Il Calamaio Bianco

Tra le righe dell'Albania

Una donna di Sibilla Aleramo: storia di dolore, emancipazione e riscatto

mar 032019

Una donnaundefined è il romanzo autobiografico di Sibilla Aleramo, alias Rina Faccio (scrittrice e poetessa italiana agosto 1876-gennaio 1960), un libro in cui il dolore e la ricerca di riscatto della scrittrice, vengono descritti con dovizia di particolari ed elevati all'ennesima potenza.  Un'esistenza travagliata quella della letterata: a undici anni è vittima di violenza sessuale e in seguito costretta da suo padre a sposare il suo violentatore. La sua infelicità sentimentale la porta a perdersi in svariate e tormentate relazioni, che non la allontanano però dai suoi ideali. Attivista femminista, si è sempre battuta per i diritti delle donne, sino a diventare direttrice del settimanale socialista L'Italia femminista. Quando nel 1902 abbandona il marito e il figlio nato dal suo infelice matrimonio, si lega al progressista Giovanni Cena e proprio dietro suo convincimento, la Faccio scrive e pubblica Una donna, con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, che diventerà poi il nome con cui siglerà ogni sua pubblicazione.

Una trama semplice caratterizza l'opera di successo mondiale: una donna educata dal padre a essere moglie e madre fedele. In realtà l'autobiografia cela una questione sociale molto profonda, legata alla battaglia per l'emancipazione femminile. Un contenuto aspro quello del libro, ben incastonato in una scrittura elegante e in uno stile essenziale:

“Tutti si accontentavano: mio marito, il dottore, mio padre, i socialisti come i preti, le vergini come le meretrici: ognuno portava la sua menzogna, rassegnatamente. Le rivolte individuali erano sterili o dannose: quelle collettive troppo deboli ancora, ridicole e incominciai a pensare se alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male sociale.”.

Sibilla Aleramo è una donna che porta avanti sino al compimento la propria ribellione, nata come rivoluzione interiore e poi esternata al mondo. Forse lo fa in malo modo la scrittrice, per quelli che sono i canoni dell'epoca, abbandonando il figlio e sacrificando la maternità attraverso la quale ha tentato precedentemente la redenzione non riuscendoci. Parallelamente alla sua lotta per la personale affermazione, indipendentemente dai mezzi usati, si delinea nella vita della Aleramo il ricongiungimento con la controversa figura materna e lo sgretolamento del rapporto con suo padre, tanto amato, ma che non ha potuto convivere con la sua ascesa verso l'emancipazione. Il genitore non è l'unico uomo menzionato nell'opera: ritroviamo il fidanzato della sorella minore, il medico, il professore, alcuni progressisti, quindi con una personalità vicina a quella della scrittrice, altri più in linea con la mentalità borghese, quindi lontani dalle idee di Sibilla. Figure quelle maschili, appena accennate, che fanno da sfondo ad una collettività tutta al femminile. Ben delineate, infatti, sono le donne della sua vita: la direttrice della rivista presso cui la Faccio lavora, la sua domestica, addirittura la sua antipatica quanto perfida cognata. Tutte figure da contrapporre a quelle maschili, pronte a trattare la "femmina" come un oggetto e non con una persona, con emozioni e pensieri propri. La rivoluzione interiore della donna e della scrittrice culmina nel suo impegno come volontaria presso un ospedale pediatrico. La maternità quindi non viene rinnegata, se pur nella vita la donna abbandona il figlio, ma si trasforma da biologica a spirituale.undefined

Una donna è quindi l'autobiografia di una figlia, madre, donna e scrittrice che nella sua angoscia e nel suo sconforto riesce a trovare una via di fuga e di riscatto: non un libro di dolore e sofferenza, ma un inno alla vita e alla libertà:

“e credetti di non poter sopportare la sofferenza fisica di un tale spettacolo ripetentesi all’infinito … fu da allora che ho ripreso risolutamente a vivere; dopo aver sentito di nuovo gli altri vivere e soffrire. E da allora ho anche avuto il bisogno di sperare di nuovo: per tutti, se non per me”. La vicenda si chiude circolarmente e, se un tentativo di suicidio era seguito alla nascita del figlio naturale, davanti al “martirio” di tanti “figli dell’anima” l’attaccamento alla vita diventa più tenace: “guardando in faccia la vita e la morte, non le temo, forse le amo entrambe”.

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