Il blog di Elio Ria

Spighe di poesia

Il Natale in solitudine di Ungaretti

dic 102020

undefined

Natale
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con
le quattro
capriole
di fumo
al focolare

(Giuseppe Ungaretti)

Cos’è davvero oggi questa festa? Ma è una festa? Una festa è festa allorquando procura gioia e innalza il cuore all’infinito. Questa festa che ogni 25 del mese di dicembre assumiamo come la festa delle feste, la più grande e intensa, cosa in fondo ci dà? O dovremmo essere noi a darle? Certamente noi ad essa diamo il significato del consumo, dell’ossessione della tensione di felicità, dimenticandoci l’evento storico che ne deriva. Siamo fatti così. Ci dimentichiamo dell’importanza che le cose rappresentano, ci abbandoniamo facilmente all’effimero, osservando il mondo attorno a noi in superficie, anche guardare ormai è una fatica. Perché farlo? Ungaretti: ho la stanchezza sulle spalle. Il poeta ha fatto la guerra, ne conosce nei particolari la gravità e la sofferenza. E noi? Noi no! Ugualmente siamo stanchi di troppo luccichio, tuttavia in esso ci sguazziamo. Invoca il poeta la solitudine, essere lasciato come una cosa in un angolo per raccogliersi e non disperdersi. Raccogliersi nella propria intimità, in quel focolare di coscienza che dà forza per dimenticare quello che ha vissuto. Il calore (di breve durata) del camino lo conforta: quattro capriole di fumo. Poi c’è il fronte che lo aspetta nuovamente.
E noi? Noi come farfalle impazzite non riconosciamo i fiori, i profumi, il verde, la semplicità. Noi piangiamo per il cenone di Natale. Cenone di Natale! Ci mortifichiamo delle limitazioni di festa. Questa è la nostra angoscia.
Buon Natale!

 

Atom

Powered by Nibbleblog per Letteratour.it