Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Pasolini

mar 032020

"Le ceneri di Gramsci", il poemetto che dà il titolo alla raccolta, datato 1954 e pubblicato sul n. 17-18 di Nuovi Argomenti del novembre-febbraio '55-'56.

 

undefinedAntonio Gramsci (1891-1937), filosofo italiano, organizzatore e co-fondatore del Partito Comunista Italiano. Gramsci scrisse più di trenta quaderni di storia e analisi durante la sua prigionia voluta da Mussolini. I suoi Quaderni dal Carcere contengono sia idee relative alla storia italiana e al nazionalismo, sia riflessioni originali sul Marxismo e principi critici ed educativi, tra cui il famoso concetto di egemonia culturale. Morì poco dopo il suo rilascio a causa di problemi di salute.

 

 

 

 

 

Scrive Pasolini:

Intorno ai quarant'anni, mi accorsi di trovarmi in un momento molto oscuro della mia vita. Qualunque cosa facessi, nella «Selva» della realtà del 1963, anno in cui ero giunto, assurdamente impreparato a quell'esclusione dalla vita degli altri che è la ripetizione della propria, c'era un senso di oscurità. Non direi di nausea, o di angoscia: anzi, in quell'oscurità, per dire il vero, c'era qualcosa di terribilmente luminoso: la luce della vecchia verità, se vogliamo, quella davanti a cui non c'è più niente da dire.

 

Mi sono immaginato un piccolo dialogo tra il poeta e il filosofo che s'incontrano a Testaccio.

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Pasolini chiede a Gramsci, che dorme "nella stessa pasta dei sogni" di una tomba, nel cimitero acattolico di Testaccio:

 

«Mi chiederai tu, morto disadorno,

d'abbandonare questa disperata

passione di essere nel mondo?»

 

Gramsci dall'aldilà risponde a Pasolini, che si consuma nell’al di qua, alle falde del "Monte de' cocci":

 

Solo l'amore, solo il conoscere conta,
non l'aver amato, l'aver conosciuto.
Dà angoscia il vivere di un consumato amore
L'anima non cresce più.

 

Un pensiero profondo, abissale; parole che inchiodano e vincolano inesorabilmente l'amore e la conoscenza - cioè la realtà - solo al presente, nell'atto, nell'azione; e vestono il passato di quel "consumato amore” nell'immobilità paralizzante di un'angoscia non voluta e rabbiosa.

 

undefinedUna rabbia che cova dentro. Pasolini sente la sua esistenza dispendersi - come le ceneri di Gramsci - nell'indeterminatezza di un nulla abissale. Questa è stata la sua vita il suo dolore, la sua rabbia poetica.

Il suo "Il Vangelo secondo Matteo", oggi rivalutato e restaurato, rappresenta la sintesi simbolica di questo suo "vivere contro".

 

 

Bisogna rileggere tutta l'opera pasoliniana in questa chiave di angoscia esistenziale, per rivalutare tutta la potenza del suo "j'accuse" contro la casta ipocrita e arrogante del potere politico e mediatico.

 

 

La sua morte e le sue opere assumono, in quest'ottica, il valore di testimonianza e di documento storico.

Con lo sguardo addolcito della memoria affettiva, il suo vissuto angoscioso è presente, latente e virulento, in tutte le sue opere; eppure lui in quella selva oscura vedeva "la luce della vecchia verità, quella davanti a cui non c'è più niente da dire."

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