Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Pagine su Dante - 2

apr 012021

 

 ROMANO GUARDINI - DANTE

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Epilogo soggettivo

(La via che mi ha portato a comprendere il grande poema)

 

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1- Dante esisteva e avevo un dovere

L'incontro con l'opera grande è decisivo quanto al rapporto con la creazione spirituale. Ma un simile incontro richiede una concentrazione di energia, ed anche una specie di adeguamento dell'esistenza che, con il crescente numero delle opere, si fa sempre più difficile. Eppure è necessario.

Com'è possibile capire intimamente che cosa è l'arte se non si è conosciuta la grande opera d'arte? 

Anche qui come in tutti i problemi decisivi, l'autentico non si determina dal basso verso l'alto, ma viceversa. È difficile comprendere la forma grande, appunto perché è grande. L'incontro con essa può essere quindi solo il frutto di una lunga preparazione. Prima che si conceda bisogna a lungo spendersi per conquistarla. Bisogna prima cercare di intuire quale poesia sia quella che ci è destinata: se di Omero o di Shakespeare, di Virgilio o di Goethe. Bisogna simpatizzare con essa pur anche se ci rimane ancora in qualche modo chiusa.gli incontri e gli eventi della vita ci devono dare indicazioni sull'opera per la cui conquista siamo fatti, finché verrà il momento in cui essa ci si rivelerà. 

Parlo per esperienza e vorrei raccontare come ho trovato l'accesso alla Divina Commedia di Dante.

Esattamente venticinque anni fa (cioè nel 1909) - ero ancora studente - uno dei miei professori mi chiese se avessi letto Dante, e poiché dovetti rispondere negativamente, mi disse sorridendo che studiare teologia, parlare italiano e non aver letto Dante, era quasi un peccato. Disse "quasi un peccato veniale", poiché era insegnante di teologia morale e amava la precisione. Non ricordo più se ho cercato di fare quanto mi si suggeriva, ma in ogni caso non vi sono riuscito. Ma una cosa era certa: Dante esisteva e avevo un dovere nei suoi riguardi.

 

2 - La Vita Nuova

Passarono alcuni anni, avevo terminato gli esami, ero stato in cura d'anime, e mi trovavo di nuovo all'università per abilitarmi. Fu in Friburgo, e il tema della mia dissertazione verteva sulla dottrina della redenzione in San Bonaventura. In Quel tempo cercai di nuovo di avvicinarmi a Dante, e precisamente alla Vita Nuova, ma essa mi rimase chiusa. Non seppi entrare nella potenza di quell'esperienza interiore che, venendo dal cuore, irradiava nello spirito e al tempo stesso sconvolgeva l'esistenza fisica. Mi sembrava irreale e perciò puramente letteraria.

undefinedPer caso - tutti gli incontri sono casuali - conobbi una persona. Divenimmo confidenti e un giorno mi parlò di sé. Stetti ad ascoltarla attentamente, e un lampo interiore mi disse: questa è esattamente l'esperienza della Vita Nuova! Non voglio con ciò mettere a pari i due livelli, sarebbe far torto all'uno e all'altro. Ma la fecondità della conoscenza dipende in buona parte dal fatto che, attraverso la somiglianza qualitativa, si impara a trovare l'accesso ad un fenomeno maggiore movendo da uno minore.

Ormai sapevo una cosa: che l'evento interiore della Vita Nuova corrisponde a un'esatta verità e che la Divina Commedia di Dante rimane impenetrabile finché non si è compresa l'anima vitale della sua opera giovanile. Ma francamente non giunsi ancora al capolavoro.

 

undefined3 - La luce in Engandina

Il mio lavoro di allora mi insegnò molte cose utili alla comprensione di Dante, come scorta per così dire. Prima di tutto imparai che cosa significhi per il medioevo conoscenza: non ricerca nel senso moderno, ma contemplativa penetrazione del mondo e costruzione dell'immagine dell'esistenza.

Poi che cosa significhi il concetto, più esattamente, il fenomeno della luce spirituale, quale emerge da una determinata esperienza intellettuale e contemplativa. Questa intuizione rimase dapprima teorica; ma intuivo che doveva esservi dell'altro, finché, circa quindici anni dopo, andai in Engandina e notai la sua luce.  Forse un giorno mi sarà concesso di esporre in forma più circostanziata quanto là imparai - specialmente quando, quasi a chiarirmi quella elevata chiarezza vi si aggiunse la dolce luce ottobrina dell'Allgau e poi ancora quell'oro caldo che dalle colline del veneto è defluito nei quadri di Tiziano.

Ad ogni modo compresi allora qualcosa di Platone che non si trova in alcun libro, tranne che nei suoi propri; ma anche in essi lo si nota solo dopo aver visto la chiara luce di cui parlo e il cuore ne è rimasto sopraffatto - ciò che nel cuore è al tempo stesso  la parte più intima dello spirito. Compresi pure qualcosa di Plotino e di Agostino, poiché quella chiarità vive anche in essi, sebbene in modo diverso. E quando vidi come una simile luce si posava attorno agli alberi, alle foglie, ai rami, alle loro forme; come trasfigurava i monti nel tardo pomeriggio, quando tutto cambia, allora ho presentito quale affinità ci sta tra la luce e la dottrina della trasfigurazione.

Tutto questo mirava a Dante, ma stava ancora fermo e aspettava, poiché egli continuava ad essere per me esigenza e promessa, non partecipazione.

 

4 - La realtà nell'Assoluto

Il pensiero dell'uno e dell'altro cammina per molte diverse vie. C'è chi muove dalla realtà e penetra a grado a grado nell'universale. Altri devono seguire la direzione opposta, e a questi io appartengo. Soltanto nel corso di molti anni ho potuto arrivare dalle idee alle cose, all'uomo concreto, alla storia; ma certamente tutto questo fu allora raggiunto in una profondità particolare.

Finché finalmente ho scoperto la meraviglia del reale di fatto: di ciò per cui non esiste motivo per cui debba essere, ma che è, e si afferma davanti alla possibilità sempre incombente di potere non essere. E bisognava inoltre vedere in tale realtà là esistente, che è "fortuita" - ma l'espressione è profana; si deve dire: che è "dono", che è "data" dalla libera munificenza del Dio vivente - può irradiare l'autentico. Non al di sopra, non al di fuori di essa, ma in essa.

 

undefined5 - Il libro di Erich Auerbach

Poi un giorno mi si parlò del libro di Erich Auerbach. (Viaggi nel Testo - Autori della letteratura Italiana - Dante Alighieri) Già il titolo era eccitante: "Dante poeta del mondo terreno". Ma il suo contenuto fu ancora superiore all'aspettativa. Dante vi era designato come il poeta cristiano nel senso più profondo. Si intendeva per cristiano una mentalità che non identifica il concreto con il puramente empirico, ma lo vincola all'Assoluto-Eterno; E d'altro canto non risolve l'esistenza nell'ideale, ma la conserva nella storia. Presupposto a tutto c'è l'Incarnazione di Dio; e ciò che decide della qualità cristiana di un pensiero è che esso accolga in sé questo fatto - veramente factum, insieme azione e verità. - come sua norma. Allora mi apparve chiaro come Dante sia il poeta che porta nell'eterno l'uomo, il mondo, la storia, l'esistenza tutte, ma senza che la forma finita venga dissolta. Essa si trasforma, ma rimane conservata.

Il libro mi apriva la porta, ma non varcai ancora la soglia. Giacchè quando ripresi a leggere - quale vigoria plastica, quale precisione di contorni, quale risolutezza di forma! - Era magnifico, vibravano fin le fibre del mio corpo - ma proprio in questo consisteva la difficoltà, poiché si trattava di aldilà, di un altro mondo, della sfera santa dell'aperta presenza di Dio! Questa sfera non voleva rivelarsi; proprio la concreta densità delle forme lo impediva.

 

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6 - L'immagine visionaria

Poi un giorno lessi che il pellegrino è pieno d'angoscia nel bosco senza uscita; che vuol salire sul monte illuminato da tutte le speranze, ma non può perché la selva lo trattiene. Gli animali infernali lo aggrediscono, la lupa della cupidigia di qui a un attimo gli sarà alla gola, ma tutto questo non accade! La fiera si lancia e non arriva alla preda, e l'orrore è proprio qui. Dove è possibile? mi domandavo. Nel sogno! Là ogni cosa è ciò che è, eppure è diversa, afferrabile eppure arcana e straniera! Ma poi il pensiero corse avanti: No, non è il sogno, ma la visione!

Era la condizione previa, il punto da cui si doveva guardare, sentire: dal modo di vedere della visione. Le forme mantenevano tutti i loro contorni esatti, ma entravano nell'atmosfera di un altro stato. Tutto era chiaro, eppure apparteneva all'aldilà.

In uno scambio di vedute con una persona che viveva tutta per Dante - ebbi anche questo incontro che portò ad una serie di discorsi pieni dello stesso amore ed entusiasmo - nell'accogliere i suoi pensieri e nel riflettervi, questa premessa psicologica si estese fino a divenire un principio per la comprensione dell'opera. Dante dice: ho visto. Questa parola è impegnativa. Il suo poema deve essere considerato come contemplato, come un'immagine visionaria che nasce da una immensa esperienza.

7 - La sintesi

Allora si unirono tutti i fattori in attesa, accumulati nel corso di tanti anni. La totalità particolare dell'esperienza della persona di cui ho detto, il fenomeno della luce alta, la concretezza terrena conservata nell'Assoluto e il libro di Auerbach, l'elemento visionario come presupposto psicologico e oggettivo: tutti questi elementi entrano in sintesi.

Potrei menzionare altre cose ancora: la conoscenza, acquisita dinanzi all'altare di Isenheim del Grunewald, della natura propria dell'arte che nasce dall'esperienza mistica. Di riscontro l'idea che l'esperienza religiosa più pura può sfociare nell'azione storica, anzi politica: in un Bernardo di Chiaravalle e in modo ancor più straordinario in una Caterina da Siena. Il mistero di quell'amore che è nello stesso tempo luce e ardore, in modo che il cuore è spirito e lo spirito pulsa nel sangue: in Francesco d'Assisi esistenza viva, in Agostino pensiero possente, in Pascal esperienza dei valori in una coscienza critica, philosophia e theologia cordis. E altro ancora.

Tutto ciò crebbe fino a formare uno spazio vivo, una sintesi di forme interpretative, in cui ora la Divina Commedia ha il suo luogo e che si schiude sempre più, rivelando una ricchezza sempre più profonda, e la capacità di accogliere le esperienze che la vita ancora dona.

undefined(Dante - Raffaello)

 

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