Letteratour

 

Letteratour
Home | Profilo | Registrati | Nuove discussioni | Utenti | Cerca | FAQ
Username:
Password:
Salva Password
Dimenticato la tua password?

 Forum
 LIBRI E LETTERATURA
 - Gruppo di lettura
 Il nazional socialismo in Germania
 Nuova discussione  Topic Locked
 Versione per stampa
PAG.PREC. | PAG.SUCC.
Autore Previous Topic Discussione Next Topic
Pagina: of 25

Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 09/05/2017 :  00:58:53  Show Profile
Scusa Miriam se ho inavvertitamente fuorviato la discussione su argomenti personali e soggettivi, che nulla hanno a che fare con l'odio razziale e sociale, propri del "nazismo della Germania e della resistenza tedesca". Torniamo allora, alle origini; ecco il tuo primo pro-post:

"Vorrei discutere su un argomento che mi sta a cuore: la dittatura nazista in Germania e la resistenza tedesca. Il romanzo che ho finito di leggere è "Ognuno muore da solo" di Hans Fallada, dal quale è stato tratto il film "Lettere da Berlino"

Bene, questo è l'argomento da te proposto e il libro da te scelto per la discussione; discutiamo di questo.

Dopo le seicentottanta pagine del romanzo, Hans Fallada ha scritto qualcosa sulla resistenza; eccone una prima parte in cui l'autore scrive e descrive della "costruzione" di "Ognuno muore solo" e dei suoi personaggi:

Hans Fallada - Sulla resistenza che nonostante tutto i tedeschi opposero al terrore hitleriano

Ho davanti a me uno smilzo fascicolo di documenti - circa 90 pagine - avviato e in massima parte redatto dalla Gestapo di Berlino e portato a conclusione, sempre a Berlino, dal Tribunale del Popolo. In questo fascicolo si compie il destino di due esseri umani; adesso, giunto fino a me, dovrà fornire la materia prima per un romanzo. Guardiamo un po’ cosa contengono questi documenti, senza preconcetti positivi o negativi, in modo del tutto oggettivo, quasi come farebbe un falegname che esamina la sua catasta di assi per verificarne l’utilizzabilità.

I coniugi Quangel: due individui insignificanti

Nella parte nord della città di Berlino, fra il 1940 e il 1942, visse una coppia di coniugi, tutt’e due sui quarant’anni, non più giovani, non ancora vecchi, senza figli, con pochi parenti, che inoltre frequentavano appena. Lui era installatore in una fabbrica metallurgica, con reddito settimanale di 40 reichsmark, che, a desumere da una annotazione nella sentenza del tribunale giudicante, era da considerarsi un reddito addirittura principesco (il presidente di quel Tribunale del Popolo avrà percepito una somma di gran lunga superiore).

Se si guardano le foto di quest’uomo - chiamiamolo Otto Quangel - scattate durante la custodia preventiva, di fronte, di profilo e di tre quarti, dapprincipio si ha l’impressione di un piccolo impiegato di second’ordine, una faccia qualsiasi, che si nota appena, che si dimentica presto.

Osservandole meglio, però, dà subito nell’occhio la bocca molto larga, ma quasi priva di labbra, come un taglio di rasoio. E pi la fronte, alta ma assai sfuggente. In questa bocca c’è qualcosa di spietato, di fanatico; mentre la fronte sfuggente non fa desumere doti intellettuali particolarmente elevate.

Questo Otto Quanquel ha lavorato per circa vent’anni nella stessa azienda, nello stesso reparto insieme a un’ottantina di operai; lì, in questi due decenni, non s’è fatto neppure un amico, durante il lavoro non ha scambiato una sola frase di tipo personale, che andasse oltre i limiti delle più elementari incombenze quotidiane; così come quasi inesistente - l’ho già segnalato era la sua frequentazione dei pochi parenti. Un essere solitario, dunque, deciso a salvaguardare il proprio isolamento, condiviso da una sola altra persona, la moglie.

E adesso questa donna, Anna Quangel, che era la sua seconda moglie, la prima gli era morta. Quando s’erano sposati erano tutt’e due a metà della trentina. Anna Quangel veniva dalla campagna, da una delle zone più povere del Brandeburgo. Aveva lavorato a Berlino per parecchi anni come donna di servizio. Com’è che i due si fossero conosciuti, perché si fossero sposati, se per paura d’invecchiare da soli o per affetto, di tutto ciò nei documenti non si dice nulla.

Di lei non c’è neanche un’immagine, ed è abbastanza significativo: l’uomo viene almeno degnato d’una foto, alla moglie però, che doveva finire come lui sotto la mannaia, non si fa neppure quest’onore. Lo stato nazionalsocialista infatti non ha mai dato peso alla donna, le toccava partorire, anche votare, ma per il resto era del tutto irrilevante, persino, come dimostra quest’esempio, nel ruolo di criminale. (*)

(*) In effetti la foto di Elise Hampel era presente nel dossier, ma a Fallada sarà sfuggita.

Indipendentemente da ciò che abbia fatto incontrare questi due esseri, essi hanno comunque condotto un’autentica vita coniugale, se per vita coniugale s’intende una completa concordanza nella maniera di sentire e di pensare, un incondizionato sostegno reciproco.

Durante la custodia preventiva, separati l’uno dall’altro, ma ambedue accomunati dalla minaccia di morte per alto tradimento, ognuno di loro cerca instancabilmente di prendere sulle proprie spalle la principale responsabilità della colpa, scaricandola da quelle dell’altro.

C’è solo un posto, e cioè nella sentenza del Tribunale del Popolo, in cui si afferma qualcosa di diverso, ovvero che ognuno ha tentato d’incolpare l’altro. Ma questa sentenza contiene tali e tante palesi menzogne da farmi preferire come degno di fede ciò che viene costantemente ripetuto nei verbali dei sette mesi di custodia preventiva: non è l’altro, sono io che ho più colpa!
----------
Confrontando le mie riflessioni sul primo capitolo del romanzo con questa relazione dell'autore, è possibile approfondire tematiche di interesse, generale e specifico, per l'analisi della "dittatura nazista in Germania e la resistenza tedesca"
---------
Tornando alla discussione, ci siamo posti alcune domande: cos'è il nazismo? Perchè il nazismo?

Per rispondere a queste domande impertinenti, abbiamo discusso dell'idealismo, del romanticismo, del luteranesimo, del protestantesimo, del cattolicesimo, del pangermanesimo, dell'ebraismo, e chissà di quante altre cose; ma di tutto quel che abbiamo discusso, nulla si riferisce all'argomento della "dittatura nazista in Germania e della resistenza tedesca"...forse; comunque, nonostante i dubbi sollevati, personalmente, sono convinto che tutto quel che abbiamo discusso si riferisce all'argomento proposto, (compresa la misericordia).

Rosella parlando di Mein Kampf ci ha raccontato Adolf Hitler come un uomo comune, debole e molto problematico; ci ha aperto prospettive umane su di un personaggio che la storia ha relegato nella teca dei "mostri". Mi ha fatto scoprire che, potenzialmente, siamo tutti "mostri".

Io ho letto "lettere dei condannati a morte" e ho cercato di trasmettere i sentimenti che animavano i condannati prima di essere decapitati, o impiccati o comunque uccisi dai nazisti. E tra questi sentimenti non compare mai l'odio razziale o sociale ma l'amore per i propri cari e per la patria; la fierezza di offrire il loro sacrificio per la costruzione di un mondo migliore e libero.

Eloise ha tradotto e relazionato i documenti di Badia che confermano storicamente l'esistenza di una resistenza non violenta, militarmente e politicamente inefficace.

Il tema di una resistenza non violenta è stato anche argomentato facendo ricorso a documenti delle istituzioni religiose protestanti, cattoliche ed ebraiche. La misericordia, che tanto impressiona, non è un atteggiamento che dobbiamo assumere personalmente; non riguarda la nostra sfera personale; ma, in senso generale, è una di quelle argomentazioni (tratte da documenti di istituzioni religiose), atte a sostenere lo sforzo di chiunque voglia arrivare a quella "responsabilità morale e civile" menzionata da Eloise.

Questa era la finalità del mio intervento sulla misericordia, non altre.

Per quanto riguarda il marxismo, la cui filosofia sembra ispirare gli interventi di Miriam, si potrebbe aprire un altro fronte di discussione per approfondire alcuni aspetti della "dittatura nazista in Germania e della resistenza tedesca". Io inizierei con una provocazione: il padre e la madre di Karl, Hirschel Marx e Henriette Presburg, erano ebrei.

"Karl Heinrich Marx nacque il 5 maggio 1818 a Treviri, città della Renania antica sede dell'arcivescovo elettore del Sacro Impero. Suo padre Hirschel, e sua madre Henriette Presburg, discendevano da antiche famiglie di rabbini; tuttavia nel 1824 Hirschel Marx, di professione avvocato e di tendenze profondamente illuministiche, si convertì dalla religione ebraica, cui già da tempo aveva abiurato in favore di un deismo razionalista, al protestantesimo. Fu obbligato a ciò per conservare il suo posto; ma certamnente ve lo spinse anche il desiderio di allontanarsi dalla angusta cultura giudaica e di assicurare così alla famiglia un più tranquillo avvenire." (Il capitale - Introduzione - a cura di Eugenio Sbardella)

In ultimo vorrei precisare che non stiamo elaborando una tesi di laurea ma stiamo partecipando a una discussione libera; una discussione in cui ciascuno dà il suo contributo e legge i contributi degli altri senza preconcetti, nè costrizioni, nè tentativi di convertire gli altri alle proprie convinzioni e/o credi personali di qualsiasi tipo.
RF
Go to Top of Page

Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 09/05/2017 :  10:12:44  Show Profile
Strategie della follia: Nietzsche, Wagner, Dostoevskij (Renè Girard)

Qualunque tentativo di rendere comprensibile [qualsiasi] follia deve partire dalle relazioni umane, le stesse che si collocano al cuore della teoria psicanalitica di Freud. Nietzsche è perfettamente leggibile alla luce della concezione mimetica espressa da Girard in "Menzogna romantica e verità romanzesca".

L'ossessione di Nietzsche per Wagner è qualcosa di più che un giovanile errore di giudizio facilmente correggibile con la maturità. Anche quando il crollo psichico di Nietzsche si avvicina, Wagner pur essendo già morto, rimane una figura più ossessiva che mai.

Mentre sta diventando l'eroe culturale della "nazione" tedesca, Wagner proibisce al suo discepolo Nietzsche di raggiungere lo scopo che è lui stesso a presentargli. [Un po' come fanno alcuni "padroni" di animali quando attirano l'attenzione su un'appetibile bocconcino per toglierlo lestamente dalla loro portata quando lo stanno per raggiungere; nell'uomo questo genera facilmente un potente "risentimento"]. Si tratta del medesimo "doppio vincolo" imitativo, della medesima ingiunzione contraddittoria: (imitami - guai a te se mi imiti) che ritroviamo nel rapporto tra Schiller e Holderlin o fra Rimbaud e Verlaine.

Al tempo dei trionfi di Bayreuth un inorridito Nietzsche si vede di colpo davanti la propria idolatria verso Wagner moltiplicata per mille. Bayreuth è presentata da Nietzsche come lo sforzo mostruoso attuato da Wagner per inscenare il suo stesso culto. Forse il filosofo non ha tutti i torti, ma il suo "Ecce homo" costituisce una messinscena dello stesso tipo; la sua risposta competitiva al suo idolo ormai rivale rappresentato da Wagner.

Ecce homo è lo sforzo (sovrumano) di allestire il proprio stesso culto, è la risposta di Nietzsche a Bayreuth: un atto di ritorsione che è lo specchio dell'azione che controbatte (rappresaglia). L'unica differenza è che Wagner aveva adoratori reali mentre Nietzsche non aveva in pratica altri adoratori all'infuori di sé. Il filosofo doveva sostenere la duplice parte di adoratore e adorato, una di quelle imprese che non si possono portare avanti con successo per troppo tempo. Il silenzio che lo circonda costringe Nietzsche a pose sempre più istrioniche, a un tipo di comportamento che va riconosciuto come una classica "schizofrenia". La differenza tra l'uomo psicologicamente sano e quello malato può dipendere, a questo stadio, dal maggiore o minore successo delle sue relazioni con gli altri, con la gente, con la folla.

Quella tra Wagner e Nietzsche è una concreta relazione fra doppi, una reciprocità mimetica che continua a stringersi proprio a causa degli sforzi che Nietzsche compie per scioglierla. Qualunque tentativo di separare "Ecce homo" dal culto di Wagner equivale a falsificare "un momento essenziale nella crescente schizofrenia della cultura tedesca ed europea".

A differenza delle dittature moderne, che possono riscrivere a loro piacimento la storia, gli scrittori non hanno il potere di cancellare ciò che hanno scritto. Se leggiamo i testi nietzschiani in ordine cronologico, possiamo notare il momento in cui la risposta, "ambivalente" ma ancora "razionale", al modello che insieme è anche un ostacolo lascia il posto alla crisi di identità e alla megalomania allucinante degli ultimi stadi. Il soggetto malato ritorna non alla sua prima infanzia, bensì alle sue prime relazioni col mediatore, allorché il modello, non ancora ostacolo, era venerato senza problemi.

Attraverso quella che adesso gli appare come una diabolica trappola, la vittima realizza che lei per prima ha acconsentito e collaborato all'iniquo trionfo col mediatore. N. si vede privato del suo stesso essere e cerca sempre più disperatamente di riempire questo vuoto non solo con il fantasma di W, ma con qualsiasi modello mitologico o storico che per qualche motivo colpisca la sua fantasia."

Hitler e la follia del nazismo
L’iperbole di Hittler segue la stessa dinamica della folle strategia nietzschiana di "ecce homo”; laddove il superuomo cerca sempre più disperatamente di riempire il vuoto esistenziale portando agli estremi la sua "volontà di potenza”, allargando sempre più il fronte della sua "mein kampf". Il motto fascista "tanti nemici tanto onore" del cugino italiano rende bene l'idea di questo allargamento del "fronte" di guerra del dittatore, preludio dell'ineluttabile sconfitta; perché "nessun uomo è un isola", nessun uomo può essere Dio. Il culto del tiranno, di fronte alla realtà quotidiana, si sgretola, si rivela sempre un bluff di onnipotenza, una promessa di grandezza ideale, follemente desiderata ma tragicamente fallace.

La vendetta e l'eroismo
La debolezza del dittatore e dell’impero: più allarghi i confini più ne perdi il controllo. L'onnipotenza è solo di Dio; così come la vendetta desiderata di Anna Karenina: "Mihi vindicta: ego retribuan. - Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore. (Rm 13, 19)."

Con queste premesse, quella che noi chiamiamo "Resistenza", è sì dimostrazione di fortezza, ma quale ne è il fine? L’opposizione al nazismo svanisce nell’isterica ribellione o va oltre? Fino alla morte, al di là della morte? È questo questo che possiamo chiamare eroismo? O dobbiamo accontentarci dell'inutile vendetta magari aumentandone la violenza a scopo persuasivo?

RF
Go to Top of Page

eloise
Senior Member

603 Posts

Posted - 09/05/2017 :  19:00:24  Show Profile  Visit eloise's Homepage
quote:
Io non posso continuare a saltare da un argomento ad un altro così, come una pulce, io mi ero preparata dei libri da leggere per approfondire l'argomento che ci siamo dati, ma vedo che continua a essere molto difficile, sembra di stare in una situazione Joneschiana. Se rispondi all'argomento postato, non va, se non rispondi, non va ugualmente, francamente mi sembra tutto molto strano, arrivo a non capire dove si vuole andare a parare.



Forse è vero, effettivamente, che non procediamo con molto ordine e secondo rigida "scaletta", anche se alla fin fine abbiamo seguito quella che ci eravamo dati all'inizio (i testi che ognuno di noi avrebbe letto). Vorrei però difendere anche tutto quello che è venuto fuori dopo e in maniera non preventivata, perché è tutto frutto di riflessioni nate dalla scaletta (e dal tema) iniziale. Domandarsi qual è il significato della "resistenza" è anche, come giustamente evidenziato dalla Arendt, domandarsi cosa significa essere "umani", cioè saper distinguere il bene dal male, quindi essere responsabili delle proprie azioni, e sono proprio queste considerazioni a essere venute fuori dai nostri commenti sull'infanzia di Hitler. Secondo me quando ci addentra in queste questioni è difficile non allargare le maglie a considerazioni più ampie, anche a patto di avere un andamento meno "a scaletta" e più ondeggiante. Tutte riflessioni che ognuno poi può metabolizzare come preferisce, e sicuramente nessuno espone i propri credo filosofici per il gusto di farlo a basta, tanto meno per convincere gli altri.
Inoltre, rimane comunque sempre al centro di queste riflessioni aperte un nucleo duro di letture: Rosella se non sbaglio non ha terminato di parlarci del Mein Kampf, Ombra forse troverà tra breve un momento per parlarci della Rosa Bianca (io lo spero sempre), personalmente devo sempre leggere gli altri volumi dei Medici nei lager (anche se questo testo esula dal tema iniziale, ma mi pare che a qualcuno interessasse lo stesso, o forse mi sbaglio e interessava solo me? ).
Comunque sia, se il problema è che qualcuno ha l'impressione che stiamo parlando a vuoto o girando in tondo, possiamo pure chiudere questa discussione. Oppure dire esplicitamente che andiamo avanti ma su basi più larghe, nate comunque tutte dal tema iniziale.
Ditemi voi.
Un'ultima cosa @ Miriam: perché dici se rispondo a un topic non va, se non rispondo non va ugualmente? A me sembra che ognuno sia libero di raccogliere, degli interventi altrui, ciò che lo ispira di più per andare avanti, e che ognuno sia anche libero di lasciar perdere quello che invece non lo ispira per nulla. Almeno, questo è quello che faccio io, ma di solito trovo spunti interessanti di apprendimento e/o riflessione in ogni cosa che dite tutti.

Eloise
www.letteratour.it
Go to Top of Page

Miriam
Junior Member

Italy
10 Posts

Posted - 09/05/2017 :  22:22:26  Show Profile
@A Rosario. 1) filosofia marxiana ho scritto non marxista, c'è una certa differenza.
2) conosco molto bene le origini di Carlo Marx, la sua storia personale, chi erano i suoi genitori, padre e madre, ho letto una bellissima biografia sulla sua vita, scritta da una bravissima di cui non ricordo più il nome, il saggio molto bello, parla proprio del Carlo Marx marito e padre.
3) so bene che la sua famiglia abitava a Triviri, dove Carletto è nato ed è vissuto in parte, ho visitato personalmente la sua casa.
4) Ricordo molto bene il romanzo fi Fallada, Ognuno muore sole, di cui hai dato erudito resoconto su questo forum e che sicuramente le altre persone che partecipano alla discussione avranno apprezzato.
Da parte mia ho letto con attenzione anche gli allegati al romanzo nell'Edizione molto ben fatta di Sellerio Palermo.

@Eloise, io leggo sempre quello che scrivono gli altri su questo forum, apprezzo, a volte non condivido e lo voglio poter dire. Mi pare di averlo sempre fatto.
Anch'io ho da leggere almeno altri 2 libri che mi sono aggiunta e che vi ho comunicato e che appena li avrò letti ne farò un resoconto, sperando che interessino anche gli altri partecipanti, e se no "tan pi pour moi" (scusa l'ortografia sicuramente sbagliata.
Il 6 di giugno parto per le vacanze, e torno non prima di metà settembre. Tutto ciò che riesco a fare prima lo posterò sul sito, anche se mi rendo conto che il tempo vola, e ci sono ancora molte scatole da aprire e molte cose da mettere a posto a casa di mio figlio.
A proposito di misericordia, penso di essere una delle persone più misericordiose che esistono, se alla parola misericordia diamo un significato concreto, fattuale, tangibile, intendo non solo sentimenti, vuote parole, la misericordia secondo me si attua praticamente, concretamente, dando tutta sé stessa, i proprio averi, il proprio tempo il proprio denaro agli altri. Secondo me la misericordia è rinunciare al lusso, è condividere con gli alti quello che si ha, è essere caritatevoli di fatto non con le parole. Poi ognuno usi questa parola come vuole.


Miriam
Go to Top of Page

Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 10/05/2017 :  00:45:20  Show Profile
@Miriam,
1)non ho parlato di "filosofia marxista" ma di "marxismo" tout court e di filosofia ispirata al marxismo ovvero "marxiana".
2) 3) 4) quello che ho scritto non è rivolto solo a chi già conosce molto bene, sa molto bene e ricorda molto bene; ma è rivolto a tutti i lettori del forum che possono non conoscere molto bene, non sapere molto bene e non ricordare molto bene.

RF
Go to Top of Page

Miriam
Junior Member

Italy
10 Posts

Posted - 10/05/2017 :  20:44:34  Show Profile
O.K. Rosario, ci siamo!

Riprendo da "La banalità del male" Eichmann a Gerusalemme. di Hannah Arendt.
Nell'epilogo del suo saggio, la Arendt si chiede, fra le tante altre cose, se fu un atto legale il rapimento di Eichmann da parte degli Israeliani e ci dice che sulla base di una convenzione dell'ONU del 9 dicembre 1948 "le persone accusate di genocidio" siano giudicate "da un tribunale competente dello Stato nel cui territorio l'atto è stato commesso, o da una Corte Internazionale che abbia giurisdizione"
In base a questa convenzione, firmata anche da Israele, il Tribunale di Gerusalemme avrebbe dovuto o chiedere la costituzione di una corte internazionale, o ridefinire il principio territoriale.
Il processo Eichmann differì dagli altri (quelli di Norimberga) soltanto per una cosa: l'imputato non era stato regolarmente arrestato e consegnato a Israele, ma al contrario, per tradurlo in giudizio, era stata commessa una palese violazione del diritto internazionale. Israele ricorse al rapimento perché dall'Argentina non avrebbe avuto l'estradizione.
Le leggi di Norimberga (quelle Hitleriane) del 1935 emanate dal III Reich contro la minoranza ebraica, furono un vero e proprio crimine "nazionale" perché violavano i diritti e le libertà nazionali, costituzionali ma non interessavano il consenso delle nazioni. Ma "l'emigrazione forzata" ossia l'espulsione, che divenne politica ufficiale della Germania dopo il 1938, interessava tutte le nazioni per la semplice ragione che gli espulsi si presentavano alle frontiere di altri paesi. In altre parole , quando uno Stato espelle i propri cittadini commette già un crimine contro l'umanità. Goldmann invitò Ben Gurion a istituire una corte Internazionale a Gerusalemme, con giudici di tutti i paesi che avevano sofferto sotto l'occupazione nazista. Ma Israele reagì alle proposte con estrema violenza.
E' anche vero che coloro che rivolgevano questa domanda non capivano che per Israele una cosa sola era senza precedenti in questo processo: per la prima volta dal 70 d.C., cioè quando i romani avevano distrutto Gerusalemme, gli ebrei potevano sedere in giudizio per giudicare crimini commessi contro il loro popolo; per la prima volta non avevano bisogno di appellarsi ad altri per ottenere protezione e giustizia, né ricorrere alla svalutata fraseologia dei diritti dell'uomo. (grande Hannah!!!)
E' nella natura delle cose che ogni azione umana che abbia fatto una volta la sua comparsa nella storia del mondo possa ripetersi anche quando ormai appartiene ad un lontano passato. Nessuna pena ha mai avuto il potere d'impedire che si commettano crimini. Al contrario, quale che sia la pena, quando un reato è stato commesso una volta, la sua ripetizione è più probabile di quanto non fosse la sua prima apparizione.
Qui la Arendt paventa una possibile voglia di qualcuno di lanciare una bomba nucleare per ridurre la popolazione mondiale, visto che l'automazione del lavoro renderà superflui grandi settori della popolazione mondiale.
"E' una prospettiva che dovrebbe farci tremare" (Arendt).


Miriam
Go to Top of Page

Miriam
Junior Member

Italy
10 Posts

Posted - 10/05/2017 :  22:08:07  Show Profile
E così conclude il suo saggio la Arendt in un ipotetico discorso dei giudici ad Eichmann:
"Se i Giudici avessero avuto il coraggio di rivolgersi all'imputato più o meno come segue, allora tutti avrebbero visto che il processo di Gerusalemme era giusto:
- Tu hai ammesso che il crimine commesso contro il popolo ebraico nell'ultima guerra è stato il più grande crimine della storia, ed hai ammesso di avervi partecipato. Ma tu hai detto di non aver mai agito per bassi motivi, di non aver mai avuto tendenze omicide, di non aver mai odiato gli ebrei, e tuttavia hai sostenuto che non potevi agire altrimenti e che non ti senti colpevole. a nostro avviso è difficile, anche se non del tutto impossibile, credere alle tue parole; in questo campo di motivi e di coscienza di sono contro di te alcuni elementi, anche se non molti, che possono essere provati al di là di ogni ragionevole dubbio. Tu hai detto che la parte da te avuta nella soluzione finale fu casuale e che, più o meno, chiunque altro avrebbe potuto prendere il tuo posto: sicché quasi tutti i tedeschi sarebbero ugualmente colpevoli, potenzialmente. Ma il senso del tuo discorso era che dove tutti o quasi tutti sono colpevoli, nessuno lo è. Questa in verità è una idea molto comune, ma noi non siamo disposti ad accettarla. E se tu non comprendi le nostre obiezioni, vorremmo ricordarti la storia di Sodoma e Gomorra, di cui parla la Bibbia: due città vicine che furono distrutte da una pioggia di fuoco perché tutti gli abitanti erano ugualmente colpevoli. Tutto questo sia detto per inciso, non ha nulla a che vedere con la nuova idea della 'colpa collettiva', secondo la quale gli individui sono o si sentono colpevoli di cose fatte in loro nome ma non da loro, cose a cui non hanno partecipato e da cui non hanno tratto alcun profitto. In altre parole, colpa e innocenza dinanzi alla legge sono due entità oggettive, e quand'anche ottanta milioni di tedeschi avessero fatto come te, non per questo tu potresti essere scusato.
- Fortunatamente non è così. Tu stesso hai affermato che solo in potenza i cittadini di uno Stato che aveva eretto i crimini più inauditi a sua principale finalità politica erano tutti ugualmente colpevoli; non in realtà. E quali che siano stati gli accidenti esterni o interiori che ti spinsero a divenire un criminale, c'è un abisso tra ciò che tu hai fatto realmente e ciò che gli altri potevano fare, tra l'attuale e il potenziale. Noi qui ci occupiamo di ciò che tu hai fatto e non dell'eventuale non criminalità della tua vita interiore e dei tuoi motivi o della potenziale criminalità di coloro che ti circondavano. Tu ci hai narrato la tua storia presentandocela come la storia di un uomo sfortunato, e noi, conoscendo le circostanze, siamo disposti fino a un certo punto ad ammettere che in circostanze più favorevoli ben difficilmente tu saresti comparso dinanzi a noi o dinanzi a qualsiasi altro tribunale. Ma anche supponendo che soltanto la sfortuna ti abbia trasformato in un volontario strumento dello sterminio, resta sempre il fatto che tu hai eseguito e perciò attivamente appoggiato una politica di sterminio. La politica non è un asilo: in politica obbedire e appoggiare sono la stessa cosa. E come tu hai appoggiato e messo in pratica una politica il cui senso era di non coabitare su questo pianeta con il popolo ebraico e con varie altre razze (quasi che tu e i tuoi superiori aveste il diritto di stabilire chi deve e chi non deve abitare la terra), noi riteniamo che nessuno, nessun essere umano desideri coabitare con te. Per questo, e solo per questo, tu devi essere impiccato. -
Così termina il saggio della Arendt, un grande saggio scritto da una grande filosofa tedesca, allieva di Heidegger e Jaspers costretta ad emigrare dalla Germania in Francia nel 1933, e poi dalla Francia negli Stati Uniti nel 1941.
Ed è con queste ultime pagine della Arendt che io rispondo a tutti coloro che hanno scritto su questo forum su questo argomento. Frasi come "poveri tedeschi, lasciamoli stare". Frasi come: "ma cos'è tutto questo odio, questa vendetta" Frasi come: "povero Hitler aveva fame ed era gracile".
Il resto del saggio, cioè i brani, le parti di discorso, scritto dalla Arendt che io ho postato precedentemente vanno a congiungersi a queste ultime pagine che fanno parte del suo Epilogo.
Io condivido in tutto e per tutto ciò che la Arendt ha scritto in "La banalità del male" e per evitare di riassumere aggiungendo di mio, ho copiato esattamente quello che ha scritto: ovvio, non ho potuto postare lo scritto intero, ma ciò che ho copiato è quasi tutto originale.
Ritengo la Arendt, una gran donna, che possiede etica e morale da vendere, oltre che una vera istruzione filosofica e che ha insegnato nelle più prestigiose università degli Stati Uniti, una donna che ha avuto il coraggio di dire agli israeliani cosa non le era piaciuto del loro processo e cosa non le era piaciuto circa il rapimento avvenuto in Argentina, da parte degli israeliani stessi.
Con ciò ritengo di aver apportato il mio contributo e il mio pensiero etico e morale che comunque resta personale, e non pretendo di "convertire" nessuno alle miei idee.

Miriam
Go to Top of Page

Rosella
Senior Member

Italy
316 Posts

Posted - 11/05/2017 :  10:05:19  Show Profile
**E** Personalmente, sono più propensa a credere che l'uomo sia da solo a dover affrontare tutte queste questioni, e ciò dal mio punto di vista non fa che accrescere la necessità che egli debba capire e responsabilizzarsi di fronte al proprio destino. Dal mio punto di vista non c'è un grande disegno esterno di cui lui farebbe parte, più o meno coscientemente, ma comunque ciò non toglie che per le sue caratteristiche intrinseche, direi addirittura biologiche, ha la capacità di ragionare, riflettere, e indirizzare le proprie azioni in un verso anziché un altro. Per questo, ancora più forte è secondo me la sua misericordia, quando c'è. Ma ancora più forte è anche la sua necessità di capire cosa sia in grado di fare per guidare i propri passi verso un destino di responsabilità morale e civile e non soccombere ai propri impulsi di morte e sopraffazione. ** E**


§§R§§ Rosella parlando di Mein Kampf ci ha raccontato Adolf Hitler come un uomo comune, debole e molto problematico; ci ha aperto prospettive umane su di un personaggio che la storia ha relegato nella teca dei "mostri". Mi ha fatto scoprire che, potenzialmente, siamo tutti "mostri".

"Karl Heinrich Marx nacque il 5 maggio 1818 a Treviri, città della Renania antica sede dell'arcivescovo elettore del Sacro Impero. Suo padre Hirschel, e sua madre Henriette Presburg, discendevano da antiche famiglie di rabbini; tuttavia nel 1824 Hirschel Marx, di professione avvocato e di tendenze profondamente illuministiche, si convertì dalla religione ebraica, cui già da tempo aveva abiurato in favore di un deismo razionalista, al protestantesimo. Fu obbligato a ciò per conservare il suo posto; ma certamnente ve lo spinse anche il desiderio di allontanarsi dalla angusta cultura giudaica e di assicurare così alla famiglia un più tranquillo avvenire." (Il capitale - Introduzione - a cura di Eugenio Sbardella) §§R§§


Ciao Rosario, ciao Eloise.
Avete letto nel mio pensiero.
Ho lavorato sul Mein Kampf, e su altre fonti, per cercare di ricostruire la figura di Adolf Hitler nell’infanzia e nella giovinezza “Il resto è storia”; tutti sanno quel che ha fatto o che si presume abbia fatto.

Hitler era un uomo, non peggiore, né migliore di altri. Il mio vicino è peggiore di lui, (e non è una battuta)
Aveva un ideale, e chi siamo noi per metterlo in discussione come sua fonte d’ispirazione? (non come ideologia, brrr, ci mancherebbe!!!!!) Lui voleva estirpare ad ogni costo il Marxismo dal mondo (e non cavillate sui termini, o vi dirò che voleva estirpare i “Marxiani”). Voleva “esportare” tutti gli Ebrei in Russia, ma così avrebbe aumentato il numero di Marxiani; perciò Himmler gli propose la Soluzione Finale. Quella del Madagascar è una @@##@@, risale a 100 anni prima.
A Marx si attribuisce la celebre frase “La religione è l’oppio dei popoli” . Vi parrà folle, ma, durante la Grande Guerra, quando pochi passi lo salvano da un colpo di cannone Hitler scrive “compresi che la mano di Dio era su di me” . Hitler credeva in Dio? Ricordava sua madre?

A proposito della madre Eloise chiedeva quanto avesse contato la sua presenza nell’infanzia di Adolf. Sicuramente lui l’amava moltissimo, e lei forse era fiera di vedere che almeno uno dei suoi figli si dimostrava forte e volitivo; ma troppo debole per renderlo più malleabile e comprensivo. Giovane e bellissima, morì forse troppo presto?


Se volete, continuerò con ciò che si ritrova sul Mein Kampf, altrimenti mi fermo qui.
Adolf Hitler, per me , da oggi non sarà più lo stesso.
La Guerra non sarà più la stessa


Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
Go to Top of Page

Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 11/05/2017 :  12:36:20  Show Profile
"E come tu hai appoggiato e messo in pratica una politica il cui senso era di non coabitare su questo pianeta con il popolo ebraico e con varie altre razze (quasi che tu e i tuoi superiori aveste il diritto di stabilire chi deve e chi non deve abitare la terra), noi riteniamo che nessuno, nessun essere umano desideri coabitare con te. Per questo, e solo per questo, tu devi essere impiccato." (Arendt)

"Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere».

Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden. (Bibbia)

Personalmente sono d'accordo con quanto afferma la Arendt tranne l'ultima frase "Per questo, solo per questo tu devi essere impiccato."Propendo invece con quanto quanto è scritto nella bibbia: "Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato."


Qui sotto condivido alcuni contributi presi qua e là, solo per aiutare chi desidera e/o vuole riflettere personalmente su questi importanti temi (giustizia, vendetta e perdono) "smossi" da Miriam-Arendt e la banalità del male.

vendetta e perdono

La chiave di lettura al romanzo Anna Karenina di Tolstoj, è presa dalla lettera ai Romani dell'apostolo Paolo che fa riferimento ad altri episodi biblici del Deutoronomio e della Genesi nei quali si evidenzia Dio come unico attore della "giusta vendetta".

Secondo Tolstoj, quindi, non è l'uomo a poter ripagare il male con "giusta vendetta" ma Dio: l'unico "essere non essere" che può vendicare e ricambiare il male con giustizia; superando divinamente la legge umana, che si ferma a contraccambiare male con male; (l'antica legge del contraccambio e/o del taglione: occhio per occhio dente per dente).

Se diamo spazio alla vendetta, così come fece Medea con Giasone, la donna può arrivare ad uccidere i propri figli per vendicarsi di un torto subito che ha offeso il suo essere donna, femmina e persona.

In alcuni posti è ancora la vendetta l'unica forma di giustizia che regola una comunità; e allora faide e ritorsioni non cessano fino alla completa distruzione reciproca che comporta l'annientamento, non solo dell'individuo avverso ma anche delle famiglie, dei gruppi e dell'intera comunità; quello che succede nell'est europeo, in medio-oriente e nel mondo intero, ne dà ampia testimonianza.

La vendetta è la linfa vitale della nostra storia. Invidia, risentimento, rabbia sono sentimenti comuni a tutti; se ci abbandoniamo a questi sentimenti e ci lasciamo guidare dal puro istinto vendicativo per ottenere giustizia, siamo destinati a nostra volta ad essere "giustiziati" dalla vendetta di qualcun altro.

Fortezza vs "Resistenza" (La fortezza J. Pieper)

La fortezza è una virtù "cardinale" ovvero una virtù "cardine" della persona e della società; solo chi è forte può capire il perdono, chiedere perdono e perdonare a sua volta.


La disposizione a morire:

La fortezza presuppone la vulnerabilità; senza vulnerabilità non vi è assolutamente la possibilità di fortezza.Esser forte significa: saper accettare una ferita.

L'uomo può essere forte proprio perché è essenzialmente vulnerabile.

Per ferita si intende ogni attentato, ogni offesa dell'essere che riposa in se stesso, tutto ciò che accade contro la nostra volontà a noi e in noi, tutto ciò dunque che è in qualche modo negativo, doloroso, dannoso, angosciante e opprimente.

L'estrema e più profonda ferita è la morte.

Così ogni fortezza si riferisce alla morte.

Fortezza è in fondo disposizione a morire, per meglio dire: disposizione a cadere, cioè: a morire nella lotta.

Ogni ferita avviene in funzione della morte. Così ogni agire con fortezza trova alimento nella disposizione alla morte anche se, nella sua più profonda radice, apparentemente, l'azione può sembrare molto lontana da qualunque pensiero di morte.

Una fortezza che non giunge fino alla profondità della disposizione a cadere, è guasta alla radice e non è efficace.



Uomini e topi (memorie del sottosuolo - Dostoevskij)

Gli uomini che sanno vendicarsi e, in generale, difendersi, come fanno, per esempio? Non appena li invade, mettiamo, il sentimento della vendetta, in tutto il loro essere intanto non rimane più nulla, all’infuori di questo sentimento. Una persona così si butta addirittura diritto alla meta, come un toro infuriato, con le corna abbassate, e forse solo un muro lo può fermare.

(A proposito: davanti a un muro questa gente, cioè gli uomini immediati e d’azione, sinceramente cedono le armi. Per loro il muro non è una scusa, come ad esempio per noi uomini che pensiamo e per conseguenza non facciamo niente; non è un pretesto per fare fronte indietro, un pretesto a cui di solito non crediamo neppure noi, ma del quale siamo sempre molto lieti. No, loro cedono le armi con tutta sincerità. Il muro ha per loro un che di calmante, di moralmente risolutivo e di definitivo, magari perfino un che di mistico… Ma del muro parleremo più innanzi).

Ebbene un uomo immediato cosiffatto lo stimo appunto un uomo vero, normale, come voleva vederlo la stessa tenera madre natura, mettendolo al mondo. Un uomo cosiffatto lo invidio fino a scoppiare di bile. È sciocco, su questo non vi contraddico, ma forse l’uomo normale dev’essere appunto stupido, che ne sapete voi? Forse, anzi, è una bellissima cosa.

E io sono tanto più convinto di questo, per così dire, sospetto, in quanto, se si prende, per esempio, l’antitesi dell’uomo normale, cioè l’uomo intensamente cosciente, uscito, s’intende, non dal seno della natura, ma da una storta (questo è già quasi misticismo, signori, ma io sospetto anche questo), quest’uomo della storta a volte cede a tal punto le armi davanti alla propria antitesi che coscienziosamente, con tutta la sua intensa coscienza, si considera un topo, e non un uomo. Sia pure un topo intensamente cosciente, ma pur sempre un topo, mentre qui c’è un uomo, e di conseguenza… ecc. E, soprattutto, è lui, è lui che si considera un topo; nessuno glielo chiede; e questo è un punto importante.

@Rosella, per me va bene continuare, anche per dare la possibilità di inserire i contributi ancora in sospeso e ulteriori approfondimenti; ma se si decide di smettere sono pronto a "obbedire" come ha fatto Eichmann con Hitler; (....spero che non si arrivi a condannarmi per questa eventuale e remissiva "obbedienza").



RF
Go to Top of Page

Miriam
Junior Member

Italy
10 Posts

Posted - 11/05/2017 :  15:27:11  Show Profile
"LA MENTE DI HITLER" testo di Walter C. Langer. edizioni Ginko. Traduzione a cura di Naomi Heike.
Copia direttamente dalla prefazione del libro:
Hitler era molto diverso da come si mostrava. Coabitavano in lui due persone opposte. [come minimo si parla di schizofrenia]
L'una dolce, sentimentale e indecisa, con scarsa attitudine al comando, l'altra dura, crudele e impositiva, pronta ad andare avanti indipendentemente dai costi. Era il primo Hitler che piangeva copiosamente per la morte del suo canarino, e il secondo che urlava ai raduni "le teste rotoleranno". Il primo che non se la sentiva di scaricare un assistente e il secondo che poteva ordinare l'assassinio di centinaia di tra i suoi migliori amici e dire con grande convinzione: "non ci sarà pace nel paese fino a quando un corpo non penderà da ogni palo della luce." Mentre il primo Hitler passava le sue serate a guardare film a ad andarsene ai cabaret, era il secondo che poteva lavorare per giorni e giorni con poco sonno o senza dormire per fare progetti che avrebbero influenzato il destino delle nazioni. era il primo Hitler che indulgeva in rapporti incestuosi con sua nipote e nella coprofagia, che amava lasciarsi prendere a calci dalle sue amanti ballerine e che aveva subito una vessatoria autorità paterna sviluppando un complesso edipico; che era stato vagabondo e misero a Vienna, privo di ogni scopo, rifiutato dall'Accademia d'Arte e simpatizzante di omosessuali ed ebrei. Ed era stato sempre il primo Hitler che da soldato si era sottomesso ai suoi ufficiali a tal punto da offrirsi di lavare i loro panni. Questo Hitler aveva bisogno di una trasformazione per apparire il Fùhrer. Come "Fuhrer" poteva affrontare i problemi più importanti e ridurli subito ai minimi termini, tracciare campagne, essere il giudice supremo, trattare con i diplomatici, ignorare tutti i principi etici e morali o ordinare esecuzioni o la distruzione delle città senza la minima esitazione. Ed essere anche di ottimo umore mentre lo faceva. Ma il "Fuhrer" era un artificio, una concezione grossolanamente esagerata e distorta della mascolinità come Hitler la concepiva, una formazione reattiva che era stata creata inconsciamente s titolo di risarcimento e copertura per occultare nel fondo le tendenze che egli disprezzava. Hitler, in realtà era in insieme di paure.

Esiste una relazione di reciprocità, un interscambio tra il Fuhrer e il popolo, e la follia dell'uno stimola e scorre dentro l'altro, e viceversa. Non è stato solo Hitler, il pazzo, che ha creato la follia tedesca, ma la follia tedesca che ha creato Hitler. Da un punto di vista scientifico, siamo costretti a considerare Hitler, il Fuhrer, non come una persona in sé diabolica e malvagia, per quanto le sue azioni e la sua filosofia possano essere, ma come l'espressione di uno stato d'animo esistente in milioni di persone in Germania.

IL LIBRO
Nel 1943 allo psicanalista Walter C. Langer fu commissionato uno sulla personalità di Hitler dai servizi segreti americani. La relazione era destinata a far luce sul carattere difficile da prevedere del leader tedesco. La ricerca restò topo secret fino al 1968, e quattro anni dopo, quando una casa editrice di New York la pubblicò in un libro, divenne un best sellers. Oggi è considerata un classico della psicologia politica. Langer si servì di tutto il materiale in circolazione su Adolf Hitler e intervistò conoscenti e amici intimi del dittatore, il suo medico di famiglia, suo nipote, ex collaboratori ed ex gerarchi nazisti. Realizzò la prima proliferazione criminale di un politico vivente e fornì un quadro abbastanza completo di Hitler come psicotico e schizofrenico.
Predisse, tra l'altro, il suo suicidio; analizzo le sue abitudini, la vita sessuale, l'infanzia, l'ambiente familiare, ogni aspetto della sua vita presente e passata. Trattò brevemente la possibilità che fosse di origine ebrea, (si veda il padre di Adolf che era figlio di una domestica che pare avesse avuto una relazione con il suo padrone un certo Rotchild [la scritta nella parentesi rotonda è mia] passò in rassegna la formazione scolastica, gli scritti e le letture, la capacità di concentrazione, la sensibilità al rumore, la capacità di silenzio, la conversazione e l'oratoria, la condizione fisica e l'aspetto personale, la pulizia, la resistenza, la voce, la malattia, il sonno, la dieta, il consumo di alcool, il fumo, la protezione personale. Ma anche la sua vita sessuale e ancora le tecniche spettacolaristiche dei suoi raduni, l'uso della propaganda, le relazioni interpersonali, formali e affettive. Ma il rapporto Langer cercò soprattutto di delineare, sulla base di tutte queste informazioni, quale comportamento Hitler avrebbe potuto tenere nell'immediato futuro. Langer teorizzò che Hitler sarebbe diventato sempre più nevrotico man mano che le sorti della guerra gli si sarebbero rivoltate contro. Le sue collere sarebbero state più frequenti e intense. [io credo che più che uno schizzofrenico Hitler fosse affetto da disturbo della personalità Borderline, un disturbo che allora non era ancora stato classificato nel manuale di psichiatria. Miriam]
Hitler avrebbe fatto meno apparizioni pubbliche e sarebbe stato sempre più solitario. Aspettandosi la completa distruzione della Germania avrebbe ordinato una politica di terra bruciata e infine si sarebbe ucciso. (già detto sopra, Miriam) con piglio profetico alla fine della relazione, l'autore concludeva: "In ogni caso, la sua condizione mentale continuerà a peggiorare [tipico del disturbo borderline di personalità, Miriam] Egli combatterà con qualsiasi arma o tecnica che può essere evocata per risolvere l'emergenza. Il corso che seguirà sarà quasi certamente quello che gli sembrerà essere la strada più sicura per l'immortalità e, al tempo stesso, per trascinare il mondo in fiamme." [tipica megalomania del disturbo borderline di personalità. Miriam]

Miriam
Go to Top of Page

Miriam
Junior Member

Italy
10 Posts

Posted - 11/05/2017 :  16:14:46  Show Profile
"La religione è l'oppio dei popoli", ho un dubbio, lo ha scritto Marx nel suo "Manifesto del partito comunista" o lo ha scritto Foierback? (Forse non si scrive così, ma si pronuncia così)filosofo della sinistra Hegheliana?
L'idea di Hitler e di Eichmann di trovare una "patria" per gli ebrei in Madagascar o altro posto in capo al mondo, è mi pare non di 100 anni fa, ma proprio di Hitler e Co. prima dell'idea della soluzione finale.

La madre i Hitler era possessiva nei confronti di suo figlio Adolp, perché era l'unico figlio maschio vivo che le era rimasto. Caricò il povero Adolf con tutte le sue ansie e tutte le sue nevrosi. Forse, ma non sono sicura era anche una bigotta.

Adolf, forse disse, dopo, che Dio gli aveva messo una mano sulla testa per salvarlo, comunque sappiate che questo modo di dire, ve lo posso assicurare al cento per cento è un modo di dire tipicamente ebraico, so anche la frase in aramaico ma non credo sia il caso di scriverla qui.

La disposizione a morire come fortezza. Personalmente non ho nessuna paura della morte, la trovo un fatto naturale, insita nella nascita.
Non mi va per nulla l'idea di morire per mano altrui e se qualcuno cercasse di uccidermi cercherei di difendermi, non mi va l'idea di offrirmi come agnello sacrificale per la soddisfazione maniacale di qualcuno.
Le "ferite" quelle che io chiamo e si chiamano "ferite narcisistiche dell'IO, vanno sempre seguite "dall'elaborazione del lutto" appunto per una perdita, una ferita. L'elaborazione del lutto è molto importante se si vuole mantenere l'integrità dell'IO. La consiglio a tutti.
Bey Bey, alla prossina puntata che cercherò di postare il riassunto del libro di Walter C. Langer.

Per quanto riguarda "La verità negata" della Deborah Lipstadt, che avevo iniziato a leggere prima del trasloco, e avevo avuto l'impressione che fosse un flope (si scrive così, non credo ma non posso sempre andare su Internet a verificare), perché mi sembra che l'autrice abbia cercato un po' di pubblicità, una cosa tipo narcisismo letterario. Il libro ha 350 pagine, non so se varrà la pena di continuare la lettura, inoltre devo restituirlo alla biblioteca entro il 6 giugno.
Solitamente mantengo sempre alle mie promesse, ma francamente penso sia più necessario al punto in cui siamo parlare di Adolf Hitler visto che Rossella sta leggendo il Main Kampf e sta approfondendo l'argomento. Mi sembra giusto che ci sia una voce in più, per la precisione una lettura in più a convalidare o a correggere certe affermazioni. Lo avete detto voi, che "le verità storiche" sono solo delle opinioni di chi scrive, e visto che non voglio fare la psicologa di nessuno, dato che psicologa non sono, mi sono andata a prendere un testo di almeno uno psichiatra.
Marxista, marxiano, marziano?
E l'intervista al nonno di Rossella, quello che è stato nella resistenza durante la guerra, che fine ha fatto?


Miriam
Go to Top of Page

Rosella
Senior Member

Italy
316 Posts

Posted - 11/05/2017 :  16:59:55  Show Profile
Mio nonno riposa da anni osservando mia nonna e, finalmente in pace, si raccontano le proprie avventure.

I libri a me me piace leggerli, studiarli, e poi farne le mie proprie recensioni. Quelle altrui a volte sono utili, a volte no. Poco importa. La mia fantasia di scrittrice vola oltre le parole e le mie storie racconteranno pensieri, sciocchezze, amori, guerre, duelli.
MAI un genocidio.

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
Go to Top of Page

Tiziano
Average Member

Italy
166 Posts

Posted - 11/05/2017 :  18:22:08  Show Profile
Ogni tanto vengo qui a leggervi e devo rintuzzare la voglia di partecipare, poiché avete messo tante carte in tavola e certamente farei confusione intervenendo. Però consentitemi qualche osservazione in margine a ciò che ho letto.
1. "la religione è l'oppio dei popoli" mi pare l'abbia scritto Prouhdon; non che sia importante ma questo giudizio da giovane mi pareva mirabile poi ho cominciato a ritenerlo sbagliato. Ma sarebbe un discorso lungo...
2. M'avete fatto ricordare che sono stato allievo di Giorgio Colli: il termine "superuomo" dev'essere ben inteso, altrimenti è fuorviante: ubermenschsignifica piuttosto "oltreuomo"; questo è ciò che Nietzsche intendeva: un nuovo tipo umano libero dai valori della civiltà occidentale. Perciò, nonostante la mistificazione della sorella che regalò suo fratello al nazismo, Nietzsche ha poco o nulla a che fare col nazismo.
3. infatti, a differenza del fascismo (sfrondato dagli orpelli retorici nazionalisti), il nazismo guarda al passato, non al futuro, vuole rifondare un'umanità perduta, che tuttavia è un'invenzione. Probabilmente è qui che cova la ferocia idealistica del nazismo, che il fascismo non ebbe.
4. Questo è un argomento che mi sta a cuore: il processo di Norimberga non fu una svolta per l'umanità, fu una farsa. Siccome la 2° guerra mondiale divenne una guerra ideologica (dopo l'invasione dell'URSS) e siccome nella guerra ideologica il nemico non deve essere solo sconfitto ma anche distrutto, il processo servì alla distruzione ideologica del nazismo. Bene. Ma ricordiamoci che fu un processo fatto dai vincitori contro i vinti. Anche quei vincitori hanno commesso crimini contro l'umanità, come - ad esempio - i bombardamenti a tappeto e, soprattutto, l'uso della bomba atomica. Ovviamente Truman aveva validi motivi per deciderne l'uso ma il fatto in sé rimane.
Fine. Perdonatemi la nuova intrusione

Tiziano
Go to Top of Page

Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 11/05/2017 :  20:06:03  Show Profile
...il termine "superuomo" dev'essere ben inteso, altrimenti è fuorviante: ubermenschsignifica piuttosto "oltreuomo"; questo è ciò che Nietzsche intendeva: un nuovo tipo umano libero dai valori della civiltà occidentale. Perciò, nonostante la mistificazione della sorella che regalò suo fratello al nazismo, Nietzsche ha poco o nulla a che fare col nazismo.

Grazie Tiziano per la puntualizzazione; ciò mi consente di precisare meglio i termini del mio commento che riguarda "la strategia della follia" di Nietzsche vs Wagner comparata alla follia di Hitler(popolo tedesco) vs mondo.

"Superuomo" o "oltreuomo" ai fini del "desiderio mimetico" girardiano, hanno la stessa valenza; possiamo usare il termine "uomo-dio" per entrambi. Infatti, il secondo capitolo di Menzogna Romantica e Verità Romanzesca di Renè Girard, ha un titolo emblematico: "Gli uomini saranno dei gli uni per gli altri".

Ho usato il termine superuomo perchè non conoscendo il tedesco mi sono affidato alla letteratura sviluppata intorno alle idee di Nietzsche la quale usa, di preferenza, il termine "superuomo" e non "oltreuomo" che, come precisato da Tiziano, è la più corretta traduzione di "ubermensch"; a ciò si aggiunga che la fonetica della parola "superuomo" a me risulta più comoda e d'immediata comprensione.

Nella comparazione fatta tra la follia di Nietzsche e quella del "popolo tedesco" sono state prese in considerazione le "dinamiche" del desiderio mimetico e non le personalità dei soggetti. In altri termini, il popolo tedesco (o Hitler se si preferisce) è il soggetto che desidera l'onnipotenza; che desidera essere "superuomo" (oltreuomo) o dio; libero, cioè, dai quei valori della civiltà umana; non solo occidentale ma "umana", in senso universale.

Ovviamente, non è il nazismo a desiderare l'onnipotenza ma il "popolo tedesco" e/o Hitler ovvero il "soggetto" che desidera. Il nazismo è solo la modalità politica adottata per arrivare alla purezza degli dei, della razza e del "popolo eletto"; unica possibile guida dell'umanità;

per questo "divino" obiettivo, gli ebrei,"popolo eletto" per tradizione religiosa, costituivano un ostacolo insuperabile; e qui azzardo, (ma poi mica tanto), una considerazione: per rimuovere l'ostacolo, tutti gli ebrei dovevano essere eliminati ovvero "estirpati" dal mondo; per consentire così, l'affermazione esclusiva del popolo tedesco di razza ariana, quale guida luminosa dell'umanità.

La differenza tra i soggetti comparati: Nietzsche e Hitler (popolo tedesco), è negli esiti: ovvero che la schizofrenia individuale di Nietzsche, è volta alla distruzione di se stesso, mentre quella nazionalsociale di Hitler (popolo tedesco) è rivolta contro il resto del mondo intero arrivando all'abominio del genocidio di cui la storia ha reso e, purtroppo, continua rendere conto nelle cronache della nostra attualità.


RF
Go to Top of Page

Margherita
Average Member

Italy
96 Posts

Posted - 12/05/2017 :  10:00:47  Show Profile
@ Rosario. Conosco Nietzsche solo perché l'ho studiato al liceo, ma non credo abbia avuto particolari problemi con Wagner, mi pare che abbia avuto un sacco di problemi con Lou Salomè, sua amante per un certo periodo (amica ed allieva di Freud) e mi pare che questo sia uno dei motivi del suo di lui impazzimento. Il superuomo Impazzito per amore?
Peccato che Tiziano non intervenga più spesso nelle nostre discussioni, sicuramente porta una ventata di razionalità che non guasta mai. Però sulla famosa frase dell'oppio credo che si sbagli, non l'ha detta Proudon.
Go to Top of Page
Pagina: of 25 Previous Topic Discussione Next Topic  
PAG.PREC. | PAG.SUCC.
 Nuova discussione  Topic Locked
 Versione per stampa
Jump To:
Letteratour © Letteratour | ooo SPC group Go To Top Of Page
Snitz Forums 2000