Il blog di Elio Ria

Spighe di poesia

Gli ammalati

feb 052018

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Il dolore ci trasforma in un insetto vischioso,
in un sudicio spettacolo, in un grottesco odore.
Ci costringe a ricordare la morte
e ci accorgiamo allora
che la solitudine non è soltanto una parola,
che la mano sulla fronte ad addolcire il sonno
è una forma di pietà, non di tenerezza

(Horacio Salas, da Gli ammalati)

La malattia lentamente o rapidamente trasforma il corpo umano in un sudicio spettacolo perché la morte ha già preannunciato la sua visita. L’odore del corpo è inspiegabile e la solitudine è una parola del vocabolario della sofferenza che nessuno vorrebbe leggere.

Una mano sulla fronte è solo una forma di pietà, di indicibile impotenza, di rassegnazione alla finitudine. Dov’è la tenerezza? Nell’amore che ravviva la speranza e spegne per pochi attimi la malattia.

Apparizione?

gen 282018

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Se l’uomo è polvere
uomini sono quelli
che attraversano la pianura

(Ocatvio Paz, Apparizione)

Uomini sono quelli / che attraversano la pianura. Pianura? Ci saremmo aspettato di leggere una strada sterrata e in salita, invece, pianura. Paz non mette in discussione la sostanza (materia/corpo) degli uomini, ma l’agire degli uomini che dovrebbe seguire un percorso lineare e privo di inciampi, al solo scopo di non fare paura e danneggiare (appunto) gli ‘altri’. Pianura a significare: percorso agevole, quieto, senza pericoli, della stessa polvere di cui è fatto l’uomo.
La polvere appare nel chiaro di luce, si distende e occupa tutti gli spazi, infastidisce ma è necessaria contemplazione di un disordine, entropia, azione, vita – è l’uomo, gli uomini. È una questione di materia la vita? Sì! ma anche di
fare abitare le parole nelle case giuste della lingua (sostanza di comunicazione).

A vederci bene

gen 212018

undefinedQui passo gli anni, abbandonato, occulto,
Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza
Tra lo stuol de' malevoli divengo:
Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,
E sprezzator degli uomini mi rendo.

(Leopardi, da Le ricordanze)


Leopardi scrive Le ricordanze all’età di trentuno anni, in un periodo in cui la sua vita a Recanati è resa insostenibile per il suo desiderio costante di cambiare aria. La sua mole di cultura è inutile a Recanati. Ha i semi ma non il terreno per la gloria. Lì, nel suo paese, passa gli anni senza uno stimolo sociale, ostaggio del suo stesso talento. Incompreso, inascoltato, abbandonato a un destino di solitudine che lo sorregge nei suoi estremi tentativi di fuga poetica dalla realtà. E in lui sopraggiunge l’odio come ultimo ristoro alle delusioni, tanto da divenire sprezzator degli uomini. Ma più che odio sembra essere infelicità, quella infelicità che nasconde la dolce malinconia del non essere; ma soprattutto ciò che gli altri avrebbero dovuto scorgere in lui come segno di grandezza poetica. Una sostanziale incomprensione tra il poeta e gli altri, sconfessata però dal suo pensiero che trasmette un messaggio di fraternità per tutti gli uomini. Insomma, Leopardi non va mai preso alla lettera (!?), anzi al verso.

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