Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Monologhi o-scurati

apr 242024

Premessa

Si tratta di due monologhi lontani tra loro anni luce. Uno è l’attuale monologo salito alla ribalta dei media dopo essere stato rifiutato dalla Rai e divenuto virale nei social. L’altro è il monologo immaginato da Fellini che lo mette in bocca al violoncellista Mastorna il quale rifiuta il premio fasullo che gli viene assegnato nell’aldilà da una bella signora e dai notabili di turno. L'accostamento dei due monologhi è solo un divertimento scribacchino che ho voluto sperimentare per far arrivare un messaggio di gioia e di libertà in occasione della Festa di Liberazione: una festa democratica una memoria importante che non merita inutili polemiche e faziosità politiche. Buona festa e buona lettura a tutti.

 

La premiazione

tratto da "Il viaggio di G. Mastorna" di Federico Fellini)

Avanza, sul palcoscenico, una stupenda signora, in mantello di visone, broccato, parure di diamanti: come una Madonna. Sorride, a destra e a sinistra, rispondendo all'uragano di applausi. La segue un valletto dall'aria ascetica e glabra: un valletto che porta un enorme cofano stipato di buste. La bella e maestosa signora sorride e, di colpo, il suo enorme sorriso diventa un dettaglio ripercosso simultaneamente da tutti gli schermi televisivi.
Prende con la mano bianca, una busta e si prepara, con un gesto diafano, ad aprirla. Ma prima di ciò il presentatore dice, indicando un grande schermo che si illumina, come per incanto, dietro i trofei floreali del palcoscenico:

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Come sempre, lo sapete bene (la perfezione non ammette novità), noi proietteremo su questo schermo le scene esemplari della vita dei premiati. Questo dovrà servire, se non da esempio - visto che quello che uno fa non è detto che sappia farlo anche un altro, - almeno da giustificazione per la scelta che è stata fatta.

La bella signora sorride, come per mettere il punto a questo discorsetto e poi, con agili dita, apre una busta. Ed ecco che l'altoparlante scandisce rimbombando il suo nome. Chiamano lui, proprio lui.

Giuseppe Mastorna, violoncellista.

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Dietro le quinte, dove fervono i preparativi. Mastorna, con la faccia tutta impiastricciata di cerone, di rossetto e di nerofumo, esasperato da tutti quei toccamenti, (da tutte quelle attenzioni plateali, quegli occhi che lo fissavano), si alza di scatto e, pulendosi il viso con l'asciugamano, si avvia verso il palcoscenico, mentre scoppiano attorno applausi fragorosi. Squilli di fanfare, sventolio di bandiere, lancio di palloncini.

Un uomo con la fascia da sindaco gli si fa incontro, leggendo sui suoi foglietti la solita litania di lodi:

Avvicinati eletto figlio del vecchio pianeta Terra, splendida bandiera della raz...

Vuol dire "della razza umana" ma, nell'allargare le braccia, i foglietti gli volano via di mano e si sparpagliano per terra. Faticosamente s'inchina a raccoglierli ansimando, e continua, impappinandosi, il suo discorsetto.

...avvicinati, fa' che le mie indegne mani... l'aureo simulacro... ah no, ecco qua... maestro di armonia, artefice di incantesimi sonori, ti aspettavamo! Alla timida voce del tuo strumento palpitavano le foglie, l'uomo scuro e afflitto si sentiva chiamato al paradi...

si interrompe di nuovo, cercando il foglietto giusto. Il Presentatore gli viene in aiuto, raccogliendo da terra il foglietto dove c'è il seguito della frase, e continuando a leggere per lui:

...paradiso, il musicofilo assaporava l'esaudimento delle sue pretese estetiche. Tu ci onori, maestro, con la tua presenza, tu ci conforti, accettando il tangibile segno della nostra inesausta ammirazione!

Sul grande schermo che fa da fondale sul palcoscenico, appare un'immagine che dovrebbe essere quella di Mastorna. Ma non è Mastorna. L'immagine ritrae uno squallido tipetto insaccato in una veste da prete, che con aria sciocca e immobilizzato con la mano alzata regge un ombrello.

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Mastorna (indicando l'immagine): Ma quello non sono io!

Mastorna ripete con voce strozzata dalla rabbia: Quello non sono io! Non v'accorgete che è l'immagine di un altro?

Tutti ridono divertiti come d'innanzi all'incomprensibile capriccio di un bambino (con vivaci scuotimenti di testa e a gesti sembrano voler rassicurare Mastorna che l'immagine proiettata sul telone è proprio lui).

Implacabilmente la bella signora, sorridendo in uno sfavillio di denti bianchissimi, continua con la sua rotonda voce da cantante:

...l'aureo simulacro a cui si volgono i sogni di tanti. Che tu possa trascorrere qui da noi un'eternità felice!...

Così dicendo apre l'astuccio e fa per consegnarlo a Mastorna. L'astuccio, foderato di seta, contiene una piccola piastrina metallica dorata. Ma Mastorna non ritira il premio. Guarda il modestissimo trofeo in silenzio, con una smorfia di derisione e poi, con uno scatto furioso, dà un colpo all'astuccio e lo fa schizzar via dalle mani della signora, che rimane impietrita, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati.


Nel silenzio improvviso che è sceso su tutti, una voce robotica fuori scena, comincia a parlare:

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 La fabbrica del tempo (Franco Fortunato)

 

(dal monologo di Antonio Scurati)

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"In questa nostra falsa primavera non si commemora soltanto l'omicidio politico; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Sono luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.

Queste concomitanti ricorrenze luttuose - primavera del '24, primavera del '44 - proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica - non soltanto alla fine o occasionalmente - un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?

Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così.

Il gruppo dirigente post-fascista ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l'esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola "antifascismo"nelle diverse occasioni commemorative della Resistenza).

Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell'anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana".

Mastorna, dopo aver ascoltato la voce robotica, interviene animosamente:

Ma che state a di'? Eternità felice? Antifascismo? Qui? Con voi? In questa specie di circo equestre? In questa confusione, in questa volgarità? In questo cretinismo? Ma io ne faccio a meno della vostra felicità eterna!

Questa sarebbe la seconda vita, la vera vita? Questo il traguardo dove dovevamo arrivare dopo tanti anni di paure, di ansie, di solitudine, di male? Una vita tanto magra e amara, tutto per arrivare a questa festa sciagurata? È questo il regno di Dio?

(Con un urlo disperato).

Non è possibile! Con tutte le mie forze, con tutta la mia passione, con tutta la mia intelligenza, tutto il mio cuore io grido: non è possibile che la morte sia questa! Non dobbiamo accettarla, non possiamo accettarla!

Da bambini si andava in chiesa, ricordate?... Ci accompagnavano in chiesa,...si dicevano le preghiere, ci si andava a confessare... gli uomini hanno costruito cattedrali immense... hanno sofferto, sperato, si sono fatti uccidere... perché cosa? Rispondete: tutto per questo carnevale?


Da quando sono capitato qui, ogni cosa è confusione, tutto è incomprensibile, tutto è peggio di prima, una ridicola pagliacciata priva di senso che mi fa rimpiangere la nostra vissuta umanità, il nostro buon senso, ci fa rimpiangere la vita umana, con tutti i suoi errori. Chi ha inventato questa dimensione è un pasticcione confuso che ha bisogno del nostro aiuto, dei nostri consigli.
Che squallore, che desolazione di fantasia! È questa dunque la favolosissima morte?

Qualcuno dalla platea grida

Ma tu cosa aspettavi che ci fosse? Come te l'eri immaginata questa faccenda?

È vero... è vero. Cosa avrei voluto trovare?...Non lo so...

(Con uno scatto accorato).

Ma qualcosa deve pur esserci di diverso... qualcosa che non assomiglia a tutto quello che abbiamo già conosciuto. Non è possibile che tutto sia identico a prima.

(Aspettando Godot)

La stessa ignoranza, la stessa paura, le stesse vanità, la stessa baraonda. E nessuno che sia in grado di spiegarci che cosa è successo, che cosa si debba fare. Abbiamo diritto di avere almeno delle spiegazioni.

 Una voce dalla platea:

- Ha ragione, che cosa siamo morti a fare, allora?

Ero venuto qui con fiducia ed umiltà, pronto a rispondere a tutto quello che mi sarebbe stato chiesto, disposto a pagare in ogni modo il conto che mi sarebbe toccato; domandavo in cambio una parola definitiva, una sistemazione, un'indicazione da seguire, un po' di chiarezza.


Mi si dà invece una medaglietta accompagnata da una motivazione che farebbe ridere il più squallido e il più frivolo dei nostri tribunali. Mi si consegna uno stupido trofeo per azioni altrettanto insignificanti. Si sbaglia persino la mia fotografia. Fate finta di non riconoscermi? Debbo aiutarvi io a ricordarvi di me? Devo proprio dirvi io chi sono e che cosa ho fatto? Ma allora, se devo dirvelo io, a che cosa è servito sentirsi spiati, osservati alle spalle per tutta la vita?

Voi dovete ricordarvi tutto di me. Tutto deve essere scritto a lettere di fiamma nella vostra mente, nella vostra memoria; e se non c'è scritto allora siete stati negligenti voi, e voi dovete meritare una punizione, non io.

O forse questa medaglia, che mi date senza nessun criterio, è un pot-pourri di tutta la mia vita, un allegro incomprensibile "e visse felice e contento" con il quale mi si vuol liquidare?

In questo caso io rifiuto un simile vergognoso riconoscimento. Io dico di no Io dico di no Io dico di no. Ora basta. Quello che sta succedendo qui è mostruoso e criminale, uno sberleffo avvilente, un insulto al mio cuore e alla mia intelligenza.


Mi si è fatto credere illusoriamente in un'idea di giudizio, di premio, di castigo, ed ora mi accorgo di avere in questo modo imposto alla mia vita un senso del tutto immaginario che mi ha impedito di scoprire quello vero.

Che debbo fare? Piangere per la delusione, per l'amarezza, per il dolore? Sarebbe troppo poco, significherebbe annullarmi in questa melma schifosa che sta tentando di soffocarmi. Io sputo su questo tribunale assente e pazzo e disprezzo il suo silenzio.


La fine del discorso di Mastorna è accolta da vivacissime reazioni contrastanti: C'è chi applaude freneticamente, chi piange di entusiasmo e di commozione, chi urla di sdegno, chi invoca maledizioni su Mastorna, l'arresto immediato. Gruppi di applauditori si sono fatti sotto il palcoscenico e acclamano Mastorna come un liberatore. tra le varie fazioni cominciano a volare insulti, schiaffi risse e vere lotte nascono in ogni dove dell'immenso salone.

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Qualcuno fa segno all'orchestra di attaccare a suonare: esplode una fragorosa musica da ballo in mezzo a tanto sconvolgimento, si formano delle coppie. Molti si mettono a ballare, mentre gli altoparlanti rimbombano inviti alla calma, alla moderazione.

Un gruppo, tra i più esagitati applauditori, è salito sul palcoscenico circondano Mastorna,lo sollevano e lo portano in trionfo.

 ratio imitarum naturam

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