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 Heinrich Boll, Le opinioni di un clown
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Rosario
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Posted - 02/11/2014 :  13:17:57  Show Profile
Tiziano, il link www.confilosofare.it non si lascia catturare; forse c'è qualcosa che non va nell'indirizzo. Puoi controllare? Mi interessa leggere il tuo saggio "Chi ride di chi" per approfondire con cognizione di causa il concetto di "Coscienza infelice" e le analogie e/o divergenze con il concetto di "promessa fallace" di Girard.
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Rosario
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Posted - 04/11/2014 :  14:04:04  Show Profile
Nell'attesa di qualche feedback inserisco la mia riflessione sulla dedica "Ad Annemarie" che in parte risponde alla primitiva domanda di Eloise sul "vero" punto di vista dell'autore.

"Ad Annemarie" - Il significato di una dedica

La dedica "ad Annemarie", moglie dell'autore, è il segno di un amore realizzato nel matrimonio in senso cristiano.

Per i cattolici il matrimonio è un "sacramento". Che vuol dire sacramento? Che vuol dire sacro?

E' illuminante la definizione di "sacrificio" che ho trovato nel libro "L'enigma del sacro" (di Marco Porta - Giuliano Landolfi Editore, 2013):

"Il sacrificio (Sacer-facere) é l'atto che rende sacro un tempo, uno spazio, un oggetto, che da quel momento é separato dalla realtà comune, la quale diviene perciò "profana" (pro-fanum, davanti o fuori dal tempo)."

Significativo quel "pro-fanum, davanti o fuori dal tempo": il matrimonio cristiano è separato dalla realtà comune che diventa "profana". Visto dalla parte dei realisti che non credono e non ritengono sacro il matrimonio, l'unione matrimoniale diventa un'unione di fatto; un'unione che dura finchè c'è accordo; un'unione che al primo ostacolo che richiede un "sacrificio" può far cadere il vincolo della promessa coniugale.

La mia "opinione" al riguardo è che "se non si condivide fino in fondo la dimensione sacra del matrimonio, forse è meglio non sposarsi (in chiesa ovvero con il "sacro vincolo" cristiano) e accontentarsi del rito civile che può essere anche più fastoso e più bello ma, nel caso di cattiva sorte, consente la separazione e il divorzio.

Per me è chiaro che il matrimonio trova la sua definizione più congrua proprio nel suo significato sacramentale (ovvero nel sacrificio); un sacrificio che si consuma proprio nell'accogliere l'altro così com'è e di fare quel passo indietro necessario per amore e per amare.
Ecco cosa vuol dire "il sacramento del matrimonio" per il cristiano e per l'autore (...e anche per me; ma questo ha poca importanza).

Mi rendo conto che si aprirebbero, su questa definizione, ambiti di discussione che ci porterebbero troppo lontano; perciò accontentiamoci solo di riflettere sul "vero" punto di vista dell'autore (come si chiedeva Eloise); la dedica dell'autore alla moglie Annemarie ci può dire molto.

RF
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Rosario
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Posted - 10/11/2014 :  11:01:30  Show Profile
Avevo promesso ad Eloise di affrontare "Il tema del "dualismo nel triangolo" in un altro intervento; eccolo:

Il desiderio triangolare prevede sempre la relazione "duale" tra il soggetto che desidera, il soggetto mediatore e l'oggetto del desiderio. Come dire che la relazione che si stabilisce tra due punti del triangolo è sempre "mediata" dal terzo punto: più il mediatore si avvicina ad uno dei due punti in relazione più aumenta la lontananza con l'altro punto.

E' quello che succede tra Hans, Zupfner e Maria. Il matrimonio tra Maria e Zupfner elimina Hans da qualsiasi relazione con Maria. E' un'analisi oggettiva basata cioè su leggi matematiche.

Con l'amore, "mediatore metafisico", è tutt'altra cosa:

“L'amore guarda non con gli occhi ma con l'anima.”

William Shakespeare (1564 - 1616)

RF
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eloise
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Posted - 10/11/2014 :  11:16:24  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Scusate se non riesco a essere molto presente ma tra i lavori da fare e una famiglia numerosa con 4 bambini alle prese con virus intestinale in questi giorni sto vivendo un film da incubo!... Va beh, sorvoliamo i particolari.

Vorrei fermarmi un altro po' sul finale aperto, giustamente come dice Rosella ognuno puo' leggerci cosa vuole. A me sembra bello quello che dice Rosario, cioè che nel finale Hans muore per rinascere a nuova vita. Comunque sia a una prima lettura personalmente ho interpretato la "discesa in campo" di Hans alla stazione come il superamento di uno stallo depressivo-malinconico (senza entrare in un'analisi clinica, che né mi compete né m'interessa) per ridiventare attore-protagonista della sua vita nel "fare". In un certo senso, smette di parlare per finalmente agire. Ma qual è il movente che lo porta a smettere di stare rinchiuso in casa e uscire fuori? L'arrivo del treno, il treno dal quale dovrebbero rientrare a Bonn Maria col suo marito.
Da qui alcuni messaggi che ne conseguono.
C'è il tema della discesa in campo per affrontare direttamente Maria (mondo esterno) dopo aver affrontato la propria depressione (mondo interno).
C'è il tema dell'interrompersi della parola (logos del personaggio + logos autoriale) all'attivarsi dell'agire (difatti poi il libro, cioè la parola in ogni suo livello diegetico, finisce).
C'è infine il tema del treno che dovrebbe arrivare, o meglio dell'attesa del treno. Qui di nuovo ripenso a "En attendant Godot". E infatti, intelligentemente e modernamente, Boll non ci pensa nemmeno a dirci se sto treno in effetti arriva oppure no, se i due si incontrano oppure no, eccetera eccetera. Finale aperto.


Eloise
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Rosario
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Posted - 10/11/2014 :  14:56:59  Show Profile
Eloise sono d'accordo sul finale aperto; ecco ancora una comparazione d'alto lignaggio di finale apertissimo, preceduto da una mia riflessione di lettura.

La morte di Clown Hans.

Quando ho voltato l'ultima pagina del libro per la prima volta, il mio sentimento era corrotto dalla delusione per aver terminato la lettura di un romanzo criptico e inconcludente. Un finale così destrutturato e dispersivo non mi era mai capitato di leggerlo. Poi gli approfondimenti proposti e discussi dal nostro gruppo di lettura mi hanno fatto ribaltare il giudizio sul finale; tanto che ho giocato con il finale con il quale Fëdor Dostoevskij conclude il suo ultimo romanzo "I fratelli Karamazov" sostituendo i personaggi con quelli del nostro "Le opinioni di un clown". L'operazione mi sembra ben riuscita…e voi che ne dite?


- Clown Hans ti amiamo! Esclamarono in coro i personaggi della sua vita.
Molti avevano le lacrime agli occhi.
- Evviva Clown Hans! gridò Maria.
- E ricordo eterno a quel povero ragazzo, aggiunse di nuovo Zupfner.
- Eterno ricordo!
- Clown Hans, esclamò Maria, è vero ciò che dice la religione, che risusciteremo di tra i morti, che ci rivedremo gli uni gli altri, e tutti, e Henriette?
- Si, e' vero, risusciteremo, ci rivedremo, ci racconteremo nella gioia ciò che e' accaduto...

RF
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Rosario
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Posted - 11/11/2014 :  18:31:30  Show Profile
Per chi vuole, ecco il link dei miei appunti di lettura. Da questi appunti ho preso qualche spunto per le mie risposte nella discussione; alcuni miei interventi monotematici non sono compresi in questi appunti perché sono note a se stanti. In questi appunti sono riportati anche argomenti che non abbiamo discusso e che mi ero riproposto di ridefinire in un secondo tempo; ma il tempo è tiranno.
https://www.evernote.com/shard/s236/sh/65a42056-f054-4ac6-984c-5a84521e472e/647c9a4110b4851230b318321d8abe7a



RF
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eloise
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Posted - 12/11/2014 :  18:32:36  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Grazie Rosario per il tuo link: lì sintetizzi tutte le tue osservazioni!

Personalmente anche se ritengo di aver solo sfiorato alcuni temi, che avrei voluto approfondire senza riuscirci, trovo irrinunciabile parlare anche di un altro aspetto secondo me primario: la condizione dell'artista. Non ricordo se Dostoevskij nei Fratelli Karamazov ne delinea l'essenza (l'ho letto così tanti anni fa ed è così denso di riflessioni!) ma sicuramente in questo "grido dell'anima", come l'ho definito, del clown, oltre all'amore, al desiderio, alla critica eccetera si dà anche una rappresentazione molto ben definita dell'artista "vero", cioè non di colui che insegue la fama e l'approvazione sociale ma di colui che vive proprio la condizione dell'artista. Riflessione tra l'altro quanto mai moderna, anche se con miriadi di altri autori e filosofi alle spalle. Se mai avesse tempo di leggerci, chiederei volentieri anche a Tiziano come (de)finisce la coscienza infelice rispetto alla condizione dell'artista. Io posso solo avere rimembranze di alcune di quelle coppie che ha presentato fin da subito, ma non so fino a che punto mi possano aiutare in questo. Anche perché più di tutti ricordo Roquentin, l'essenza della coscienza infelice secondo Tiziano, che però (se non sbaglio) è l'unico a non essere intrappolato nella rete della coppia.
Comunque sia, quali sono i punti principali della condizione dell'artista secondo Hans?
Questi passi a mio avviso sono fondamentali:


Bellissimo passo secondo me in cui si prendono le distanze non solo dal "messaggio per forza" di chi vuole a qualsiasi costo interpretare e ordinare l'esistente secondo propri criteri e schemi (qui in primis la borghesia e i cattolici), ma anche dalla critica versus l'arte. "Io detesto spiegare una metafora": grande monito anche per noi stessi, che siamo qui a riflettere sulla letteratura!


Oltre a contenere una semplice quanto bellissima dichiarazione d'amore, di nuovo troviamo il contrasto tra chi interpreta tutto secondo schemi prefissati e chi parla invece col cuore e basta. "Questo discorso non sa di te" ha senso solo se "da te" ci si aspetta già qualcosa, mentre la vera curiosità e conoscenza dell'altro dovrebbe basarsi sulla possibilità di accogliere e accettare le mille sfaccettature dell'io così come le ha espresse per esempio Proust.


Qui si entra nel vivo della concezione dell'arte, che si esplica come un'essenza astratta che narra, che racconta qualcosa, e che può essere del tutto estraneata dal contingente. Inoltre si introduce ancora una volta la contrapposizione artista vs borghesia dal punto di vista del concetto del tempo libero che, lo ricordo, nasce proprio con l'utilitarismo e la società borghese dell'800.

Eloise
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Rosario
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Posted - 12/11/2014 :  20:44:05  Show Profile

Il concetto di arte è legato indissolubilmente al concetto di tempo.

Poche righe dopo il brano riportato da Eloise, "l'artista" ci pennella alcune "estrinsecazioni del tempo libero".

"Osservo con il fervore da fanatico ogni estrinsecazione del tempo libero: l'operaio che si mette in tasca la busta paga e sale sulla sua motocicletta, l'agente di borsa che posa definitivamente il ricevitore del telefono, ripone il taccuino nel cassetto e lo chiude; oppure la commessa di un negozio di commestibili che si toglie il grembiale, si lava le mani e davanti allo specchio si aggiusta i capelli e si rifà il trucco, prende la borsetta ed eccola fuori: tutto e' così umano, che spesso mi sento io disumano perché il tempo libero lo posso presentare soltanto come numero."

"Tutto è così umano, che spesso mi sento disumano perché il tempo libero" [non lo posso avere ma solo] rappresentare".

Mi sembra una definizione calzante sia per l'artista osserv-attore e rappresent-attore, sia per il concetto di "arte" che è visto comunque "fuori dal tempo" e da tutto ciò che è legato al tempo; ovvero tutto ciò che ha un inizio e una fine; arrivo e partenza; nascita e morte; un'arte intesa come "religione" antagonista della religione del "messaggio" - come è ben esposto nel primo brano riportato da Eloise - il messaggio che corrompe… la realtà; e non permette di assaporare "realmente" e fisicamente quel delizioso bicchiere di vino senza ricamarci sopra inopportune (ai fini naturali) iperboli concettuali che rimandano (il vino) al di-vino.

L'arte è elemento di rottura così come vuole essere la religione intesa nel senso liberatorio e non nel senso che chiama al rispetto di "regole morte" - queste sì "fuori dal tempo" fuori dalla realtà di tutti i giorni.

L'umana regola uccide l'arte e l'artista così come uccide l'Amore e l'amante.

Le opinioni del clown Hans non sono solo opinioni ma un "j'accuse" feroce all'ipocrisia che impera nella società di una nazione per puro caso ex-nazista e cattolica solo quando conviene ovvero solo nell'accezione più corruttibile e deleteria del termine "universale": quello dell'onnipotenza; quell'umana e disumana "volontà di potenza" che Nietzsche ha così ben interpretato con la sua vita, lasciandocene testimonianza per sempre verificabile nelle sue opere.

Opere intrise di "nichilismo"; di una filosofia ("superuomo") dagli esiti nefasti, divenuta di moda per la forza individualmente accattivante, socialmente trainante e dirompente; esiti nefasti che la storia ci restituisce senza compromessi e che hanno caratterizzato le cronache europee di fine millennio (secondo dell'era cattolica).

ecce homo, ecce bombo… ecquecqua!!!





RF
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Rosario
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Posted - 17/11/2014 :  00:25:19  Show Profile
Scrive Eloise sulla la condizione dell'artista

"sicuramente in questo "grido dell'anima", come l'ho definito, del clown, oltre all'amore, al desiderio, alla critica eccetera si dà anche una rappresentazione molto ben definita dell'artista "vero", cioè non di colui che insegue la fama e l'approvazione sociale ma di colui che vive proprio la condizione dell'artista."

Ho fatto degli approfondimenti su Hegel per capire cosa Hegel intende per "coscienza infelice". Su Treccani non ho trovato una trattazione sistematica ma solo un accenno in questo brano sulla fenomenologia:

"Scoperta e conclusione della fenomenologia è quindi che l'assoluto, lo spirito, non è soltanto sostanza, ma soggetto, ossia principio del proprio movimento, un movimento che ha lo scopo di portarlo al sapere assoluto.

Tale processo però non è semplicemente un itinerario pedagogico o psicologico del singolo, ma coinvolge l'intera storia dell'umanità dalle sue forme più primitive e selvagge fino all'avvento delle grandi civiltà, come quella greca, cristiana e moderna.

Di qui il disegno grandioso ed ambizioso della Phänomenologie, dove rientrano tanto motivi e momenti tratti dalla storia dell'arte e della religione, della scienza e della politica, quanto tematiche concernenti la natura, considerati però tutti per la funzione che hanno avuto nell'itinerario della coscienza verso il sapere assoluto, per le "figure" (particolarmente fortunate quelle del rapporto "servo-padrone" e della "coscienza infelice") a cui hanno dato luogo nell'ideale galleria di immagini da cui la storia dello spirito è costituita."

Da tali premesse si affrontano poi le implicazioni con il concetto di arte dal quale si può facilmente estrapolare quella "condizione dell'artista" richiesta da Eloise ed evocata con quella immagine efficacissima di "grido dell'anima". Ecco il brano:

"Nella nuova fase storica che si apre con il mondo greco, lo spirito giunge a un grado di consapevolezza dell'idea che trova piena e adeguata espressione nella figura umana, l'unica che può realizzare la perfetta compenetrazione e armonia tra spirituale e sensibile nel sensibile.

La scultura, e non più l'architettura, incarna la forma "classica" di arte come perfetto equilibrio spirituale e sensibile, destinato a scomporsi e dissolversi irrevocabilmente con l'avvento del cristianesimo.

Rispetto agli dei greci che "non hanno occhi", Cristo rappresenta la scoperta da parte dello spirito di essere infinito, di essere soggettività, di essere libertà, ossia di avere una natura che non può più trovare espressione adeguata in nessuna figura sensibile.

Da questa consapevolezza nasce così l'arte romantica, caratterizzata da una serie di forme artistiche di crescente astrattezza rispetto al sensibile, ossia la pittura, la musica e la poesia, dove si manifesta sempre più evidente la sproporzione tra l'espressione sensibile e il contenuto spirituale, in una direzione però opposta a quella dell'arte simbolica e dovuta alla superiorità del contenuto rispetto alla forma.

Di qui il concetto di "morte dell'arte" nel senso che, dopo la classicità e con la scoperta del carattere infinito dello spirito, l'arte non è più in grado di esprimere la verità dello spirito, verità che vive ormai nelle forme della religione e della filosofia."

Secondo Hegel c'è dunque una "Morte dell'arte"; che richiama al nichilistico "Dio è morto" della girardiana "promessa fallace".

Coscienza infelice, promessa fallace, nichilismo; forme filosofiche che conducono alla morte dell'arte. L'artista nichilista come il nostro clown, di conseguenza è scopritore, sperimentatore e portatore di morte; il clown Hans se ne accorge, in un sussulto di autocoscienza, alla fine del romanzo; e si lascia morire per far vivere il vero Hans; quel menestrello che strimpella la sua chitarra e riprende a cantare "il povero Papa Giovanni" dopo aver rimesso al suo posto la sigaretta spostata dalla moneta.
Non è una resurrezione vera e propria ma almeno è la fine di uno stato di totale abbandono agli eventi e l'inizio di una nuova coscienza di vivere, non più infelice… si spera.

RF
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Rosario
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Posted - 18/11/2014 :  12:30:15  Show Profile
A proposito di quell'essere cristiani che l'autore premette alla lettura del suo romanzo (riportando la frase di San Paolo presa dalla lettera ai romani); ho riletto una vecchia nota sul mio diario di lettura e ne ho ricavato la seguente riflessione:

La casa sulla roccia

"colui che fa la volontà del Padre.." [Matteo]

"Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia…"

Gesù ancora una volta lega il destino dell'uomo alla volontà del Padre che è nei cieli. Il mistero dell'incarnazione è necessario perché l'uomo non può vagare nel mondo senza legami con il "regno dei cieli": sarebbe come un viandante senza meta (come il nostro clown Hans); la sua vita, cioè, non avrebbe senso compiuto ma sarebbe una semplice occasione d'esistenza, senza un prima e senza un dopo, senza passato e senza futuro (esistenzialismo). Questo stato d'esistenza non è però ammesso dalla "volontà di potenza" dell'uomo (Nietzsche). L'uomo è radicalmente legato con il suo presente, all’origine passata e alla meta futura.

Il concetto di tempo è una sottrazione dell'eterno; il concetto di esistenza finita (inizio e fine) è una sottrazione dell'infinito.

Il principio d’indeterminazione è proprio in questa impossibilità di includere in se stessi il prima e il dopo di sé.

La casa costruita sulla sabbia rappresenta l'immagine caduca della "volontà di potenza" umana. Quella costruita sulla roccia è l'immagine eterna della "volontà onnipotente" di Dio.

Senza un riferimento esterno (Dio), non ci può essere coscienza di chi si è.

Per il clown Hans, uomo dalla "coscienza infelice" (Hegel), monta l'orgoglio di poter contare su una "autonomia metafisica" a cui conduce il ragionamento del "cristiano anonimo" (Rahner*); una autonomia che lo annichilisce nella solitudine esistenziale a specchiarsi nell'inganno di una "promessa fallace" (Girard).

* Karl Rahner è il gesuita "mentore" di Heinrich Boll; teologo tedesco cattolico, ha sviluppato la tesi dei "cristiani anonimi": «Cristianesimo anonimo», spiega Rahner, significa questo: «chiunque segue la propria coscienza, sia che ritenga di dover essere cristiano oppure non-cristiano, sia che ritenga di dover essere ateo oppure credente, un tale individuo è accetto e accettato da Dio e può conseguire quella vita eterna che nella nostra fede cristiana noi confessiamo come fine di tutti gli uomini. In altre parole: la grazia e la giustificazione, l'unione e la comunione con Dio, la possibilità di raggiungere la vita eterna, tutto ciò incontra un ostacolo solo nella cattiva coscienza di un uomo.»
http://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Rahner#La_teoria_del_.C2.ABcristianesimo_anonimo.C2.BB

RF
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eloise
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Posted - 21/11/2014 :  15:40:09  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Ragazzi, io non sento più di avere altro da dire su Boll. Ringrazio tantissimo Rosario per tutte le sue osservazioni ma sono anche poco stimolata a continuare dato che siamo rimasti solo io e lui, e purtroppo per vari motivi vedo che anche la media di "presenze" in tutte le ultime discussioni è un po' bassina. Certo ognuno è perso in miriadi di impegni e pensieri, e nessuno deve essere costretto a partecipare, ma d'altra parte è inutile negare che andare avanti sempre con duetti o monologhi m'intristisce assai. Quindi Rosario se non hai altro da aggiungere e sei d'accordo chiuderei qui la discussione e darei appuntamento all'altro, solito post sulla scelta dei testi, per chi ha voglia/tempo e soprattutto se c'è voglia/tempo. Personalmente, vorrei leggere un libro se riusciamo a mantenere una discussione con più persone, se no sento che preferirei di no. Forse dovremmo iniziare una discussione solo se siamo sicuri di avere l'impegno fattivo di almeno 4/5 persone.
Un caro saluto,



Eloise
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Rosario
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Posted - 22/11/2014 :  01:08:10  Show Profile
C'è un tempo per leggere, e un tempo per scrivere; un tempo per ascoltare e un tempo per parlare….un tempo per iniziare e un tempo per finire. Come nella pantomima del clown Hans: c'è il tempo della partenza e il tempo dell'arrivo…. e noi siamo all'arrivo.

Per parte mia mi sento di concludere con una frase gentile di J.L. Borges:

A chi mai leggerà
Se le pagine di questo libro consentono qualche verso felice, mi perdoni il lettore, la scortesia di averle usurpate io, previamente. I nostri nulla differiscono di poco; è banale e fortuita la circostanza che sia tu il lettore di questi esercizi, ed io il loro estensore.

Saluti a Eloise, eroica fino all'ultimo nel sopportare le mie osservazioni; la sua richiamata teoria dei "doppi" è confermata da questa chiusura a due. Un saluto a tutti gli altri discussori o anche solo lettori.
"Ci vediamo là"... dice un celebre refrain pubblicitario.
RF
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eloise
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Posted - 22/11/2014 :  13:10:33  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Caro Rosario, grazie per tutto quello che ci hai scritto e per questa tua citazione che mi ha fatto sorridere :)

Eloise
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Rosella
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Posted - 24/11/2014 :  13:39:12  Show Profile
Ciao a tutti.
Mi spiace di non aver potuto partecipare: sono stata male, ed ancora non ho recuperato del tutto. Capisco che ormai la discussione va chiusa... spero con il prossimo libro di essere più presente.
La "vita reale" purtroppo ci assorbe anche quando vorremmo i nostri spazi per dedicarci a ciò che ci piace e ci stimola intellettualmente. Dobbiamo accettarla, io credo. Ogni vita, a modo suo,è un romanzo, e porta in sè pensieri e sentimenti, proprio come accade al nostro clown.

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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