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Rosella
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Posted - 08/02/2012 : 08:36:24
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"Richard ha dato a Clarissa una stabilità mentale" Concordo con le tue riflessioni, Eloise e con quelle di Ombra. Ma, se la vita è solo questo, stabilità, merita davvero di essere vissuta? Come si può far scorrere, giorno dopo giorno la banalità di una esistenza priva di valori davvero significativi? La risposta può essere nei piccoli successi quotidiani: Clarissa ha i suoi, noi abbiamo i nostri (molto più validi, a mio parere). Il non sposare Peter mi lascia un po' d'amarezza: come a dire: "non sposatevi solo per amore, l'amore non è tutto". Caso portato all'estremo da Septimus e Rezia. A me sembra che, nel bene e nel male, Virginia inviti a cercare le nostre soddisfazioni nella semplice vita di tutti i giorni, facendo in modo di ritrovarsi appagati dalle piccole cose, e dal nostro mondo interiore; le avventure vanno bene per i romanzi, ma, alla prova dei fatti, non sono così eccitanti (e queste sono le riflessioni di Peter e la dannazione di Septimus). Questo messaggio si fa più forte proprio quando il mondo "esterno" subisce e fa subire già abbastanza traumi. Jane Austen visse in un periodo turbolento, e nei suoi romanzi lo lasciò da parte, ponendo le basi per questa letteratura "intimista", Virgina contrappone nettamente i guasti delle Grande Guerra alla piacevolezza delle mura di casa, noi viviamo momenti assai poco gradevoli, che non invitano certo a far entrare il mondo lontano nella nostra quotidianità, meglio fuggirlo, almeno quando siamo riuniti con la famiglia.
Rosella - Gwendydd
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eloise
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603 Posts |
Posted - 08/02/2012 : 15:47:33
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quote:
Ma, se la vita è solo questo, stabilità, merita davvero di essere vissuta? Come si può far scorrere, giorno dopo giorno la banalità di una esistenza priva di valori davvero significativi?
Per Clarissa forse la vita merita di essere vissuta dal punto di vista di una situazione di stabilità. Per Peter forse no, per questo ha scelto una carriera instabile e girovaga, una situazione sentimentale incerta. Per Tiziano forse merita di essere vissuta dal momento in cui puoi girarti indietro e vederla riflessa come in un prisma, e soprattutto vedere che in ogni cosa comunque hai cercato di impegnarti a fondo. Per me merita di essere vissuta forse perché è l'unica onda che riesco a vedere davanti a me in cui posso buttarmi a capofitto. Insomma ognuno di noi ha le sue proprie motivazioni o demotivazioni, e sicuramente queste cambiano da persona a persona e da momento a momento in una stessa persona... La mia sensazione è che in Mrs Dalloway al di là di Clarissa si cerchi di rendere l'idea che la vita ha una moltitudine di forme così come si compone di una moltitudine di persone, luoghi, pensieri, che s'intrecciano e si mescolano, e che ciò rimanga vero anche se non si può, non si potrà mai sapere cos'è veramente la vita fino in fondo. Toh, ho ritrovato un passo in cui la stessa Clarissa dice:
quote: Lo sa il cielo soltanto difatti perché la si ami sì tanto, ciascuno a suo modo, la vita, inventandosela magari, costruendola ciascuno attorno a sé, disfacendola e creandola daccapo ogni momento
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ombra
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296 Posts |
Posted - 08/02/2012 : 16:19:11
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Si Eloise, è la frase che avevo citato anche io nel primo post della discussione e che a mio avviso spiega tutto il senso che Virginia Woolf voleva dare a quest'opera!!!! |
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Tiziano
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Italy
166 Posts |
Posted - 08/02/2012 : 18:49:04
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Mi piace la metafora dell'onda/vita di Eloise (e te, Eloise, penserai: per forza, c'è l'onda!)e la trovo calzante; ne approfitto per raccontarvi come io immagino la vita: c'è il mare sempre in movimento, ogni tanto si scatena la tempesta, il ventro increspa le onde, si forma la schiuma, allora una gocciolina schizza in alto: io sono quella gocciolina, lieta o timorosa di esistere ma mi libro là in alto, inebriata, contemplo il mondo, mi sento potente e....ricado in mare, torno ad essere acqua. Amen
E veniamo a Septimus. Ma qual è il suo ruolo nella storia? Sin dall'inizio ho ritenuto che fosse il capro espiatorio, d'altronde la tragedia, implicita nel romanzo, nasce appunto come canto del capro, in onore di Dioniso. Ho provato ad approfondire, cercando qualche connessione con la mia interpretazione ma inutilmente. Ho provato col nome, che non può essere casuale (i sette sapienti, le sette virtù, le sette arti liberali, ecc. il sette è un numero magico) ma l'unico riferimento mitico è con le Pleiadi: troppo tenue; m'è venuto in mente che egli nel suo delirio di definisce "il signore degli uomini", ovvero Gesù, che è legato ad Osiride, ad Adone, a Dioniso, quindi qualche legame con la dea Clarissa (che sia l'eco di Iside?) lo potrei anche trovare, ma sinceramente mi parrebbe una forzatura; comunque è evidente che Septimus pensa se stesso come una vittima sacrificale, quindi confermo la mia ipotesi. Septimus deve morire, è lui che toglie i peccati dal mondo, quindi il mondo proseguirà, come la festa.
Tiziano |
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eloise
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603 Posts |
Posted - 09/02/2012 : 12:00:32
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A Tiziano non posso che esternare, nuovamente, un senso di ammirazione e invidia per il sapersi sentire, proprio in mezzo alle tempeste, quella gocciolina che schizza in alto. Magari riuscisse sempre a tutti in momenti del genere! e insomma se alla fine si ripiomba nel mare amen per davvero, intanto il salto momentaneo ce lo siamo fatti, non credo sia per tutti così ;)
Tornando a Mrs Dalloway, al tempo e a Septimus. Ho trovato un passo che secondo me è significativo per quanto riguarda l'importante tema della critica alla società "razionale". Quando Septimus e sua moglie Lucrezia si recano dal grande psicanalista Bradshaw si svolge tutta una critica sul modus operandi della neo branca medica psicanalista borghese, e i giudizi del narratore non trapelano neanche poi più di tanto in maniera indiretta, anzi. In un romanzo tutto intriso - come ci ha giustamente più volte ricordato Ombra - da un tempo puramente soggettivo, in cui gli stessi rintocchi del Big Ben battono in modo straniato rispetto al tempo interiore, mi ha colpito un passo che si trova alla fine della visita medica:
quote: Tagliando e lacerando, smozzicando e sminuzzando, dividendo e suddividendo, gli orologi di Harley Street rosicavano quella giornata di giugno, consigliavano sottomissione, suffragavano l'autorità, e, in coro, facevan notare i supremi vantaggi del senso delle proporzioni.....
In questo passo troviamo un contrasto notevole col Big Ben che, in fondo, pare gentilmente accompagnare la passeggiata mattutina di Clarissa nei preparativi per la festa, e non costituisce una minaccia per la soggettività. Qui invece è tutto il contrario. Notevole anche il notare che proprio questo passo chiude la focalizzazione sulla coppia Warren Smith per fluttuare su un altro personaggio, Hugh. Le impressioni interne dei personaggi, questa volta sul tempo e sulla sensazione lacerante che impressiona Lucrezia, sono sfruttate magistralmente dalla Woolf per passare da una sequenza narrativa ad un'altra.
Eloise www.letteratour.it |
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eloise
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603 Posts |
Posted - 09/02/2012 : 12:18:11
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Apro una piccola parentesi su Jane Austen. Ripensando al desiderio di rileggere la Woolf dopo la Austen, mi sembra che veramente ci sia un abisso tra le due. Riconosco che il merito di Austen - e ciò non è affatto scontato, anzi - sia quello di aver fornito un modello, comunque un riferimento femminile ad una scrittrice come Virginia, che praticamente ne aveva pochissimi a disposizione. Per lei che ha sempre sofferto di non aver mai potuto ricevere una educazione letteraria come i suoi compagni maschili, l'aver visto un esempio come la Austen di una ragazzina che ha saputo scrivere così bene senza nessuna base effettiva sulla quale far riferimento in campo culturale, deve avere aperto una prospettiva possibilista notevole alla Woolf. Per questa ragione apprezzo la Austen sia in sé, come scrittrice dallo stile limpido e lineare, sia come riferimento letterario fondamentale per tutta la letteratura femminile successiva. Ma ciò che, sulla base di questa prospettiva aperta, ha saputo fare la Woolf va poi ben al di là del semplice riferimento con Jane, e dal semplice risultato di perseguire un obiettivo letterario "femminista". Tutto quello che in Jane è accurata ricerca della perfezione, diciamo così, stilistica (lasciando perdere i soggetti delle storie), nella Woolf diventa fortissima riflessione autoriale sulla forma e sui contenuti. Banalizzando il mio pensiero, mi viene da dire che la Austen è una scrittrice, la Woolf è un'autrice. Ma forse questo è ciò che in fondo distingue un po' tutti gli scrittori del primo Novecento da quelli precedenti, e la Woolf in questo è perfettamente allineata. Pertanto ritengo che la Austen può essere considerata un riferimento importante sì, ma nel proprio ambito nazionale; mentre la Woolf rappresenta un riferimento a livello mondiale. Non so se sono riuscita a spiegarmi bene.
Eloise www.letteratour.it |
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ombra
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296 Posts |
Posted - 10/02/2012 : 11:35:30
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Veniamo al confronto tra le due scrittrici, anche a mio avviso tra le due vi è un abisso, come giustamente espresso da Eloise. La Austen, infatti, appartiene ad un genere letterario pre-romantico ottocentesco ha una narrazione e uno stile tipici dell'epoca, ed è apprezzabile per aver creato una base letteraria femminile per le future autrici e per lo stile lirico che ha infuso hai suoi romanzi. La Woolf invece è un innovatrice, una scrittrice che sperimenta il mondo dell'interiorità, non si basa più nella storia o nella caratterizzazione dei personaggi o dell'ambiente societario ma va al di là della forma letteraria conosciuta fino allora e scardina ogni regola dando voce a una nuova modo letterario. A mio avviso sono entrambe grandi scrittrici ma apprezzabili per cose diverse: la prima per l’esempio che ha dato ha tutta la letteratura femminile pur non avendo basi di riferimento, la seconda per aver aperto un varco al nuovo e alla sperimentazione letteraria e per aver rotto gli schemi del romanzo tradizionale. Poi la preferenza tra le due autrici va espressa in base al proprio gusto personale, e pur apprezzando la Austen, prediligo di gran lunga la Woolf. D'altronde la Woolf non disdegnava le opere della Austen considerandola una "maestra nel descrivere le emozioni più profonde, anche se non arrivano in superficie. Stimolando a dedurre quello che non c’è” . Vi riporto un passo tratto da “Una stanza tutta per sé” in cui si comprende l’influenza della Austen sulla Woolf e il pensiero che quest’ultima aveva nei confronti di colei che l’ha preceduta: “Senza volersene vantare o arrecare dolore al sesso opposto, possiamo dire che Orgoglio e pregiudizio è un buon libro. E comunque non ci sarebbe stato nulla di cui vergognarsi ad essere còlti nell’atto di scrivere Orgoglio e pregiudizio. Eppure Jane Austen era felice che un cardine della porta cigolasse, perché così poteva nascondere il suo manoscritto prima che qualcuno entrasse nella stanza. Per Jane Austen vi era qualcosa di disdicevole nello scrivere Orgoglio e pregiudizio. E dunque, mi chiedevo, Orgoglio e Pregiudizio sarebbe stato un romanzo migliore se Jane Austen non avesse ritenuto necessario nasconderne il manoscritto allo sguardo dei visitatori? Ne lessi una pagina o due per capire; ma non riuscii a trovare alcun segno del fatto che le condizioni materiali della vita dell’autrice ne avessero in minima parte danneggiato il lavoro. Ed era quello, forse, il vero miracolo della sua opera. Ecco una donna, agli inizi dell’Ottocento, che scriveva senza odio, senza amarezza, senza paura, senza protestare, senza far prediche. La stessa condizione nella quale scriveva Shakespeare, pensavo, guardando il testo di Antonio e Cleopatra. E quando alcuni paragonano Shakespeare a Jane Austen, forse intendono dire che ambedue erano riusciti a dissolvere nella mente ogni ostacolo; ed è per questa ragione che non conosciamo Jane Austen e non conosciamo Shakespeare, ed è per questa ragione che Jane Austen pervade di sé ogni parola che ha scritto, proprio come fa Shakespeare. Se qualcosa faceva soffrire Jane Austen, questa era la ristrettezza della vita che le veniva imposta. Era impossibile per una donna andarsene in giro da sola. Lei non viaggiò mai. Non attraversò mai Londra su un omnibus, né mai fece colazione da sola in un locale pubblico. Ma forse era nella natura stessa di Jane Austen non desiderare ciò che non aveva. Il suo genio e le condizioni della sua vita si accordavano completamente.”
Ciao
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Rosella
Senior Member
Italy
316 Posts |
Posted - 11/02/2012 : 00:12:03
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No, non sono d'accordo. Jane fu una ribelle, nei modi che il suo tempo le consentì. Senza Jane non non ci sarebbe stata neppure Virginia, che cercava stabilità, ma non la trovò mai. Una persona stabile non si suicida. Vedo che per voi è difficile concepire come possa esistere la ribellione, interna, contro tutto e contro tutti, compresa la vita. Non potete farci niente, è qualcosa con cui si nasce, e che prima o poi un evento, per altri insignificante, porta allo scoperto. Clarissa è per me una donna insopportabile: poteva avere l'avventura, e non la volle. Io, in quel suo mondo stabile mi sarei suicidata, altro che dare feste. Per questo ammiro tanto Septimus, che per me trova l'unico, vero, grande coraggio, la ribellione suprema, l'unica ribellione possibile verso il mondo. E un giorno lo troverò anch'io.
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eloise
Senior Member
603 Posts |
Posted - 13/02/2012 : 15:12:46
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Beh... la mia opinione come ho detto è comunque che sia innegabile un riconoscimento importante da parte della Woolf per la Austen, e poi colloco questa riflessione un po' nell'insieme di una riflessione più generale tra gli scrittori precedenti e quelli della generazione della Woolf. L'opinabilità della mia opinione (scusate i termini) del resto è scontata: basta dirmi che non è possibile mettere a confronto due persone vissute in momenti lontani e molto diversi, e su questa verità non c'è nulla da aggiungere. Per il resto, vorrei soltanto non si perdesse di vista che sia Clarissa sia Septimus sono soltanto personaggi, oltretutto personaggi di uno stesso romanzo, forse entrambi strumenti di uno stesso, unico messaggio che pervade tutto il romanzo. Personalmente non li vedo così intimamente in contrasto l'uno con l'altro.
Eloise www.letteratour.it |
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Tiziano
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Italy
166 Posts |
Posted - 13/02/2012 : 18:24:12
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Ci siamo: ho beccato il punto in cui fa la comparsa il narratore. La mia edizione è una Universale Feltrinelli, qui si trova a pag. 50. Si tratta di un'esplosione mistica e lirica (d'altronde siamo tutti concordi nell'individuare nella Wolf una forte componente lirica). Peter sonnecchia su una panchina nel parco, sogna, ma il sogno diventa la visione della dea. E la visione si espande, lo supera, diventa poesia, come segnala l'anafora: "Questa visione". Non più Peter ma il "viaggiatore solitario" vede una "figura gigantesca": è Madre Natura? A me comunque rievoca questa figura del "Dialogo della Natura e di un Islandese" di Leopardi. E non ho dubbi che qui si manifesta il fondo tragico e mistico di questo romanzo, la sua struttura profonda, su cui si basa la duplice natura di Clarissa, donna moderna che reca in sé l'eco di istinti e sentimenti antichi.
Tiziano |
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eloise
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603 Posts |
Posted - 14/02/2012 : 16:02:36
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Ho trovato il passo. A me colpisce un po' tutto di questa passeggiata di Peter prima di riposare nel parco. Sembra un fauno che si aggira nel bosco alla ricerca di figure mistiche, e anche quel suo coltellino continuamente toccato e rigirato nelle mani è sicuramente un forte simbolo, di mascolinità, di selvaticità, come anche però di insicurezza. Si aggira nelle strade londinesi inseguendo pensieri, sensazioni e anche una ragazza (simbolo anch'essa di qualcosa) come se avanzasse tortuosamente nei meandri della psiche umana, o nei meandri autoriali di una penna che tenta un esperimento narrativo. Sì, il narratore fa capolino, altroché, in questo passo. "Tali sono codeste visioni" apre ripetutamente ben tre paragrafi successivi, come in un testo poetico. E poi, il risveglio: Peter Walsh così vicino, fisicamente e letteralmente, al bambino che dorme nella culla sotto gli occhi vigili della bambinaia, quindi una immagine femminile di sicurezza; e per contrasto di nuovo il richiamo alla morte con le parole "La morte dell'anima" con cui Peter si desta. Vita e morte di nuovo intimamente intrecciati.
Eloise www.letteratour.it |
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eloise
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603 Posts |
Posted - 14/02/2012 : 16:26:17
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Mi colpisce un'altra cosa. Le visioni di Peter formano nella sua mente queste figure non ben identificate, ma sicuramente materne, di "compassione, comprensione, assoluzione". Ma di nuovo la maternità è legata all'idea della morte: si parla di "quella grande figura che mi ingiungerà (...) di salire sulle sue frondose chiome per lasciarmi dissolvere nel nulla". Poco più avanti, la figura diventa una "figura della madre di coloro che son rimasti uccisi nelle battaglie del mondo". La guerra fa capolino in questo romanzo da tutte le parti, è un richiamo incessante anche se non definito. Al momento narrativo dedicato a Peter non a caso segue un momento narrativo tutto dedicato a Lucrezia, e poi a Septimus: l'altro personaggio che ha intense visioni, nel suo caso prettamente legate alla guerra. La struttura è questa: un passo dedicato ad una donna, Clarissa, fortemente legata alla sua domesticità (desiderio di vita stabile) > un passo dedicato a un uomo, Peter, avventuriero visionario, visioni stranianti di vita e morte > un passo dedicato a una seconda donna, Lucrezia (desiderio di vita stabile) > un passo dedicato a Septimus, altro uomo perso nelle sue visioni, visioni di morte. Alla fine, c'è l'incontro tra Peter e Septimus: Peter si volge verso la giovane coppia, e Septimus si accorge di quell'uomo che li guarda, vedendolo come un "morto in abito grigio". E di nuovo il tempo esteriore scandisce tutti questi passi: It is time, Che ore sono, Settimio? Ti dirò che ore sono, In quel mentre batté l'ora sono tutte espressioni qui usate. "La vita va avanti" ci dice tutto il romanzo, e noi siamo rinchiusi in questo tubo che è la vita come tante formiche brulicanti in un'unica strada (strada di Londra), che ci piaccia o meno, che la amiamo o meno, che ci sfioriamo, capiamo, vediamo, sposiamo, ...o meno.
Eloise www.letteratour.it |
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Tiziano
Average Member
Italy
166 Posts |
Posted - 18/02/2012 : 16:17:44
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Eloise, abbi pazienza... Mi pare una questione non marginale, poi magari spiegherò perché: nella mia traduzione leggo "questa visione", tu invece riporti una traduzione diversa, che trovo interessante. Siccome non sono esperto di lingua inglese ti domando: hai una versione diversa dalla mia o hai letto l'originale? Perché vorrei sapere se vi è scritto this o that o such.
Tiziano |
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eloise
Senior Member
603 Posts |
Posted - 20/02/2012 : 08:38:42
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Tiziano, in realtà anch'io ho letto il testo in una traduzione, a dire il vero vecchia, ma ho fatto di meglio: ho trovato una pagina web in cui il testo (si spera fedelmente, è di una Università) è stato riportato interamente in lingua originale. Il link è:
http://ebooks.adelaide.edu.au/w/woolf/virginia/w91md/
e c'è anche il passo che ci interessa: la versione originale recita: "Such are the visions". Se vai alla pagina e cerchi questo testo troverai subito l'intero passo. E ora dimmi che cosa ci sta sotto :)
Segnalo anche la pagina del sito da dove partire a cercare tutti i libri on line in versione inglese e gratuita, divisi per autore, mi sembra una risorsa davvero utile:
http://ebooks.adelaide.edu.au/meta/authors.html
Eloise www.letteratour.it |
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ombra
Senior Member
296 Posts |
Posted - 21/02/2012 : 09:37:42
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Vorrei soffermarmi con una riflessione sulla guerra e la sua presenza nell'opera. La Grande guerra fa capolino nel romanzo distillata nella tormentata figura di Septimus Warren Smith, il cui cognome, anagrammato, non a caso riconduce a war smitten, ovvero lo sconfitto, il terrorizzato. Septimus è affetto dalla sindrome del sopravvissuto; il suo disturbo mentale affonda le radici nel senso di colpa dell’essere ancora vivo quando i propri compagni sono morti. Quando muore Evans, l’ufficiale al quale era legato da una solida amicizia, Septimus non dimostra alcuna emozione; anzi, si complimenta con se stesso per aver reagito con tanto buon senso. Crede che la guerra gli abbia insegnato qualcosa. La guerra finisce quando lui è a Milano; le bombe lo hanno risparmiato. Una sera, quando lo prende il panico di essere insensibile a tutto, si fidanza con Lucrezia. La guerra è il paradigma della pazzia, una pazzia che non perdona e travolge tutti, anche i più dotati, nella sua folle corsa. E’ inevitabile il ricorrere alla vicenda personale di Virginia Woolf immaginarla mentre delinea le caratteristiche del suo personaggio. Septimus è un uomo promettente, un aspirante poeta. E’ tra i primi a partire volontario per la Francia, ingenuamente imbevuto di romantici ideali: per Septimus la patria da salvare consisteva quasi interamente delle opere di Shakespeare e del bruciante, nascente sentimento d’amore per la signorina Isabel Pole che lo trovava somigliante a Keats. Nel presente storico del romanzo la guerra viene considerata da lontano in una riflessione di Peter Walsh, che osserva come sia cambiata la vita dopo la guerra. Il conflitto ha portato molto dolore ma la vita riprende nell’animazione ed euforia delle sere estive a Londra. I giovani godono di maggiore libertà e questo è visibile nel comportamento delle ragazze, che possono essere più spontanee. La piramide sociale ne risulta alleggerita.
La prossima riflessione vorrei farla sulle figure femminile presenti nel libro. Devo però raccogliere meglio i miei pensieri.
Un saluto al prossimo post
PS: grazie Eloise il link che c'hai inviato è prezioso!!! :)
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