Il Calamaio Bianco

Tra le righe dell'Albania

Il nastro rosso di Janja Vidmar

feb 142021

Il vero nome di Kedi era Kebarie. Ma la chiamavano così soltanto i compagni di classe e la maestra Erika. Per parenti e amici era Kedi. In romanes Kedi significa leggere. Scrivere invece era un incubo. Kebarie, invece, non significa niente di particolare. Per Kedi leggere era facile. Scrivere, invece era un incubo. Nel tuo quaderno dei dettati le lettere proprio non si reggevano in piedi. Scappavano a zig zag da tutte le parti. Qualche volta persino nei righi di sotto. A Kedi le lettere sembravano una roba spoglia e monotona. E quindi le abbelliva aggiungendo piccole ali e codine. Le sue lettere si abbracciavano come amiche.

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Kedi ama la lettura, tanto quanto non ama la scrittura. Le sue difficoltà legate allo scritto sono incomprensibili agli occhi della maestra, convinta che debba necessariamente scontrarsi con la bimba, affinché il suo impegno si concretizzi. Il suo papà ogni giorno le racconta una storia differente e questo non fa altro che alimentare il suo amore per la lettura. Il suo adorato dade un giorno scompare e nessuno le spiega le reali motivazioni...

Kedi in lingua rom, significa leggere. Kebarie, detta Kedi è l'indiscussa protagonista de Il nastro rosso di Janja Vidmar, (il primo romanzo della collana Rendez-vous, edito da Besa Muci), in libreria dal 25 Febbraio. Un personaggio Kebarie, che l'autrice slovena disegna con grande maestria. La bimba non è solo la figura centrale del romanzo: è l'emblema della voglia di riscatto, è lo specchio di una civiltà additata dai pregiudizi, di cui sa sapientemente spogliarsi. Kedi pensa, si fa domande, sentendosi a volte prigioniera del pensiero degli adulti. Kedi non si arrende, continua a chiedere, è curiosa dello sguardo altrui e del trascorso della propria famiglia. 

Janja Vidmar consegna al lettore un romanzo adatto ai ragazzi, ma anche uno scritto che può offrire agli adulti diversi spunti di riflessione. Attraverso la figura della protagonista, la Vidmar fa emergere lo spirito dei rom, combattivo e atto a "sconfiggere la paura". Bella la penna dell'autrice, che pur scrivendo con grande semplicità, non cade mai nella banalità. Il libro è impreziosito da termini tipici della lingua, illustrazioni evocative e da un'interessante e divertente introduzione, che spiega al lettore quanto segue:

Caro Lettore,

quella che stai per leggere è una storia al confine di lingue diverse, una storia di parole che forse non hai mai sentito. Ma qui le parole sono molto importanti e anche un po' magiche. Per questo vogliamo aiutarti e ti spieghiamo come si pronunciano, così la tua lettura potrà suonare ancora meglio. Queste piccole indicazioni saranno il tuo passaporto...

L'elenco non ve lo sveliamo. Buona lettura

                                                                                                                                                                                  U Calamaru

Intervista alla scrittrice Nicoletta Bortolotti

feb 132021

Autrice dalla penna delicata, capace di esaltare le emozioni all'ennesima potenza, Nicoletta Bortolotti scrive di donne e di emozioni, ma anche di situazioni forti che appartengono a una società sofferente. L'abbiamo intervistata per voi. Buona lettura!

Parlaci di e qualcosa rimane

e qualcosa rimane è un libro al quale sono molto legata. Narra la storia di due sorelle che non si vedono da molto tempo: Viola e Margherita. Viola chiama Margherita, dopo otto anni, perché deve raccontarle un segreto che riguarda la famiglia. Nel racconto si ripercorre la storia dell'Italia che fa da sfondo a quella delle protagoniste. Un legame forte e conflittuale quello tra le due sorelle, dove i caratteri a volte opposti, si definiscono l'uno sulla misura dell'altro e nonostante siano adulte e lontane, sono l'una dipendente dall'altra. Viola e Margherita non sono mai in contrapposizione. Il romanzo non racconta solo la storia delle sorelle, ma anche quella di tre generazioni di donne e disegna diversi aspetti di vita familiare. In altre parole, e qualcosa rimane vuole essere un racconto sulla famiglia. I legami familiari possono essere spesso difficili e nonostante questo costituire comunque il collante che tiene insieme le persone, continuando a essere per le stesse un notevole punto di riferimento. Questo è il motivo per cui, la frase “un amore da lontano non è un amore da meno”, a mio avviso, sintetizza il cuore del romanzo. Amare da lontano è più facile; fantasticare sull'oggetto del nostro amore, se si è lontani, è decisamente più semplice. Più ci allontaniamo dalla verità biografica, più ci avviciniamo all'essenza. Il romanzo è in parte autobiografico, come qualsiasi libro un autore scriva. Simile alla vita reale c’è la separazione dei genitori, che io e mia sorella abbiamo vissuto e il fatto che appunto io abbia una sorella. La trama, invece, è frutto di pura invenzione. Autobiografica è la memoria della Milano di quel tempo, quindi l'essenza. Io conduco spesso laboratori per ragazzi e dico loro, che quando si scrive, lo si fa sempre in modo autobiografico. Mi rendo conto che in quei romanzi dove è presente la voce narrante, facilmente si può pensare a un io autobiografico. In realtà è l’io narrante.

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Perché decidi di scrivere questo romanzo?

Non sono io che cerco le storie, bensì loro che vengono a cercarmi. L’idea parte sempre da un’immagine che mi viene a trovare. Nel caso di e qualcosa rimane, sono partita dall’immagine del letto a castello delle due sorelle. La figura che mi cattura è quella sulla quale lavoro a cerchi concentrici. La storia che ne nasce deve avere a che fare con parti invisibili di me. Dopo che ho scritto rileggo e ritrovo quelle parti impercettibili del mio essere e così mi rendo conto che è proprio quello che dovevo scrivere. Sicuramente quando scrivo voglio comunicare qualcosa. Penso, per esempio, che si senta in qualche modo l’urgenza di redigere un libro che ci ha colpito o che ci ha accompagnato durante la gioventù. Mentre scrivevo e qualcosa rimane, ho ripensato a diversi libri da prendere come modello. Quelli che più di tutti amo sono gli scritti di Natalia Ginzburg, come la letteratura americana e quella russa. Il mio modello ideale, comunque, rimane sempre la Ginzburg.

Quando hai pubblicato il tuo primo libro?

Io vengo dalla poesia. Ho scoperto ultimamente dei quaderni che contengono diverse poesie, circa 450 scritte da me. Ancora adesso sono una grande lettrice di poesie. Detto questo, il primo libro pubblicato è stato Neo mamme allo stato brado edito da Dalai Editore nel 2004, scritto dopo aver avuto il mio primo figlio. Nel 2007 esce Il filo di Cloe, edito da Sperling & Kupfer Editori. Un romanzo un po' acerbo che racconta della famiglia del Mulino Nero, (in contrapposizione a quella del Mulino Bianco), composta da persone che vivono le problematiche di ogni giorno, narrate da una bambina che sta per nascere. Dopo e qualcosa rimane, la cui prima edizione risale al 2012, ho pubblicato solo libri per ragazzi, che mi hanno aiutato a crescere e rendere la costituzione della trama dei miei scritti più solida e più strutturata. Fino a quando non è arrivato Chiamami sottovoce, edito da HarperCollins nel 2018, in cui ho unito l’esperienza dei libri per ragazzi a quella del romanzo.

Quanto sei maturata come scrittrice dal tuo primo libro a oggi?

Credo di essere maturata molto, nel senso di aver dato spazio alla scrittura. La creatività fa paura, chiede momentaneamente di assentarsi dal mondo, chiede di rinunciare alle proprie sicurezze, di navigare al buio quando nessuno ti può illuminare il cammino. Un viaggio nella totale oscurità che mi spaventava. Per una donna scrivere è giustificarsi, come diceva una nota scrittrice. Una valida giustificazione per la sua assenza dal mondo. Ho imparato a ritagliarmi quella “stanza tutta per me” e coltivare quella piccola fiammella. Ciò che cerco di fare, è piegare la scrittura alla storia che voglio scrivere. Spesso accade di avere dentro quel racconto che vuoi mettere nero su bianco, che non riesci a riprodurre sulla carta. Le mie ultime storie sono riuscite a trascriverle così come le avevo in mente. Mi sono detta “quella storia lì potevo raccontarla solo così”. Diventa veramente di rilevante importanza poter piegare la tecnica della scrittura a quello che hai dentro.

Qualcosa in cantiere?

Molto presto pubblicherò due libri per ragazzi, di cui uno era nel cassetto da tanto tempo. Il cielo degli animali, edito da Gribaudo, è una fiaba allegra e colorata che affronta il tema del distacco, Quelle in cielo non erano stelle, che sarà edito da Mondadori, racconta la storia di una bambina ucraina, che arriva in Italia, ospitata da una famiglia italiana. Scrivere quest’ultimo libro ha costituito una bellissima esperienza, perché ho scoperto un mondo a me sconosciuto. Ai tempi del disastro di Chernobyl, tantissime famiglie italiane da nord a sud hanno accolto questi bambini. Il romanzo racconta la vicenda della ragazzina che viene accolta e del bimbo, figlio della coppia che la ospita. Tra i due, inizialmente il rapporto è quasi conflittuale, perché il ragazzino è geloso della nuova arrivata. Dopo, però, vivranno un’avventura nel bosco che li unirà. La voci narranti sono quelle di una volpe, di una nuvola e del ragazzino.

                                                                                                                                                                     U Calamaru

e qualcosa rimane di Nicoletta Bortolotti

feb 132021

e qualcosa rimane (Besa Muci, 2020) di Nicoletta Bortolotti parla di emozioni e sentimenti, oltre che di umanità e musica. La narrazione viaggia nel tempo, come su un'altalena che dondola tra il 1973 e il presente. Fatti politici e di cronaca, che si sono succeduti negli anni in cui la storia è ambientata, fanno da sfondo al racconto, a emblema del continuo movimento che lo caratterizza.

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Protagoniste indiscusse del romanzo sono due sorelle: Margherita, la maggiore e Viola, la minore. Due sorelle e donne che si ritrovano dopo tanto tempo, in quanto la più giovane, Viola, dopo ben otto anni di assenza dalla vita famigliare, contatta Margherita per chiederle di trascorrere un fine settimana insieme a Sestri Levante.

Un rapporto che la scrittrice descrive in maniera dettagliata e delicata, non sminuendone mai la forza. Un legame il loro, emotivamente importante, anche se il tempo e i luoghi le hanno separate per un lunghissimo periodo.
La Bortolotti gestisce con abile maestria l'incombenza del segreto che Viola custodisce. Una confidenza che la giovane chiede di fare, che il lettore vive con potente curiosità e allo stesso tempo come una piacevole spada di Damocle.
Bella la penna dell'autrice, che disegna la storia come se fosse in un incanto, seppur pregna di forte realismo. Non manca la dovizia di particolari e nulla è lasciato al caso.
Un romanzo questo e qualcosa rimane che racconta di donne e di famiglia e che la Bortolotti scrive senza fare giudicante, consegnando al lettore un libro pregno di vita vissuta e della parte più pura delle emozioni.

Il racconto è scorrevole, la trama compatta e la narrazione vivace nella sua delicatezza. Da non perdere.

                                                                                                                                                                                   U Calamaru

 

Le novità editoriali di Besa Muci Editore. In libreria dal 25 Febbraio

feb 072021

Sono tre le pubblicazioni annunciate dalla casa editrice Besa Muci, la cui uscita è prevista il 25 Febbraio

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Il nastro rosso di Janja Vidmar, il primo romanzo della neonata collana per ragazzi Rendez-vous

LA DISPUTA SUL RAKI e altre storie di vendetta di Fabio M. Rocchi

Favole e leggende dall'est Adriatico di Giacomo Scotti

 

Il nastro rosso di Janja Vidmar

Che fai se tuo padre sparisce misteriosamente? Nessuno sembra avere la più pallida idea di che fine abbia fatto, eppure intuisci che ti stanno nascondendo qualcosa. Qualcosa di terribile.
Solo a scuola va tutto come prima, continui a stare sulle scatole a tutti e la maestra non accetta che tu voglia parlare la tua lingua. Poi un bel giorno scopri che le cose non sono come sembrano al primo sguardo. E che tuo padre non è come credevi che fosse...

Da una delle più importanti scrittrici slovene per ragazzi, la storia di una bambina testarda e coraggiosa, costantemente alla
ricerca della sua identità e della verità che riguarda la sua famiglia.

Il nastro rosso è la storia di Kebarì, Kedi per la sua famiglia, una bambina che ama la lettura, va volentieri a scuola, ma ha difficoltà a scrivere e questo la porta a scontrarsi spesso con la maestra. Il suo nomignolo, Kedi, nella sua lingua, la lingua rom, significa leggere e il suo papà ogni sera le racconta una storia diversa. Un giorno però lui scompare e nessuno le vuole dire che fine abbia fatto. La vita prosegue come al solito, tra le solite incomprensioni con la mamma e la maestra, ma Kedi vuole a tutti i costi ritrovare il suo amato papà. Quando scopre che egli in realtà si trova in prigione, vuole a tutti i costi liberarlo, ma il progetto si rivela meno facile del previsto: nessuno sembra infatti poterla aiutare...

 

LA DISPUTA SUL RAKI e altre storie di vendetta di Fabio M. Rocchi

Nell'Albania dei primi vent'anni del nuovo millennio, i personaggi di questi dieci racconti si contendono la scena divisi fra istinto e calcolo. La rabbia li porta a voltarsi indietro, mentre la ragione e la comprensione del nuovo li spinge avanti. In quanti modi può essere declinato un sentimento tanto antico e potente come quello della vendetta?


«La voce di Fabio Rocchi sa perdersi e ritrovarsi in un territorio indefinito dove i personaggi lottano ancora tra passato e futuro, confermando quella dicotomia tra i cicli del tempo che sorpassa le esperienze umane.

Invisibile s'immerge nel loro quotidiano, a volte delicato altre spietato, e ci racconta il mutamento di un popolo, in un nuovo scenario dove essere è avere e in cui la nuova identità si sgretola tra tradizione e modernità, cercando ancora la sua strada. 

Rocchi non ha paura di ferire, perché in qualche modo legittimato dall’intrinseca appartenenza a un luogo».

                                                                                                                                                                      Anilda Ibrahimi

 

Favole e leggende dall'est Adriatico di Giacomo Scotti

L'ampio orizzonte geografico dei paesi affacciati sull'Adriatico dell'est è uno scrigno leggendario pieno di tesori nascosti fatti di tradizioni, fantasia e magia, come nel repertorio dei migliori cantastorie. In queste terre che anche dopo la dissoluzione della Jugoslavia vedono convivere gli slavi con minoranze ungheresi, romi, albanesi, slovene, italiane e di altre comunità linguistiche ed etniche, Giacomo Scotti raccoglie favole e leggende, le traduce e le riscrive a suo modo, pur conservandone la trama originale. Divisi in cicli tematici, i racconti di questo libro narrano della creazione del mondo, della nascita di laghi e città, di erbe e frutti magici, di incantesimi e trasformazioni, di luoghi di mare, isole e litorali adriatici facendoci incontrare fate, orchi, briganti e giganti, uomini buoni e cattivi, insieme a draghi, principi e principesse, imperatori e matrigne.

Un viaggio nel mondo balcanico all'insegna dell'immaginazione, per bambini e adulti, nipoti e nonni che amano la bellezza antica delle favole del linguaggio semplice e profondo.


"Non ci stupirebbe se in una vita precedente Giacomo Scotti fosse stato un instancabile cantastorie, un bardo dell'immaginario popolare, sempre lì nel suo angolo a sciorinare un rosario di storie e saggezze, di fiabe belle e brutte, dolci e crudeli, attorniato da un nugolo di bimbi e curiosi"


                                                                                                                                  Patrizia Venucci-Merdžo

                                                 !!In libreria dal 25 Febbraio!!

                                                                                                                                                 U calamaru

 

 

 

 

Ottanta infinto di Leonard Guaci

gen 282021

Il romanzo di Leonard Guaci, Ottanta infinto, edito da Besa Muci e in uscita oggi 28 Gennaio, è un delicata e forte incursione in quelli che possono essere definiti gli anni più controversi e duri della storia italiana contemporanea.undefined Gli anni Ottanta, hanno affascinato, intristito, entusiasmato, bloccato e mutato l'animo di chi li ha vissuti e Leonard, ragazzino guardava questa epoca attraverso la televisione italiana, rimanendo colpito dalla figura di Calvi e da tutto quello che si snoda intorno a questo personaggio. Ne nasce un libro che è un vero e proprio excursus in un'epoca fatta di cose non dette, di situazioni strane e di trame cucite da un orlo sottile nel suo spessore. Ed è così che si sbizzarrisce Guaci, con uno stile armonico, nella sua semplicità, che a volte strappa un sorriso e molte volte vorrebbe tirare fuori un impeto di rabbia, trattenuto dal freno inibitore del buon senso. Una valigia, un rapimento, tutto in sintonia con i fatti che accadono in quell'epoca controversa e per certi versi paurosa. Fatti creati ad arte, che portano a incuriosire e a indagare su quanto accade in un periodo buio. Un romanzo questo Ottanta infinto, che nasce da una penna curiosa, dal corretto italiano e dalla scrittura sinuosa, che colpisce e coinvolge. 

                                                                                                                               Marco Carrera

Poesie scelte. Poezi të zgjedhura (1990-2020) Edizione bilingue di Gëzim Hajdari, Besa Muci 2021

gen 272021

Nessuno sa se ancora resisto/in quest'angolo di terra arsa/e scrivo a notte fonda ubriaco/versi gioiosi e tristi/

Sogno la morte ogni volta che torna la primavera/ I gemiti si perdono piano piano piano nella nudità della pioggia/

Come brucia in fretta la mia giovinezza senza richiami!/ Ovunque dintorno mi sorridono rose e coltelli/

Di fumo e alcol odora così presto il mio corpo/ Chissà quale strana sorte un giorno stroncherà la mia voce/

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É una poesia universale quella di Gezim Hajdari. Gezim non è un poeta qualsiasi, non è un poeta improvvisato e soprattutto non è un poeta che vive di melodrammi attaccato mentalmente e spiritualmente alla propria terra. Scrive in italiano Hajdari, ed è un intellettuale a tutti gli effetti, che narra di una poesia che può appartenere a qualsiasi paese, a qualsiasi parte del mondo, a qualsiasi universo. Un poeta che non scrive legandosi alle proprie fondamenta, ma che racconta facendo riferimento alle sorgenti. La condizione dell'essere migrante, non sente l'urgenza di attaccarsi alle radici, ma sente la necessità di interazione, piuttosto che di integrazione. La propria cultura non deve essere messa da parte per interagire con l'altro, non deve essere negata o rinnegata, ma deve essere rispettata. Non sente il poeta, la necessità di di definire integrazione, quello che, invece, deve essere indicato come interazione. Senza quest'ultima, andrebbe cancellata ogni cultura minoritaria. Ed è per questo che le poesie di  Gezim sono pregne del suo essere esule e migrante, colme di un certo nostalgico rammarico nei confronti del suo paese, dal quale non si è sentito accolto e riconosciuto, pur dando all'Albania una grande ricchezza culturale e umana, rivolta in diverse direzioni. 

                                                                                                                                     U calamaru 

 

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