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 Heinrich Boll, Le opinioni di un clown
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eloise
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603 Posts

Posted - 13/10/2014 :  12:16:44  Show Profile  Visit eloise's Homepage
@Rosario: ottima riflessione, infatti il vero filosofo in tutto il romanzo è proprio il nostro clown, e anche un po' l'asceta che non dà peso alle cose materiali vs un insieme sociale estremamente legato ai beni materiali nonostante tutti professino religioni e credo agli antipodi e ripugnino persino di nominare o discutere di questioni danarose (vedi famiglia di Hans), del tutto ipocritamente.

@Tiziano: ecco, hai spiegato cos'è la coscienza infelice e sono d'accordo su quanto dici, con una differenza però: la coscienza infelice "alla Hegel" (Roquentin) ripugna di tutto e tutti e si profila nella sua individualità vs il resto del mondo, mentre il nostro protagonista anche se ha lo stesso atteggiamento affronta (o desidera affrontare) il mondo come entità duale, infatti per lui l'essere completo si raggiunge solo attraverso la coppia Hans-Maria. E' questo che intendevo quando ho parlato di "metà" in senso classico del termine, in riferimento al mito dell'uomo diviso in due. Secondo me in questo romanzo non si può comunque prescindere dal tema dell'unione uomo-donna così come si delinea nel testo: principio e base di ogni esistenza umana completa. Maria si prefigura come l'inizio della vita reale e adulta, completa e "piena" per Hans e la sua mancanza è il movente di tutto il romanzo, è l'inizio del "grido dell'anima" di questo romanzo.
L'inizio è emblematico e molto bello:

quote:
Era già buio quando arrivai a Bonn. Feci uno sforzo per non dare al mio arrivo quel ritmo di automaticità che si è venuto a creare in cinque anni di continuo viaggiare


In questo buio cittadino che è anche buio di un'anima che si sente persa e abbandonata, inizia poi un elenco molto lungo di azioni, che ripetono e riprendono i gesti quotidiani di cui è fatta la routine dell'esistenza, quasi Hans recitasse anche nella vita quella sua scenetta "Arrivo e partenza" (scendere il marciapiede salire il marciapiede deporre la borsa levare il biglietto raccattare la valigia consegnare il biglietto eccetera eccetera). Poi nel proliferare loquace di questo monologo che non finisce più fino alla fine del romanzo (e che non a caso finisce in maniera incredibilmente emblematica in una STAZIONE DI TRENI, luogo per antonomasia di arrivi e partenze) si ripetono i suoi "Da quando Maria mi ha lasciato...", "Da quando Maria è passata ai cattolici...", ecc, momento esistenziale che interrompe il flusso ininterrotto della routine e marca un "prima" e un "dopo" nella vita e nell'esistenza.
Maria, personaggio un po' sempliciotto in sé ma caricato di intensi significati da parte di Hans, ha un nome che la lega alla tradizione cattolica e come tale la rappresenta come "madre". E il rapporto di coppia Hans-Maria ha anche molto di questa alterità io-l'altro (Hegel) e bambino-madre. Senza Maria ad Hans manca l'altro in cui riflettersi per sentirsi vivo:

quote:
Un tempo, prima di cominciare a fare i miei esercizi, usavo farmi una linguaccia per sentirmi realmente vivo e presente prima di estraniarmi di nuovo da me stesso. Più tardi abbandonai questo esercizio e presi a guardarmi attentamente in viso, senza servirmi di alcun artificio, ogni giorno per almeno mezz'ora, finché alla fine non esistevo più (...) allora correvo più in fretta che potevo da Maria, per vedermi nel suo viso. Da quando lei non c'è più non riesco più a fare i miei esercizi: ho paura di diventare pazzo.


Un passo, questo, che evidenzia il tema dell'alterità e quello dello specchio. Se non sbaglio anche Roquentin a un certo punto parla di uno specchio in cui non si riconosce. E se non ricordo male anche un altro dei personaggi che abbiamo incontrato assieme: il protagonista di Uno, nessuno e centomila.

Eloise
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Tiziano
Average Member

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166 Posts

Posted - 13/10/2014 :  17:12:48  Show Profile
perdonatemi ma vado di fretta, quel che scriverò è una sorta di promemoria per non dimenticare quanto ha scritto Eloise:
1. La coppia Hans-Maria. Cara Eloise stavolta ti sei distratta, ricorda la prima apparizione - a mio parere - della coscienza infelice: la coppia Don Chisciotte- Sancho Pancia (e vogliamo metterci Amleto-Orazio, Zeno-Augusta, ecc? La narrazione è l'arte della combinazione dei topoi e dei caratteri...)
2. Maria si chiama appunto Maria, mica Carmen o Eva Kant; è un nome che è tutto un programma per quel povero cristo di Hans
3. la citazione: Hans si specchia in Maria, mi fa venire in mente che la protostoria della coscienza infelice comincia con l'amor cortese, in cui il tema della donna-specchio è onnipresente, esemplare è la "Canzone della lodoletta" di Bernart de Ventadorn: l'amante si specchia nel volto dell'amata come Narciso. Oh! e così buttiamo nell'analisi anche il narcisismo...

Tiziano
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Rosario
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Italy
418 Posts

Posted - 15/10/2014 :  13:42:02  Show Profile
quote:

...
oggi sono ancora anticlericale ma senza rabbia, i cattolici mi limito a commiserarli e con la chiesa ho regolato il mio conto personale sbattezzandomi;
...
ma soprattutto ho letto Hegel. Insomma, non si può pretendere da un adolescente che legga anche Hegel!
Voi domanderete: e che c’entra Hegel? C’entra, c’entra…

P.s ho mentito dicendo che ho letto Hegel;

Tiziano



Tiziano complimenti ai sforato la rete! Un amico mi ha scritto:
...
ho dato un'occhiata in Letteratour al gruppo di discussione su Boll: non mi sorprende che il buon Tiziano abbia finito per sbattezzarsi dopo il cocktail di Marx-Nietzsche-Freud, da cui non ci si tira certo fuori con Hegel. Perché non gli consigli l'opera omnia di Girard?
...

Tanto ricevo e tanto ti inoltro, per giusta nomina di "filosofo" del gruppo.

Personalmente ti faccio i miei complimenti per la tua grande capacità di insaporire le nostre discussioni con il "sale nobile"della sapienza filosofica.

Aggiungo solo una considerazione sui libri di Girard:

I Libri di Girard offrono una complessiva spiegazione religiosa dei comportamenti umani e sociali; giudicano Cervantes, Shakespeare, Marivaux e Proust più realisti di Marx; libri che, nel bel mezzo del soqquadro strutturalista sulle sponde del boulevard Saint-Michel, dichiarano: la chiave del paradiso è sotto i nostri occhi da duemila anni, nei Vangeli, dove non abbiamo avuto il coraggio di afferrarla, e Gesù è davvero l'unico Dio fattosi carne per l'eternità, come dicono il papa e le nonne bigotte... Un enorme sasso nello stagno delle nostre discussioni parigine e universitarie.
Michel Treguer - (Presentazione Bulzoni - Roma 2005)
RF
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Rosella
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Posted - 15/10/2014 :  15:23:35  Show Profile
Complimenti, riflessioni interessanti e davvero profonde! Io non amo molto la filosofia, ma questa volta mi sembra che abbiate affrontato un argomento coinvolgente, perchè tutti noi, almeno in qualche momento della nostra vita, soffriamo crisi di infelicità... Quella del nostro clown mi sembra patologica, una vita negata: e qui mi ricollego ad Harry, con l'idea che l'autore desideri portarci ad affrontare delle tematiche di vario genere (sociali, storiche, esistenziali) attraverso lo svolgersi di una vicenda che NON è una vicenda come tante. E' una storia molto particolare, unica (almeno per me).
Di filosofia non disserto: attendo che si affrontino latri argomenti. C'è davvero tanto su cui riflettere.
CIAO a TUTTI

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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Rosario
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418 Posts

Posted - 15/10/2014 :  20:05:08  Show Profile
Prima un inciso di attualità.

Le stesse situazioni critiche descritte nel romanzo sono state discusse nel Sinodo straordinario per la famiglia. Le relative soluzioni dovranno essere trovate nel Sinodo ordinario che si terrà a maggio l'anno prossimo. Speriamo che tutti quelli che stanno soffrendo sulla loro pelle le situazioni che Opinioni di un clown descrive con tanta poesia, possano ri-trovare la certezza degli affetti famigliari.

Ma torniamo al romanzo; premetto un brano di Romano Guardini sul matrimonio cristiano che mi è servito per definire il rapporto tra Hans e Maria.

"Il matrimonio non è meramente l'adempimento dell'amore nella sua immediatezza, che porta uomo e donna a unirsi, ma la loro lenta trasformazione che si compie nello sperimentare la realtà. Il primo amore non vede ancora questa realtà. Lo stimolo dei sensi e del cuore le conferisce un incantesimo; la avvolge in un sogno di fiaba e d'infinitezza. Solo lentamente essa si apre la strada, quando l'uno vede nell'altro la quotidianità, le insufficienze, il fallimento. Se allora accetta l'altro come è, in modo sempre rinnovato e attraverso tutte le delusioni; se porta con il partner le gioie e le pene dell'esistenza quotidiana così come la grande esperienza di vita, davanti a Dio e con la forza di Dio - cresce allora gradualmente il secondo amore, il vero e proprio mistero del matrimonio.
(Romano Guardini - Matrimonio cristiano e verginità - Il Signore - Vita & Pensiero - Morcelliana)

Hans e Maria sperimentano il primo amore; l'amore non ancora trasformato dalla quotidianità coniugale.

Considerato che l'amore cristiano trova nel secondo amore la coerenza della conversione, le mie riflessioni guardiniane - stavolta Girard aspetta da una parte - mi hanno condotto a riscrivere la storia di Hans e Maria nel modo seguente:

Hans, toccato e sconvolto dalla morte della sorella, sente in sé un disperato bisogno d'amare e d'amore; il bisogno di una affettività che la sua età e la teutonica madre, cerbera e inebriata dal fascinoso potere del denaro, non sono in grado di offrirgli.

Maria, il primo amore, diventa così per Hans l'amore definitivo, coniugale e materno; un amore totale in cui annientare se stesso, in cui perdersi.

Questo amore spaventa Maria e la spinge a rifugiarsi nell'accomodante, protetta e rassicurante coniugalità di un matrimonio cattolico.
Hans acconsente per amore ma "la casta dei cattolici" chiede di più: vogliono che i figli siano educati al cattolicesimo. Hans non ci sta, si rifiuta e Maria fa la sua scelta rassicurante.

Hans il clown diventa la pecora nera; il capro espiatorio di una società distrutta dalla guerra che cerca di rifondarsi sul "mito" falsamente cattolico; un mito fondato sulle regole dei sacerdoti e non sull'amore cristiano.

L'attualità di questa divaricazione tra società reale e chiesa cattolica è confermata dal fatto che finalmente un Papa innovativo come Francesco ha convocato un Sinodo straordinario per trovare rimedio a situazioni balorde e ipocrite che non fanno che alimentare l'anticlericalismo mai sopito che, personalmente considero ormai svilito e anacronistico.

Il matrimonio che cerca (e vive) Hans è puro; quello che gli offre Maria è corrotto e imbrattato di mondanità clericale.

Il clown Hans abdica e si lascia uccidere nella moltitudine emarginata di una stazione. L'arrivo, la partenza, i treni, i viaggiatori, Maria, gli emarginati, i mendicanti, tutti si confondono nel movimento e svaniscono nel nulla assoluto.

Il buio rassicurante del caos primordiale.

La rifondazione sociale che Boll descrive nel romanzo, fa emergere contraddizioni che ancora adesso caratterizzano la società evoluta del terzo millenio; contraddizioni che nessuna alchimia potrà mai ridurre a semplici convenzioni sociali. L'amore tra l'uomo e la donna non è scritto sui libri nè sui registri parrocchiali ma è quel secondo amore che Romano Guardini è riuscito a definire con chiarezza: un amore che prende linfa dalla realtà vissuta nella quotidianità coniugale. Un amore che piano piano accoglie e ama l'altro così com'è "nella buona e nella cattiva sorte" diceva una volta la formuletta del prete; quello che "univa due metà" in matrimonio; anzi due unità che il "secondo amore" guardiniano, piano piano potrà trasformare nelle due metà dell'unità coniugale.
RF
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ombra
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296 Posts

Posted - 22/10/2014 :  09:14:24  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Ragazzi, scusate la latitanza ma ho avuto nonna in ospedale, ha dovuto fare un brutto intervento. Vi leggo e appena riesco inserisco le altre mi osservazioni.

spero a prestissimo

Marta

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Rosario
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Posted - 25/10/2014 :  13:37:36  Show Profile
Bentornata Marta, auguri di pronta guarigione per la nonna.

Rispondo alla domanda di Eloise sul "vero" punto di vista dell'autore

A lume di ricordo, mi pare che la questione sulla "verità nel testo" ne abbiamo abbiamo discusso fin dalla lettura del romanzo Zazie nel metrò di Queneau; ma domanda Eloise:

qual è il vero punto di vista dell'autore?

Per me è chiaro che dietro ogni personaggio del romanzo c'è l'autore; lui l'ha scritto, ha inventato i personaggi e li ha plasmati secondo i suoi umori del momento; ne ha delineato i caratteri; ecc. Insomma è certo che l'autore trasferisce nei personaggi quello che gli pare; c'è poco da fare: "se li sona e se li canta" e forse qualche volta, quando rilegge la sua opera, se li sente pure. Vale a dire che il confine tra il punto di vista del personaggio e il punto di vista dell'autore è surrettizio; cioè delineato dal lettore-critico solo a fini analitici; in altre parole il confine tra i punti di vista dei personaggi romanzati e l'autore non c'è perché la ricerca del "vero" è esterna all'economia della narrazione anche se la verità interagisce con essa. Resta cioè confermato che le tante verità concorrono ad una ed una sola verità anche se, prese parzialmente, possono essere in contraddizione tra di loro. Per il lettore, stabilire il confine, differenziare cioè il punto di vista dell'autore dai punti di vista dei personaggi, risponde al bisogno di ricerca personale che, pur partendo dal romanzo, si dipana tra le maglie sociali e spirituali delle persone e dell'ambiente storico, geografico e temporale in cui si situa e si sviluppa la narrazione, la vita reale dell'autore e del lettore; (come ha scritto Haller nel suo intervento).

Insomma la ricerca dei diversi punti di vista è un'analisi letteraria di quelle potenti che non possono prescindere la storia e la biografia dell'autore e il vissuto del lettore.

Paralleli
Opinioni di un clown mi ricorda:
"il punto di vista esterno" di Hume;
lo straneamento teatrale di Brecht;
l'alienazione di Marx;
Tempi moderni di Chaplin;

... e come dimenticare "Uno nessuno e centomila" di Pirandello?

Il messaggio

Il messaggio del romanzo e' la criticità antropologica, vissuta dall'uomo, tra la lettura religiosa della vita - intesa come bisogno del sacro - e la realtà sociale in cui vive ovvero lo scarto incolmabile tra la Verità che lo supera e la realtà le che lo contiene e in cui consuma la sua esistenza.

Per inciso, l'argomento religioso resta sempre attuale perché si riferisce alla sacralità della vita; infatti in coincidenza della nostra lettura gli stessi argomenti opinati dal clown, sono affrontati dal Sinodo straordinario sulla famiglia voluto da papa Francesco e inaugurato il 5 ottobre. Un Sinodo volto a colmare la distanza tra la Chiesa e la realtà sociale modificata nei duemila anni di storia cristiana. Boll non era un veggente; sono gli argomenti religiosi che non troveranno mai una sistemazione definitiva nell'ordine sociale; la natura umana genera continuamente nuovi ordini sociali ma resta sempre legata indissolubilmente al mistero originale che tutte le culture fondano nell'ambito divino.

Quella dell'uomo e' una lotta continua che può trovare pace solo nell'altro mondo ovvero, per i cattolici, nel "regno dei cieli" annunciato nei vangeli. Il nostro clown lo sa bene e vuole gridare la sua opinione al mondo ipocrita dei ben pensanti.
RF
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Rosario
Senior Member

Italy
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Posted - 25/10/2014 :  17:16:10  Show Profile
Il tiangolo Teseo, Arianna e Dioniso

(da Treccani - di Clara Kraus)

Arianna. - Il mito di A. fu caro agli antichi fin dai tempi di Omero ed ebbe molte varianti come soggetto di numerose trattazioni poetiche. Figlia di Minosse re di Creta, e di Pasifae, A., innamoratasi di Teseo, che era venuto nell'isola per liberare Atene del tributo di vite umane dovuto al Minotauro, gli aveva dato il filo di Dedalo per aiutarlo a raggiungere e a uccidere il mostro, suo fratello, nel Labirinto; era poi fuggita con l'eroe alla volta di Atene, ma abbandonata da lui in un'isola deserta (forse Nasso), si era data la morte o, secondo la versione più diffusa, era stata salvata da Dioniso, che la faceva sua sposa.


Il triangolo Wagner, Cosima e Nietzsche.

Il triangolo mitologico con il quale Nietzsche interpreta la sua relazione con Wagner e sua moglie, allude all'episodio in cui Dionisio riceve Arianna da Teseo.

Il direttore d'orchestra wagneriano Hans con Bulov, primo marito di Cosima Liszt, che lo abbandonò per Wagner, non perse nulla del suo spirito mondano quando fu abbandonato dalla moglie e fornì la spiegazione che se una donna e' divisa tra un uomo e un dio, può ben venire scusata se sceglie quest'ultimo.

Possesso degli attributi divini e possesso della donna vanno di pari passo. Chi riceve la Arianna da Teseo e' Dioniso. Nietzsche riceve Cosima da Wagner e diventa Dioniso l'anticristo.


Wagner è cattolico e Nietzsche lo detesta mentre prima lo idolatrava; Nietzsche desiderava la donna del suo mediatore-rivale ma una volta avutone il possesso il desiderio di possesso si trasforma nel desiderio di essere Wagner ovvero di essere come il suo idolo; ma essere idolo come lui vuol dire competere da pari a pari con il mediatore - rivale ovvero diventare lui stesso mediatore-idolo di Wagner; compito improbo per l'uomo competere con dio; essere cioè lui stesso un dio-rivale; una lotta tra titani. Nietzsche diventa un uomo-dio schizofrenico; un anticristo perché nel rivale vede Cristo; Nietzsche diventa il superuomo contro l'ecce homo Wagner; Nietzsche finisce suicida gli scoppia il cervello. Ha voluto portare la lotta fino all'estremo limite umano.

Il triangolo Hans, Maria e Zupfner

"Avevo ventun anni e lei diciannove quando una sera andai semplicemente nella sua stanza per fare con lei le cose che uomo e donna fanno insieme. Al pomeriggio l'avevo vista con Zupfner, mentre uscivano insieme dalla Casa della Gioventù; si tenevano per mano e sorridevano e ne avevo provato una fitta."

Hans il clown soggetto che desidera
Zupfner soggetto mediatore - rivale
Lei (Maria) l'oggetto desiderato


Hans il clown, desidera Maria quando la vede mano nella mano con Zupfner ma, dopo averla posseduta svanisce il desiderio e la quotidianità coniugale diventa una routine asfittica e senza senso, chiusa nell'impossibilità di condividere sogni e progetti.

"Lei ormai giocava con me soltanto per gentilezza, per tranqillizzarmi o per essere carina. E non veniva più al cinema a vedere i film che io vedo così volentieri: quelli ai quali sono ammessi i bambini di sei anni."

L'egoismo di Hans trasforma il suo desiderio in una contesa pseudo-religiosa contro Maria e il suo mondo cattolico; il mondo cattolico che è il mondo di Zupfner; quindi Hans rivaleggia non con la religione cattolica ma con il suo mediatore-rivale e il suo mondo, che solo incidentalmente è il mondo cattolico; Hans spinge Maria tra le braccia di Zupfner. Maria diventa la moglie cattolica di Zupfner. Maria-Arianna abbandona Hans-Teseo per Sposare Zupfner-Dioniso.

La fine di Hans il clown e' forse più romantica (menzogna romantica); ma la "verità" non e` romantica ma "romanzesca"; nascosta cioè in quella moneta che colpisce la sigaretta nel cappello e la sospinge troppo da parte; e in Hans che, con "indifferenza" da clown, sospende il canto, si china sulla sigaretta spostata, la mette al posto giusto nel cappello e riprende a cantare: "il povero Papa Giovanni....".

Ci sarà sempre abbastanza "indifferenza" nel mondo (il clown) per distruggere la più formidabile volontà di potenza (la moneta).
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Rosella
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Posted - 26/10/2014 :  13:15:30  Show Profile
Rosario scrive : "Per me è chiaro che dietro ogni personaggio del romanzo c'è l'autore; lui l'ha scritto, ha inventato i personaggi e li ha plasmati secondo i suoi umori del momento; ne ha delineato i caratteri; ecc. Insomma è certo che l'autore trasferisce nei personaggi quello che gli pare; c'è poco da fare: "se li sona e se li canta" e forse qualche volta, quando rilegge la sua opera, se li sente pure. Vale a dire che il confine tra il punto di vista del personaggio e il punto di vista dell'autore è surrettizio; cioè delineato dal lettore-critico solo a fini analitici"

Mi sembra più che giusto.

L'autore ci ha dato la sua visione di un certo numero di fatti che costruiscono una storia, una vicenda. Noi leggiamo e interpretiamo secondo la nostra sensibilità. Ecco perchè è bello il confronto: ciascuno "vede" ciò che sente come profondamente suo.
Forse sono ovvia, ma leggo tutto ciò che dite del matrimonio e dell'amore coniugale... e penso. Penso a come lo potrei interpretare io.

CIAO

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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Rosario
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Posted - 27/10/2014 :  00:39:52  Show Profile
Analisi girardiana

"Avevo ventun anni e lei diciannove quando una sera andai semplicemente nella sua stanza per fare con lei le cose che uomo e donna fanno insieme. Al pomeriggio l'avevo vista con Zupfner, mentre uscivano insieme dalla Casa della Gioventù; si tenevano per mano e sorridevano e ne avevo provato una fitta."

Secondo lo schema triangolare del desiderio mimetico i personaggi nominati in questa frase sono:

Hans il clown soggetto che desidera
Zupfner mediatore - rivale
Lei (Maria) l'oggetto desiderato

Dei tre vertici del triangolo solo due hanno un nome e sono Hans e Zupfner ovvero il soggetto e il suo mediatore-rivale. La donna non è nominata nel pensiero di Hans: c'è solo un piccolo pronome d'appoggio quel "lei" sfuggevole che fa scivolare l'importanza sull'azione generalizzata tra uomo e donna (fare con lei le cose che un uomo e una donna fanno insieme). Quello che prova Hans per Maria non è amore ma desiderio di possesso.

Il desiderio di avere la donna di un altro, svanisce con il suo possesso e lascia il posto al desiderio mimetico di essere l'altro ovvero il mediatore-rivale; normalmente questo desiderio lo chiamiamo "invidia". Hans desidera "ciò" che desidera Zupfner perché in realtà desidera essere Zupfner.

Emulazione e invidia muovono l'agire dell'uomo nella relazione con gli altri.

Quello di Hans non e' amore a prima vista, come in un primo momento potrebbe essere scambiato, ma desiderio di possesso. Il suo desiderio di possedere Maria nasce perché la vede mano nella mano con Zupfner, il suo mediatore e rivale. Hans vede in Zupfner il modello da seguire e il rivale per il possesso di Maria.

L'ostacolo passivo costituito dal possesso, non provocherebbe lo smarrimento se il rivale non fosse segretamente venerato. Hans vorrebbe credersi vittima di un'atroce ingiustizia, ma si chiede con angoscia se la condanna, che sembra pesare su di lui, non sia giustificata (per esempio per il fatto di non essere cattolico).

La rivalità con Zupfner, dunque, non può che esasperare la mediazione; accresce il prestigio del mediatore agli occhi di Hans e rafforza il legame che unisce Maria al mediatore Zupfner, costringendo questi a dichiarare apertamente il proprio desiderio di possesso.

Hans dunque è quanto mai incapace di distogliersi dall'oggetto desiderato e irraggiungibile: a Maria, a lei soltanto, Zupfner comunica il suo prestigio, possedendola o desiderando di possederla. Gli altri oggetti (i circoli, le riunioni, l'ambiente cattolico, ecc.) non hanno alcun valore agli occhi dell'invidioso Hans, siano pure analoghi o persino identici all'oggetto "mediato".


L'Amore e la poesia

Coloro ai quali non e` stato annunciato nulla di Lui, lo vedranno, e coloro che non ne hanno udito parlare, lo intenderanno. (Rm 15,21)

Come può aiutarci questa frase nell'analisi letteraria del romanzo?

Con il metodo matematico della sostituzione di "Lui" con la parola "Amore"; la parola che sta alla base di ogni relazione con l'altro.

Hans il clown si considera tra coloro ai quali non è stato annunciato nulla dell'Amore e Lo vedrà; non ne ha udito parlare e Lo intenderà. L'autore con, questo suggello sul protagonista, mette il lettore nelle condizioni di immedesimarsi in colui che è capace di vedere e d'intendere l'amore.

La lettura del romanzo, infatti, porta a simpatizzare per Hans, quasi a tifare per lui; anche nelle situazioni in cui, dal punto di vista esterno e distaccato di lettore, il suo comportamento non è certo un esempio di benevolenza e d'amore: sia nei confronti di Maria, sia nei confronti di tutti gli altri personaggi. Ma l'abito di clown serve all'autore per nascondere i bassi sentimenti dell'uomo Hans e riesce a dare al protagonista una veste poetica.

La fine della vita e del romanzo

"E' solo al momento della morte che la nostra vita, fino a quel momento ambigua, indecifrabile, sospesa, acquista un significato."

Questa frase di Pasolini illumina la scena finale del romanzo e restituisce al clown una dignità poetica che, per tutto il corso della narrazione, è rimasta "ambigua, indecifrabile e sospesa".

RF
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Rosario
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Posted - 30/10/2014 :  13:47:36  Show Profile
Il gioco della "verità (romanzesca) e della menzogna (romantica)".

Una volta ho sentito dire che l'amore (coniugale) può dire:

"sei mia moglie perché ti amo"
oppure
"ti amo perché sei mia moglie".

Sorge spontanea la domanda: Quale delle due affermazioni potrebbero essere pronunciate dai due soggetti triangolari Hans, Zupfner? L'oggetto conteso dal desiderio dei due ovvero Maria, cosa direbbe? E ancora, quello che direbbero i tre può essere verità o piuttosto menzogna? Infine, quale delle due affermazioni sull'amore coniugale può considerarsi "cristiana"?

C'è una traccia:

Lo sposalizio di una coniux infedelis

"La cerimonia delle nozze doveva aver richiesto studi molto penosi e complicati: Maria non era vedova, non era divorziata, ed era - per questo caso lo sapevo con esattezza - non più vergine. Sommerwild doveva essersi strappato i capelli, una cerimonia nuziale senza velo guastava il suo programma estetico. Oppure avevano formule liturgiche particolari per ragazze cadute ed ex concubine di clown? Che cosa aveva pensato il vescovo che aveva celebrato il matrimonio?"

Divertiamoci a rispondere; un gesuita direbbe: giocando ci si conosce meglio che con la ragione.

RF
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eloise
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Posted - 30/10/2014 :  14:58:54  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Cara Marta, spero che tua nonna stia meglio, ti capisco perché anche io in questi giorni ho avuto numerosi brutti pensieri per la mia, di nonna. Vero che ha 93 anni ma quando la si è sempre vista presente e la si è sempre pensata come una colonna portante di tutta la famiglia, quando le si è visto affrontare decine di brutti momenti e nonostante tutto venirne sempre fuori, fa male rendersi conto che si è... in discesa rapida :(

Caro Rosario, le tue considerazioni sono così tante che devo ripromettermi di leggerle con più calma e tempo. Tuttavia vorrei fare alcune osservazioni a caldo. La prima, riguardo alla tua interpretazione girardiana: è vero che il triangolo del desiderio si evidenzia anche in questo romanzo, ma in questo caso mi pare più interessante l'approfondimento della coscienza infelice proposta da Tiziano, oppure molto più banalmente come ho detto io del lirismo narrativo, perché trovo che più che un tema a triangolo in questo romanzo sia più forte il tema del dualismo oppure della coppia.
Dualismo che si ritrova oltre che nei temi anche praticamente in quasi tutti i momenti in cui Hans interagisce con altri personaggi. Egli non si trova (quasi) mai in mezzo a più persone (eccetto durante gli spettacoli), ma predilige interfacciamenti duali, uno-a-uno. Tra l'altro questo romanzo potrebbe benissimo essere rappresentato in scena sia per gli ambienti (la maggior parte della vicenda si svolge in ambienti chiusi, poche stanze), sia perché mette in campo pochi personaggi alla volta (uno o due al massimo), anzi molto spesso i personaggi si riducono a uno solo che si interfaccia con una VOCE al telefono. Una presenza-assenza.
Queste ultime osservazioni mi fanno pensare al teatro di Beckett. Nonostante tutte le differenze, anche in En attendant Godot i personaggi chiacchierano chiacchierano e aspettano. Qui Hans chiacchiera chiacchiera (monologo) chiacchiera chiacchiera con altri (di presenza e molte volte anche al telefono) e perlopiù aspetta. In Beckett chiaramente la situazione è surreale, staccata da ogni possibile motivazione/giustificazione mentre qui abbiamo comunque una vicenda che viene raccontata. Ma molte impressioni riportano a un déjà-vu.
Poi c'è la scena (bellissima per me!!!) in cui Hans parla al telefono col frate del convento del fratello. Esilarante e al contempo profondissima, secondo me apre la porta a una serie nutrita di riflessioni (sulla comunicazione umana, sui rapporti umani, sui rapporti con Dio e la divinità, sul settarismo sociale, e chi più ne ha più ne metta). Il frate è forse uno dei pochi personaggi sinceri che incontriamo nel romanzo.

Infine una considerazione sul finale: voi come lo interpretate? da quel che scrive Rosario sembra che per lui il finale equivalga a una morte. A me sembra più un finale aperto. Che ne pensate?

Eloise
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Rosella
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Posted - 30/10/2014 :  16:54:12  Show Profile
Marta aveva introdotto il tema dell'amore in modo quasi secondario... invece è diventato uno spunto di riflessione che ci ha assorbito quasi completamente. Non solo Amore in senso stretto, ma anche amore come situazione di coppia, più o meno approvata dagli "esterni".

Io non riesco ad entrare in speculazioni prettamente filosofiche: per me tutto si riduce a fatti e momenti storici. Quando Boll scrive, il matrimonio è visto come un obbligo, in particolare dai cattolici, l'unico modo accettabile per legittimare l'amore, o meglio, il sesso. Proprio il banale sesso. Concesso purchè si resti nelle regole imposte da chi, paradossalmente il sesso non lo pratica: i preti. Poi loro sono i primi a infrangere le regole che hanno dettato... ma così divaghiamo troppo.

Hans e Maria vivono un Amore fuori dalle regole, perciò condannabile. Quando Maria cerca la stabilità coniugale, il suo sarà un vero nuovo Amore, o soltanto un ripiego? Per Hans è sicuramente la fine. La fine del suo rapporto e di se stesso, come uomo e come artista.

Eloise si interroga sul finale: io lo vedo come un finale aperto: nel momento in cui Hans taglia i ponti con il suo passato può, in qualche modo, rinascere. Sarà diverso, sarà senza Maria, sarà un nuovo tipo di clown. Tutto può succedere.

Qui ritorna un altro tema: il rapporto autore lettore. Quali che fossero le intenzioni dell'autore, noi, come lettori, possiamo interpretarlo come la nostra sensibilità ci suggerisce. Perciò la tua domanda Eloise... ha infinite risposte.

CIAO a tutti.


Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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Rosario
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Posted - 31/10/2014 :  14:37:58  Show Profile
quote:

Caro Rosario, le tue considerazioni sono così tante che devo ripromettermi di leggerle con più calma e tempo. Tuttavia vorrei fare alcune osservazioni a caldo. La prima, riguardo alla tua interpretazione girardiana: è vero che il triangolo del desiderio si evidenzia anche in questo romanzo, ma in questo caso mi pare più interessante l'approfondimento della coscienza infelice proposta da Tiziano, oppure molto più banalmente come ho detto io del lirismo narrativo, perché trovo che più che un tema a triangolo in questo romanzo sia più forte il tema del dualismo oppure della coppia.




Eloise, certo che è più interessante l’approfondimento della coscienza infelice ma questi approfondimenti filosofici forse è meglio che li faccia chi sa scrivere di filosofia; io personalmente sono perso dietro al desiderio mimetico che è argomento a me più congeniale; come dire terra terra, a lume di "pane al pane vino al vino".

Tiziano ci ha dato delle dritte sulla coscienza infelice di Hans il clown. Rileggerò il suo intervento e proverò a coniugare la coscienza infelice con l'analisi girardiana.

Comunque, rileggendo a mente quel che ha scritto Girard, ho trovato un possibile parallelo nella “promessa fallace”. Di seguito riporto le mie rapine girardiane.

Coscienza infelice e promessa fallace

La coscienza infelice è un approfondimento filosofico che può essere sviluppato partendo da tutte le situazioni triangolari del desiderio mimetico. Girard, in un capitolo (Gli uomini saranno dei) del suo libro “Menzogna romantica e verità romanzesca”, affronta l’argomento metafisico con le riflessioni dell’uomo del sottosuolo; parafrasando e tagliando qualcosa, riporto ciò che ha scritto Girard:


“Un uomo onesto e colto non può essere vanitoso che a condizione di essere infinitamente esigente per se stesso e di disprezzarsi fino all’odio”. (Dostoevskij – Le memorie del sottosuolo).

Per essere così esigente verso se stessi, bisogna che la soggettività (che esige) abbia prestato fede a una promessa fallace proveniente dall’esterno. Agli occhi di Dostoevskij questa fallace promessa è essenzialmente promessa di autonomia metafisica. (…) Dio è morto, tocca all’uomo prendere il suo posto.

La tentazione dell’orgoglio è eterna ma diventa irresistibile nell’era moderna poiché è orchestrata e amplificata in maniera inaudita. La buona novella moderna è intesa da tutti. Quanto più profondamente si scolpisce nel nostro cuore, tanto più violento è il contrasto tra questa meravigliosa promessa e la brutale smentita che le infligge l’esperienza.

A mano a mano che si gonfiano le voci dell’orgoglio, la coscienza di esistere si fa più amara e solitaria. Eppure essa è comune a tutti gli uomini. Perché questa illusione di solitudine che acuisce la pena? Perché gli uomini non possono alleviare le loro sofferenze condividendole con altri? Perché la verità di tutti è sepolta in fondo alla coscienza di ognuno?

Tutti gli uomini scoprono nella solitudine della loro coscienza che la promessa è fallace, ma nessuno è capace di universalizzare questa esperienza. La promessa rimane vera per gli altri. Ciascuno si crede l’unico escluso dal retaggio divino e si sforza di nascondere la maledizione. Il peccato originale non è più la verità di tutti gli uomini come nell’universo religioso, ma il segreto di ciascun individuo, l’unico possesso della soggettività che ad alta voce proclama la sua onnipotenza e la sua padronanza radiosa: “Non sapevo”, osserva l’uomo del sottosuolo, “che gli uomini possono trovarsi nella stessa situazione, e per tutta la vita ho celato questa particolarità come un segreto.”

(…) Ciascuno si crede solo nell’inferno e l’inferno è proprio questo. L’illusione è tanto più madornale quanto più è generale. E’ il lato buffonesco della vita sotterranea quello che si afferma nell’esclamazione de “l’anti eroe” dostoevskiano: “Io sono solo, mentre loro sono tutti!”

Non so ancora se ci siano coerenze, interferenze, deferenze o contraddizioni con la coscienza infelice; ma il termine coscienza è senz’altro condiviso tra i due ragionamenti.

Di più per ora non so dire perché non conosco la coscienza infelice. Prometto che mi impegnerò a colmare questa lacuna.

Tiziano mi perdoni per la mancata riflessione sul suo intervento; ma, la mia abitudine a scrivere di “pancia” mi ha indotto a saltare a piè pari la metafisica della coscienza infelice. Ora rileggendo Girard ho potuto constatare che ci sono alcuni aspetti che invitano ad approfondire l'analisi sul male di vivere dell'uomo che i due concetti (coscienza infelice e promessa fallace) affrontano in maniera diversa ma egualmente profonda.

Il tema del "dualismo nel triangolo" lo affronterò in un altro intervento.

RF
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Rosario
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Posted - 01/11/2014 :  10:55:24  Show Profile
Eloise, hai ragione; per me il finale equivale alla morte romantica dell'eroe e alla sua resurrezione romanzesca. La fine della "menzogna" lascia il posto alla "verità".

Boll pone l'attenzione al gesto di Hans che rimette al suo posto la sigaretta colpita dalla moneta; sposta cioè l'attenzione del lettore dal pensiero all'azione.

Il messaggio che ne ho ricavato mette final-mente in evidenza lo scarto tra l'uomo e l'attore, tra l'attore e il suo ruolo. Ogni riferimento a uno nessuno e centomila, anche se puramente casuale, è sempre ben accolto.

In altri termini è come se la sigaretta (Hans) dicesse: "sono stata deviata (per Hans: sono stato deviato dalla morte, dalla cupidigia, dall'invidia, ecc.), ma ora qualcUno mi ha rimesso al posto che mi era stato assegnato fin dalla creazione del mondo. Sono Hans il clown" …. e non più il clown Hans. Sono un attore che interpreta un ruolo e non è il ruolo che interpreto a qualificarmi attore e uomo. Sono un uomo che fa l'attore e interpreta un ruolo e non un ruolo che qualifica l'attore e che fa l'uomo.

La morte indicata nella frase di Pasolini, nel nostro romanzo è la morte dell'attore definito da Hans all'inizio; la morte del clown (come la foto inserita nell'introduzione) e delle sue opinioni (del suo canto); la fine del romanzo ( e l'inizio di una vita rinnovata dalle opinioni di un clown per il lettore).

RF
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