Il blog di Elio Ria

Spighe di poesia

La vera religione è una religione della natura

ott 142018

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Vanini

Empio ti dissero! Con maledizioni
Oppressero il tuo cuore e ti legarono
E ti diedero alle fiamme,
Uomo santo! Perché poi non tornasti

A scendere in fiamme dal cielo, per colpire
La testa dei blasfemi e non chiamasti la tempesta;
Affinché le ceneri dei Barbari
Via dalla terra, via dalla patria gettasse!

Ma quella che vivendo amasti, che ti accolse,
Morente, la sacra natura, dimentica
Il fare degli uomini e i tuoi nemici
Tornarono, come te, all’antica pace.

(Friedrich Hölderlin, Vanini, Canto e follia, trad. a cura di Luca Crescenzi e Gio Batta Bucciol, RCS 2001)


Hölderlin ribadisce la sua visione panteista ricordando il filosofo naturalista italiano Giulio Cesare Vanini (1585-1619) condannato al rogo come eretico a Tolosa. Non ha dubbi il poeta su Vanini e cesella con un punto esclamativo il verso: Uomo santo, accolto dalla sacra natura. La sacralità della natura è indiscutibile, nonché vera religione. Vanini non amò Dio ma la natura, ed in essa morì. Hölderlin benedice ed esalta la morte del filosofo che non è sacrificio né martirio ma un giusto ritorno nel ventre di una natura sacra che è madre e padre, ma soprattutto ausiliatrice e consolatrice degli inganni umani, esaltatrice della vita, regolatrice del finito e dell’infinito. Vanini brucia nelle fiamme di un inferno che già era in lui ed in lui diventa altare di sacralità della propria morte fra le braccia della natura. Si potrebbe ipotizzare la sua morte come un ‘Inno al male’, in cui il male è inferto con voluttà, contemplato con compiacimento, una sofferenza che paradossalmente genera amore, compassione e perdono. Dunque, l’unica vera legge è la Legge della Natura, le altre leggi, ovvero le religioni storiche, non sono considerate altro che ‘finzioni ed illusioni’.
La prima qualità di un onest’uomo è il disprezzo della religione, che ci vuole timorosi della cosa più naturale del mondo, che è la morte, odiatori dell’unica cosa bella che il destino ci ha dato, che è la vita, e aspiranti a un cielo di eterna beatitudine dove vivono solo i pianeti, che non godono né di premi né di condanne, ma del loro moto eterno, nelle braccia del vuoto. Siate forti come i saggi dell’antica Grecia e guardate alla morte con occhio fermo e senza paura. Gesù ha sudato troppo aspettandola. Che cosa aveva da temere, d’altra parte, poiché sarebbe risuscitato? (Umberto Eco, L’Isola del giorno prima)

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