Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Annunciazione, annunciazione!

ott 052018

 

Il secondo intervento, riferito alla discussione del Gruppo di lettura di Letteratour, "Il nazional socialismo in Germania", riguarda il primo capitolo del romanzo "Ognuno muore solo" di Hans Fallada; questo primo capitolo è la presentazione dei personaggi. Il compito di presentarli è affidato a una postina; la teutonica Eva deve consegnare la lettera in cui il responsabile nazista annuncia ai coniugi Quangel, la morte del figlio sul fronte francese. Eva Kluge ed Anna Quangel sono le due donne a cui Fallada affida il compito di introdurre il lettore in quelle "atmosfere fosche", da lui anticipate nella brevissima prefazione.

 

Annunciazione

annunciazione!

"La posta posta porta una cattiva notizia"

Incipit

undefined"La postina Eva Kluge sale lentamente le scale del numero 55 della Jablonskistrasse. Sale lentamente non soltanto perché il suo giro quotidiano l'ha stancata, ma perché ha nella sua borsa una di quelle lettere che detesta recapitare e adesso, subito, due piani più su, la deve consegnare da Quangel."

Magistrale incipit, che richiama il tema dell’annunciazione e mette da subito il lettore in uno stato d'attesa.

Il titolo del capitolo: "la posta porta una cattiva notizia”, traccia l’argomento dell’annuncio; la postina Eva Kluge richiama l’angelo che porta la buona novella ad una vergine di nome Maria.

Quel "salire lentamente le scale”, sia per la stanchezza sia perché Eva Kluge detesta recapitare "una di quelle lettere” ai coniugi Quangel, richiama la salita del calvario con la croce sulle spalle. L’annuncio della morte diventa una metafora dell’annuncio della vita.

Il caos

"Prima ancora c'è la cartolina di convocazione per i Persicke, al piano di sotto. Persicke è un funzionario, o gerarca, o qualcosa di simile, nel partito - Eva Kluge confonde ancora sempre tutte queste cariche."

Alla prima frase segue una descrizione dei personaggi della famiglia Persicke; una breve descrizione che termina con una frase emblematica che richiama il caos sociale: "Eva Kluge confonde sempre tutte queste cariche”. Questo caos dà un senso all’attacco della frase “Prima ancora c’è”…. come dire biblicamente: "All’inizio era il caos” parafrasando “In principio Dio creò il cielo e la terra”, (prima era il caos). Prima dei Quangel ci sono i Persicke diventa: "Prima della vita c’è il caos”.


Eva Kluge: un personaggio in cerca d'autore.

undefined"Lei non s'interessa di politica, è semplicemente una donna, e come donna trova che non si mettono al mondo figli per farseli ammazzare. E anche una famiglia, senza uomo, non vale nulla, e per il momento lei stessa non ha più nulla, nè figli, né uomo, né famiglia. Invece deve star zitta, essere molto prudente e recapitare schifose lettere della posta militare, scritte a macchina e non a mano, e che, come mittente, portano il nome dell'aiutante maggiore del reggimento."

Fallada apre il romanzo focalizzando l’attenzione su una donna: Eva Kluge. Venti righe per presentare alcuni personaggi attraverso i pensieri della postina Eva Kluge:

La postina Eva Kluge che sale lentamente le scale.
La postina Eva Kluge detesta recapitare una di quelle lettere che ha nella borsa (ai Quangel).
Eva Kluge confonde (ancora sempre) le cariche dei Persike nel partito: funzionario, gerarca, qualcosa di simile;
Eva Kluge, dai Persike, sa che bisogna salutare con Heil Hitler e fare attenzione a quello che si dice.
Eva Kluge sa che è raro incontrare qualcuno a cui possa dire quello che veramente pensa.
Eva Kluge non s’interessa di politica, è semplicemente una donna.
Eva Kluge come donna trova che non si mettono al mondo figli per farseli poi ammazzare.
Eva Kluge come donna trova che una famiglia, senza un uomo, non vale nulla;
Eva Kluge come donna trova che, per il momento lei stessa non ha più nulla; né figli, né uomo, né famiglia.
Eva Kluge deve star zitta, essere molto prudente e recapitare schifose lettere della posta militare, scritte a macchina e non a mano, e che, come mittente, portano il nome dell’aiutante maggiore del reggimento.

Nella sua “apertura" Fallada mette la donna al centro del mondo; prima, attraverso il ruolo di “postina”, presenta i coniugi Quangel; “poi" nomina i Persike che, abitando al piano sotto, verrebbero “prima". Con questo piccolo stratagemma sintattico e/o lessicale, l'autore colloca i Quangel al di sopra dei Persike. Subito dopo esclude la politica dagli interessi di Eva Kluge e ne afferma invece il suo essere donna con tre caratteri essenziali: maternità, coniugalità e famiglia: la donna senza figli, senza uomo né famiglia, non ha più nulla.

L’esclusione della politica dagli interessi della donna Eva Kluge, è il segno che il romanzo non si interessa di politica ma dell’umanità ovvero dei sentimenti e dell’agire umano. Il romanzo "Ognuno muore solo” non tratta di politica ma di realtà relazionali.

"Tutti gli eroi del romanzo attendono dal possesso una metamorfosi radicale del loro essere." (René Girard)

Analisi girardiana

La donna senza figli, né uomo, né famiglia non ha più nulla. L’uso del verbo avere è importante perché lascia il margine esistenziale dell’essere. In altri termini maternità, coniugalità e famiglia non riguardano l’essere ma l’avere; con tutte le conseguenze che questa distinzione comporta: l'essere donna si concretizza nel desiderio di possesso.

Dunque Eva Kluge vuole avere un uomo, vuole avere un figlio; vuole avere una famiglia per essere veramente la donna del suo ideale immaginario. Eva Kluge vuole cambiare il suo misero stato; vuole una metamorfosi radicale del suo essere e, per arrivare a questo, desidera un vero uomo, un vero figlio, una vera famiglia. Ma il suo desiderio di possesso deve passare per una realtà che non corrisponde nella concretezza all'ideale immaginario; Eva Kluge sprofonda così ne suo misero ruolo di postina che annuncia la morte del figlio a un'altra donna a un'altra famiglia: i coniugi Quangel.

La presentazione di Eva Kluge, dunque, parte dal ruolo sociale (postina), per arrivare, attraverso i suoi pensieri, alla sua umanità e ripiombare mesta, nella realtà, nel ruolo di postina per sopravvivere nella storia; Eva Kluge è una donna che non è più nulla e che resta in possesso solo degli attributi sociali e nasconde nel sottosuolo il suo essere umanamente donna. Eva Kuge, un personaggio in cerca d'autore.


I Persikeundefined

Un bel "Heil Hitler" introduce il personaggio del vecchio ubriacone Persike. Altro stratagemma letterario per connotare o apparentare Hitler a un "vecchio ubriacone". Si passa subito a una tiritera del vecchio Persike rivolta alla postina per il mancato “trionfale annuncio” della capitolazione della Francia; un “trionfalismo di “regime” atto a persuadere gli ultimi disfattisti del regime nazista osannato daI Persike.

“Oggi si fa festa, non si lavora! oggi ci si sbronza un po’ e questo pomeriggio andiamo dalla vecchia ebrea del quarto piano, e la carogna ci darà caffè e torta! Lo dovrà fare, ve lo dico io, è ora di finirla con la compassione."

La "vecchia ebrea" è il personaggio "fuori scena” verso cui i Persike nutrono mire di "appropriazione” della merce accatastata nell’appartamento al quarto piano.

 


La lettera

La postina Eva Kluge sale dai Quangel con la lettera in mano; ha paura a consegnarla; è pronta a scappare subito appena consegnata la lettera; ma è fortunata: invece della signora, gentile e disponibile a qualche scambio di battute tra disperati, si presenta alla porta il marito:

"il marito dal viso tagliente di uccello, con la bocca stretta e gli occhi freddi; senza una parola prende la lettera e le chiude la porta sul naso, come se fosse una ladra da cui ci si deve guardare."

Ed ecco presentati i coniugi Quangel; nella più completa indifferenza, nella fredda insignificanza di due persone qualunque; con pochi tratti vengono presentati gli anomali eroi del romanzo.


Eva Kluge ritorna sui suoi passi, ripercorre le scale in discesa passa davanti alla porta dei Persike; fa qualche riflessione sulla quella sghemba famiglia, sulla notizia della vittoria sulla Francia, sui suoi figli partiti per la guerra, sulla nullità del suo inaffidabile marito cacciato di casa, sull’uomo dal viso d’uccello al quale ha consegnato la lettera, e pensa alla vecchia ebrea Rosenthal del quarto piano a cui la Gestapo ha portato via il marito da due settimane.

“Non hanno certamente mai fatto male a nessuno, quei due vecchi, hanno sempre venduto a credito anche a Eva Kluge, quando non aveva denaro per la biancheria dei bambini, e da Rosenthal la merce non era peggiore o più cara che negli altri negozi."

"No, non entrerà mai nella testa della signora Eva Kluge che un uomo come il vecchio Rosenthal sia peggiore dei Persike soltanto perché è ebreo. E ora la vecchia signora se ne sta sola come un cane, lassù nell’appartamento, e non si fida più di scendere in strada. Soltanto quando è buio va a far la spesa, con la stella ebraica puntata sul petto; probabilmente fa la fame. “No, - pensa Eva Kluge - anche se avessimo vinto dieci volte la Francia, da noi le cose non sono giuste”.

Eva Kluge esce di scena e lascia il posto ai due “eroi” del terzo piano.


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I Quangel

"Anna ha aperto la lettera, per un momento il suo viso si illumina davvero, poi si spegne quando vede la scrittura a macchina. Legge con apprensione, sempre più lentamente, quasi avesse paura di ogni parola ancora da venire. L’uomo si è chinato in avanti e si è tolto le mani dalle tasche, si morde il labbro, presagisce una disgrazia. Si fa silenzio nella stanza. Il respiro della donna diventa affannoso.
A un tratto grida, uno strano grido sommesso, che il marito non ha mai sentito. La testa le cade in avanti, batte prima contro i rocchetti di filo sulla macchina, poi si abbassa tra le pieghe della stoffa, coprendo la lettera fatale."

 

 

In questa successione di azioni c’è tutta la forza descrittiva fortemente realista di Fallada. La scena della lettura di quel fatale foglio dattiloscritto, si svolge in una sequenza inesorabile di azioni per culminare in uno strano grido sommesso e la caduta della testa in avanti fino a sbattere sui rocchetti di filo sulla macchina; per poi abbassarsi e finire la caduta sulle pieghe della stoffa, coprendo la lettera fatale. Una descrizione da sceneggiatura, quasi fotogramma per fotogramma; il lettore vive con Anna Quangel, quegli attimi strazianti della lettura che annuncia la morte del figlio, come fosse la sua, più che fosse la sua. Immagino che per una madre la morte del figlio, giovane e innocente, sia il più grande dolore dell’universo; un dolore che lacera il velo di una realtà che le diventa estranea e le fa scoprire l’abisso più oscuro e profondo dell'universo.

"In due passi Quangel è dietro di lei. … Sente che sua moglie trema in tutto il corpo. - Anna,- dice, - Anna per favore! Aspetta un momento - poi osa: - È capitato qualcosa a Otto? Ferito? Grave?
Lei continua a tremare, ma nessun suono esce dalle sue labbra. Non accenna ad alzare la testa e a guardarlo in viso.
Quangel guarda i capelli di lei, sono diventati così radi dal tempo che si sono sposati. Sono vecchi, ormai; se davvero è accaduto qualcosa a Otto, Anna non avrà mai più qualcuno da amare; soltanto lui, ed egli sente sempre che c’è molto poco da amare in lui. Non riesce mai, in nessun modo, a dirle quanto le sia affezionato. Persino ora non sa accarezzarla, essere un po’ più tenero con lei, consolarla. Posa soltanto la mano pesante sui suoi capelli radi e le solleva dolcemente la testa, appoggiandosela contro il viso, e dice a mezza voce: - Non vuoi dirmi, Anna, cosa ci scrivono?"

Quangel non pensa al figlio ma alla moglie, soffre per lei. Pensa al dolore della sua donna, all’inesorabile diradamento dei suoi capelli, alla quieta deriva della sua femminilità; è premuroso, impacciato; vorrebbe darle un po’ di tenerezza, di dolcezza; vorrebbe consolarla; lui è il suo uomo, suo marito; ma è consapevole che "c’è ben poco da amare in lui”.

Eppure nei suoi gesti impacciati si scorge l’estrema delicatezza che usa verso quella madre affranta dal dolore, quella donna ferita nelle viscere. Le prende la testa, ferita e sanguinante, appoggiandosela contro il suo viso; come a voler condividere “fisicamente" il dolore; fino a spezzare quell’intenso momento di condivisione, sussurrando a mezza voce, come fosse un effusione d’amore:

"Non vuoi dirmi, Anna, cosa ci scrivono? Ma benché gli occhi di lei siano ora vicinissimi ai suoi, Anna non lo guarda, li tiene semichiusi. Il suo viso è di un pallore giallognolo, i suoi freschi colori sono svaniti. Anche la carne sulle ossa sembra consumata, come se lo guardasse una testa di morto. Soltanto le guance e la bocca tremano, e tutto il corpo sussulta, scosso da un misterioso tremore interno."

Anna Quangel non risponde, non lo guarda; lei è ormai nell’abisso, tutto le è estraneo anche il marito. Il suo corpo acquista sembianze cadaveriche; il marito, che le tiene testa, ha l’impressione di tenere la testa di un cadavere: "come se lo guardasse una testa di morto”; soltanto il tremore delle guance e i sussulti del corpo indicano un residuo di vita “interno", misterioso e oscuro: é la ribellione del corpo all’angoscia della morte annunciata.

Quangel ha paura; una paura “ridicola di fronte al profondo dolore della moglie”: Quangel ha "paura che lei possa cominciare a gridare ancora più forte e più selvaggiamente di prima. Egli ha sempre amato il silenzio, nessuno in casa doveva accorgersi dei Quangel. E meno che mai dar sfogo ai propri sentimenti. Ma anche in mezzo a questa paura l’uomo non riesce a dire più di quello che ha detto prima: - Ma cosa hanno scritto? Dillo, Anna! … Cosa è successo al nostro piccolo Otto?"

Il vezzeggiativo del marito, riferito al figlio, ha il potere di richiamare in vita la donna che dopo aver deglutito un paio di volte apre gli occhi e mormora: - Otto, che cosa gli deve esser successo? Nulla, non c’è più il nostro piccolo Otto, ecco cosa è successo!

La notizia è resa e l’uomo trasale dice soltanto un “Oh” profondo e lontanissimo come se gli salisse dall’intimità più recondita del cuore. Stacca la sua attenzione dalla donna, lascia inavvertitamente la testa ferita della donna; e prende la lettera: resta imbambolato, fissa le parole sul foglio senza riuscire a leggere. 


L’ira e la rabbia di Anna Quangelundefined

La donna gli strappa di mano la lettera. Il suo umore è cambiato, lacera con ira il foglio in mille brandelli e inveisce contro il marito:

"- Ora ti metti a leggere questa porcheria, queste schifose bugie che scrivono a tutti? Che è morto da eroe, per il suo Fuhrer e per il suo popolo? Che era un modello si soldato e di camerata? Questo vuoi lasciarti contare da loro, quando sappiamo benissimo tutti e due che il nostro Otto amava soltanto trafficare intorno alle sue radio e che ha pianto quando gli è toccato andare soldato? Quanto spesso mi ha detto, quando era recluta, che avrebbe preferito sacrificare la sua mano destra pur di liberarsi di costoro! E adesso "un modello di soldato e un eroe”! Bugie, tutte bugie! Ma questo l’avete combinato voi, con la vostra sporca guerra, "tu e il tuo Fuhrer!"

Ecco il grimaldello, la frase fatidica che sblocca Quangel dal suo torpore assente. La chiave che apre la porta alla ribellione. Quangel non sopporta che la sua donna lo accusi di collaborare col Fuhrer; quel "tu e il tuo Fuhrer” lo sconvolge; sente l’ostilità dell’unica persona che lo conosce, che gli è stata sempre vicino e che ora lo accusa di essere amico del Fuhrer. No, Quangel non ci sta e in cuor suo già ha preso la decisione di opporsi e resistere quel regime che fino ad allora aveva sostenuto.

"Io e il mio Fuhrer? Mi dici perché, tutto a un tratto il Fuhrer è diventato il “mio" Fuhrer? Non sono mica nel partito, io, soltanto nel Fronte del Lavoro, e lì ci devono entrare tutti. Abbiamo votato una sola volta per lui, tutti e due. … Non capisce ancora come a sua moglie sia venuto in mente questo improvviso attacco contro di lui. Sono sempre stati della stessa idea...

Ma lei ribatte con violenza: - E tu sei l’uomo della casa e decidi ogni cosa e tutto deve andare secondo la tua testa e se io voglio un tramezzo per la provvista delle patate giù in cantina, bisogna farlo come vuoi tu, non come la penso io! E in una faccenda così importante hai sbagliato? Ma tu sei un sornione, vuoi soltanto la tua pace e non dar nell’occhio. Hai fatto quello che facevano tutti, e quando hanno gridato: “Fuhrer comanda, noi ti seguiremo”, gli sei andato dietro come una pecora e noi abbiamo dovuto seguirti. Ma ora il mio piccolo Otto è morto, e nessun Fuhrer del mondo e nemmeno tu potrete ridarmelo."

Stabat mater. Amen

Lo sfogo di una madre ferita dalla morte del figlio si articola con tutta la sua violenza contro l’uomo, il Fuhrer e il mondo. È un urlo di dolore che investe tutto e tutti. Non c’è consolazione possibile di fronte alla morte del suo "piccolo Otto”; suo e non nostro come aveva detto il padre; suo, solo suo e di nessun altro. Ma ormai è morto e la colpa è delle “pecore” come suo marito che hanno seguito il comando del Fuhrer “Fuhrer comanda, noi ti seguiremo”. Il Fuhrer ha comandato la guerra e i padri hanno mandato i loro figli a morire per il Fuhrer. Nulla può consolare Anna Quangel che ha perduto il suo piccolo Otto in una guerra comandata dal Fuhrer.

"Quangel ascoltò senza replicare. … Osservò soltanto, in risposta a queste accuse: - Bisognerà dirlo alla Trudel."

"La Trudel era la ragazza di Otto, quasi la sua fidanzata. … Veniva spesso da loro, la sera, anche adesso che Otto era al fronte, per fare due chiacchiere. Di giorno lavorava in una fabbrica di uniformi.

L’accenno alla Trudel cambiò il corso dei pensieri di Anna Quangel. Gettò uno sguardo al lucido orologio a pendolo alla parete e domandò: - Puoi arrivare da lei prima del tuo turno?
- Oggi l’ho dall’una alle undici, - rispose lui. - Ce la farò.
- Bene, - disse lei, - allora và e dille di venire qui, ma non dirle ancora niente di Otto. Gielo dirò io stessa. Il tuo pranzo sarà pronto a mezzogiorno."

Dopo lo sfogo di Anna, tutto tra i due sembra tornare nell’ordinarietà della vita quotidiana; ma nei loro pensieri tutto è cambiato. L’ultimo gesto di Anna è la raccolta dei pezzettini di carta della lettera fatale.

"Ripose con cura i brandelli di carta nella busta busta e li nascose nella sua raccolta di inni religiosi. Al pomeriggio, quando il marito era fuori, avrebbe avuto il tempo per ordinarli e incollarli insieme. Anche se erano tutte bugie, sporche bugie, erano pur sempre l’ultima cosa di Otto. L’avrebbe conservata nonostante tutto, e mostrata alla Trudel. Forse allora avrebbe potuto piangere, per il momento aveva ancora fiamme dentro al cuore. Le avrebbe fatto bene piangere. Scosse rabbiosamente la testa e andò al fornello."

La rabbia, dunque, è l'ultimo sentimento di Anna, con cui Fallada chiude il capitolo dell'annunciazione...una scena che Massimo Troisi e la Smorfia, ci restiuscono comicamente così:

 

 

Link della discussione: Il nazional socialismo in Germania

 

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