Due parole sul Novecento italiano...
giu 262022
Il secolo, che ci siamo appena lasciati alle spalle, è stato un secolo policromo, ricco di ismi, correnti letterarie, correnti critiche. Per quanto riguarda la creatività letteraria si è assistito a una molteplicità di forme espressive e comunicative. Diverse sono state le correnti letterarie in Italia: il Decadentismo, il Crepuscolarismo, il Futurismo, l’Ermetismo, il Neorealismo, la Neoavanguardia, il Postermetismo, il Neosperimentalismo, il Neo-orfismo. Se consideriamo anche l'Europa bisogna ricordarci anche dell'Espressionismo, del Simbolismo, del Dadaismo e del Surrealismo. Non sono naturalmente mancate le polemiche, come quelle tra tradizione e Neoavanguardia e come quelle tra neorealisti e postermetici. Mai come nell’arco del ’900 la letteratura ha registrato dei mutamenti così radicali. Nel primo Novecento la letteratura italiana passò dall’estetismo dannunziano all’Ermetismo, che stilisticamente si distingueva per le sue analogie, le sue sinestesie e per l’assolutezza della parola poetica; da un punto di vista etico si registrava il passaggio dai vizi e dal lusso sfrenato di D’Annunzio a una letteratura - come quella ermetica - intesa come impegno e testimonianza civile. Se si considera le riviste questo cambiamento di rotta, questa svolta dal dannunzianesimo a un ruolo nuovo di letterato avvenne ancora prima. Infatti “La Voce”, nella prima fase diretta da Prezzolini, fu una rivista “militante”, che si pose problematiche filosofiche e sociali, come la questione meridionale e la politica del trasformismo giolittiana. In prosa si passò dagli epigoni del Verismo all’antiromanzo, cioè ad un romanzo-saggio in cui si dissolveva il personaggio e predominavano il contenutismo, i sociologismi e gli psicologismi. I protagonisti dei romanzi del '900 sono quasi tutti inetti e/o nevrotici a cominciare dai personaggi di Svevo. Ma nella maggioranza dei casi la causa del disagio esistenziale è ignota. Solo nel "Memoriale" di Volponi la paranoia del protagonista ha un motivo certo, ovvero l'espulsione dalla fabbrica a causa della tubercolosi.
Molti scriveranno della nevrosi, ma Tobino con "Le libere donne di Magliano" sarà colui che affronterà il tema della follia nel modo più realistico. Uno dei pochi che resiste alla tentazione dell'inettitudine è Fenoglio. Per lui si tratta semplicemente di osservare e trascrivere ("see and transfer"), come riesce a fare magistralmente ne "Il partigiano Johnny". Raramente il malessere esistenziale dell'uomo contemporaneo passa in secondo piano. Le tematiche dell'inettitudine e della follia vengono però eluse da alcuni grandi romanzi del '900, che trattano in modo esemplare le conseguenze del nazi-fascismo: "Il giardino dei Finzi-Contini" di Bassani (l'emarginazione degli ebrei), "Se questo è un uomo" di Primo Levi (il lager), "Cristo si è fermato ad Eboli" di Carlo Levi (il confino). Durante il periodo della guerra e dell'immediato dopoguerra la letteratura italiana è contrassegnata dall'impegno morale e politico. L'unico che si concede un divertissment è Vasco Pratolini con "Le ragazze di San Frediano". Anche in poesia avvennero dei mutamenti radicali. Si passò dalle reminiscenze petrarchesche-leopardiane del Canzoniere di Saba a un frammentismo, talvolta prosaico. Il Novecento non è stato caratterizzato solo dall'originalità delle correnti letterarie, ma anche da quella dei singoli autori. Si pensi per esempio alle innovazioni introdotte da Ungaretti, che fu il creatore del versicolo. Nel Novecento comparve nel mondo della scrittura anche l'altra metà del cielo. Furono protagoniste della scena letteraria la poetessa Ada Negri ed Elsa Morante, che scrisse capolavori come "L'isola di Arturo" e "La storia". Ci si ricordi anche di Natalia Ginzburg, che in "Lessico famigliare" ritrasse l'ambiente culturale torinese antifascista, di cui fecero parte Pavese, Adriano Olivetti, Carlo Levi, Giacomo Debenedetti, Carlo Levi. Diverse sono state le correnti della critica: lo storicismo marxista, il crocianesimo, lo strutturalismo, la critica psicanalitica. Non vanno nemmeno dimenticati gli apporti più recenti della semiotica e dell’ermeneutica nell'ambito della critica letteraria. La letteratura nel secolo appena trascorso non è stata considerata solo a livello sintattico, stilistico, simbolico, ma i critici del ’900 hanno indagato a 360 gradi sul rapporto autore-opera e sul rapporto lettore-opera. Attualmente non è ancora possibile fare il bilancio del '900, valutare obiettivamente la portata di correnti letterarie e autori, stimare effettivamente l'eredità di questo secolo, appena trascorso. Può accadere anche che autori, che nel corso della loro vita ebbero fortuna critica, vengano dimenticati e che autori, che non conobbero grande notorietà un tempo, vengano rivalutati. Ciò sta in parte avvenendo con D'Arzo, Silone, Comisso, Brancati, Manganelli, Guido Morselli, D'Arrigo. La letteratura del ’900 è stata contrassegnata da innumerevoli svolte epocali e da profonde trasformazioni. Tutto ciò per aderire maggiormente alle realtà sociali, economiche, politiche, antropologiche di un secolo colmo di errori, orrori, nefandezze di ogni genere. Tutto ciò per riuscire a decifrare la successione, mai fino ad allora così veloce, di avvenimenti. Il Novecento è stato un secolo intenso; ricco di paradossi e rompicapi da risolvere, di enigmi da decifrare.
Illustri filosofi hanno cercato di rintracciare la causa principale della crisi della modernità. Freud scrisse del "disagio della cività", Max Weber della "gabbia di acciaio". Per Nietzsche l'origine di tutti i mali è il nichilismo, per i marxisti il plusvalore, l'alienazione, i rapporti di produzione, i mezzi di produzione, per i cattolici la secolarizzazione, per gli esistenzialisti l'angoscia della scelta. Per Husserl il mancato ritorno al mondo della vita, per Mounier l'individualismo, per Dewey il fatto che il mondo sia aleatorio e rischioso. Per Niezsche Dio è morto, gli strutturalisti invece annunciano la morte dell'uomo. Ma forse non esiste una sola causa alla crisi della modernità. Forse sono molte le cause. La letteratura italiana del '900 ha cercato di intraprendere la sfida al labirinto gnoseologico-culturale, di cui parlò Calvino. Una sfida difficile, ma allo stesso tempo anche affascinante. La letteratura italiana del '900 proprio come uno dei personaggi più famosi di Pirandello - il fu Mattia Pascal - ha dovuto rischiare più volte il proprio patrimonio (in questo caso la propria tradizione) come chi gioca al casinò, darsi per morta e cambiare identità per ritrovarsi e ritrovare il senso di un mondo, sempre più arcano e sfuggente. Talvolta ha assunto rischi folli in modo ludico, presentando i lati più grotteschi e più comici della realtà. Si pensi ad esempio a Landolfi, a Zavattini, a Malerba, ad Achille Campanile, a Cavazzoni.