Il blog di Rosella Rapa

Tourismi letterari

il Bambino che giocava con la Luna

feb 092019

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Padre Aimè Lucien Duval, prete gesuita, (1918 Vosges -1984 Metz) è stato un cantautore francese che a partire dal 1957 fino al 1968-69 conobbe un travolgente successo, unendo la sua poesia mistica ad una melodia dolce e amabile suonata sulla sua chitarra. Improvvisamente, nel 1970, scomparve, non solo dalle scene, ma letteralmente dal mondo. Le supposizioni furono tante, la realtà angosciante: Lucien era caduto vittima dell’Alcool.
Le biografie francesi attribuiscono questo crollo (come quello di numerose star dell'epoca)
alla tremenda pressione esercitata su di lui dall'accavallarsi degli impegni, dalla fatica provocata dai concerti e dai viaggi estenuanti, sempre solo, sempre in auto, con poco, pochissimo tempo per se stesso.
Lucien, fortunatamente, incontra gli Alcolisti Anonimi, e comincia una lenta ripresa. La verità sul suo mondo interiore viene raccontata nella sua autobiografia “Il bambino che giocava con la luna”. Il bambino che impiegava un'ora per raggiungere la scuola e un'ora per tornare a casa, con la Luna sola compagna nelle notti d’inverno.

Estremamente introspettivo, il suo lungo racconto sulla spirale negativa dell' Alcool e sulla difficile risalita, si legge d'un fiato, per il linguaggio raffinato e potente, che in certi casi passa a frasi di gergo parlato, per enfatizzare un momento particolare. Finita la lettura, si ricomincia dall’inizio, perché questo non è un romanzo su cui si possano far questioni sull’andamento della storia, sui caratteri dei personaggi, sulle descrizioni dei luoghi. Qui c’è un uomo che si confessa, descrivendo le sue paure, i suoi desideri, i suoi ricordi. Il suo racconto non è un piatto sermone sui danni dell’Alcool, una storia monotematica. I fatti si alternano, come normalmente arrivano alla nostra memoria, collegandosi per associazioni inconsce, oppure fermandosi ad un “punto” perché altri prorompono. Il suo desiderio (e le sue azioni, dopo la liberazione dall’alcolismo) è quello di raggiungere molti altri alcolizzati per far capire loro che questa possibilità c'è, c'è una cura alla loro malattia. Perché l'Alcolismo è una malattia, che purtroppo dura tutta la vita, e in casi estremi porta alla morte.

 

Non tutti gli Alcolizzati e gli Alcolisti sono gentili e desiderosi di guarire come Lucien, ma di questo lui non si preoccupa: suo interesse è raccontare come si possa cadere, in compagnia degli alcolici più diffusi, vino e birra, in condizioni peggio che penose, al punto di non riuscire nemmeno a stare in piedi. Succede, è vero, è la sua storia.
La guarigione da questa misconosciuta malattia può avvenire solo unendosi con altri Alcolisti che hanno smesso, o stanno smettendo di bere. Ci si fa forza l’uno con l'altro.

Anche Lucien si riprende. Ma non riprende a cantare, perlomeno non più ossessivamente come prima. E’ più sereno, più disponibile, più aperto. Sembra impossibile, perché, soprattutto dalle sue canzoni, si capisce che è sempre stato di animo buono e gentile. L'alcool lo stava riducendo in pezzi, ma non ne mai modificato il carattere.
Lucien non si descrive mai, descrive poco anche gli altri. Un particolare, una voce, e la persona si fissa nella nostra mente. E’ uno scrittore eccellente, avrebbe potuto dedicarsi al giornalismo dopo la risalita, ma preferisce aiutare chi ha un problema più grave, e lo fa anche scrivendo questa autobiografia tematica. Questo libro può aiutare chi è alle prese con l’alcool e se ne sente schiavo, ma anche chi vive con un alcolista, per comprendere il dolore profondo del compagno/a.
Vi invito a leggerlo e ad ascoltare i suoi concerti. La sua storia è lì, e i capitoli del libro descrivono meglio di ogni altro discorso il programma di recupero.

Rosella

Il Percorso

· La strada
· La discesa
· Il fondo
· Conoscenza della malattia
· Gli A.A. prima riunione
· In punta di piedi con del sangue nuovo
· La risalita: la verità guarisce
· La smania di salvarne altri
· La padronanza dei sentimenti
· Il coraggio di chiedere scusa
· La felicità contagiosa
· La voglia di vederci chiaro
· La forza misteriosa del gruppo
· La libertà per finire


La musica

Dotato di una meravigliosa capacità di espressione lirica, aggiunge ai suoi sermoni canzoni che accompagna personalmente sulla chitarra. Ha successo, e il suo stile è così piacevole che dal 1953 si dedica interamente alla canzone, sempre come chitarrista solista.
Ha tenuto più di 3.000 concerti in 44 paesi, riunendo più di 30.000 persone in un concerto a Berlino. Era apprezzato per il suo talento, la sua naturale gentilezza, la sua grande semplicità e il suo modo gioioso di proclamare il Vangelo - la gioia che poteva condividere. Era molto attento alle persone più umili, alle miserie e alle umiliazioni degli altri.”
(da Wikipedia.fr – I suoi LP si trovano su youtube)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




 

Addio al 2018

gen 012019

Addio Anno Vecchio

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Benvenuto Anno Nuovo

Per ricordare in modo un po’ diverso dal consueto questa ricorrenza, e salutare l’arrivo di un nuovo anno, che speriamo in ogni caso migliore di quello passato, ho pensato di prendere in prestito alcune frasi del grande Charles Dickens; non dal famosissimo “Canto di Natale”, ma dal “Circolo Pickwick”. L’autore termina il racconto delle peripezie di Mr. Pickwick con queste parole, che ho trovato ricche di sentimento e che dedico a tutti gli amici. 

“Congediamoci dal nostro vecchio amico in uno di quei momenti di pura felicità che, se sappiamo cercarli, vengono sempre a rallegrare la nostra passeggera esistenza. Vi sono scure ombre sulla terra, ma le luci appaiono poi più vivide per il contrasto. Taluni, come i pipistrelli o le civette, hanno occhi migliori per le tenebre che per la luce; noi, che non abbiamo tale virtù visiva, preferiamo prender commiato dai nostri immaginari compagni di tante ore solitarie quando il poco sole del mondo ci illumina in pieno.

E’ destino di molti di farsi in gioventù parecchi veri amici, ma di perderli poi nel corso della vita.
E’ destino di tutti gli scrittori e narratori crearsi amici immaginari e perderli poi nel corso dell’arte.”

Nel nostro mondo virtuale, in cui gli amici di mail non sono meno vicini di quelli che incontriamo ogni giorno, e gli amici immaginari viaggiano in rete trovandosi in tanti luoghi diversi nello stesso istante, io mi auguro di non perdere nessuno, almeno per molto molto tempo ancora.

Rosella

 

Vogliono uccidere il Natale!

dic 142018

Vogliono uccidere il Natale!

 

“Natale.

Suonano le campane a festa…..”

 

Altri tempi,
altri sogni.
Oggi
resta solo
Paura,
dolore,
sconforto.

Cosa mai ci hanno fatto?
I nemici dichiarati
Con le loro bombe
Hanno ucciso la speranza,
Ma c’è un peggio!
Altri, cosiddetti “nostri”,
con la loro ignavia
hanno ucciso ogni esultanza.

Il Bambino non scende più,
non sa dove posarsi,
e piange lacrime amare.
Intanto, dallo schermo
ormai piatto
Travasano giochi, quiz,
chiacchiere insulse
risposte da scimmia:

Per trasformare anche noi
In un disegno appiattito.

2016: Tir su un mercato di Natale a Berlino, dodici morti e 50 feriti.

 

L’odio non conosce feste.

E’ lì, imprendibile, ovunque.
Si nasconde,
Nei luoghi più sordidi
o nella luce del sole.
Poi,d’improvviso,
strappa il sipario:
quando lo riconosci
è già troppo tardi.


2018: Uomo spara nel mercatino di Strasburgo, 4 morti e 12 feriti

 

Rosella

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Il Diritto di Addormentarsi

ott 292018

Eravamo rimaste solo donne. Si parlava di figli: tanti pochi, nascite facili, altre difficili…

Io ero rimasta incinta a 35 anni, e venne un aborto spontaneo. In quello stanzone che sembrava preso da un vecchio film bellico  (dove almeno c’erano delle tende per isolare il proprio letto da sguardi indiscreti) chiacchieravo con altre signore della mia età, che, dopo qualche ora di lacrime, ritornavano alla vita e già pensavano al futuro: ritenti, non ritenti, questa non è prima volta, certo che fa male…
Arrivò una giovanissima signora, circa 20 anni. Al V mese l’ecografia aveva mostrato il suo bambino con una terribile malformazione: cranio e cervello spaccati in due, vita assolutamente impossibile. I medici non consigliarono, DECISERO l'aborto, da farsi senza attendere troppo, perché più si aspettava, più la madre era in pericolo.

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In quel chiacchiericcio di tanti anni dopo, la più anziana (senza figli) intervenne:
- Avrebbero potuto aspettare fino alla nascita naturale, per dare ancora qualche mese di vita a quella povera creatura! –
Io mi morsi la lingua per non scatenare una discussione, e intanto pensai: “Questa donna è pazza! E a quella povera creatura della madre non ci pensa? Piangeva in continuazione, si faceva delle colpe, non riusciva a parlare al marito… ma tu vorresti infliggere simili torture per ottenere COSA??? Quel bambino forse era già morto!"

A 37 anni finalmente arrivò la figlia tanto desiderata e voluta. Aveva talmente tanta fretta di venire al mondo, che a 7 mesi mi fu strappata via di corsa, per Eclampsia Grave. Per fortuna ero già in ospedale, o non ce l’avremmo fatta. Questa nascita fu un miracolo. Perché la bambina stava bene, non aveva alcun problema, era solo minuscola. In quel momento pensai: guarda quanti bambini vengono salvati, ce ne sono anche di più piccoli!

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Già, piccoli. Si era sotto Natale, e buttarono fuori tutti i bambini dalle incubatrici, per mandare medici e infermieri in vacanza. Così, cercai una Baby Sitter specializzata in immaturi, che salvò mia figlia dalla denutrizione, e me dall'esaurimento nervoso.
In TV mostrarono un salvataggio più che miracoloso: una bimba di quattro mesi appena. La baby sitter non condivise il mio entusiasmo.
- In certi casi sarebbe meglio lasciar fare alla Natura, anziché riempirli di sondini e dare false speranze ai genitori. Questi bambini saranno probabilmente ciechi, o sordi, o muti, o incapaci di muoversi, o chissà che altro, finché non moriranno in modo atroce. E’ solo accanimento terapeutico, ma il chirurgo guadagna posizioni. E Soldi. –
Mio Dio! Altro che miracolo. E ben pochi lo sanno. Povere creaturine trattate come esperimenti di laboratorio.

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Qualche anno dopo portai la mia figliola, vispa e saltellante, in un parco giochi su in montagna, vicino all’argine di un fiume. Mentre lei andava in altalena, io notai una giovane mamma seduta su una panchina con negli occhi tutta la disperazione di questo mondo. Accanto a lei, su un passeggino speciale, un bambino di circa 5 o 6 anni, fermato con legami ai polsi, alle braccia, alle gambe, alle caviglie e perfino sulla fronte. Immobile.

Quale brutta malattia aveva quel poverino che fissava il vuoto con degli splendidi occhi celesti? Certo era mortale, ma quando? Si poteva definire “figlio” un piccolo senza coscienza di sé? Si poteva definire “persona" un esserino che non avrebbe mai potuto sentire le carezza e il respiro della mamma, poggiato i piedi nudi sull'erba, dato un bacio?

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Queste patologie si riconoscono a volte prima della nascita, a volte no. A volte dopo pochi mesi, a volte dopo un paio d'anni. Cosa fare? Un pensiero mi turba: non sarebbe meglio lasciare ai neonati una vita di pochi giorni, ma che sia VITA, come quella di tutti gli altri bambini? Perché soffrire per forza? Sono anime innocenti: chi più di loro merita la felicità eterna?
Volevo sedermi vicino a quella mamma, ma ero ancora troppo giovane, giovane e timida. Oggi, vent’anni dopo, lo farei, anche solo per parlare un po’. Oggi come allora, credo in certi casi sia giusto rispettare le leggi della Natura, leggi di Dio, e lasciare a questi bambini, nati e non nati.

IL DIRITTO DI ADDORMENTARSI

Rosella Rapa

 

 

 

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