Sul libero arbitrio e il determinismo...
giu 252022
Epitteto nel "Manuale" scrive: "Tra le cose che esistono, le une dipendono da noi, le altre non dipendono da noi. Dipendono da noi: giudizio di valore, impulso ad agire, desiderio, avversione, e in una parola, tutti quelli che sono propriamente fatti nostri. Non dipendono da noi: il corpo, i nostri possedimenti, le opinioni che gli altri hanno di noi, le cariche pubbliche e, in una parola, tutti quelli che non sono propriamente fatti nostri."
Il teologo protestante Niebuhr nella sua "Preghiera della serenità": "Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscerne la differenza".
Noi esseri umani rispetto agli animali abbiamo un maggiore margine di libertà. Noi abbiamo dei riflessi che fisiologicamente sono degli automatismi dei muscoli o dei nervi a degli stimoli esterni. Si pensi al medico che ci controlla i riflessi per vedere il nostro stato di salute. Ma molto probabilmente non abbiamo degli istinti come gli animali. Sembra infatti che non ci siano più schemi innati nella nostra specie. Anche il sesso sarebbe appreso. Oggi si ritiene che gli uomini abbiano delle pulsioni, freudianamente intese. Al massimo bisognerebbe distinguere tra pulsione e bisogno. La fame, la sete e il sonno sono dei bisogni. Il sesso e l'aggressività sono delle pulsioni. Il bisogno è sempre impellente. La pulsione non è una necessità. Uno può avere anche voglia di fare sesso ma rimandare oppure non fare sesso. La vera coazione a ripetere è il bisogno. Quindi sembra che le pulsioni ci offrano una maggiore scelta. Comunque non c'è da rallegrarsi troppo. Sembra infatti secondo la scienza che siamo molto più determinati di quello che si credeva un tempo quando si credeva molto di più nel libero arbitrio. Siamo determinati biologicamente, storicamente, economicamente, socialmente e culturalmente. Siamo determinati quindi anche dall'ambiente. Un tempo tutto ciò si chiamava destino. È l'antica disputa tra determinismo e libero arbitrio. In psicologia le persone che hanno un locus of control interno pensano di essere artefici del loro destino. Coloro che hanno il locus of control esterno invece sono fatalisti. Secondo recenti studi coloro che hanno il locus of control interno reagiscono meglio alle malattie, agli eventi traumatici, alle situazioni avverse. Nel caso fosse un'illusione pensare di poter avere il controllo per alcuni è un'illusione necessaria. Ma il libero arbitrio, se esiste, ha un certo range. La libertà ha un suo margine. Nessuno riesce a riconoscere con esattezza la linea di demarcazione tra cose che dipendono da noi e altre che non dipendono da noi. Ci sono cose più grandi di noi: questo è accertato. Il libero arbitrio, sempre se esiste, non è circoscrivibile; è indefinito.
Quando facevo l’università e studiavo gli esami di Fondamenti anatomo-fisiologici e Psicologia Fisiologica mi toccava studiare un tomo, che si intitolava “Principi di neuroscienze” di Kandel e dei suoi collaboratori. A volte mi chiedevo dove fosse localizzato il pensiero umano, da dove nascesse. Si sapeva già allora che l’area del piacere era costituita dal nucleo accumbens e dall’area tegmentale ventrale, che esisteva una corteccia visiva, che esisteva una corteccia motoria, che l’ippocampo fosse fondamentale per memorizzare. Ma mi chiedevo dove nascesse il pensiero e non trovavo risposte. Secondo i cognitivisti la mente era come un computer, un elaboratore di informazioni, e io mi chiedevo chi l’avesse programmata. L’ipotesi più plausibile è che il pensiero non sia localizzabile ma sia generato dall’intera mente. Ho letto recentemente un articolo scientifico della prof. Maria Pia Viggiano, secondo cui le attività cerebrali, i processi chimico-fisici del cervello determinano ogni “presa di decisione”, ogni nostra intenzione. Tutto ciò è scientificamente provato. Non a caso la prof. Viggiano cita gli studi di Benjamin Libet. Gli esperimenti di Benjamin Libet ci lasciano perplessi e allibiti. Da essi scopriamo che gli esseri umani agiscono in base a dei processi che li portano a decidere 500 millesimi di secondo più tardi dell’attivazione neurale che predispone alla decisione stessa. Secondo le parole della dott.ssa Irene Sanità Gigante: "Il cervello, con un’onda che corrisponde alla “preparazione dell’azione”, anticipa di 500 millisecondi la “sensazione di consapevolezza dell’azione”. Quindi il cervello prepara l’azione prima che l’individuo senta la necessità di compierla". Però allo stesso tempo Libet ha scoperto che noi stessi possiamo inibire l’azione. Questo lascia spazio a molti dubbi interpretativi. Qualcun altro studioso ci ricorda naturalmente che i pensieri a loro volta causano altre reazioni chimiche nel cervello. Cosa è che precede il pensiero? La coscienza o l’inconscio? I ricercatori toscani Massimo Cincotta e Fabio Giovannelli scrivono in un articolo scientifico che “il nostro agire è frutto dei processi inconsci”. Mi viene in mente la volontà di Schopenhauer, ovvero quella forza cieca e irrazionale, che domina il cosmo. Forse è quella che governa la nostra mente. Secondo alcuni studiosi il pensiero nasce da stimoli esterni. Anche se siamo al buio e in silenzio a fare meditazione in una stanza i pensieri scaturirebbero allora da uno stato di deprivazione sensoriale momentanea. Insomma il pensiero non nasce dal nulla. È il classico circuito… sensazione, percezione, pensiero. Ma in fondo percezione, pianificazione, esecuzione sono dovute all’intera attività del nostro cervello. Il pensiero può nascere dalla esperienza oppure dalla riflessione.
Molti pensieri sono frammentari, raggiungono appena la soglia di coscienza, sono effimeri, sfuggono irreprensibili dopo qualche istante, vengono subito dimenticati: fa parte della natura umana. Spesso i nostri pensieri sono già stati pensati da altri. Vygotskij trattò del nostro linguaggio interiore, dimostrando che quel monologo ininterrotto, quel discorrere tra sé e sé sarebbe risultato incomprensibile agli altri. Così scriveva in “Pensiero e linguaggio” (1990:363; 365): «La prima e la più importante caratteristica del discorso interno è la sua particolarissima sintassi. […] questa particolarità si manifesta nella frammentarietà apparente, nella discontinuità, nell’abbreviazione del discorso interno rispetto a quello esterno. [C’è] una tendenza assolutamente originale all’abbreviazione della frase e della proposizione, nel senso che conserva il predicato e le parti della proposizione che gli sono legate a spese dell’omissione del soggetto e delle parole che gli sono legate.” È molto difficile avere dei pensieri originali. Forse esiste il mondo delle idee platoniche che è lo stesso per tutti gli uomini e non possiamo che “pescare” in quel mare magnum. Poi ci sono diversi pensieri che scaturiscono da ruminazione oppure da schemi prefissati. Non tutti i pensieri sono validi. Ci sono anche le ossessioni, le idee fisse, che sono disfunzionali per ognuno. A ogni modo la nostra mente di solito vaga, va di palo in frasca. Virginia Woolf, Faulkner, Joyce ci hanno mostrato come vaga la mente di ognuno col flusso di coscienza. Il grande poeta Auden ha descritto in modo magistrale sia la condizione esistenziale che lo stato mentale ricorrente dell’uomo contemporaneo, condensando tutto in poche parole: “I suoi pensieri vagavano giù e su dal sesso a Dio senza punteggiatura”. Ma siamo così sicuri che sia la mente a generare i pensieri oppure Qualcosa o Qualcuno più grande? Per Aristotele Dio era “pensiero di pensiero”. Oppure riusciremo a pensare quando ci accordiamo con “l’anima del mondo” descritta da Platone. E se i nostri pensieri fossero governati più dal Caso che da una causalità con il mondo esterno? Tom Wolfe in “La bestia umana” sostiene: “Dato che la coscienza e il pensiero sono prodotti interamente fisici del tuo cervello e del sistema nervoso, e dato che il tuo cervello arriva alla nascita con un imprinting completo, che cosa ti fa pensare di avere un libero arbitrio? Da dove dovrebbe venire? Quale “fantasma”, quale “mente”, quale “io”, quale “anima”, quale qualsiasi cosa che non si faccia immediatamente catturare da quelle sprezzanti virgolette dovrebbe traboccare spumeggiante dal calice del cervello per offrirtelo?”. Forse il libero arbitrio è solo una illusione, forse è tutto predeterminato. Mi ricorda Cioran che in “Sillogismi dell’amarezza” scrive che un matto gli aveva detto: “Quando mi faccio la barba, chi mi impedisce di tagliarmi la gola, se non Dio?”. A quei tempi i rasoi erano molto affilati e perciò pericolosi. Vasco Rossi, lettore di testi filosofici, riprende pari pari questo interrogativo di Cioran e in una canzone scrive: “Tra farmi la barba e uccidermi che differenza c’è?”. Quelli che Freud definiva Eros e Thanatos non sono anch'essi, se esistono, delle idee che generano altre idee? Ma l’impulso vitale o il desiderio di morte, che siano istinti o meno, da cosa derivano? Mi dico a volte che anche il nostro ambiente non dipende da noi e probabilmente siamo ben poca cosa perché niente dipende da noi. Forse il libero arbitrio è necessario perché è necessaria l’illusione del controllo. Forse la circolarità è infinita. Forse è tutto un regresso all’infinito delle cause e non si riesce a rintracciare, identificare la causa prima. Forse i nostri pensieri dipendono dal trauma della nascita, così come ogni nostra nevrosi, come descritto da Otto Rank. Forse è in quel caos di luce e rumore che nascono i primi pensieri del neonato. E se tutto fosse causato da eventi precedenti la nostra vita fetale? Dopo anni di riflessione e letture sono punto e a capo, in una situazione di stallo. Questa grande problematica dell’origine del pensiero non trova risposte certe. Questa è la domanda delle domande per un razionalista e ha come conseguenza la presa di coscienza di una certa irrazionalità della vita umana e del mondo. La nostra razionalità è molto limitata, addirittura è probabile che sia una falsa certezza. Ma ciò non ci deve far aggiungere irrazionalismi gratuiti a già tanta irrazionalità. Non ci sono certezze assolute ma solo ipotesi più o meno plausibili. Il pensiero umano ha molte implicazioni filosofiche e psicologiche. Forse non si possono studiare i cervelli umani con il cervello e i pensieri umani con i nostri stessi pensieri: forse ci imbattiamo di fronte ad un eterno Uroboro. Forse brancoliamo nel buio e per comodità postuliamo la libertà e di conseguenza la responsabilità delle nostre azioni. Se il futuro fosse già scritto, se tutto dipendesse dal destino allora che senso avrebbe la giustizia umana? Forse è fuori luogo fare dei parallelismi con il mondo della microfisica e ritenere che l’uomo è indeterminato come una particella subatomica. Forse le particelle subatomiche sono indeterminate per i limiti intrinseci degli strumenti fisici attuali e lo sono solo adesso, allo stato attuale delle conoscenze. Forse tutto dipende dal caos o da Dio, anche se io fatico spesso a vedere una intelligenza superiore in tante atrocità umane e fatico spesso a intuire armonie prestabilite.