mar 082019 
Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi
i giorni si trasformano in anni.
Però ciò che è importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c'è una linea di partenza.
Dietro ogni successo c'è un'altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c'è in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai!
Che l'8 marzo possa essere ogni giorno di ogni anno, adesso e sempre!
mar 072019Penelope alla guerra è il primo romanzo di narrativa nato dalla penna di Oriana Fallaci, pubblicato nel 1962. 
In Penelope alla guerra la Fallaci narra la storia di Giovanna, chiamata Giò, una giovane donna che riesce a realizzare il suo sogno: lasciare l'Italia per trasferirsi negli Stati Uniti. La ragazza è felice in America, dove lavora come creatrice di soggetti cinematografici. Ospitata da Martine, una sua cara amica, si gode tutta la spensieratezza della sua nuova vita. Improvvisamente e inaspettatamente viene a galla un pezzetto di suo passato: un incontro emozionante e inquietante. Richard, un ragazzo ospitato a casa sua ai tempi della guerra, quel ragazzo di cui è sempre stata innamorata e che credeva morto, ricompare, proprio lì, nella sua nuova e perfetta esistenza. La vita di Giò diventa imperfetta: l'incontro con Richard alimenta in lei nuove paure, nuove angosce e tanto sentimento. Trascorre dei bei momenti con l'amore ritrovato, intervallati da potenti silenzi dell'uomo, che la ragazza fatica a comprendere. Giò si sente sola, non ha nessuno con cui confrontarsi e parlare: Martine si rivela una donna arida e senza sentimenti e deve anche tenere a bada Bill, un amico che sembra quasi divertirsi ad attaccare la povera ragazza. Sarà proprio durante una violenta discussione con il giovane, che Giò scoprirà un pezzo di verità a lei sconosciuta.
Giò è una donna diversa dalle altre: vuole ardentemente reagire alla vita, non vuole starsene a casa ad attendere pazientemente come la cara e buona Penelope. Vuole vivere come un uomo, combattendo di fronte alle avversità, tenendo testa alla cattiveria e al destino più amaro, perché un vero uomo non ha paura e non si ferma davanti a nulla.
“L’amore da una parte sola non basta, Giò, le tue sono fantasie da masochista. Non si regala l’anima a chi non è disposto a regalare la sua.
Chi non fa regali, non apprezza regali. Tu cerchi Dio in Terra, e sei disposta a qualsiasi menzogna pur di inventarlo. Ma Dio non si inventa, e neppure l’amore. L’amore è un dialogo, non un monologo.”
Penelope alla guerra è un'opera maestra della grande Oriana Fallaci, che va al di là della storia narrata, affrontando tematiche molto forti e decisamente attuali: il sogno americano, l'omosessualità, l'amore malato e la lotta per l'emancipazione femminile.
New York è la Terra Promessa, un luogo così diverso dal'Italia, con le sue costruzioni e la sua magnificenza: un posto particolare e Giò si incontrerà e si scontrerà con il suo incanto.
“New York è un miracolo che mi sorprende ogni giorno di più: quell’americano non aveva mentito. Non si vedono statue, in quest’isola tagliata in rettangoli perpendicolari ed uguali, né cupole, né giardini. Il bosco di cemento si alza, tragico e grigio, senza una curva, una voluta bizzarra, un filo di verde. Ovunque si perde lo sguardo trovi spigoli duri, geometriche scale di ferro, cubi di sasso. Eppure tutto, in quest’assenza di grazia, ha un sapore di magia: dai grattacieli che si irrigidiscono come giganti pietrificati alla paura che ti mozza il respiro quando ti inoltri per strade che non finiscono mai, ma in fondo a ogni strada c’è uno strappo di azzurro che ti libera dalla paura. Col sole, i vetri brillano più dei diamanti. Col buio, bruciano più delle stelle. Le stelle in paragone appassiscono, la luna si spegne, e il cielo è in terra. Vorrei riuscire a dir questo nella storia che scriverò: che, qui, il cielo è in terra. E la gente come me si sente nascere una seconda volta.”
Oriana Fallaci, ricorda attraverso la figura di Giò, quanta forza ci voglia per sopravvivere in America, pur avendo le capacità necessarie per affrontare l'ambiente e la forza della natura, sottolinenando in questo modo il suo rapporto di amore e odio per questa stramba Terra.
Richard è combattuto: ama Giò, ma ama anche Bill e lo stesso Bill vorrebbe amare la ragazza, ma deve sostenere la presenza di Richard. Si forma quasi una sorta di triangolo, dove l'omosessualità e l'essere "troppo amato", sono ancora fonte di sofferenza e di animo tormentato.
"Sai, Giò. Non credevo che tu lo amassi così. Chissà perché amiamo sempre chi non lo merita: quasi che questo fosse l'unico modo per ristabilire l'equilibrio perduto del mondo. E' la più antica forma di masochismo, quella di amare chi non sa amare: e la più stupida. Eppure tu lo ami, io lo amo, Florence lo ama e...accidenti."
Un triangolo doloroso per Giò, dal quale fuggirà.
“Non potevamo dormire in un letto a tre piazze”, senza tuttavia fuggire dall’amore...aveva davvero cessato d’amarli?
Florence è la madre di Richard, una donna perfida, che spaccia per amore la sua sete di controllo, cercando di gestire la vita di suo figlio, fino a fingere malattie inesistenti per poter ricevere le sue attenzioni. Quello di Florence è l'amore malato di una madre, che comprenderà troppo tardi tutti i suoi errori.
"E poi se dovessimo cercare la perfezione in un uomo, si amerebbero i santi. I santi son morti e io non vo a letto col calendario."
La lotta femminista di cui Oriana Fallaci è icona, è l'argomento cardine di tutto il romanzo: Giò non vuole essere una donna come tante, non vuole vivere ricoprendo il ruolo di madre e moglie, ma vuole essere forte, indipendente, scoprire altri lidi e per questo non esiterà a vestirsi da maschio e a lottare da maschio. Non si arrende mai Giovanna, va avanti e non si ferma nemmeno di fronte alla buche più nere e più profonde.
“E non dar retta a chi dice che il destino ce lo fabbrichiamo da noi o che la Provvidenza ci protegge: non ti protegge nessuno dal momento in cui nasci e piangi perché hai visto il sole. Sei sola, sola, e quando sei ferita è inutile che tu aspetti soccorso poiché non v’è genitore o amante o fratello che possa perdere tempo per te: essi si chinano più o meno a lungo sopra di te, magari ti fasciano e ti danno da bere, ma poi riprendono irrimediabilmente la strada dove saranno a loro volta feriti. La vera guerra non è quella che combatti quando due potenti imbecilli hanno deciso di buttare una bomba. La vera guerra è quella che combatti nell’amore e nell’odio non comandati, soprattutto quando ritorni. Tu ritorni, Giò, col cervello ed il cuore sbranati da una ferita gravissima: ma gli altri lo ignorano perché nelle apparenze tu sei come prima. Lasciali in questa illusione. Non raccontare che sei cambiata, non raccontare la guerra che ti ha fatto cambiare. La tribù dove vivi non sa cosa farsene dei martiri e degli eroi.”
Difficile abbandonare l'idea che Penelope alla guerra sia un romanzo autobiografico: la figura di Giò si avvicina molto a quella della Fallaci, anche se in realtà la scrittrice ha sempre sottolineato che la storia della protagonista non è la sua e che ha attinto ai suoi pensieri e alle persone che conosce solo per creare situazioni e personaggi. Oriana Fallaci è un vero e proprio simbolo del coraggio delle donne e della lotta per il riconoscimento dei diritti femminili e Penelope alla guerra è un romanzo tremendamente attuale. Tante sono le Penelopi che ancora oggi lottano, protagoniste di una dura battaglia, che in qualche modo ha il suo fascino, proprio come l'essere donna.
“Essere Donna è così affascinante, è un’avventura che richiede un tale coraggio una sfida che non finisce mai“ cit. Oriana Fallaci
mar 042019"Essere donna non è un dato naturale, ma il risultato di una storia. Non c'è destino biologico e psicologico che definisce la donna in quanto tale. Tale destino è conseguenza della storia della civiltà e per ogni donna la storia della sua vita" Simone de Beauvoir
mar 042019Il secondo sesso è un saggio scritto nel 1949 da Simone de Beauvoir, una delle più grandi figure intellettuali del Novecento. Scrittrice, filosofa, attivista femminista, ma non solo. La scrittrice oggi viene purtroppo ricordata solo come femminista: quello che molti non sanno è che Simone de Beauvoir ha lasciato in eredità ai posteri una produzione letteraria notevole, fatta di romanzi, saggi filosofici, testi teatrali e una quantità innumerevole di saggi brevi. La sua è stata un'esistenza piena: ha frequentato prestigiose personalità, è stata acclamata, amata e odiata e si è distinta anche nella vita privata, con svariate relazioni sentimentali, anche omosessuali, che hanno fatto di lei una donna libera e scandalosamente famosa. Quello che oggi, più di ogni cosa, viene ricordato e stimato come bene prezioso, è il suo pensiero. La Beauvoir ha sempre abbracciato la corrente esistenzialista: il punto cardine di tale pensiero fa perno sull'esistenza, quella fatta di vicende improrogabili, alle quali nessun veto può essere posto, che si pone davanti all'essenza, a tutto quello che può essere modificato attraverso il libero arbitrio.
Quello che concerne l'esistenza, secondo la filosofa, può essere affrontato con due modalità: o attraverso l'accettazione, oppure attraverso la trascendenza, che si rifà alla volontà di poter progettare e di poter modificare. Solo così si può affermare, che la nostra esistenza sia conseguenza del nostro modo di porci di fronte a quello che ci viene dato una sola volta ed è valido per tutte. È questo il principio che si ritrova alla base de Il secondo sesso, saggio decisamente rivoluzionario, tanto da essere inserito nell'Indice dei libri proibiti dal Tribunale del Sant'Uffizio. 
Ne Il secondo sesso Simone de Beauvoir analizza la condizione della donna, partendo dal presupposto che quello femminile sia il secondo sesso, rispetto al primo, quello maschile. Il primo sesso corrisponde al Soggetto, il secondo non è che l'Altro rispetto al primo.
“Il dramma della donna consiste nel conflitto tra la rivendicazione fondamentale di ogni soggetto che si pone sempre come essenziale e le esigenze di una situazione che fa di lei un inessenziale.”
Per interi secoli si è pensato che la condizione di inferiorità della donna fosse dovuta a situazioni predestinate di natura biologica, psicanalitica o addirittura economica. Elementi legati all'esistenza, quindi, fatti imposti dalla vita, contro i quali nulla può essere fatto. Simone de Beauvoir risponde a questa radicata convinzione con delle parole, ormai famose, che si ritrovano spesso sotto forma di citazione
"Donne non si nasce, lo si diventa"
Con il suo verbo, la scrittrice sottolinea come non esista, contrariamente a quanto fatto credere dalla psicanalisi, un destino comune a tutte le donne. Non esiste il "comune femminino", marchiato dal fatto di essere femmine. In qualche modo, la donna ha scelto la seconda posizione, ha scelto la sua subordinazione. Come è potuto accadere? Questo la filosofa non lo sa spiegare.
Oggi il pensiero della Beauvoir, può risultare banale: sappiamo che le donne non sono sottomesse per scelta. Quella che però è l'importanza delle idee della scrittrice, tremendamente attuali, sta nell'aver saputo fermamente spostare l'attenzione dagli elementi delle uguaglianze a quelli delle differenze. Si supera il concetto di sesso biologico e di quello di genere e per la prima volta nella storia, si guarda l'essenza della donna.
Simone de Beauvoir decanta l'essenzialità della trascendenza nella vita delle donne, affermando così che nulla è scontato, che nulla vive in eterno, che nessun principio è immutabile, anche per il femminino. Negli anni a venire, grazie alla sua politica filosofica, il pensiero che richiama al principio di natura, quel principio per cui le cose così sono e non possono essere modificate, andrà lentamente scemando. Trascendere i fatti dell'esistenza, significa non piegarsi, reclamare la propria libertà e partecipare ai cambiamenti del mondo.
"La donna non è una realtà fissa, ma un divenire". Così spiega la Beauvoir, la necessità che il femminino abbracci la trascendenza, proprio come hanno sempre potuto fare gli uomini. Se la donna vuole emanciparsi deve abbandonare l'immobilità: solo questo importante passo può permettere la riconciliazione con l'uomo, altrimenti impossibile.
“L’oppresso non può realizzare la sua libertà di uomo se non nella rivolta, giacché la peculiarità della situazione contro la quale si ribella consiste proprio nell’impossibilità di ogni sviluppo positivo; la sua trascendenza si supera all’infinito solo nella lotta sociale e politica.”
Simone de Beauvoir ci insegna che tutto è modificabile, che tutto si può cambiare o quanto meno tentare di cambiare: stare a guardare non aiuta, anzi blocca il flusso della normale esistenza.
mar 032019Le mie mani,
ricordando che tu le trovasti belle,
io accorata le bacio,
mani, tu dicesti,
a scrivere condannate crudelmente,
mani fatte per più dolci opere,
per carezze lunghe,
dicesti, e fra le tue le tenevi
leggere tremanti,
or ricordando te
lontano
che le mani soltanto mi baciasti,
io la mia bocca piano accarezzo.
Le mie mani è una poesia di Sibilla Aleramo, tratta dalla raccolta Poesie pubblicata dall'autrice agli inizi del '900. Le mani della poetessa, in questa delicata lirica, diventano lo strumento attraverso il quale la donna rievoca le emozioni date dall'uomo amato e perduto.Emerge prepotentemente il rimpianto per un amore che non ha conosciuto la vita, forse anche per "colpa" del suo duplice ruolo di amante e scrittrice. Il testo viene presentato come una confessione fatta all'amato, che non viene menzionato, quasi a voler preservare la riservatezza di un sentimento intimo e privato.
mar 032019Una donna
è il romanzo autobiografico di Sibilla Aleramo, alias Rina Faccio (scrittrice e poetessa italiana agosto 1876-gennaio 1960), un libro in cui il dolore e la ricerca di riscatto della scrittrice, vengono descritti con dovizia di particolari ed elevati all'ennesima potenza. Un'esistenza travagliata quella della letterata: a undici anni è vittima di violenza sessuale e in seguito costretta da suo padre a sposare il suo violentatore. La sua infelicità sentimentale la porta a perdersi in svariate e tormentate relazioni, che non la allontanano però dai suoi ideali. Attivista femminista, si è sempre battuta per i diritti delle donne, sino a diventare direttrice del settimanale socialista L'Italia femminista. Quando nel 1902 abbandona il marito e il figlio nato dal suo infelice matrimonio, si lega al progressista Giovanni Cena e proprio dietro suo convincimento, la Faccio scrive e pubblica Una donna, con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, che diventerà poi il nome con cui siglerà ogni sua pubblicazione.
Una trama semplice caratterizza l'opera di successo mondiale: una donna educata dal padre a essere moglie e madre fedele. In realtà l'autobiografia cela una questione sociale molto profonda, legata alla battaglia per l'emancipazione femminile. Un contenuto aspro quello del libro, ben incastonato in una scrittura elegante e in uno stile essenziale:
“Tutti si accontentavano: mio marito, il dottore, mio padre, i socialisti come i preti, le vergini come le meretrici: ognuno portava la sua menzogna, rassegnatamente. Le rivolte individuali erano sterili o dannose: quelle collettive troppo deboli ancora, ridicole e incominciai a pensare se alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male sociale.”.
Sibilla Aleramo è una donna che porta avanti sino al compimento la propria ribellione, nata come rivoluzione interiore e poi esternata al mondo. Forse lo fa in malo modo la scrittrice, per quelli che sono i canoni dell'epoca, abbandonando il figlio e sacrificando la maternità attraverso la quale ha tentato precedentemente la redenzione non riuscendoci. Parallelamente alla sua lotta per la personale affermazione, indipendentemente dai mezzi usati, si delinea nella vita della Aleramo il ricongiungimento con la controversa figura materna e lo sgretolamento del rapporto con suo padre, tanto amato, ma che non ha potuto convivere con la sua ascesa verso l'emancipazione. Il genitore non è l'unico uomo menzionato nell'opera: ritroviamo il fidanzato della sorella minore, il medico, il professore, alcuni progressisti, quindi con una personalità vicina a quella della scrittrice, altri più in linea con la mentalità borghese, quindi lontani dalle idee di Sibilla. Figure quelle maschili, appena accennate, che fanno da sfondo ad una collettività tutta al femminile. Ben delineate, infatti, sono le donne della sua vita: la direttrice della rivista presso cui la Faccio lavora, la sua domestica, addirittura la sua antipatica quanto perfida cognata. Tutte figure da contrapporre a quelle maschili, pronte a trattare la "femmina" come un oggetto e non con una persona, con emozioni e pensieri propri. La rivoluzione interiore della donna e della scrittrice culmina nel suo impegno come volontaria presso un ospedale pediatrico. La maternità quindi non viene rinnegata, se pur nella vita la donna abbandona il figlio, ma si trasforma da biologica a spirituale.
Una donna è quindi l'autobiografia di una figlia, madre, donna e scrittrice che nella sua angoscia e nel suo sconforto riesce a trovare una via di fuga e di riscatto: non un libro di dolore e sofferenza, ma un inno alla vita e alla libertà:
“e credetti di non poter sopportare la sofferenza fisica di un tale spettacolo ripetentesi all’infinito … fu da allora che ho ripreso risolutamente a vivere; dopo aver sentito di nuovo gli altri vivere e soffrire. E da allora ho anche avuto il bisogno di sperare di nuovo: per tutti, se non per me”. La vicenda si chiude circolarmente e, se un tentativo di suicidio era seguito alla nascita del figlio naturale, davanti al “martirio” di tanti “figli dell’anima” l’attaccamento alla vita diventa più tenace: “guardando in faccia la vita e la morte, non le temo, forse le amo entrambe”.