Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Storia di un acquerello

set 032017

 

Da qualche tempo, cioè dalla soglia dei miei dodici lustri di vita, spesso mi sorprendo a rivisitare le mie radici nel racconto di un “me" che mi manca e non ho presente; forse spinto dal bisogno di recuperare quella parte d'identità che sonnecchia silenziosa dietro la paratia della quotidianità.

In uno di quei giorni di rivisitazione, mi capita tra le mani una cartolina anonima del paese in cui sono nato e ho vissuto il mio primo lustro di vita: Pozzallo. Un’immagine anonima, dozzinale, senza un cenno di originalità in grado di suscitare un richiamo di vita vissuta, una qualche epifania, un ricordo sopito; solo l’ostentazione di quei segni urbani e paesaggistici che caratterizzano un paese formato cartolina; segni che lasciano, comunque, immaginare tutte le possibili vite che lo hanno attraversato e lo consumano nelle memorie emigrate.

Guardo insistentemente quell’immagine anonima e inizio a costruire una sinfonia di ricordi, con rapsodie, fughe e cullanti barcarole. Mi viene la voglia di entrare in quell’immagine, di percorrere quelle strade, di sentire la sabbia pietrosa sotto i piedi nudi, di guardare il mare, le barche,... e poi, da quella spiaggia, volgere lo sguardo verso la strada alle mie spalle, ci sono alcune persone appollaiate, altre intente al passeggio, altre ancora perse nelle loro attività. Ecco, vedo una vecchina che sta attraversando la strada; lì, sulla destra del quadro, nel tratto sopraelevato della strada che confina con la spiaggia, dove un ponticello lascia scorrere un rigagnolo di acque reflue verso lo spiazzo di "pietre niure” fino a esserne inghiottito e confuso con tutte le pietre, in una melma sabbiosa.

C’è un uomo in bicicletta che smette di pedalare e comincia a zigzagare per non investire la vecchina che attraversa la strada a testa bassa; il ciclista forse è inesperto, non riesce a frenare, gesticola impacciato verso la vecchina togliendo la mano dal manubrio; la bicicletta ha un'improvviso cambio di direzione e s'indirizza lateralmente, verso il basso muretto di protezione del ponticello; l’uomo vola con tutta la bicicletta aldilà del muretto, si tiene ben stretto al manubrio di quella incompresa bicicletta; in quell'abbraccio strettissimo, quasi sensuale; l'uomo e la bici sembrano danzare, volteggiano nell'aria fino a baciarsi e perdersi sulle "pietre niure”, qualche metro più sotto; poi riprendono a volare più sù, fino a perdersi nel cielo, per sempre. Nei lustri successivi mi è stato detto, dal circolo parentale, che quell’improbabile ciclista era mio padre e che la seducente bicicletta era una gelosa ed esclusiva proprietà di un suo nipote.

Compro una scatola di acquerelli, una matita, una risma di carta ruvida e inizio a disegnare: le sagome delle case, la torre Cabrera, il porto, le barche, la spiaggia; poi impasticcio con acqua i colori del cielo e del mare; poi spalmo i colori della spiaggia, quello delle case, della strada e della vegetazione; poi ripasso a definire le ombre, le finestre e quello che mi capita con decise pennellate, veloci, interrotte e improvvise, come preso da raptus.

Nel progredire dell’opera mi rivengono in mente luoghi e situazioni; volti e persone dimenticate appaiono nel disegno, proprio nel momento in cui mi dedico a quella casa, a quell’angolo di strada, quel tratto di spiaggia; poi volti e persone scompaiono in dissolvenza e lasciare il posto a un flusso continuo e inesauribile di altri ricordi che, come un fiume in piena, vogliono fissarsi tutti sul quel foglio già imbrattato; mi fermo, mi allontano dal foglio indietreggiando di un passo, e osservo il capolavoro nascosto di un artista sconosciuto.

Ciò che osservo non mi pare molto fedele all'immagine della cartolina; ma non m’importa; perché quell’immagine sghemba e colorata la sento strettamente vincolata ai miei ricordi; e questo mi piace, mi soddisfa: la mia opera d'arte ha una sua orgogliosa personalità; la cartolina è diventata solo un pre-testo per il mio capolavoro.

Aggiungo la bicicletta e l’omino-padre spiattellati sulle "pietre niure” della spiaggia omonima; e chiudo l’opera con una firma; la rappresentazione del mio paese natio è completa; è lì, ben centrata sul foglio che si mostra inespressivo come la faccia visibile di una maschera teatrale che nasconde la verità al suo interno: la verità è oltre il segno e il di-segno. La folla dei miei ricordi è tutta lì, sopita e serena; nascosta nei tratti e nei colori impressi su quel foglio di carta ruvida.

Pozzallo - Pietre Niure - Acquerello

undefined

In dodici lustri di vita non avevo mai fatto un'opera così impertinente.

 

 

 

Atom

Powered by Nibbleblog per Letteratour.it