Il blog di Elio Ria

Spighe di poesia

3. Il mito di Rimbaud?

mar 202020

Rimbaud nel corso degli anni è stato fatto mito di tutto. Tra i miti letterari di cui il più riconosciuto è quello di poeta maledetto, segue quello simbolista e surrealista (cabala, magia, ecc.). Tra quelli politici, prima quello cattolico (Rimbaud cristiano, Santo Rimbaud, solo per citare alcuni titoli); poi quello totalitario in cui troviamo il poeta di Charleville in tutte le ideologie, quella comunarda, fascista, nazista, comunista, disfattista, patriottica; poi il mito della morale: dell’onesto borghese, dell’uomo d’azione, dell’avventuriero; la dimensione mistica: il profeta, l’angelo, il Cristo. Infine, icona dei gay, l’omosessuale dell’eterna giovinezza, il simbolo della diversità.
Rimbaud, dunque, utilizzato in ogni forma ed essenza letteraria, politica e sociale. Forma, in quanto combinatoria di pensieri e canoni letterari per una sostanza di scrittura. Essenza letteraria per riconoscere e individuare un respiro ampio di genialità poetica. Forma politica per strumentalizzare la sua vita in aderenza a ‘sbadigli ideologici’ di ogni genere. Forma sociale per innalzarlo a ragazzo trasgressivo, fuori dalle regole e soprattutto simbolo distensivo dell’omosessualità.
In tal modo, si dimenticano due aspetti importanti: l’uomo, il poeta.

undefinedL’uomo, o meglio l’eterno ragazzo, che vive sino alla morte una ‘straordinaria’ condizione di solitudine e di sofferenza, di rinunce e di esaltazione del proprio Io nella conoscenza dell’abisso.
Il poeta della modernità che concentrò la sua produzione tra il 1870 e il 1874, tra i sedici e i vent'anni. Solo per questo va ricordato come un caso singolarissimo nelle letterature di tutti i tempi.
Indubbiamente, nel tempo si è cristallizzata una critica logorroica, maniacale e cervellotica che ha contribuito a confondere il cammino umano del poeta con quello letterario, che invece si può vedere con facilità, avendocelo, almeno in parte, lui stesso descritto nelle sue opere.
Il suo vero capolavoro è la Lettre du Voyant scritta nel 1871(all'età di sedici anni) e inviata a Georges Izambard (13 maggio) e a Paul Demeny (15 maggio). Quest’ultimo era un poeta francese, co-direttore della casa editrice Librairie artistique, dove pubblicò nel 1870 la sua prima raccolta di versi, Les Glaneuses (Le spigolatrici). La fama di Demeny resta legata al rapporto intrattenuto con Arthur Rimbaud. Sempre nello stesso anno del 1871 Rimbaud compone Le bateau ivre e raggiunge Verlaine a Parigi.
Lettre du Voyant è un testo celebre, dove Rimbaud afferma che la poesia antica culmina con la poesia greca, dopo, fino al Romanticismo non si trovano che poeti, versificatori, secoli di generazioni idiote. «È la posizione più rivoluzionaria che fosse mai stata concepita» (Gabriele-Aldo Bertozzi, Rimbaud. Illuminazioni, Tascabili economici Newton, Roma 1994).
Quest’annuncio di fare poesia, questo nuovo modo di intendere la lingua, i colori, le immagini, le visioni deve essere il vero mito di Rimbaud, niente altro.
Nessun poeta prima di lui aveva inteso la poesia come descritta nella Lettre du Voyant:
[…] Il romanticismo non è mai stato giudicato per bene. E chi avrebbe saputo farlo? I Critici! I Romantici, che stanno a provare come la canzone sia così di rado l’opra, il pensiero cioè cantato e capito da chi canta?
Poiché Io è un altro. Se l’ottone si sveglia tromba, non è affatto colpa sua. Per me è evidente: assisto allo schiudersi del mio pensiero: lo osservo, lo ascolto: lancio una nota sull’archetto: la sinfonia fa il suo sommovimento in profondità, oppure d’un balzo è sulla scena.
[…]Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggenteIl poeta diventa veggente attraverso una lingua, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di follia; cerca egli stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che le quintessenze. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il gran malato, il gran criminale, il gran maledetto, - e il sommo Sapiente! – Perché giunge all’ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di ogni altro! Giunge all'ignoto, e quando, sbigottito, finisse per perdere l’intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe viste! Che crepi in quel suo balzo attraverso cose inaudite e ineffabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sui quali l’altro si è accasciato.

Nella lettera, la genialità del poeta è indiscutibile, ed è tracciato senza reticenza il suo cammino poetico, contraddistinto dal suo ‘essere, farsi veggente’. Il poeta cerca il mondo dell’interiorità. Il suo è un pensiero irrazionale. È un veggente, non vede con gli occhi esteriori, vede senza l’aiuto dei sensi e della ragione. Distrugge tutto il passato letterario della Francia e del mondo, salvando solo i greci dell’antichità. Una specifica menzione di ignominia è riservata al soggettivismo e sentimentalismo dei romantici e, in generale, allo spirito rappresentato da Lamartine, Musset, Rabelais, La Fontaine, Voltaire. La nuova lingua contribuirebbe al progresso dell’umanità, ed è per tale ragione che Rimbaud diventa profeta e modello per le generazioni dei poeti del Novecento. Il poeta offe la parola alla visione che si realizza in lui, attraverso l’emersione dalle zone oscure dell’inconscio.

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Robert Faurisson (1929-2018), saggista e pubblicista francese, noto per le sue tesi negazioniste sull’Olocausto, si è interessato agli inizi degli anni Settanta di Rimbaud, nel suo libro A-t-on lu Rimbaud. Suivi de l’affaire Rimbaud (Editore La Vielle Taupe, 1991) dichiara:
Rimbaud ha il senso preciso della proprietà dei termini; l’origine delle parole gli resta sempre presente: se gli capita di creare parole nuove, di deformarle, di ricostruirle o di giocare col loro significato, non lo fa mai con la sprezzante incoscienza di certi innovatori ma bensì con l’istinto sicuro del conoscitore.
Aube è una delle composizioni più emblematiche e uno dei migliori esempi di quella nuova poesia cui Rimbaud giunge dopo gli eccessi denunciati in una Saison en enfer. Per l’analisi testuale di questo testo si rimanda a Arthur Rimbaud, Alba a cura di Eloise Lonobile in Letteratour (www.letteratour.it).
Veggenza, dunque, che nel caso di Rimbaud non è arte divinatoria bensì capacità extrasensoriale di percepire quanto vi è nascosto nelle immagini, nel pensiero, nel linguaggio, dove la parola non basta più e necessita un sostegno per rilanciarsi e lasciarsi trasportare nel lampo luminoso dell’immaginazione.

Indubbiamente, Rimbaud nelle sue opere si presenta come personaggio-protagonista, l’unico attore di una vita intensa di accadimenti che lo hanno travolto e non gli hanno dato il tempo di vivere con normalità la sua adolescenza; possiamo anche dire che è stato l’eterno adolescente mai adolescente. Troppe cose della sua vita rientrano in quel cerchio magico della fatalità, causalità, destino, magia; dei sensi deteriorati dall'assenzio e dalle visioni, dell’amore intravisto nelle sporcizie di Verlaine, nei misfatti degli abbandoni e delle rinunce, dell’amore mai avuto.
Per tutto questo la leggenda si è impadronita di lui, dando troppo spesso una visione distorta dell’uomo e del poeta. Tutti coloro che si sono interessati in lui hanno rimaneggiato secondo le proprie esigenze il suo vissuto.
Rimbaud è un mito, tant'è che la bibliografia su di lui è immensa e si allunga a dismisura. È la conseguenza della sua importanza di poeta innovatore.

Isabelle Rimbaud e suo marito Paterne Berrichon dopo la morte di Rimbaud si adopereranno a far passare la notizia della sua conversione negli ultimi istanti di vita. Isabelle difatti raccolse l’ultimo respiro del fratello, riuscendo anche a fargli somministrare l’estrema unzione, ma quello che effettivamente accadde ci resterà sempre ignoto. Il valore di questa conversione in extremis è dato soltanto dalla volontà di Isabelle di proporre all'opinione pubblica la morte pia del fratello al solo fine di rivalutarlo e sconfessare la sua vita senza regole. Ardengo Soffici, in riferimento alla biografia scritta da Perrichon J.A. Rimbaude. Le poète (1912) tuona: «Una delle disgrazie più terribili che possan capitare a un uomo di genio è d’essere interpretato e difeso da un essere piccolo e meschino».

Jim Morrison lo ammirò, lo lesse e per certi versi si ispirò al suo modello; dichiarò agli amici più stretti che sperava di essere ricordato come poeta piuttosto come cantante rock. Altri artisti si sono ispirati a Rimbaud, da René Char ad André Breton, fino ai più recenti poeti come Patty Smith.

Per Bob Dylan Rimbaud ha rappresentato fonte d’ispirazione nella canzone You're Gonna Make Me Lonesome, pubblicata in Blood on Tracks nel 1975.

Nella sua biografia di Dylan, il critico musicale Robert Shelton individua le prime tracce di una scrittura profondamente influenzata dal simbolismo di Rimbaud, in canzoni come A Hard Rain's A-Gonna Falle Bob Dylan's Dream (album The Freewheelin’Bob Dylan, 1963).

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Il pittore Jean Michel Basquiat (1960-1988), celebrato come una rockstar, è paragonato a Rimbaud per lo stile di vita sregolato e trasgressivo. È un simbolo degli anni Ottanta e della cultura urbana alternativa. Di origine haitiana, è stato uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d'arte. Nelle sue opere prevalgono parole e colori dove esprime una realtà multirazziale, di conflitto, dove vivono figure primitive tormentate. Nel 1983 stringe un’amicizia con Andy Warhol, il quale lo aiuta a sfondare nel mondo dell'arte come fenomeno mondiale emergente. I suoi dipinti sono caratterizzati da immagini rozze, quasi infantili. L'elemento che però contraddistingue l'arte di Basquiat è essenzialmente l'utilizzo delle parole, inserite nei suoi dipinti come parte integrante, ma anche come sfondo, cancellate, a volte anche per attrarre l'attenzione dello spettatore.

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Come Rimbaud è sregolato, maledetto; sbarcato all’età di diciassette anni a New York si impone in ambito artistico, è coccolato dai critici e dai media, ma schiavo dell’eroina muore di overdose nel 1988.
Il surrealismo indicava, in Rimbaud e soprattutto in Lautréamont, gli iniziatari di poesia. Nel sogno, secondo i surrealisti, viene individuato una sorta di stato di veggenza, e questa condizione è quella che deve costantemente ricercare il poeta, il pittore, l’artista in senso generale.

Roberto Vecchioni nel 1971 nell'album Elisir dedica la canzone A.R. a Rimbaud.
[…] E sua madre nel fienile, nel ricordo:
Vecchia, scassata borghesia.
Ribaltare le parole, invertire il senso
Fino allo sputo,
Cercando un'altra poesia.
E Verlaine che gli sparava e gli gridava:
"Non lasciarmi, no, non lasciarmi, vita mia"...
E nave, porca nave vai
La gamba mi fa male, dai
Le luci di Marsiglia non arrivan mai.

Gilbert Amy compone nel 1980 Une Saison en enfer, per soprano pianoforte, percussioni e banda magnetic.


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Rimbaud ha ispirato e continua ad ispirare gli artisti, sembra quasi difficile sfuggire al fascino delle sue opere e alla sua vita singolare di giovane poeta ribelle, innovatore della poesia. Si riportano di seguito alcune significative opere in cui il poeta di Charleville è protagonista.
Nel 1955 dalla regista Agnieszka Holland mette in scena nel film Poeti dall'inferno la complicata relazione tra Verlaine e Rimbaud, dove Arthur è interpretato da Leonardo Di Caprio.
Nel 1966 Rainbow pour Rimbaud è un film tratto da una novella dello scrittore francese Jean Teulé. La trama è data da un giovane che sotto l’influenza delle opere di Rimbaud decide di viaggiare in Africa e incomincia a identificarsi con il poeta.

 undefinedNel 2004 Étienne Faure dirige il documentario sulla vita del poeta Quoi? L’éternité.

Rimbaud, dunque, affascina e ispira, divenendo un culto, un fenomeno di cui ci si innamora immediatamente. Questo culto è assai diffuso, e tutti coloro che lo celebrano in opere e con il sentimento di ammirazione lo hanno trasformato in un idolo, un’icona per ogni cosa. E ,qui, si commette lo stesso errore di coloro che considerano il sodalizio di Rimbaud con Verlaine solo ed esclusivamente in ambito passionale, dimenticando, oppure ignorando che la loro unione volgeva anche verso la poesia. Il secolo XIX fu il secolo che, pur nel progresso, al contempo agonizzava nelle sue contraddizioni sociali, politiche e religiose; ogni sensibilità andava mutando ed emergevano istanze culturali innovative. In Francia i ‘poeti maledetti’, tali appunto appaiono soprattutto agli altri, per la rivolta e l’emarginazione in cui essi stessi si situano e si mostrano nella luce demoniaca. Ed è appunto Verlaine che sarà la coscienza critica del gruppo di quasi tutti questi poeti: Corbière, Rimbaud, Mallarmé, Villiers, nonché se stesso. Questa operazione oggi può sembrare facile; in verità essa dà prova di intuizione, di divinazione dell’arte poetica e della propria vita, una divinazione che costerà cara a tutti i poeti in termini di moralità, e non solo. I poeti maledetti dimostrarono coraggio e genialità nel sviluppare la rivolta, il satanismo, il sogno dell’Assoluto, l’Arte, la gioia amara del Male, nella dannazione.
Rimbaud ha in sé la precocità, la brevità e la densità di una esperienza che si svolge con il carattere del disprezzo verso ogni forma canonizzata della letteratura. Disdegno la pubblicazione delle sue opere, se si eccettua la Saison en enfer. La poesia di Rimbaud viaggia per oltre un decennio per canali sotterranei, si affida a fogli volanti, missive agli amici, quadernetti, manoscritti autografi. Già questo è una opposizione alla vanità dei poeti che tendevano alla gloria.
«Enfant prodige è Rimbaud. Ma il prodigio non è tanto nell'aver iniziato a comporre versi sui banchi di scuola (un ‘fenomeno’ comune a tanti altri poeti), quanto nel’aver raggiunto così presto una sua fisionomia e autonomia, nell'essersi forgiato quasi immediatamente un suo stile, una sua poetica, segnati da marchi d’un’inconfondibile originalità, e soprattutto nella fierezza sdegnosa con cui innova, lacera, ribalta, distrugge procedimenti e convenzioni, per poi a breve scadenza registrare, con non minore fierezza, il proprio fallimento, e cessare, tacere» (G.Macchia/ M.Colesanti, E.Guaraldo/G.Machi, G.Rubino/G.Violato, La letteratura francese. Dal Romanticismo al Simbolismo, Editore Rizzoli, sesta edizione, giugno 2006, pag.266). Questo è il vero mito di Rimbaud.

 

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Bibliografia minima generale

- A. Soffici, Arthur Rimbaud, a cura di François Livi, editore Vallecchi, 2002
- G. Furgiuele, Rimbaud. Come si difende un mito, edizioni Fontana di Trevi, 2013
- G.-A. Bertozzi, Rimbaud. Illuminazioni, Tascabili economici Newton, Roma 1994
- G.Macchia/ M.Colesanti, E.Guaraldo/G.Machi, G.Rubino/G.Violato, La letteratura francese. Dal Romanticismo al Simbolismo, Editore Rizzoli, sesta edizione, giugno 2006
- R. Faurisson, A-t-on lu Rimbaud. Suivi de l’affaire Rimbaud, editore La Vielle Taupe, 1991
- Rimbaud A., Rimbaud. Opere in versi e in prosa (con testo a fronte), introd. e note di M. Guglielminetti, trad. di D. Bellezza, Garzanti, IV edizione marzo 2004.
- E. Ria, Il ragazzo dalla faccia pulita. Saggio su Rimbaud, Villaggio Maori edizioni, Catania 2014, Collana 'Ellissi'.

 

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