Pafo.

 

Pigmalione, uno scultore, aveva modellato una statua femminile nuda e d'avorio, di cui si era perdutamente innamorato considerandola il proprio ideale femminile, superiore a qualunque donna anche in carne e ossa, tanto da dormirle accanto nella speranza che un giorno si animasse.

A questo scopo, in occasione delle feste rituali in onore di Afrodite, Pigmalione si recò al tempio della dea e la pregò di concedergli in sposa la scultura creata con lesue mani rendendola una creatura umana: la dea acconsentì. Egli stesso vide la statualentamente animarsi, respirare e aprire gli occhi.

Pigmalione e la statua si sposarono ed ebbero una figlia, Pafo, che diede successivamente il suo nome all'omonima città di Cipro famosa per un tempio dedicato ad Afrodite.

La statua, priva di nome nel mito, è stata denominata da autori moderni (dal XVIII secolo in poi) Galatea.

 


Nell'uso comune, si definisce "pigmalione" chi assume il ruolo di maestro nei confronti di una persona rozza e incolta, specialmente una donna, plasmandone la personalità, sviluppandone le doti naturali e affinandone i modi.

 

 

ratio imitarum naturam 

 

 

 

 

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