Il Blog di Davide Morelli

Pensieri di un pontederese (Sozzifanti mon amour)

Fortuna e/o merito, partendo da Victor Hugo, Seneca, Woody Allen, Vecchioni..

ott 192023

 

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Victor Hugo parla di successo nel 1862 ne “I Miserabili”, volume I, cap. XII:

 

“Riuscire: ecco l’insegnamento che cade, a goccia a goccia, a strapiombo dalla corruzione. Sia detto di sfuggita, il successo è una cosa abbastanza odiosa. La sua falsa somiglianza con il merito inganna gli uomini. Per la folla, la riuscita ha quasi lo stesso profilo della supremazia. Il successo, questo sosia del talento, ha un solo zimbello: la storia. Ai nostri giorni una filosofia quasi ufficiale è entrata in dimestichezza con il successo. Riuscite: è teoria. Prosperità presuppone capacità. Vincete alla lotteria: siete un uomo abile. Chi trionfa è venerato. Nascete con la camicia: tutto vi sarà dato. Abbiate fortuna, avrete il resto; siate felice, vi crederanno grande. L'ammirazione contemporanea non è che miopia”.

 

 

 

 

Per gli indiani esiste il karma: se sei povero e malato, è semplicemente perché ti sei comportato male nelle vite precedenti. Per i calvinisti se hai denaro e successo, è perché sei in grazia di Dio, perché sei un eletto. Gli antichi greci credevano fermamente nel Fato, che sovrastava il volere e le capacità degli uomini.

Si pensi al valorosissimo Aiace che difese il cadavere di Achille, ma Ulisse con la sua furbizia riuscì ad avere le armi del defunto; Aiace impazzì e massacrò un gregge di pecore, credendole soldati nemici, e poi si suicidò per la vergogna. Roberto Vecchioni negli anni Settanta scrisse appunto un'ironica canzone su Aiace, di cui riporto il testo:

 

"E non sembravi più nemmeno quello

che dalle porte esce guardando il cielo

gridava a Dio con tutta la sua voce

"Sterminaci se vuoi, ma nella luce..."

E il mare grande quando vien la sera

e Dio è lontano per la tua preghiera

qui c'è chi parla troppo e c'è chi tace

tu sei di questi, e al popolo non piace

Chi ha vinto è là che che vomita il suo vino

e quel che conta in fondo è l'intestino

 

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la

 

E il coro degli Achei che si diletta

hai perso e questo è il meno che ti aspetta

ti stanno canzonando mica male

vai un po' a spiegare quando un uomo vale

Dovevi vincer tu, lo sanno tutti

tu andavi per nemici e lui per gatti

ma il popolo è una pecora che bela

gli fai passar per fragola una mela

Chi ha vinto è là che che vomita il suo vino

e quel che conta in fondo è l'intestino

 

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la

 

E tu fai fuori mezzo accampamento

ne volano di teste cento e cento

salvo far l'inventario e veder poi

che non sono i tuoi giudici, son buoi

Allora per un mondo che è un porcile

ti val bene la pena di morire

dimmi cosa si prova in quel momento

con la spada sul cuore ed intorno il vento

Fa grande sulla tenda le ombre il fuoco

ma dai, che è stato solamente un gioco

 

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la

la la la la la la Aiace la la la la la la"

 

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Si apre con questa riflessione il film del 2005 Match Point di Woody Allen: “Chi disse ‘Preferisco avere fortuna che talento’ percepì l’essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no, e allora si perde.“ 

E ancora si pensi che avere talento è una dote innata, quindi una fortuna, anche se il talento va saputo coltivare. Ma bisogna che qualcuno valorizzi e riconosca il talento e qui rientra in gioco la fortuna! 

Per Machiavelli il principe deve avere virtù e fortuna. Per alcuni cattolici secoli fa la peste era una punizione divina, un flagello di Dio! Ma quanto è importante la fortuna nella vita degli uomini? Alcuni credono così tanto nel libero arbitrio, nel merito, nel sacrificio, nell'impegno da sottovalutare il ruolo determinante della fortuna. Costoro non pensano a quanto siamo fortunati quando abbiamo salute. Non pensano che basta una cellula del corpo impazzita a scatenare un tumore. E non dipende da noi. Oh certo dipende anche dallo stile di vita!?! Ma ci sono persone che hanno un cattivo stile di vita e non si ammalano, mentre altre hanno un buon stile di vita e si ammalano! Non pensano costoro -chiamiamoli pure coloro che si credono padroni della loro sorte e artefici del loro destino- a quanto siano casuali gli incontri e gli avvenimenti di ogni vita. Non pensano che siamo insignificanti gocce nel mare. No. Non esistono i self made man. Oh certo bisogna saper sfruttare le occasioni! Non bisogna perdere i treni giusti! 

Oh lo so?!! Le persone che si sentono arrivate non fanno che citare la frase di Seneca: "La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione”. Ma quante cose sono andate bene e che non dipendevano da lei nel destino di una persona di successo? Ai fattori esterni e la casualità queste persone così sicure di sé non si soffermano mai a pensare. In fondo nascere in un paese ricco invece di uno povero, nascere da genitori benestanti e che ti amano invece che da genitori poveri e che ti maltrattano, nascere sani invece che malati, nascere intelligenti invece che stupidi, incontrare le persone giuste nei primi anni di vita invece che le persone sbagliate, essere ricambiati dalla persona di cui si è innamorati o meno non sono tutte cose che rientrano nella fortuna? Purtroppo ci si accorge del ruolo determinante della fortuna solo quando ci manca. Ma questo non significa che esistano anche il merito, il sacrificio, l'impegno. C'è chi crede che tutto dipenda dalla fortuna o dal merito. I pareri sono spesso così polarizzati. No. Non esiste una dicotomia, un aut aut impietoso: non è questione di merito o fortuna, ma di merito e fortuna quando uno riesce. Le due cose non sono mutuamente esclusive. Spesso dipende da entrambe le cose, ma nessun uomo può valutare la vita propria o altrui obiettivamente: lo può fare solo Dio, se esiste. Spesso quando uno riesce nella vita è perché ha fatto tutto bene ma anche perché gli è andato tutto bene. È difficilissimo valutare quanto in ogni vita pesino il merito e la fortuna. Ci sono gli arrivati presuntuosi che pensano che tutto sia merito loro, ma ci sono anche invidiosi e maligni che pensano che un uomo abbia avuto successo solo perché fortunato. Per la psicologia chi ha un locus of control interno, cioè chi pensa che la vita dipenda dalla sua volontà più che da fattori esterni, ha una maggiore autoefficacia e raggiunge più frequentemente gli obiettivi prefissati. Ma la psicologia ha anche scoperto l'errore fondamentale di attribuzione, cioè la tendenza sistematica delle persone di attribuire la causa di un'azione all'individuo invece che a fattori esterni, anche quando oggettivamente non è così. Ci sono molte ricerche che lo confermano e sembra che l'errore fondamentale di attribuzione sia più frequente nelle culture individualistiche, come in quelle occidentali ad esempio. Ancora una volta abbiamo casualità versus causalità! Però dobbiamo smetterla di pensare che sia esclusivamente colpa sua se a qualcuno le cose nella vita vanno male! Insomma i fattori in gioco, sia interni che esterni, nella vita sono tanti. Ecco perché Darwin non era un darwinista socioeconomico a differenza di Galton e altri. 

 

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