P.F.S. - Fahrenheit 451
ott 312020
Fahrenheit 451
Autore Ray Bradbury
Prima pubblicazione 1953
Ray Bradbury occupa un posto speciale nella mia considerazione della Fantascienza, insieme con Fraçoise Truffaut, che riteneva Fahrenheit 451 il suo libro preferito, tanto da trarne un film dal titolo omonimo, nel 1966, pochi anni dopo la pubblicazione. Leggendo e vedendo la storia, molti anni dopo, non posso fare a meno di considerare insieme libro e film, come una coppia destinata ad una unione eterna ed imperitura. Ma di cosa parliamo?
Fahrenheit 451 (la tabella dice = 232,78 Celsius) è la ipotetica temperatura media a cui bruciano i libri. In un futuro non ben specificato, infatti, i vigili del fuoco, i pompieri, non sono più dedicati a spegnere gli incendi, poiché le città sono dotate di costruzioni ignifughe; il loro compito è diventato quello di appiccarli. Perversa simbologia: il fuoco, da sempre simbolo di distruzione, ma anche di catarsi, di purificazione, è diventato il mezzo con cui questi solerti dipendenti del governo distruggono ogni forma di letteratura, proprio con l’intento di purificare il mondo da false credenze. Un mondo tutt’altro che perfetto, afflitto da ogni sorta di psicosi collettiva e personale, di cui la più comune è la depressione.
I mariti sono assenti, le mogli non lavorano, i figli sono considerati un peso. Le “brave mogli” si riuniscono per passare i pomeriggi insieme, davanti a mega schermi da parete.
Gli scrittori di fantascienza non cesseranno mai di stupirmi: in un’epoca in cui la TV era una scatola che trasmetteva in bianco e nero, Bradbury sembra aver avuto una chiara visione dei modernissimi schermi al plasma. Da queste TV ossessionanti giungono messaggi simili a quelli dei moderni telequiz o programmi “d’intrattenimento”: siamo tutti una grande famiglia, partecipa anche tu, vincerai, puoi essere una di noi. Finché la moglie-bambola non si rompe, cade in depressione, ingerisce una dose quasi fatale di pillole e viene salvata, come centinaia di altre ogni giorno.
Una agghiacciante non-vita.
Il protagonista, il pompiere Montague, compie un percorso diverso: giorno dopo giorno, incendio dopo incendio, comincia ad essere affascinato dai libri che brucia. Li nasconde, li legge, inizialmente con fatica, poi si fa prendere dalla loro malia, fino a concepire un piano distruttivo: nascondere libri in casa di ogni pompiere, per farli arrestare tutti. Senza incendiari, nessuno potrà più distruggere il sapere. Libro e film a questo punto divergono, presentandoci personaggi alternativi, e finali leggermente variati; ma su un punto concordano: l’unica salvezza per il pompiere traditore è l’esilio in una comunità di reietti, anche se, non per sua volontà, la salvezza costerà la morte di un innocente.
Non potevo parlare di questo libro, e del film, senza entrare un poco nella trama. In effetti, qui la trama è solo un mezzo, un canovaccio, per poter inserire riflessioni, considerazioni, dubbi sul futuro, ed insieme disperati tentativi per non far dimenticare il passato. Il popolo che scorda, che dimentica o uccide il suo passato, è destinato comunque a perire.
Sembra di essere davanti a un pessimismo cosmico: in realtà siamo davanti ad una grande paura. Negli anni '50 e '60 era fortissimo il terrore di un conflitto nucleare che avrebbe spazzato via l'umanità intera. Dopo due terrificanti conflitti mondiali la cosiddetta “guerra fredda” teneva il mondo col fiato sospeso, perchè la possibilità che questa guerra diventasse “calda” era sempre molto vicina. L'invasione dei paese dell'Europa dell'Est da parte dell'Unione Sovietica, la difficoltosa creazione dello stato di Israele, le dittature estremiste che prendevano il posto di sovrani moderati ma troppo all'Europea, le battaglie per i diritti dei lavoratori: un continuo pulsare di situazioni “incandescenti”.
E noi? Cosa possiamo dire oggi, mentre il mondo sta bruciando, e non solo per gli incendi delle foreste? Dopo 70 anni siamo già al punto di non ritorno, ipotizzato da Bradbury? Mi sfiora l'idea che basterebbe pochissimo. E il mio pensiero è questo: non possiamo fare altro che sperare nei giovani, far loro amare ed apprezzare gli scrittori, soprattutto i Grandi Classici, che non tramontano mai, e condensano storia, filosofia, modi di vita. Ma noi, adulti, cosa facciamo per non dimenticare, e non subire passivamente gli schermi al plasma ridondanti di sciocchezze?
Molte domande: Fahrenheit 451, resta, per me il più attuale, il più infido, il più sinistramente pericoloso di tutti i libri con una Fantascienza distopica. Perché non mette paura, insinua. Un dubbio latente, a cui rispondiamo quasi convinti: “No, non siamo così!!”. Invece, camminiamo sul filo del rasoio.
I Film
“Fahrenheit 451” è stato portato sullo schermo due volte, sempre col medesimo titolo, e con riuscite completamente diverse.
Fahrenheit 451 (1966)
Come già accennato Fraçoise Truffaut rimane molto aderente al romanzo e allla filosofia dell'autore. L'ambientazione è molto anni '60, ma questo non ha importanza. Già nel libro sono assenti descrizioni delle città future, dei mezzi di locomozione; non ci sono astronavi che affollano i cieli, robot domestici, strane creature. Niente effetti speciali quindi, solo un'eccellente regia e ottimi attori: Oscar Werner (ormai dimenticato...) e Julie Christie in un doppio ruolo. Bravissimo anche Cyril Cusack, il Capitano dei Pompieri.
Fahrenheit 451 (2018)
Si tratta di un film per la televisione, disponibile anche in DVD.
Per favore, NON guardatelo.
Abbiamo la solita perversa scopiazzatura di un titolo e di un protagonista, con una storia che fin dall'inizio sbanda su cose mai scritte, mai dette, stravolgendo un libro che punta tutto sui problemi dell'umanità per farne una specie di horror orribile. Registi e produttori che non sanno camminare sulle proprie gambe si affidano alla stampella del nome già noto, profanando la sua memoria.
Esiste poi una citazione filmografica, per una situazione del tutto diversa
Fahrenheit 9/11 (2004)
(la temperatura a cui la libertà brucia)
Inserisco qui il film-documentario del regista Michael Moore, perchè si ispira deliberatamente a Ray Bradbury mentre racconta i retroscena degli attentati dell' 11 Settembre 2001, in particolare la gestione dell'amministrazione Bush e la ritorsione contro l'Iraq, considerata una guerra inutile. Il documentario ebbe un buon successo di critica e di pubblico, tuttavia ci furono critiche furono critiche da parte di altri giornalisti e dello stesso Ray Bradbury. Il film rispecchia le idee politiche e sociali del suo autore, e va per quel che dà, indipendentemente dal titolo. Meritava una citazione.