Il Calamaio Bianco

Tra le righe dell'Albania

Poesie scelte. Poezi të zgjedhura (1990-2020) Edizione bilingue di Gëzim Hajdari, Besa Muci 2021

gen 272021

Nessuno sa se ancora resisto/in quest'angolo di terra arsa/e scrivo a notte fonda ubriaco/versi gioiosi e tristi/

Sogno la morte ogni volta che torna la primavera/ I gemiti si perdono piano piano piano nella nudità della pioggia/

Come brucia in fretta la mia giovinezza senza richiami!/ Ovunque dintorno mi sorridono rose e coltelli/

Di fumo e alcol odora così presto il mio corpo/ Chissà quale strana sorte un giorno stroncherà la mia voce/

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É una poesia universale quella di Gezim Hajdari. Gezim non è un poeta qualsiasi, non è un poeta improvvisato e soprattutto non è un poeta che vive di melodrammi attaccato mentalmente e spiritualmente alla propria terra. Scrive in italiano Hajdari, ed è un intellettuale a tutti gli effetti, che narra di una poesia che può appartenere a qualsiasi paese, a qualsiasi parte del mondo, a qualsiasi universo. Un poeta che non scrive legandosi alle proprie fondamenta, ma che racconta facendo riferimento alle sorgenti. La condizione dell'essere migrante, non sente l'urgenza di attaccarsi alle radici, ma sente la necessità di interazione, piuttosto che di integrazione. La propria cultura non deve essere messa da parte per interagire con l'altro, non deve essere negata o rinnegata, ma deve essere rispettata. Non sente il poeta, la necessità di di definire integrazione, quello che, invece, deve essere indicato come interazione. Senza quest'ultima, andrebbe cancellata ogni cultura minoritaria. Ed è per questo che le poesie di  Gezim sono pregne del suo essere esule e migrante, colme di un certo nostalgico rammarico nei confronti del suo paese, dal quale non si è sentito accolto e riconosciuto, pur dando all'Albania una grande ricchezza culturale e umana, rivolta in diverse direzioni. 

                                                                                                                                     U calamaru 

 

Amalia Guglielminetti, la poetessa affascinante

lug 212019

TORINO. "L'unica poetessa che abbia oggi l'Italia..." Così la definisce  D'Annunzio nel 1912, mentre la attende in un hotel della città. Una donna carismatica la poetessa, che si ritrova a vivere in un'epoca e in una Torino, che non guarda più alla bellezza delle donne, ma al loro carattere e alle loro capacità intellettive.undefined

Amalia Guglielminetti nasce nel 1881, nel capoluogo piemontese, quella che sarà sempre la sua città e dove sarà nota, specialmente tra quegli intellettuali che come lei frequentano il "Circolo della Cultura". Prima di lei, diviene noto ai più il suo bisnonno, l'inventore della borraccia di legno, che però, non aveva certo i capelli corvini della bella nipote e i suoi occhi meravigliosamente magnetici e terribilmente incantatori. Bella donna, brava poetessa, i cui versi vengono così commentati dal critico letterario Arturo Graf:

"La sua ispirazione è viva, schietta, delicata quanto più si possa dire, e l’arte la seconda a meraviglia. Quelle sue figure di fanciulle e donne son cose di tutta gentilezza, e molti sonetti son di squisita fattura. E il tutto par che le venga così spontaneo"undefined

Amalia è un'ammaliatrice, non solo con la sua penna, ma anche con la sua sensualità, capace di affascinare e attirare a sé la curiosità di uomini e altre donne, incentivata dagli abiti liberty indossati, sfoggiando velette da femme fatale, e apparendo sfacciata con i bocchini delle sigarette che fuma. La parte più trasgressiva di lei, come i versi dei suoi componimenti Vergini Folli, Seduzioni, L’amante ignoto, L’insonne, è in realtà la parte più recondita dell’anima e di un cuore temerario e audace.

Il temperamento vivace e la voglia di libertà, fanno in modo che nessun amante riesca a starle dietro. Ed è così che la poetessa rimane sola e sola va avanti nella vita, nonostante gli amori tutti irrimediabilmente falliti.

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Non le mancano gli apprezzamenti, non solo degli uomini, ma anche da parte della stampa. Tante sono le copertine che le vengono dedicate: si narra che ne abbia avute di più di famose attrici. La sua bellezza e la sua eleganza spesso sono protagoniste delle foto che la ritraggono. Moderna e perbene, fasciata in eleganti abiti in seta, fissata per orchidee e fiori esotici, amata dalle giovani donne ribelli, non amata dagli  uomini torinesi, spaventati da quella forza femminista che la contraddistingue. Tutte queste caratteristiche definiscono Amalia  Guglielminetti.

undefinedIl suo motto è «Ama e godi», la sua filosofia di vita è assaporare il momento: dopo aver tentato la carriera giornalistica a Roma e aver conosciuto il mondo della meravigliosa Parigi, Amalia muore nel 1941, a causa di complicazioni dovute alle ferite riportate durante un raid aereo di cui rimane vittima. Muore da sola Amalia Guglielminetti, nello stesso modo in cui ha condotto la sua vita. 

Milk and Honey di Rupi Kaur, la poetessa della provocazione

apr 262019

Milk and Honey (Latte e Miele) è la raccolta illustrata di poesie, della scrittrice indo-canadese Rupi Kaur. In questa antologia di versi, emergono quelli che sono i temi più cari all'autrice, quali il femminismo, l'amore di cui parla con ironia e in maniera alquanto distaccata e la tematica drammaticamente attuale della violenza sulle donne.undefined

L'opera è impreziosita da immagini, che accompagnano ogni singolo componimento, dando risalto al contenuto. Sembra quasi che i disegni e le parole si animino, dando vita a piccole scene cariche di emotività. La raccolta ha avuto un successo immediato, guadagnandosi così un posto nella classifica del New York Times. Rupi Kaur è famosa anche per le immagini provocatorie postate sui social, di cui una bandita da Instagram, in cui mostra una macchia di sangue mestruale sui pantaloni. La foto che ha destato scalpore, fa parte di una campagna di sensibilizzazione, affinché le donne possano sentirsi libere di parlare di un aspetto naturale del proprio corpo.

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Milk and Honey, è stato definito dalla critica, "un piccolo manuale per giovani femministe". L'attenzione della scrittrice verso le questioni legate ai diritti delle donne, è sempre stata molto alta. I suoi componimenti parlano di donne, di amore, ma anche di dinamiche famigliari, con un occhio rivolto alle generazioni femminili appartenenti alle minoranze etniche, come l'autrice stessa.

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Il rapporto tra i due sessi è un altro argomento verso il quale la scrittrice pone la sua attenzione: narra di momenti di armonia e di bellezza della relazione, ma racconta anche di momenti di scontro e il suo pensiero va ai padri violenti.

Il titolo del libro non è stato scelto a caso: l'autrice trae ispirazione da un poema del passato che include un verso sulle donne sopravvissute a momenti terribili e che descrive il cambiamento delle donne "liscio come il latte e denso come il miele."  

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Le parole di Kristy Melville, editrice della raccolta, sono emblematiche, quando spiega i motivi che l'hanno spinta ad acquistare i diritti della raccolta:

“L’intensità emotiva delle sue opere unita al pubblico che la segue online, oltre al numero di copie vendute solo col Self-Publishing ci hanno dimostrato che i suoi lettori comprendevano appieno il suo messaggio e anzi lo condividevano. Rupi comunica coi più giovani che si relazionano alle sensazioni di dolore e sfida continua espresse dalle poesie, ma anche alla speranza che ne emerge”.

Ada Negri, la poetessa degli ultimi

apr 242019

Ada Negri può essere ad oggi considerata la prima scrittrice italiana proveniente dalla classe operaia. Figlia di Giuseppe un manovale e di Vittoria Cornalba una tessitrice, Ada conosce e vive un'infanzia molto solitaria, trascorrendo la maggior parte del tempo nella loggia da portiera dove lavorava la nonna, un pezzo di vita che descrive bene nel suo romanzo autobiografico Stella mattutina. Sua madre, tra mille sacrifici, le permette di studiare e di ottenere così il diploma di insegnante elementare. Ada grata alla sua mamma per averle dato modo di avere una buona istruzione, accetta il lavoro di insegnante presso la scuola elementare Motta Visconti di Pavia.

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Nel 1892, la vena poetica della giovane donna è già viva, tanto da consentirle la pubblicazione della prima raccolta di poesie nel volume Fatalità, opera per cui la poetessa riscuote un grande successo, tanto da guadagnarsi il titolo di "professoressa" e poter così insegnare nei licei.

Ada, nel 1896, sposa Federico Garlanda e da questa unione, nel 1904, nasce Bianca, sua unica figlia. Il matrimonio non dura a lungo, la coppia si separa e la Negri decide di trasferirsi in Svizzera, poco prima dell'inizio della Grande Guerra. Nel Paese elvetico, la poetessa intraprende una relazione sentimentale piuttosto tormentata, di cui parla dettagliatamente ne Il libro di Mara pubblicato nel 1919. Un volume che desta scalpore, considerata la franchezza della scrittura, in una Italia fortemente cattolica e conservatrice.

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Affronta anche problematiche sociali, Ada Negri, con idee tendenzialmente rivoluzionarie, se pur espresse in maniera moderata, in Tempeste, la sua seconda collezione di poesie. A questo periodo patriottico-rivoluzionario, seguono diverse pubblicazioni in cui la poetessa, abbandona il suo spirito libertino, diventando più introspettiva e profonda. Tra gli scritti di questi anni spiccano Esilio e Le soliteire, una raccolta di quattordici racconti, in cui la scrittrice narra la sua visione del mondo, visto con gli occhi di una ragazza modesta di umili origini. Ada Negri è la prima donna ad entrare a far parte dell'Accademia Italiana, nel 1940. Muore nel 1945. Vincitrice del premio Milli per la poesia e del Premio Mussolini per la carriera, si ricorda di lei l'opera postuma Oltre, in cui Ada propone un'agiografia di Santa Caterina da Siena.

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La lirica di Ada Negri, nasce a sostegno degli umili e contro ogni ingiustizia sociale: urla, se pur in maniera discreta, la voglia di uguaglianza e parità. Negli anni però si trasforma, sino a vestire i panni di una poesia equilibrata, dai toni smussati, abbandonando quel sentimento rivoluzionario che la caratterizza e la anima nei primi anni.

Lo stile di Ada negri, sembra riprendere la maniera dei veristi, adattandosi a forme nuove, in un modo più aggraziato e sommesso, che si eleva all’ennesima potenza quando l’autrice parla di se stessa e della sua vita.

Lettera d'amore, la poesia di Sylvia Plath

apr 012019

Non è facile dire il cambiamento che operasti.

Se adesso sono viva, allora ero morta

anche se, come una pietra, non me ne curavo

e me ne stavo dov’ero per abitudine.

Tu non ti limitasti a spingermi un po’ col piede, no-

e lasciare che rivolgessi il mio piccolo occhio nudo

di nuovo verso il cielo, senza speranza, è ovvio,

di comprendere l’azzurro, o le stelle.

Non fu questo. Diciamo che ho dormito: un serpente

mascherato da sasso nero tra i sassi neri

nel bianco iato dell’inverno-

come i miei vicini, senza trarre alcun piacere

dai milioni di guance perfettamente cesellate

che si posavano a ogni istante per sciogliere

la mia guancia di basalto. Si mutavano in lacrime,

angeli piangenti su nature spente,

Ma non mi convincevano. Quelle lacrime gelavano.

Ogni testa morta aveva una visiera di ghiaccio.

E io continuavo a dormire come un dito ripiegato.

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La prima cosa che vidi fu l’aria, aria trasparente,

e le gocce prigioniere che si levavano in rugiada

limpide come spiriti. Tutt’intorno giacevano molte

pietre stolide e inespressive,

Io guardavo e non capivo.

Con un brillio di scaglie di mica, mi svolsi

per riversarmi fuori come un liquido

tra le zampe d’uccello e gli steli delle piante

Non m’ingannai. Ti riconobbi all’istante.

Albero e pietra scintillavano, senz’ombra.

La mia breve lunghezza diventò lucente come vetro.

Cominciai a germogliare come un rametto di marzo:

un braccio e una gamba, un braccio, una gamba.

Da pietra a nuvola, e così salii in lato.

Ora assomiglio a una specie di dio

e fluttuo per l’aria nella mia veste d’anima

pura come una lastra di ghiaccio. E’ un dono.

 

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