Il Calamaio Bianco

Tra le righe dell'Albania

La strana vita di Pamela Moore

mag 122019

Nel precedente articolo, abbiamo parlato di Cioccolata a colazione e di come il romanzo d’esordio, catapulta una Pamela Moore adolescente nel mondo del successo e della fama. Un successo inaspettato, di un clamore eccentrico, che parte dall’America, decisamente puritana per arrivare in Europa, mentre il continente si lecca ancora le ferite inflitte dalla guerra. Successo e scandalo hanno accompagnato il romanzo, tanto da far finire sotto processo la casa editrice che lo pubblica, nello specifico la Mondadori. Chi è davvero Pamela Moore?

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Da sempre paragonata a Françoise Sagan e il suo libro al celebre Bonjour tristesse, Pamela Moore, a poco più di diciotto anni si trova a fare i conti con la notorietà. La scrittrice riesce a trovare pace e in qualche modo a far perdere le sue tracce, in Europa o quanto meno si illude di esserci riuscita: agli occhi del mondo rimane una giovane donna della buona società newyorkese, che ha avuto la capacità di scioccare tanti, scrivendo di ragazzi infelici, di omosessualità e del terribili vuoto affettivo.

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Durante il lungo viaggio, che dall’America la conduce in Europa, la Moore incontra Edouard de Laurot, un personaggio singolare, di origine polacche, dotato di gran fascino e maestro della seduzione. La donna ne rimane colpita e affascinata, al punto che in cinque giorni il loro diventa un grande amore. Girano e a viaggiano insieme, tanto da visitare città come Parigi, Stoccolma, Utrecht. Sembrano essere la coppia perfetta. Pensano, insieme, di pubblicare una nuova edizione di Cioccolata a colazione per Julliard, l’editore francese: rivedono il testo, aggiungendo qualche dialogo e togliendone altri. Il libro, intanto, continua a riscuotere un grandissimo successo e a far parlare di sé, raccogliendo consensi eccellenti e critiche altrettanto pesanti. Un clamore enorme, un vortice che trascina: come gestire tutto questo?undefined

Pamela Mooore torna in America, il suo grande amore non c’è più e la scrittrice si ritrova così a vivere una realtà inaspettata e diversa. Si sposa con un giovane avvocato e dalla loro unione nasce un figlio. La nuova vita la allontana sempre di più dalla scrittura, dai suoi sogni. Qualcosa non va bene, forse Pamela non si sente nella sua giusta collocazione, forse quell’inquietudine di cui ha tanto parlato nel suo libro riaffiora prepotentemente. Decide così di togliersi la vita mettendo a tacere il suo tormento per sempre.

Cioccolata a colazione di Pamela Moore

mag 082019

Pois rossi e sfondo bianco in copertina: un titolo goloso e allettante. Sembra un libro destinato alle ragazzine, ma è tutto fuorché questo. Cioccolata a colazione di Pamela Moore è un'opera forte e pungente. undefined

Siamo a New York, è giugno, una giornata piuttosto uggiosa per essere estiva. Una donna è seduta alla sua scrivania, nel suo appartamento di Brooklyn e scrive qualcosa. Suo marito giovane avvocato di successo è uscito e il loro bimbo di nove mesi dorme nella stanza accanto. Il cielo è sempre più scuro e improvvisamente imperversa il temporale. La donna smette di scrivere, si alza, va nel ripostiglio ed estrae un fucile calibro 22: lo aveva regalato lei stessa a suo marito. Non pensa la donna, ma agisce, subito, sembra quasi d'istinto: punta la canna in bocca e spara. Così il 7 giugno 1964 Pamela Moore muore: non ha ancora 27 anni, e circa dieci anni prima  è stata una delle ragazze più famose d’America, e il suo libro uno dei best-seller più esplosivi del dopoguerra.undefined

Nel 1956, esattamente otto anni prima di togliersi la vita, Pamela Moore pubblica Cioccolata a colazione, un romanzo scandaloso e scioccante per l'epoca. Il libro narra la storia dell'improvviso e audace risveglio della giovane Courtney Farrell, che si ritrova ad essere combattuta tra la voglia di amare ed essere amata e il desiderio di sperimentare cose nuove e soprattutto cose che la propria volontà le detta. La ragazza è alla continua ricerca di se stessa, alla ricerca della sua giusta collocazione nel mondo: la ribellione è il suo motto, mal sopporta le regole e le imposizioni. Non si trasforma, ma nasce cinica e sospettosa, scopre il sesso molto presto e cresce in fretta in una famiglia in cui i rapporti interpersonali non esistono. Per Courtney, i suoi coetanei sono superficiali, ama stare con gli adulti e la sua voglia di sperimentare tutto quello che le capita a tiro, lentamente rischia di distruggerla. Si innamora di un insegnante, poi vive una storia di sesso e passione con un uomo molto più grande di lei, diventa dedita all'alcool e non disdegna nessun tipo di compagnia. undefinedL'inquietudine della giovane protagonista è legata alla sua intolleranza nei confronti del ruolo di mamma e moglie, in cui la donna è in qualche modo costretta dalla società. La donna americana degli anni Cinquanta, che ha ispirato molti film e commedie, secondo Courtney, non è altro che il modello di una donna capace di far funzionare gli elettrodomestici e accudire i figli. Da dove deriva la sicurezza personale di quelle donne? Dall'essersi adeguatamente imbellettate, dall'essere andate dal parrucchiere, dall'aver fatto acquisti, dall'aver ben educato i figli a stare a tavola. Una figura finta, quella femminile, una figura costruita, destinata allo sfacelo. Courtney non ci sta! Sente che può essere qualcosa in più di quel visino truccato e di quei capelli incotonati: sente che può essere una donna brillante, capace di conversare e di confrontarsi, ma allo stesso tempo desidera essere amata. Le due cose, però, non sembrano andare di pari passo: la realtà vede le donne emancipate essere sempre sole: sono donne che lavorano, che non hanno necessità di un sostegno economico, che vanno oltre l'occuparsi della casa e per questo allontanano gli affetti e l'amore. Come si fa quindi a diventare donne e a poter avere sia l'indipendenza e la realizzazione, che l'amore? Courtney con tutta l’energia degli adolescenti prova in ogni modo ad esserlo, sbagliando e ritentando, allontanandosi e riavvicinandosi alla se stessa più autentica.

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Pamela Moore cerca di raggiungere lo stesso obiettivo della protagonista di Cioccolata a colazione e cerca di farlo attraverso la scrittura, attraverso le sue doti di artista, spesso costringendosi ad andare contro il suo modo di essere, nel pieno rispetto delle regole e altrettanto spesso, seguendo il suo istinto e fuggendo dal clamore che non sente appartenerle. Il suo libro viene etichettato come "romanzo dello scandalo" e Pamela ne soffre a volte in maniera celata, altre volte apertamente. Le fanno male le domande sulla sua vita sentimentale, durante le interviste: l'immagine che ha dato di sé attraverso il suo romanzo, chiaramente autobiografico, in qualche modo la imprigiona e quello che è peggio, è che l'autrice non si sente presa sul serio. Il riscatto attraverso la cultura, così come per la Esther protagonista de La campana di vetro di Sylvia Plath (autrice che viene spessissimo accostata, a ragione, a Pamela Moore, con la quale condivide il triste destino), purtroppo non arriva. Il libro è stato tradotto in Italiano immediatamente dopo la sua uscita, per Mondadori, ed ha avuto grande successo in Europa, soprattutto in Francia: un grande successo, che però non è servito a mettere ordine in una mente inquieta e travagliata, incarcerata nei più letali canoni sociali.

Le Beatrici, di Stefano Benni: un uomo che scrive di donne, per le donne

mag 042019

Una dantesca Beatrice dei nostri giorni, un'adolescente dura, cruda e crudele, una presidentessa che trae sostegno dagli operai in esubero, una suora ninfomane, ma con ironia, una donna che vive la vita attendendo non si sa cosa, una signora anziana, davvero cattiva, una vecchietta che vive di sogni e una licantropa: sono queste le otto protagoniste del singolare libro di Stefano Benni, Le Beatrici.undefinedCome lo stesso autore specifica, Le Beatrici, prima di essere un libro, è uno spettacolo-laboratorio tenutosi al Teatro dell’Archivolto a Genova in cui cinque giovani attrici, sconosciute e di talento, hanno messo in scena gli otto inediti monologhi e le varie poesie, che solo in seguito sono andati a comporre l'opera scritta. undefined

In questo piccolo libro di Benni, otto donne si raccontano, in maniera autentica e senza fronzoli. Ne Le Beatrici lo stile dell'autore bolognese emerge prepotentemente, in tutta la sua ironia e il suo essere palesemente sfacciato e irriverente. 

Ognuna delle otto donne, attraverso un monologo, racconta pezzi della propria esistenza, colmi di angosce, problematiche irrisolte, drammi, il tutto narrato sempre in chiave ironica e a tratti di esilarante comicità.

Il monologo particolarmente degno di nota è quello di Beatrice, che apre il libro e che dà il titolo alla piccola opera di Benni. Un soliloquio, in cui emergono tematiche relative alla politica, alla letteratura, agli usi e costumi del Medioevo e ad alcuni fatti e vicende amorose del tempo che fu, che a ben guardare hanno molte analogie con i giorni nostri; il tutto, sottolineato da un lieve, se pur evidente, accento toscano, che ben delinea Beatrice, la quale prende in giro il suo Dante chiamandolo “il Canappione”:

“c’ha il becco che pare una poiana, pare…una caffettiera, anche se non è ancora stata inventata”. E ancora “Mi ha visto la prima volta che c’avevo otto anni, lui nove, mica mi ha detto si gioca insieme, ti regalo un gelato…, no, c’ha fatto dieci poesie di duemila versi, il piccino”.undefined

Stefano Benni, in/con Le Beatrici riesce, con grande maestria, a creare un potente equilibrio tra comicità e dramma, poesia e realtà, restando sempre coerente al proprio modo di scrivere e soprattutto al proprio modo di guardare l'universo femminile. Il mondo delle Beatrici è ampio e pronto ad accogliere tutte: dalla ragazzina superficiale tutta social, alla donna anziana abbandonata in un ospizio. Tutte le figure femminili che fanno parte di questo mondo, hanno però in comune la voglia di dare un significato alla propria esistenza e soprattutto l’intenzione di rompere gli schemi e andare oltre i ruoli preconfezionati in cui la società è capace di relegare. Un esempio lampante è Suor Filomena: il suo ruolo di devota al Signore le è stato imposto dalla famiglia e lei cerca di sfogare il proprio disagio, utilizzando un linguaggio a tratti volgare e scurrile, venendo così additata dalla badessa come "donna posseduta dal demonio". Tematiche drammatiche e soprattutto sempre attuali, trattate dall'autore in maniera decisamente divertente, se pur con una punta di amarezza.undefinedEmblematico, ai fini del messaggio che l'autore vuole far passare attraverso Le Beatrici, è il monologo della "Vecchiaccia". una donna sola, che giace immobile, in una stanza buia e ricorda quanto sia stata bella in gioventù e quanto sia stata invidiata. Ricordi amari, malinconici, di una persona che nessuno vede più, che nessuna guarda e allora lei urla, con tutta la sua forza, solo per un attimo e nulla più. Quell'attimo però è abbastanza, perché la gente si accorge di lei e questo le provoca un insano, comico, godimento. 

Un libro comico quello di Benni, in cui l'ironia la fa da padrone, un'ironia che fa comunque emergere in tutta la sua potenza la denuncia che l'autore fa, il suo urlo a favore della donna, contro la degenerazione del ruolo femminile nella società e a favore dell'autonomia e del libero arbitrio delle donne, che ancora oggi viene costantemente messo in discussione. Le Beatrici un libro scritto da un uomo per le donne.

 

La lunga vita di Marianna Ucrìa di Dacia Maraini

mag 012019

La lunga vita di Marianna Ucrìa, uno spaccato di vita settecentesca e una rivelazione della condizione femminile dell’epoca, che vede protagonista la donna umiliata, violentata, abusata nel corpo e nella mente. Una accettazione del male, tramandato dalle madri e radicato in una cultura prevalentemente maschilista.

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 La Sicilia di metà Settecento, con le sue dinamiche nobiliari, le sue realtà popolane e con suoi i luoghi emblema della Palermo di quei tempi, fa da sfondo al celebre romanzo di Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna Ucrìa. Un libro, dal quale emerge prepotentemente lo stile dell’autrice, fortemente sincero e realista, nella narrazione anche dei fatti più crudi, scorrevole e apparentemente semplice, di una semplicità che non cela il lavoro certosino di ricerca sulla lingua e le modalità di descrizione dei fatti. La lunga vita di Marianna Ucrìa può essere definito un romanzo di forte realismo narrativo, atto a evidenziare quanto fossero umilianti le condizioni di una fascia minoritaria di donne, una mortificazione alla quale non si è forse prestata la giusta attenzione nei dibattiti letterari e sociologici, nati per rivendicare attraverso gli scritti, i diritti della donne e il miglioramento delle condizioni femminili, ovunque nel mondo.

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 Un romanzo, quello della Maraini, per certi versi sottovalutato e quasi mai preso in considerazione ai fini dell’insegnamento. Decisione alquanto erronea, visto che l’autrice tratta e affronta temi di carattere storico-sociale, capaci di offrire molti spunti di riflessione, proprio in riferimento agli studi sulla storia della condizione femminile e alle informazioni oggettive, che potrebbero essere considerati importanti tasselli nel percorso di ricostruzione della condizione sociologica identitaria delle donne nel Settecento.

“Così si viveva e così vivevano le donne popolane e colte a metà Settecento”

La storia narra di Marianna, la figlia di Signoretto Ucrìa di Fontanasalsa, affetta da una grave disabilità (mutismo e sordità) inizialmente creduta congenita, viene data in sposa all’età di tredici anni all’anziano signor zio Pietro Ucrìa di Campo Spagnolo, un uomo burbero, spinoso, cocciuto, ostile e sospettoso con tutti, con la passione per l’araldica e per il whist, per le passeggiate in campagna fra i limoni di cui cura personalmente la produzione. Marianna è infelice e per nulla attratta dall’uomo che vogliono imporle come marito. La famiglia Ucrìa è nobile, lo zio è discendente del barone della Scannatura di Bosco Grande e di Fiume Mendola, conte della sala di Paruta, marchese di Sollazzi e di Taya. Nello studio della grande villa, che sarà la loro casa coniugale, c’è un grande quadro che raffigura il martirio di san Signoretto Ucrìa di Fontanasalsa e Campo Spagnolo, un sacerdote pisano vissuto alla fine del 1200 e giunto a Palermo in soccorso dei poveri che “ infestavano” la città.

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 Marianna poco più che bambina, si ritrova catapultata in un vortice di doveri coniugali, ai quali vorrebbe sottrarsi, cercando conforto e rifugio, proprio nella sua famiglia d’origine. A nulla servono le sue lettere e le sue suppliche, visto che è proprio la madre a rimandarla da suo marito. La ragazzina si ritrova in una vita non sua, a vivere momenti, come quelli sessuali, che nulla hanno a vedere con l’amore, distaccandosi dalla realtà, allontanandosi con la mente e pensando ad altro. Marianna si ritrova in un destino che accomuna tante donne in quel periodo storico.

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Marianna vive così una vita di violenze, angherie e soprusi, ai quali il marito-padrone la costringe, ogni giorno.

“Per molti nobili della sua età, vissuti e maturati nel secondo passato, i pensieri sistematici hanno qualcosa di ignobile, di volgare. Marianna sa che lui non la considera sua al pari. Per lui la moglie è una bambina di un secolo nuovo, incomprensibile, con qualcosa di triviale nella sua ansia per i mutamenti, per il fare, il costruire. L’azione è aberrante, pericolosa, inutile e falsa, dicono i suoi occhi malinconici, guardandola aggirarsi indaffarata per il cortile ancora ingombro di secchi di calce e di mattoni.”

Da questo assurdo matrimonio, nascono prima tre femmine, che non rendono al padre alcuna gioia e di conseguenza lui non ne regala a Marianna. Quando la ragazza partorisce il quarto figlio, un maschio, suo marito dà il via ai festeggiamenti, ai sorrisi e la invita ad accogliere omaggi.

Marianna, intanto, cerca di affinare i sensi e di cogliere tutto ciò che le sue capacità sensoriali le permettono di fare. Sono soprattutto gli occhi a vedere, osservare, scrutare nei minimi particolari ciò che la circonda permettendole spesso di riordinare qualche tassello memoriale: le immagini della campagna di Bagheria, i sugheri contorti dal tronco nudo e rossiccio, gli ulivi dai rami appesantiti, i rovi nelle strade, i campi coltivati, i fichi d’India, i ciuffi di canne e dietro, le colline ventose dell’Aspra, ma anche le vie, i borghi cittadini attirano lo sguardo di Marianna, come la piazza Marina gremita di gente, di teste ondeggianti, di colli che si allungano, di bocche che si aprono, di stendardi che si levano, di cavalli che scalpitano di tutto ciò che accende i colori dei sentimenti provati dalla protagonista. Marianna riesce anche ad utilizzare molto bene l’olfatto: riesce a riconoscere e a catalogare gli odori. La ragazza, infatti, odora l’acqua di lattuga, la fragranza della cipria di riso, l’unto dei sedili, il pizzicore della polvere, il leggero sentore di mentuccia. Tutto questo, però, non riesce a sopperire alla forte mancanza di affettività che la giovane donna sente. Vive una vita fatta di agi e di ricchezze, ai quali si contrappongono violentemente una serie di abusi, che si possono annoverare tra i peggiori nella sfera familiare. Una realtà molto comune purtroppo nella società di quei tempi: padri che abusano delle figlie, nobili che maltrattano e violentano le serve, costringendole ad aborti clandestini. Il tutto ben riposto tra le dorate e splendenti mura domestiche.

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Marianna ama tantissimo i suoi figli, unica fonte per lei di felicità, in parte consapevole che i loro destini sono già segnati. Giuseppa è una ribelle e lotta per non sposarsi, Manina viene data in sposa molto presto, Felicia si consacrerà monaca e Mariano è vittima dei suoi problemi psicopatologici. L’ultimo figlio, Signoretto muore a soli quattro anni a causa di una grave malattia.

Sono proprio quelli gli anni del vaiolo e della tisi, malattie che portano inesorabilmente alla morte: non servono né soldi, né ricchezze per esserne immuni. In questo punto del romanzo, entra uno scorcio della storia sanitaria del nostro paese, ancora molto indietro nella lotta contro queste terribili malattie. Una storia sanitaria che si intreccia, si incontra e per certi versi si scontra, con le tradizioni della storia regionale e sociale del nostro Paese.

Solo nelle lettere Marianna riesce a trovare conforto. Suo padre, una mattina arriva con un regalo inatteso: un completo da scrittura, un retino di maglia d’argento con dentro una boccetta dal tappo avvitabile per l’inchiostro, un astuccio in vetro per le penne, un sacchetto in pelle per la cenere, nonché un taccuino legato ad un nastro fissato con una catenella al retino di maglia e una mensolina portatile, pieghevole in legno leggerissimo da appendere alla cintura con due catenelle d’oro. La biblioteca di villa Ucrìa, diviene, con il passare degli anni, un rifugio per la donna, un luogo incantevole per il suo animo, dove trovare riparo nei momenti di tristezza, di cui la sua vita sembra essere pregna e tempestata.

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 Anche in fase testamentaria, il ruolo della donna diventa misero, nullo e inesistente. Mariano erediterà quasi tutto:

Che debba andare tutto, ma proprio tutto a Mariano è un insulto…in Olanda dicono che non si fa più così. Se poi li vogliono spogliare e lasciare nudi e crudi i figli perché li fanno?...non sarebbe meglio lasciarli in paradiso fra gli alberi di manna e le fontane di vino dolce?”

La vita di Marianna non finisce qui, non finisce così: un sogno rivelatore spiega ogni verità sulla sua infanzia, sui motivi per cui è stata così precocemente data in moglie a Pietro e per quanto dolore possa tutto questo procurare, permette alla donna di iniziare una nuova vita. Marianna matura, diventa donna, guardando la realtà con occhi differenti: nuovi viaggi, nuove scoperte.

Milk and Honey di Rupi Kaur, la poetessa della provocazione

apr 262019

Milk and Honey (Latte e Miele) è la raccolta illustrata di poesie, della scrittrice indo-canadese Rupi Kaur. In questa antologia di versi, emergono quelli che sono i temi più cari all'autrice, quali il femminismo, l'amore di cui parla con ironia e in maniera alquanto distaccata e la tematica drammaticamente attuale della violenza sulle donne.undefined

L'opera è impreziosita da immagini, che accompagnano ogni singolo componimento, dando risalto al contenuto. Sembra quasi che i disegni e le parole si animino, dando vita a piccole scene cariche di emotività. La raccolta ha avuto un successo immediato, guadagnandosi così un posto nella classifica del New York Times. Rupi Kaur è famosa anche per le immagini provocatorie postate sui social, di cui una bandita da Instagram, in cui mostra una macchia di sangue mestruale sui pantaloni. La foto che ha destato scalpore, fa parte di una campagna di sensibilizzazione, affinché le donne possano sentirsi libere di parlare di un aspetto naturale del proprio corpo.

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Milk and Honey, è stato definito dalla critica, "un piccolo manuale per giovani femministe". L'attenzione della scrittrice verso le questioni legate ai diritti delle donne, è sempre stata molto alta. I suoi componimenti parlano di donne, di amore, ma anche di dinamiche famigliari, con un occhio rivolto alle generazioni femminili appartenenti alle minoranze etniche, come l'autrice stessa.

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Il rapporto tra i due sessi è un altro argomento verso il quale la scrittrice pone la sua attenzione: narra di momenti di armonia e di bellezza della relazione, ma racconta anche di momenti di scontro e il suo pensiero va ai padri violenti.

Il titolo del libro non è stato scelto a caso: l'autrice trae ispirazione da un poema del passato che include un verso sulle donne sopravvissute a momenti terribili e che descrive il cambiamento delle donne "liscio come il latte e denso come il miele."  

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Le parole di Kristy Melville, editrice della raccolta, sono emblematiche, quando spiega i motivi che l'hanno spinta ad acquistare i diritti della raccolta:

“L’intensità emotiva delle sue opere unita al pubblico che la segue online, oltre al numero di copie vendute solo col Self-Publishing ci hanno dimostrato che i suoi lettori comprendevano appieno il suo messaggio e anzi lo condividevano. Rupi comunica coi più giovani che si relazionano alle sensazioni di dolore e sfida continua espresse dalle poesie, ma anche alla speranza che ne emerge”.

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