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 Lev Tolstoj, Anna Karenina
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eloise
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603 Posts

Posted - 14/09/2013 :  22:21:42  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Scusate l'ora con cui apro questo post!
Sono però contenta dopo una pausa estiva piuttosto lunghina di inaugurare oggi la nostra nuova stagione letteraria, con Anna Karenina, di Lev Tolstoj, e di ritrovarvi tutti.



A chi l'inizio? :)

Eloise
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Rosella
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Italy
316 Posts

Posted - 15/09/2013 :  11:30:40  Show Profile
Solo due righe per spiegare a chi non c'era come siamo giunti proprio ad Anna Karenina.

Tempo fa Ombra aveva proposto un autore russo, ma ci eravamo un po' spaventati per la lunghezza delle loro opere. Abbiamo quindi scelto "Le Notti Bianche", che tuttavia è più un racconto che un romanzo.

Bellissima discussione, però l'idea dell'autore russo ogni tanto tornava... all'inizio dell'estate, sapendo in anticipo che avrei avuto difficoltà ad usare internet, ho proposto Anna Karenina perchè mi interessava analizzare la situazione della donna, in un dato periodo e in un ambiente a me ignoto.

L'idea è stata accettata, quindi.... eccoci qui!

CIAO


Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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eloise
Senior Member

603 Posts

Posted - 15/09/2013 :  15:27:11  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Ciao Rosella! :)

Faccio giusto una breve introduzione, per "collocare" il testo e dare le mie prime impressioni. ANNA KARENINA è un romanzo del 1877, è considerato dall'autore come il suo primo vero romanzo.
Riporto da Wikipedia:
quote:
Sebbene la maggior parte della critica russa stroncasse il romanzo fin dalla prima pubblicazione, definendolo «un romanzo frivolo dell'alta società», secondo lo scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij «Anna Karenina in quanto opera d'arte è la perfezione... e niente della letteratura europea della nostra epoca può esserle paragonato». La sua opinione fu condivisa da Vladimir Vladimirovič Nabokov, che lo definì «il capolavoro assoluto della letteratura del XIX secolo».


Siamo nel pieno della letteratura realista.

A me questo romanzo è piaciuto tantissimo. Come dire... dopo mesi e mesi di testi sperimentali, romanzi contemporanei, tentativi moderni, eccetera eccetera... mi ha ridato il gusto della lettura "primaria", di come potevo leggere al liceo, prima dei miei studi letterari, prima di essere per così dire "indottrinata" dalla "tecnica". Il gusto della prima forma a tutto tondo del romanzo. E nel suo genere, capisco che sia stato definito il capolavoro del suo tempo. Descrizioni, ambienti, psicologia dei personaggi, pause di riflessioni politiche e sociali (noiose quanto volete, ma precise e approfondite) sapientemente mescolate nella narrazione, narratore onnisciente ma con una consapevolezza e - passatemi il termine - professionalità eccezionali. Grande Tolstoj

Eloise
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Rosella
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Italy
316 Posts

Posted - 15/09/2013 :  18:22:09  Show Profile
quote:

... dopo mesi e mesi di testi sperimentali, romanzi contemporanei, tentativi moderni, eccetera eccetera... mi ha ridato il gusto della lettura "primaria", di come potevo leggere al liceo, prima dei miei studi letterari, prima di essere per così dire "indottrinata" dalla "tecnica". Il gusto della prima forma a tutto tondo del romanzo. E nel suo genere, capisco che sia stato definito il capolavoro del suo tempo. Descrizioni, ambienti, psicologia dei personaggi, pause di riflessioni politiche e sociali (noiose quanto volete, ma precise e approfondite) sapientemente mescolate nella narrazione, narratore onnisciente ma con una consapevolezza e - passatemi il termine - professionalità eccezionali.
Eloise
www.letteratour.it



Concordo.

Al di là delle riflessioni che faremo sui singoli aspetti del romanzo, sui suoi pregi e i suoi difetti, ho letto volentierei quest'opera "ampia" dove tutto un mondo prende corpo via via che la narrazione procede.

Da questa lettura ho imparato molto, e ciò mi fa sentire "arricchita", con qualcosa che va ben al di là del semplice "mi piace/non mi piace".

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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ombra
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296 Posts

Posted - 16/09/2013 :  10:53:09  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Ben ritrovati a tutti!!!
Devo dire che mi è piaciuto riaccostarmi ad una lettura di questo livello che offre la visione di un mondo intero, come diceva Rosella.
Come tutto quello che leggo, mi ha dato molti spunti per comprendere e vedere la vita con occhi leggermente diversi, sempre più acuti (almeno spero). Quello che mi ha sempre colpito del romanzo è la causa dello scatenarsi della tragedia. I due amanti sono riuniti e tutto potrebbe andare bene, ma sopraggiunge un terzo incomodo: la noia. Il vero malessere del vivere, che anche nella nostra società moderna non smette di mietere vittime.
Questo un primo piccolo spunto che mi sento di approfondire con voi. Che ne pensate?

Baci

Marta

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Rosella
Senior Member

Italy
316 Posts

Posted - 17/09/2013 :  00:18:44  Show Profile
quote:

... la noia. Il vero malessere del vivere, che anche nella nostra società moderna non smette di mietere vittime.
Marta



"mal de vivre"

Come hai ragione Marta!
Ma devo fare un piccolo passo indietro.


Tra tutti gli autori russi, Tolstoj è quello che “a pelle”, come si dice ora, mi piace di meno. Non c’è una ragione precisa: siccome questo libro l’ho proposto io, (sia pure con un intento specifico), trovarmi a disagio con l’autore era una cosa che mi disturbava, così, per cercare di razionalizzare i miei pensieri sono andata a documentarmi brevemente.

Dalla solita Wikipedia apprendo così che Lev era affetto anche lui dal “mal de vivre”, la depressione; e che in “Anna K.” Ci sono molti riferimenti autobiografici.

A questo punto molti aspetti si fanno più chiari: tra gli altri, emerrge che anche Anna soffre del “mal de vivre”. Senza saperlo Tolstoj ci fornisce una esemplare descrizione di esaurimento post-partum, che trasforma una donna piena di vita e vivacità in una poveretta con la testa fuori posto. Non è la delusione d’amore a rovinarle l’esistenza, ma una vera e propria malattia.

Resta comunque molta verità nella tua intuizione: NOIA. Quello di Anna e Vronskij è un amore sterile, privo di interessi comuni, di stimoli reciproci, di condivisione di idee. Non è un aiuto per tornare alla vita, ma un modo per scordarla, una sorta di ebbrezza, simile a ciò che accade con l'abuso di alcool o droga.

Mal de vivre, ieri come oggi.


Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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ombra
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Posted - 17/09/2013 :  10:06:21  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Rosella anche io concordo con te su Tolstoj. A pelle è quello che mi è sempre piaciuto di meno, anche se ha ci ha donato pagine mirabili.
Sai della situazione dei due amanti quello che mi fa tristezza è che lottano (specie Anna fa rinunce importanti) per poter stare insieme ma, quando sono finalmente uniti, tutto crolla. Questa è una dimostrazione dell'eterna ricerca e insoddisfazione dell'uomo. Ottenuto qualcosa, ci si mette subito alla ricerca di altro. Tutto è insufficiente.
Bellissima osservazione sulla depressione. In Anna, si notano tutti i tratti di chi è afflitto da depressione post partum. Vronskij non capisce la gravità della sua ossessione e si ha l'epilogo che conosciamo.
Forse questo è anche un monito, cercare di comprenderci gli uni con gli altri in queste situazioni è fondamentale.

A presto

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eloise
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603 Posts

Posted - 17/09/2013 :  10:37:58  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Vero quello che dite, ma su due piedi mi viene da aggiungere di non dimenticare che nella storia tra i due gioca un'importanza più che notevole il ruolo della società. Più che il mal de vivre in sé, è l'impossibilità di avere un riconoscimento sociale adeguato che porta i due all'esaurirsi della relazione. Se anche Anna avesse avuto modo di continuare liberamente a vivere nella sua società e di occuparsi delle solite cose nel suo ambiente, come in qualche modo a Vronskj nonostante la sua relazione adultera è comunque concesso, credo che la storia sarebbe stata scritta in modo diverso. Qui non c'è solo il racconto di una storia d'amore, ma il racconto di un'intera società e di una macro-storia, in cui si colloca questa micro-storia. Proprio per questo il romanzo ha un respiro ampio e profondo.

Vorrei aggiungere anche un'altra cosa che allarga la riflessione proprio al modello di romanzo realista di ampio respiro, tipico dell'epoca. Oltre a tutti gli approfondimenti politici, sociali, ecc che si trovano in ogni pagina del libro, oltre all'intreccio di più storie nella storia, mi ha interessato molto il finale della storia, in cui il secondo vero protagonista, Levin, tenta attraverso il narratore di esprimere una propria visione pacificatrice del mondo e della coscienza dell'uomo. Diciamo, se permettete, una sorta di finale alla Manzoni, con i suoi limiti stessi, del resto affatto nascosti. Non c'è un messaggio che si vuole sicuro ma l'espressione di un tentativo insieme razionale e emozionale di trovare una qualche strada maestra che guidi l'uomo volenteroso nella costruzione della propria vita.
Altro fondamentale aspetto che dà a tutto il romanzo un respiro ancora più ampio.

Questo mi porta naturalmente a sollevare una domanda che comunque non può non accompagnare il lettore per tutte le pagine: qual è l'elemento che unisce nel romanzo la storia di Levin e quella di Anna? chiaramente non solo il fatto che per certi motivi le loro vicende sono intrecciate (conoscenze e mezze parentele, più il personaggio di Vronskij, ecc). C'è qualcosa di molto più forte, perché altrimenti da una parte il romanzo non sarebbe intitolato a ANNA, e d'altra parte non terminerebbe con i pensieri finali di LEVIN. Un parallelismo, dunque, che perdura lungo tutto il testo.

Eloise
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ombra
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296 Posts

Posted - 18/09/2013 :  09:19:13  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Eloise, hai aperto un tema che avrei voluto anche io poi toccare. Credo, infatti, che Anna sia stata vittima della società in cui era nata e che se fosse "vissuta" ora l'epilogo non sarebbe stato così tragico. Mi chiedo ma la società può avere un impatto così forte nelle nostra vita e determinarne lo scorrere e il terminare? Siamo così condizionati? La società ha il potere di spezzarci? Io ho sempre creduto che possiamo essere più forti ma questo romanzo mi trasmette altro.

Ciaoo

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Rosella
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Posted - 18/09/2013 :  16:37:12  Show Profile
WOW, ragazze!
Avete lanciato tanti di quegli argomenti, che, per sviscerarli tutti, occorreranno mesi! Da dove cominciamo?

Scelgo per primo un argomento che, purtroppo, conosco molto bene: la depressione. Senza psicofarmaci, senza terapia, NON si guarisce. A volte non bastano neppure quelli. La società in cui si vive influisce? Certo che sì, anche se non è l’unico fattore. Oggigiorno, nei confronti di ciò che ci circonda, più che di “società”, parlerei di “ambiente” : famiglia, affetti, luogo di lavoro, amici più o meno intimi, compagnie con cui ci si diverte. Tranne rari casi, quelli delle persone che provano un affetto veramente profondo, oggi come allora l’ambiente è pieno di personaggi pronti a buttarti come uno straccio usato non appena mostri una qualche debolezza, una malattia, o non sei più divertente come prima.

Oggi come allora quindi? Per certi aspetti sì, ma non vorrei estraniarmi troppo rispetto al libro. Anna è pur sempre il personaggio di un romanzo, quindi un’immagine corrispondente a un pensiero, o a una serie di pensieri e riflessioni, che Tolstoj ci voleva comunicare.

Questa volta, data la complessità del libro, ho dovuto documentarmi un poco, già a lettura iniziata, perché confesso che molte volte non riuscivo a comprendere il pensiero dell’autore. Lev è molto critico nei confronti della società della sua epoca, e Anna diventa quindi una sorta di emblema del rifiuto, la cui tragedia serve da monito e rimprovero nei confronti dell’ipocrisia imperante tra i salotti dell’epoca.

Resto del parere che, se Anna non fosse stata un “caso clinico” la sua storia avrebbe potuto essere diversa. Ma Tolstoj ha scelto di raccontare questa storia, e non un’altra, forse perché la sentiva molto affine alla sua sensibilità. Tra l’altro, ci lascia un “ritratto” di donna sola e tormentata molto ben definito, e mi pare che le conceda, dal suo punto di vista, comprensione e solidarietà.

CIAO


Rosella - Gwendydd

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ombra
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296 Posts

Posted - 19/09/2013 :  09:50:54  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Giusta osservazione quella sulla società. In effetti si percepisce il biasimo e il disprezzo che Tolstoj prova nei confronti di quell'ambiente rigido e bigotto. Sicuramente la tragedia di Anna era un monito per esso, ma solo questo? Anna la ribella si spezza a causa della società. Sembra quasi che ogni diversità, ogni barlume di luce sia destinato a questo. Scusate ma forse il momento che viviamo influisce sulle mie amare considerazioni.

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Rosario
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Posted - 21/09/2013 :  14:54:24  Show Profile
Bentrovati a tutte e tutti. Ancora non ho finito di leggere questo capolavoro di Tolstoi; non sono ancora arrivato alla metà. Ho letto ora i vostri interventi che naturalmente mi sono piaciuti sia per le intuizioni d'analisi esistenziale dei personaggi, sia per la passionalità espressiva degli interventi (Rosella e Ombra); aggiungo anche la indubbia e rassicurante competenza letteraria con la quale Eloise ha aperto i giochi e moderato gli interventi.

Io non mi sento ancora di intervenire in pieno sul dibattito; posso solo relazionare alcune impressioni di lettura che ho appuntato sulle prime due parti (la terza la devo ancora finire). Gli appunti sono:

1- Il romanzo che ho comprato è quello Edito da Einaudi nella collana ET Classici 144 - prefazione e traduzione Di Natalia Ginzburg.

Vado subito al romanzo senza soffermarmi sulla prefazione, sulla biografia e bibliografia che lo precedono.

La Parte prima è introdotta dalla frase
"Mihi vindicta: ego retribuan".

Non mi esprimo in merito, ma sicuramente il conte Lev Nikolaevic Tolstoj vuole che il lettore legga questa frase prima di leggere il romanzo.

La prima frase del romanzo invece è:
"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."

Anche qui non mi esprimo se non con sul fatto che la traduttrice ci anticipa le difficoltà che avremo a leggere scorrevolmente tutto il romanzo; credo che sia una sua precisa scelta per di farci faticare e ritornare spesso su quanto abbiamo letto; avrà pensato che rileggere ci aiuta a riflettere su ciò che leggiamo e sulle differenze tra le culture russa e latina.

Comunque il commento che ho appuntato su questa frase è:

l'inizio del romanzo è una chiave di lettura offerta dall'autore sia con la frase sulla vendetta, sia con l'incipit sulla infelicità delle famiglie.

L'autore invita il lettore a considerare lo stato d'animo passionale (vendicativo) dei personaggi e dell'io narrante, e lo stato situazionale - sociale e famigliare - in cui essi agiscono.

Da queste premesse possiamo considerare sin da subito che si tratterà di una lettura importante sia dal punto di vista esistenziale (soggettivo), sia dal punto di vista sociale e storico (oggettivo).

Il lettore è avvisato: si prepari a leggere della donna, dell'uomo e della storia.





RF
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Rosella
Senior Member

Italy
316 Posts

Posted - 21/09/2013 :  17:36:08  Show Profile
quote:

Il lettore è avvisato: si prepari a leggere della donna, dell'uomo e della storia.
RF



Esatto!
Complimenti! E meno male che sei solo all'inizio

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
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Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 22/09/2013 :  18:43:28  Show Profile


Ciao Rosella, meno male che la letteratura non è una scienza "esatta" altrimenti avremmo perso la bellezza della poesia.

Ciao Ombra, i tuoi interventi mi stimolano risposte che presto riuscirò a dare.

Ciao Eloise, quando si parla di "grandi" la tua preparazione e competenza fa bella mostra di sé.

Inserisco la seconda nota che ho appuntato durante la lettura della prima parte che è sullo stile di scrittura.

Nei primi quattro capitoli Tolstoj descrive la lite tra moglie e marito con l’io narrante “esterno” ma, per compensare l’oggettività del punto di vista esterno, inserisce nella descrizione momenti soggettivi ovvero la riflessione silenziosa dei personaggi. Questa tecnica permette al lettore di costruire e caratterizzare il personaggio senza uscire dalla narrazione.

Forse è anche per questo che qualcuno trova “pesante” la lettura del romanzo. Non ci sono intervalli “riposanti” che estraniano il lettore dalla narrazione (come in molti racconti-romanzi attuali).

La narrazione di molte storie intrecciate può essere lunga ma non prolissa: ogni parola scritta è necessaria e sensata ovvero è funzionale al romanzo sia in senso soggettivo che oggettivo.

Solo i grandi riescono a scrivere in questo modo senza sfaldare l’unità del romanzo. Anche per questo, concordo, per quanto mi riguarda e per quello che può servire, con l’accostamento Tolstoj - Manzoni fatto da Eloise.


RF
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Rosella
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Italy
316 Posts

Posted - 23/09/2013 :  16:57:40  Show Profile
Scusa Rosario, faccio un passo indietro rispetto al tuo ultimo intervento (sul quale ritorneremo di sicuro) e prendo spunto da alcune vostre frasi, sparse qua e là, per cercare di esprimere alcune riflessioni che mi frullano in capo fin dall’inizio della lettura.

Ciò che mi aveva attirato, tanti anni fa, era la storia di Anna: tragica, perché l’ipocrisia del suo tempo non le permetteva di vivere semplicemente per se stessa, o come lei desiderava. Rileggendolo ora, dopo anni di vita vissuta e di molte altre letture, mi pare invece che Anna sia più artefice del proprio destino di quanto appaia a prima vista.

Anna non mi sembra una donna forte. Non ha alcuna saldezza morale cui aggrapparsi, nessun principio, nessuna ambizione. Non è colpa sua, la poverina è malata, anche prima d’incontrare Vronskij: ovviamente nessuno può saperlo, neppure l’autore, neppure il personaggio.
Tuttavia, qualche sciocchezza la commette: perché rifiutare il divorzio la prima volta, quando il marito è disposto a concederlo? E’ come infilare la testa nel cappio: primo inizio di un percorso autodistruttivo.
Ancora prima: sa benissimo che accettare la corte di Vronskij (quasi fidanzato con una delle sue migliori amiche) non è una buona cosa, né moralmente, né praticamente. Alla fine, però cede. Come aveva ceduto anni avanti accettando di sposare un uomo senza amarlo.
In seguito, si attacca a Vronskij in modo addirittura morboso, e non è capace di trovarsi una qualunque occupazione che dia un senso alla sua vita: nella loro casa di campagna non fa nulla, lascia decidere l’amante su questioni che solitamente una “signora” dell’epoca reclamava per sé (vedi Kitty a casa di Levin); non si interessa nemmeno di altre persone in difficoltà, dei bambini della scuola, di sua figlia. L’amore non si può imporre, quindi è comprensibile la mancanza di tenerezza, di trasporto; meno giustificabile, a mio parere, l’affidare la bambina a persone che dimostrano di non provare per lei alcun attaccamento affettivo, e palesano spesso un comportamento poco corretto e trasandato.

Il suo avvinghiarsi a Vronskij, la sua gelosia (ingiustificata ?) scatenano una reazione opposta: lui si sente soffocato, controllato, e si spazientisce.
La situazione precipita quando Anna vuole andare all’Opera, e viene insultata. Purtroppo, ciò era più che prevedibile, e Vronskij l’aveva messa in guardia. Sia ben chiaro: io non accetto l’ipocrisia della cosiddetta “buona società”, ma che ci piaccia o no, quello era il suo agire abituale, quindi, perché sfidare la sorte, senza essere abbastanza “corazzati” per accettarne le conseguenze? Nulla può venire in suo soccorso: la società la condanna e la respinge, e lei non ha la forza di vivere “da sola”. Che non significa “in solitudine”, ma trovando in sé stessa le ragioni del suo esistere e del suo agire. Anna non si accontenta di una vita qualunque, vuole ritornare ad essere parte di una “elite”, vuole la vita di chi è ricco e importante.

Infine, il suicidio. Un’idea che matura nella mente di Anna come unica possibilità di por fine alle proprie sofferenze, ma anche una sorta di vendetta, con il desiderio di far soffrire Vronskij, senza pensare che altri soffriranno: Stiva, Dolly, Segej…

Mi sembra di essere spietata, quasi crudele, ma sentivo il bisogno di esprimermi apertamente, con dubbi e perplessità. Poi, la Rosella psicologa che è me insorge: Anna è depressa, è fortemente depressa, e ho parecchie difficoltà nel vederla disgiunta dalla sua malattia a quei tempi misconosciuta e incurabile. Forse è giusto che sia così: è un personaggio tragico, una persona molto “vera”, che soffre terribilmente, e non ha modo di uscire da queste sofferenze.

Ora mi fermo, ho abusato fin troppo della vostra attenzione, e chiedo a voi: come “vedete” Anna?

Ciao a tutti, e grazie per aver avuto la pazienza di leggermi.


Rosella - Gwendydd

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ombra
Senior Member

296 Posts

Posted - 25/09/2013 :  09:39:21  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Leggere quello che scrivi Rosella migliora la mia ottica nell’osservare la protagonista. In effetti, Anna, seppur diversa, cerca l’approvazione da parte dell’élite in cui è nata e cresciuta. Così sarebbe troppo facile. Essere una mosca bianca è difficile, richiede forza e determinazione. Una giustificazione alla sua voglia di consenso sta, però, nella natura stessa dell’uomo. E’ una nostra esigenza essere accettati dal gruppo sociale di appartenenza. Anche quando alcuni si fregiano del voler essere diversi, attuano un meccanismo che li porta ad emergere per essere comunque notati. Non dimentichiamo che l’uomo è un essere sociale.
Tornando ad Anna, osservo che non ha la forza per essere una mosca bianca. Il suo attaccamento a Vronskij è spiegazione, oltre che della malattia di cui soffre, anche di questo nostro istinto di socialità. Ha paura di essere abbandonata anche da lui e rimanere effettivamente sola. Non capisce che sola non lo sarà mai, ha i suoi bambini e una vita che avrebbe tutte le potenzialità per essere ricca indipendentemente da chiunque. Con i figli si comporta da egoista e menefreghista, specie con la scelta finale di suicidarsi. Dalla sua storia si può comprendere come le persone fragili, senza obiettivi e principi siano destinate o a piegarsi “all’etichetta” o a soccombere. Ci vuole forza per far valere se stessi.
Forse sono stata un po’ cattivella.
Baci
Marta


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