Il Calamaio Bianco

Tra le righe dell'Albania

Penelope alla guerra di Oriana Fallaci

mar 072019

Penelope alla guerra è il primo romanzo di narrativa nato dalla penna di Oriana Fallaci, pubblicato nel 1962. undefined

In Penelope alla guerra la Fallaci narra la storia di Giovanna, chiamata Giò, una giovane donna che riesce a realizzare il suo sogno: lasciare l'Italia per trasferirsi negli Stati Uniti. La ragazza è felice in America, dove lavora come creatrice di soggetti cinematografici. Ospitata da Martine, una sua cara amica, si gode tutta la spensieratezza della sua nuova vita. Improvvisamente e inaspettatamente viene a galla un pezzetto di suo passato: un incontro emozionante e inquietante. Richard, un ragazzo ospitato a casa sua ai tempi della guerra, quel ragazzo di cui è sempre stata innamorata e che credeva morto, ricompare, proprio lì, nella sua nuova e perfetta esistenza. La vita di Giò diventa imperfetta: l'incontro con Richard alimenta in lei nuove paure, nuove angosce e tanto sentimento. Trascorre dei bei momenti con l'amore ritrovato, intervallati da potenti silenzi dell'uomo, che la ragazza fatica a comprendere. Giò si sente sola, non ha nessuno con cui confrontarsi e parlare: Martine si rivela una donna arida e senza sentimenti e deve anche tenere a bada Bill, un amico che sembra quasi divertirsi ad attaccare la povera ragazza. Sarà proprio durante una violenta discussione con il giovane, che Giò scoprirà un pezzo di verità a lei sconosciuta.

Giò è una donna diversa dalle altre: vuole ardentemente reagire alla vita, non vuole starsene a casa ad attendere pazientemente come la cara e buona Penelope. Vuole vivere come un uomo, combattendo di fronte alle avversità, tenendo testa alla cattiveria e al destino più amaro, perché un vero uomo non ha paura e non si ferma davanti a nulla.

“L’amore da una parte sola non basta, Giò, le tue sono fantasie da masochista. Non si regala l’anima a chi non è disposto a regalare la sua.
Chi non fa regali, non apprezza regali. Tu cerchi Dio in Terra, e sei disposta a qualsiasi menzogna pur di inventarlo. Ma Dio non si inventa, e neppure l’amore. L’amore è un dialogo, non un monologo.”

Penelope alla guerra è un'opera maestra della grande Oriana Fallaci, che va al di là della storia narrata, affrontando tematiche molto forti e decisamente attuali: il sogno americano, l'omosessualità, l'amore malato e la lotta per l'emancipazione femminile.

New York è la Terra Promessa, un luogo così diverso dal'Italia, con le sue costruzioni e la sua magnificenza: un posto particolare e Giò si incontrerà e si scontrerà con il suo incanto.

“New York è un miracolo che mi sorprende ogni giorno di più: quell’americano non aveva mentito. Non si vedono statue, in quest’isola tagliata in rettangoli perpendicolari ed uguali, né cupole, né giardini. Il bosco di cemento si alza, tragico e grigio, senza una curva, una voluta bizzarra, un filo di verde. Ovunque si perde lo sguardo trovi spigoli duri, geometriche scale di ferro, cubi di sasso. Eppure tutto, in quest’assenza di grazia, ha un sapore di magia: dai grattacieli che si irrigidiscono come giganti pietrificati alla paura che ti mozza il respiro quando ti inoltri per strade che non finiscono mai, ma in fondo a ogni strada c’è uno strappo di azzurro che ti libera dalla paura. Col sole, i vetri brillano più dei diamanti. Col buio, bruciano più delle stelle. Le stelle in paragone appassiscono, la luna si spegne, e il cielo è in terra. Vorrei riuscire a dir questo nella storia che scriverò: che, qui, il cielo è in terra. E la gente come me si sente nascere una seconda volta.”undefined

Oriana Fallaci, ricorda attraverso la figura di Giò, quanta forza ci voglia per sopravvivere in America, pur avendo le capacità necessarie per affrontare l'ambiente e la forza della natura, sottolinenando in questo modo il suo rapporto di amore e odio per questa stramba Terra.

Richard è combattuto: ama Giò, ma ama anche Bill e lo stesso Bill vorrebbe amare la ragazza, ma deve sostenere la presenza di Richard. Si forma quasi una sorta di triangolo, dove l'omosessualità e l'essere "troppo amato", sono ancora fonte di sofferenza e di animo tormentato.

"Sai, Giò. Non credevo che tu lo amassi così. Chissà perché amiamo sempre chi non lo merita: quasi che questo fosse l'unico modo per ristabilire l'equilibrio perduto del mondo. E' la più antica forma di masochismo, quella di amare chi non sa amare: e la più stupida. Eppure tu lo ami, io lo amo, Florence lo ama e...accidenti."

Un triangolo doloroso per Giò, dal quale fuggirà.

“Non potevamo dormire in un letto a tre piazze”, senza tuttavia fuggire dall’amore...aveva davvero cessato d’amarli?

Florence è la madre di Richard, una donna perfida, che spaccia per amore la sua sete di controllo, cercando di gestire la vita di suo figlio, fino a fingere malattie inesistenti per poter ricevere le sue attenzioni. Quello di Florence è l'amore malato di una madre, che comprenderà troppo tardi tutti i suoi errori.

"E poi se dovessimo cercare la perfezione in un uomo, si amerebbero i santi. I santi son morti e io non vo a letto col calendario."

La lotta femminista di cui Oriana Fallaci è icona, è l'argomento cardine di tutto il romanzo: Giò non vuole essere una donna come tante, non vuole vivere ricoprendo il ruolo di madre e moglie, ma vuole essere forte, indipendente, scoprire altri lidi e per questo non esiterà a vestirsi da maschio e a lottare da maschio. Non si arrende mai Giovanna, va avanti e non si ferma nemmeno di fronte alla buche più nere e più profonde.

“E non dar retta a chi dice che il destino ce lo fabbrichiamo da noi o che la Provvidenza ci protegge: non ti protegge nessuno dal momento in cui nasci e piangi perché hai visto il sole. Sei sola, sola, e quando sei ferita è inutile che tu aspetti soccorso poiché non v’è genitore o amante o fratello che possa perdere tempo per te: essi si chinano più o meno a lungo sopra di te, magari ti fasciano e ti danno da bere, ma poi riprendono irrimediabilmente la strada dove saranno a loro volta feriti. La vera guerra non è quella che combatti quando due potenti imbecilli hanno deciso di buttare una bomba. La vera guerra è quella che combatti nell’amore e nell’odio non comandati, soprattutto quando ritorni. Tu ritorni, Giò, col cervello ed il cuore sbranati da una ferita gravissima: ma gli altri lo ignorano perché nelle apparenze tu sei come prima. Lasciali in questa illusione. Non raccontare che sei cambiata, non raccontare la guerra che ti ha fatto cambiare. La tribù dove vivi non sa cosa farsene dei martiri e degli eroi.”undefined

Difficile abbandonare l'idea che Penelope alla guerra sia un romanzo autobiografico: la figura di Giò si avvicina molto a quella della Fallaci, anche se in realtà la scrittrice ha sempre sottolineato che la storia della protagonista non è la sua e che ha attinto ai suoi pensieri e alle persone che conosce solo per creare situazioni e personaggi. Oriana Fallaci è un vero e proprio simbolo del coraggio delle donne e della lotta per il riconoscimento dei diritti femminili e Penelope alla guerra è un romanzo tremendamente attuale. Tante sono le Penelopi che ancora oggi lottano, protagoniste di una dura battaglia, che in qualche modo ha il suo fascino, proprio come l'essere donna. 

“Essere Donna è così affascinante, è un’avventura che richiede un tale coraggio una sfida che non finisce mai“ cit. Oriana Fallaci

 

Una donna di Sibilla Aleramo: storia di dolore, emancipazione e riscatto

mar 032019

Una donnaundefined è il romanzo autobiografico di Sibilla Aleramo, alias Rina Faccio (scrittrice e poetessa italiana agosto 1876-gennaio 1960), un libro in cui il dolore e la ricerca di riscatto della scrittrice, vengono descritti con dovizia di particolari ed elevati all'ennesima potenza.  Un'esistenza travagliata quella della letterata: a undici anni è vittima di violenza sessuale e in seguito costretta da suo padre a sposare il suo violentatore. La sua infelicità sentimentale la porta a perdersi in svariate e tormentate relazioni, che non la allontanano però dai suoi ideali. Attivista femminista, si è sempre battuta per i diritti delle donne, sino a diventare direttrice del settimanale socialista L'Italia femminista. Quando nel 1902 abbandona il marito e il figlio nato dal suo infelice matrimonio, si lega al progressista Giovanni Cena e proprio dietro suo convincimento, la Faccio scrive e pubblica Una donna, con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, che diventerà poi il nome con cui siglerà ogni sua pubblicazione.

Una trama semplice caratterizza l'opera di successo mondiale: una donna educata dal padre a essere moglie e madre fedele. In realtà l'autobiografia cela una questione sociale molto profonda, legata alla battaglia per l'emancipazione femminile. Un contenuto aspro quello del libro, ben incastonato in una scrittura elegante e in uno stile essenziale:

“Tutti si accontentavano: mio marito, il dottore, mio padre, i socialisti come i preti, le vergini come le meretrici: ognuno portava la sua menzogna, rassegnatamente. Le rivolte individuali erano sterili o dannose: quelle collettive troppo deboli ancora, ridicole e incominciai a pensare se alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male sociale.”.

Sibilla Aleramo è una donna che porta avanti sino al compimento la propria ribellione, nata come rivoluzione interiore e poi esternata al mondo. Forse lo fa in malo modo la scrittrice, per quelli che sono i canoni dell'epoca, abbandonando il figlio e sacrificando la maternità attraverso la quale ha tentato precedentemente la redenzione non riuscendoci. Parallelamente alla sua lotta per la personale affermazione, indipendentemente dai mezzi usati, si delinea nella vita della Aleramo il ricongiungimento con la controversa figura materna e lo sgretolamento del rapporto con suo padre, tanto amato, ma che non ha potuto convivere con la sua ascesa verso l'emancipazione. Il genitore non è l'unico uomo menzionato nell'opera: ritroviamo il fidanzato della sorella minore, il medico, il professore, alcuni progressisti, quindi con una personalità vicina a quella della scrittrice, altri più in linea con la mentalità borghese, quindi lontani dalle idee di Sibilla. Figure quelle maschili, appena accennate, che fanno da sfondo ad una collettività tutta al femminile. Ben delineate, infatti, sono le donne della sua vita: la direttrice della rivista presso cui la Faccio lavora, la sua domestica, addirittura la sua antipatica quanto perfida cognata. Tutte figure da contrapporre a quelle maschili, pronte a trattare la "femmina" come un oggetto e non con una persona, con emozioni e pensieri propri. La rivoluzione interiore della donna e della scrittrice culmina nel suo impegno come volontaria presso un ospedale pediatrico. La maternità quindi non viene rinnegata, se pur nella vita la donna abbandona il figlio, ma si trasforma da biologica a spirituale.undefined

Una donna è quindi l'autobiografia di una figlia, madre, donna e scrittrice che nella sua angoscia e nel suo sconforto riesce a trovare una via di fuga e di riscatto: non un libro di dolore e sofferenza, ma un inno alla vita e alla libertà:

“e credetti di non poter sopportare la sofferenza fisica di un tale spettacolo ripetentesi all’infinito … fu da allora che ho ripreso risolutamente a vivere; dopo aver sentito di nuovo gli altri vivere e soffrire. E da allora ho anche avuto il bisogno di sperare di nuovo: per tutti, se non per me”. La vicenda si chiude circolarmente e, se un tentativo di suicidio era seguito alla nascita del figlio naturale, davanti al “martirio” di tanti “figli dell’anima” l’attaccamento alla vita diventa più tenace: “guardando in faccia la vita e la morte, non le temo, forse le amo entrambe”.

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