La Tensione di Eva
ott 242017
La mia prefazione a "La Tensione di Eva"
di Giuliana Mangione
Prefazione
“L’immagine rispecchia il sacro come un’eco rimanda il suono al luogo d’origine.” (René Girard)
Novembre 1974. Mi apprestavo a compiere il quinto lustro e la vita mi stava scivolando addosso senza lasciare traccia. Ci accomunava una certa parentela con gli sposi e il fatto che eravamo diversi: io maschio, lei femmina. La guardavo per scoprire qualcosa che mi potesse arpionare a lei e con lei, alla vita.
Al tavolo che ci ospitava per il pranzo, lei era seduta quasi di fronte a me e parlava con i ragazzi che le erano seduti accanto. Io la osservavo e ascoltavo senza intervenire, ma il fatto che parlasse con loro un po’ m’infastidiva; non la volevo condividere con gli altri; desideravo l’esclusiva.
Era carina, più giovane di me, un’adolescente in una delle sue prime uscite sociali. Mi affascinava il suo modo di tenere a bada quei ragazzi: annullava con arte e con garbo, qualsiasi tentativo di sorprenderla. Evidentemente non gradiva la loro compagnia ed io lo percepivo. Volevo stare con lei; magari con una scusa trovarci soli e parlare di noi tra noi, senza sguardi indiscreti.
L’occasione si presentò e ci trovammo fuori in giardino da soli. Lei parlava, io ascoltavo e di tanto in tanto interloquivo con monosillabi di consenso e di sostegno alle sue perifrasi esistenziali. Mi parlava di lei, delle sue sofferenze, dei suoi rapporti con i genitori, del suo sentirsi oppressa, prigioniera, relegata in ruoli che non gradiva; del suo rapporto difficile con il padre, con la scuola e con il lavoro; del suo non sentirsi libera. Era bellissima, più parlava e più mi piaceva. Una ribelle come me.
Con una scusa trovai il coraggio di prenderle le mani e tenerle tra le mie. Le toccavo, le accarezzavo; lei se le lasciava trastullare. Sentivo che muoveva docilmente le sue dita chiuse nella mia mano; sentivo il suo abbandono, il suo lasciarsi guidare in quei movimenti docili e minimi delle dita. Si era avvicinata con il suo corpo al mio; la sentivo senza toccarla; i nostri corpi quasi respiravano insieme. Non ne ero ancora consapevole, ma accanto a me c’era la donna della mia vita.
Quella stessa donna che nel novembre del 1974, in un giardino di un ristorante romano, teneva le sue mani nelle mie, mi ha chiesto ora di scrivere la prefazione del suo primo libro. Mi sono sentito importante e, per qualche giorno mi sono crogiolato in un intimo e sottile piacere di vanità che ha orientato i miei tentativi di approccio verso improbabili e assurde elucubrazioni letterarie. Poi sono tornato alla realtà di un libro scritto con amore e che parla d’amore in tutte le forme in cui si è presentato a una donna del nostro tempo.
«Il romanzo è il luogo della più profonda verità esistenziale e sociale del XIX secolo» . (René Girard)
La tensione di Eva non è proprio un romanzo, cui Renè Girard si riferisce per rilevare l’approccio interpretativo basato sul realismo ermeneutico, ma è una raccolta di racconti e poesie estemporanee che indicano il cammino di donna dell’autrice; un cammino visto come “il romanzo” dell’asserzione girardiana. Dall’intimo conflitto esistenziale di una ragazza piena di femminilità, che il padre in cuor suo desiderava fosse maschio (“ah se tua sorella fosse nata maschio, allora sì…”Prima che Lady Macbeth), alla riconciliazione affettiva, amorevole e filiale di una donna matura con quello stesso padre, uomo ormai vecchio, rugoso e sorridente (vola il pensiero mio / alla speranza di guardarti per molto tempo ancora - Ti guardo ora).
Un cammino in cui il sogno e la realtà sono espressi in un’unica unità narrativa. Una narrazione che riflette il vissuto sentimentale ed emozionale dell’autrice. Sogno e realtà dunque, come unica verità, agita e mediata da una donna che non vuole rinunciare alla sua natura femminile nonostante i tempi e le situazioni le chiedano il contrario. Una femminilità preziosa, che sola può condurla a quella “maternità” che pervade e risplende nei componimenti La carezza nell’anima ed Eri mio figlio, e a quell’unicum coniugale che traspare dal racconto-monologo La valigia.
In questa raccolta l’autrice ha scelto e riunito i suoi componimenti, scritti in tempi e situazioni diverse, (dalla conduzione della casa e della famiglia, all’educazione dei figli, dalla condivisione coniugale, al lavoro professionale, fino alla sua rilevante e personale esperienza teatrale e cinematografica, ecc.). Il risultato è un insieme organico che rappresenta il suo romanzo ovvero la sintesi emozionale di fatti e accadimenti che hanno forgiato la sua personalità.
Lo stile seguito è libero, scevro da qualsiasi classificazione e catalogazione; una sorta di diario poetico e narrativo in cui l’esperienza teatrale dell’autrice riaffiora nelle fervide immaginazioni sceniche e nelle trame. Racconti e poesie rese in una sequenza ordinata, non sempre secondo la cronologia in cui sono state scritte, ma secondo i richiami emozionali della sua memoria affettiva; un ordine che segue comunque un filo logico che lega i singoli componimenti e che culmina nell’ultima e dolcissima poesia Ti guardo ora.
La lettura in sequenza di questi componimenti, (che in parte mi erano, singolarmente già noti), rende l’immagine di una donna viva e vera. Una donna le cui gioie, sofferenze e le emozioni vissute, deposte nelle pieghe più recondite della sua anima femminile, hanno formato e caratterizzato la sua poliedrica personalità d’artista, di figlia, di moglie, di mamma… di donna.
Un diario intimo della quotidianità. Un riflesso poetico di un’esistenza femminile del nostro tempo. Un’opera che ci racconta i sogni e i ricordi di una donna, trasfigurati sublimati dalla sua memoria affettiva. Un’opera che è appunto quella girardiana “immagine che rispecchia il sacro come un’eco che rimanda il suono al luogo d’origine.”
Rosario Frasca
Presentazione Libreria degli Elfi