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 Chris Priestley, Le terrificanti storie Montague
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eloise
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Posted - 17/09/2015 :  11:52:00  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Ecco che inauguro la discussione sul testo Le terrificanti storie di zio Montague, di Chris Priestley.



Chris Priestley, nato nel 1959, è uno scrittore contemporaneo di narrativa per ragazzi, che si è dedicato principalmente al genere noir. Cito da Wikipedia:

A partire dal 2000 ha affiancato all'attività di illustratore quella di romanziere, pubblicando alcune raccolte di novelle che hanno riscosso un discreto successo di pubblico e di critica. Tra esse il ciclo Tales of Terror, il cui primo volume è stato pubblicato in patria nel 2008 ed è stato seguito da ulteriori tre volumi, oltre ad altri romanzi di paura.
Nel 2012 esce La creatura, romanzo horror ambientato nella Londra del 1818 che ha fra i protagonisti il Mostro di Frankenstein.
Le sue opere vengono normalmente accreditate come libri per ragazzi, anche se le atmosfere particolarmente cupe, inquietanti e i risvolti tragici delle vicende narrate le rendono adatte anche (e forse soprattutto) ad un pubblico maturo. Le pubblicazioni dei suoi libri, di recente tradotti anche in Italia, sono spesso accompagnate da illustrazioni che rimandano all'iconografia del cinema di Tim Burton.


Eloise
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ombra
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Posted - 18/09/2015 :  10:56:11  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Ben trovati a tutti, inizio dicendo che ho molto apprezzato questo piccolo libricino.
Non sono un'amante di libri illustrati (forse perché mi ricordano i fumetti, con i quali non ho per niente feeling) ma questa opera mi ha fatto ricredere. Belle le illustrazioni e il modo di scrivere dell'autore. Questo genere ultimamente è inflazionato e bistrattato, invece qua ho potuto apprezzare realmente il noir e l'horror di valore perché non vi è il ricorso allo splatter o a melense storielle di cuore. Innovazione delle buone tradizioni tracciate da Poe.
Non aggiungo altro, attendo i vostri pensieri.

a presto

Marta

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eloise
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603 Posts

Posted - 18/09/2015 :  11:23:36  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Ciao cara Marta, ben ritrovata anche a te!
Sono contenta del tuo primo apprezzamento per questo testo.
Credo stia a me iniziare a questo punto, indicando perché ve l'ho proposto.

Diciamo innanzitutto che l'ho letto in un periodo in cui mi scaricavo un po' di tutto, curiosa di leggere cosa viene scritto oggi dai nuovi autori. Ci sono storie più o meno belle, scritte più o meno bene, in generale più o meno prevedibili. Questo testo, devo dire, nella marea di libri che andavo leggendo, è spiccato fuori come una piccola luce in mezzo a tanta foschia.

Anche per me il genere non è dei miei preferiti, proprio perché spesso viene trito in tutte le salse e quasi sempre scade in quello che definirei il "volgare" narrativo. Qui, nonostante le storie certo non siano sorridenti, devo dire che ci si mantiene stilisticamente sul "pulito" (una grande virtù soprattutto in questo genere, propenso a essere molto pasticciato). Un punto per il libro ;)

A differenza di Marta io dò molta importanza alle illustrazioni, perché secondo me riescono a dire qualcosa di un testo molto più rapidamente di tante altre cose, e sono proprio queste ad avermi in prima battuta convinta a provare a leggerlo. In se stesse, le ho trovate molto belle. Al solo vederle mi sono immaginata un certo tipo di narrativa, e la cosa più sorprendente per me è stato vedere quanto siano attinenti al testo narrativo cui si accompagnano: c'è una perfetta simbiosi stilistica tra il testo e le sue illustrazioni. Altro punto guadagnato.

Un'altra cosa fondamentale che man mano lo leggevo mi ha fatto apprezzare il libro è stato lo scoprire come spesso le storie narrate mi hanno sorpreso. Quando leggo oppure quando guardo un film una delle cose che mi annoia maggiormente è proprio lo scoprire mentre leggo/guardo che in realtà dentro me so già come va a finire. Non dico che alcune storie di questo libro non siano in sé prevedibili, perché non è così, ma mi sento di dire che alcune no, non lo sono, e soprattutto quelle che lo sono riescono a fare di questa "attesa prevedibilità" un punto a proprio vantaggio, per legare il lettore con un brividino dietro la schiena ad arrivare fino in fondo.

Il mio giudizio su questo testo forse non è completamente obiettivo, nel senso che poi, essendomi piaciuto, a seguire mi sono presa anche gli altri due che ne completano la trilogia ("Le terrificanti storie del vascello nero" e "Storie da leggere con la luce accesa") e l'insieme mi ha regalato un bel ventaglio di storie noir, alcune più riuscite di altre, ma in generale tutte godibili.
Quello che mi è piaciuto molto anche è stato il fatto che l'autore usa una cornice narrativa per legare insieme tutte le storie (le storie di zio Montague, appunto), che è essa stessa una storia, e leggendo anche gli altri due testi ci si accorge che c'è una ulteriore macro-cornice letteraria che li lega nuovamente. Insomma nulla di veramente innovativo, certo, ma come ha detto bene Marta, un buon uso di una certa buona tradizione. Non è proprio poco.

Eloise
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Rosario
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Italy
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Posted - 18/09/2015 :  23:12:29  Show Profile
Eccomi. Per la prima volta ho usato esclusivamente lo smartphone per leggere un libro. Mi sono sentito orfano delle pagine papier, della loro materialità, del fruscio, di quel particolare stato esplorativo e di lettura che solo il libro papier mi può dare; ma ho letto e ho annotato; anche se il recupero delle note e la loro sistemazione comporterà un ulteriore sforzo organizzativo per passare da uno strumento di lettura e scrittura all'altro e per organizzarle in un unico supporto.

La lettura è stata scorrevole e piacevole; non ho rubato tempo al relax vacanziero di coppia anzi, la serenità recuperata della vacanza in una terra straniera mi ha aiutato a stabilire un rapporto particolare con i personaggi del libro e le loro storie.

L'intervento di Marta, che ha anticipato la presentazione di Eloise, in un primo momento mi ha spiazzato; ma dopo un rigurgito riflessivo su quanto ha scritto, mi sono ricomposto e sono passato alla lettura dell'intervento di presentazione e motivazione di Eloise. Un intervento che ha confermato sia quanto ha scritto Marta sia le mie prime impressioni di lettura del libro. Mi preme anche farvi sapere che questo piccolo episodio di cronologia “deviata” mi ha fatto constatare un aspetto metodologico importante, cioè: l'efficacia delle dinamiche di gruppo per la reciproca conoscenza (anche se solo virtuale) delle singole persone che lo compongono. Un aspetto positivo fondamentale sul valore pedagogico delle nostre letture e delle discussioni che ne derivano.

Dopo la lettura delle terrificanti storie dello zio Montague, ho cercato qualche informazione in più sull'autore Chris Priestley; ma di questo e dei racconti scriverò nel prossimo intervento. Per ora mi basta farvi sapere che ci sono e che ho letto i vostri interventi a cui mi allaccierò nel farvi conoscere le mie impressioni e le riflessioni che ne sono scaturite.

Dopo queste disquisizioni sull'autore, forse è meglio passare ora a disquisire sulle storie terrificanti di zio Montague.
RF
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Rosario
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Italy
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Posted - 21/09/2015 :  11:41:39  Show Profile
Bene, ho ricercato, mi sono informato su Chris Priestley e sullo zio Montague. Di Chris, Eloise ci ha presentato una sintesi informativa presa da wikipedia; io ho cercato tra siti e blog e ho trovato un sito costruito con le stesse atmosfere delle terrificanti storie di zio Montague: una pagina nera, buia, illuminata dalla fioca luce propagata dalla tremula fiamma di una candela; il lettore può spostare la candela per leggere qua e là ciò che è scritto nella pagina, mentre in audio, il sibilo di un "gelido" vento, che sembra venire dall'oltretomba, accompagna il lettore nella sua ricerca; ecco il link:

http://www.chrispriestleybooks.com/
( Uncle Montagues Tales of Terror)

L'atmosfera resa è intrigante e richiama quella di una delle storie terrificanti di zio Montague.

In una delle note volanti vacanziere, che ho appuntato (senza approfondimenti), scrivo proprio di questo flebile lume di candela e cito la parte di testo scritto da Chris; ecco l'appunto:

Il gioco di luce della candela accresce il nervosismo di Edgar.
"Mentre mio zio attraversava la casa piena di spifferi, il lume di candela accresceva il mio nervosismo: il suo passaggio ondeggiante creava ogni sorta di ombre grottesche che danzavano e saltellavano di qua e di là, dando l’inquietante impressione che acquisissero vita propria e se la squagliassero per nascondersi sotto i mobili o strisciassero rapide sulle pareti per imboscarsi in qualche angolo del soffitto."

Bè, che dire, se non che Priestley è un autore al passo con la tecnologia comunicativa dei nostri tempi? Un altro punto a favore del libro proposto da Eloise.


Zio Montague
Come ho scritto ho cercato anche informazioni su zio Montague e ho trovato qualcosa che ha stimolato la mia innata curiosità. Riporto una sintesi stringata delle informazioni trovate su wikipedia:

Montague Rhodes James (1862–1936) fu uno studioso di storia medievale; prevosto (??? il copia-incolla alle volte ti lascia di stucco), del King's College (Cambridge). Scrisse molte delle sue storie di fantasmi perché fossero lette a voce alta, secondo la tradizione inglese di lettura di racconti alla Vigilia di Natale. Le sue storie sono spesso ambientate in paesaggi rurali, con un tranquillo protagonista erudito, coinvolto nelle attività di forze soprannaturali. I dettagli orrorifici non sono quasi mai espliciti, poiché le storie si affidano ad un quieto paesaggio bucolico per enfatizzare l'orrore delle intrusioni dall'altro mondo.

Chissà se Chris Priestley (born 1959) è veramente un nipote di Montague Rhodes James (1862–1936). Scherzi a parte, questo inciso relazionale tra scrittori potrà ritornare utile per abbozzare l'analisi girardiana; per esempio mi è balenata in mente l'idea che l'approfondimento delle "dinamiche mimetiche" del rapporto tra discepolo e maestro, a livello di autori, (alias Dante e Virgilio nella Divina Commedia), può essere proficuamente effettuato secondo lo schema girardiano del desiderio mimetico triangolare.

Dopo queste barbose disquisizioni sull'autore, forse è tempo di dedicarci alle storie terrificanti di zio Montague.

RF
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ombra
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Posted - 23/09/2015 :  10:14:48  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Cia Rosario, sarei curiosa di sapere come mai il mio intervento ti ha spiazzato! ahahhah :)

Una piccola domanda per andare nel vivo: quale racconto dello zio vi è piaciuto di più?

a presto

Marta

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eloise
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603 Posts

Posted - 23/09/2015 :  11:37:23  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Sono proprio contenta che abbiate apprezzato questa lettura.
Dunque per rispondere a Marta in prima battuta direi che, premesso che i racconti mi piacciono tutti, quelli che mi sono piaciuti di più sono stati:

- La non-porta
- La scultura del demone
- La potatura invernale
- La cornice dorata
- Il jinn
- Il sentiero

Tra questi, "La cornice dorata" e "Il sentiero" mi hanno impressionato per quanto ci sia del tema del sé a confronto col proprio io. Lo chiamerei "il filone PERTURBANTE".
Questo tema mi è molto caro, ed è uno di quelli che più lega questi racconti a un filone di tradizione "alla Poe". Questo doppio malvagio o orripilante che ossessiona il protagonista del racconto facendogli travisare e perdere il senso del reale è veramente forte. Come non ricordare grandi classici come William Wilson? Il perturbante è quanto di più presente in questi testi ed è quello che tocca più da vicino ognuno di noi, il rapporto che il nostro io soggettivo ha con la realtà esterna e oggettiva, lo SDOPPIAMENTO di una parte del nostro io che non riconosciamo per vari motivi.

Poi vi è il filone tradizionalmente legato al tema dei FANTASMI, della vita oltre la morte, delle dimensioni parallele. Qui inserirei il racconto "La non-porta" che lo esemplifica magistralmente, sia perché lo sviluppa come tema-base (le due donne che sfruttano la moda di una certa epoca borghese di darsi alle sedute spiritiche), sia per i risvolti finali, tanto più inattesi quanto più sono ciniche fin dall'inizio le protagoniste.

Poi c'è il filone del SOPRANNATURALE puro, dove cioè si trova nella natura una forza inspiegabile che sopraffà il raziocinio e l'intelletto, la volontà dell'uomo. "La scultura del demone" e "Il jinn" appartengono a questa categoria. Un'entità non bene definita intrappola l'uomo e lo convoglia verso un destino fatale, al quale non può sottrarsi.

Alcuni racconti sono a metà strada tra due filoni, come ad esempio "Il sentiero", dove il lettore, assieme al suo terrorizzato protagonista, crede di avere a che fare con un'entità soprannaturale orripilante e scopre con sgomento alla fine di essere solo di fronte al suo destino. Questo racconto è un piccolo bijou anche perché riesce a mescolare le due cose e a dare al lettore un doppio sgomento (un doppio piacere). Il suspence e il terrore che aumenta finisce con uno sgomento totale e una presa di coscienza che, fornendo la chiave di lettura della storia, in realtà lascia aperte ben più domande di quante ne risolva.
Qui secondo me non c'è solo capacità di illustrare bene una storia, o solo capacità di narrare bene una storia: c'è che anche la storia è ben inventata, per nulla scontata. E' una storia "intelligente", nel senso che è ben costruita e stuzzica l'intelletto del lettore, che alla fine è insieme inorridito ma divertito dalla trama, e viene lasciato a meditare sui recessi più nascosti della propria coscienza.

"La potatura invernale" attinge invece al classico mondo delle storie di paura, quelle che spaventano e adorano i bambini, dove pullulano streghe e esseri malefici pronti a usare terribili malefizi e incantesimi per intrappolare i bimbi; è il mondo delle paure ataviche e inspiegabili che però ci accompagnano nei primi anni della nostra esistenza, legato alle tradizioni popolari, eccetera. In questo caso sappiamo già tutti che la vecchia non è una normale e tranquilla vecchietta, che i meli non sono normali alberi da frutta, che il protagonista sbaglia fin dall'inizio a interpretare (o non voler interpretare) i segni che vede. Lo sappiamo ma siamo contenti che lui vada avanti perché è solo così che la storia andrà avanti fino al suo compimento completo. E qui è tutto merito del narratore se è capace di far apprezzare anche a degli adulti una storia tipicamente per bambini.

Infine, se proprio dovessi scegliere un solo racconto tra tutti, forse quello che mi è piaciuto di più è "La non-porta".

Per ora mi fermo, a dopo altre considerazioni.

Dimenticavo: ovvio, in mezzo a questo elenco ho volontariamente omesso le storie legate alla "cornice" dei racconti (la storia di zio Montague). Che mi piace l'ho già detto. Dopo parlerò più nel dettaglio anche di questo.

Eloise
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Rosario
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Posted - 23/09/2015 :  12:26:56  Show Profile
[quote]
Cia Rosario, sarei curiosa di sapere come mai il mio intervento ti ha spiazzato! ahahhah :)


Ciao Marta. Sono rimasto spiazzato perchè mi aspettavo l'apertura della "proponente" Eloise.


RF
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eloise
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603 Posts

Posted - 24/09/2015 :  18:34:15  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Al di là del bosco

E' il primo racconto del libro, ma in realtà è quello che prefigura il racconto-cornice di tutto il testo. Anzi, è il racconto in cui si aprono poi tutte le altre storie come tanti cassetti di un vecchio stipo impolverato.
Questo racconto si basa, più di ogni altro, su un doppio gioco narrativo: da un lato c'è la storia così come viene narrata dal protagonista, il giovane nipote dello zio Montague, dall'altro c'è la storia che si legge "tra le righe", in un costante ammiccare tra l'autore e il lettore.
Di questo doppio gioco però è lo stesso narratore a farsi portavoce, proprio per il suo continuo insinuare e calcare l'attenzione su dettagli che eccitano la curiosità e i dubbi nel lettore.
Tutta la narrazione è piena di asserzioni dubbiose, relative, soggettive ma dove la stessa soggettività è messa in dubbio:
- quel tratto di strada si rivelava più lungo di quanto mi aspettassi...
- Non mi capacito del perché...
- mi stupivo di come la casa dei miei genitori fosse del tutto occultata dal bosco...
- Dopo quello che mi sembrava sempre un lasso di tempo interminabile...

Accanto a questi elementi ("alla Henry James"), ci sono tutta una serie di asserzioni che invece rimandano a una sfera soggettiva estremamente sensibile, a tratti alterata, che gli appassionati di Poe non faranno fatica a riconoscere:
- i miei genitori non erano a loro agio con dei bambini tra i piedi...
- Mia madre era di indole nervosa...

La dimensione dell'ignoto e la paura che questa da sempre incute nei bambini è molto presente, e nessuno degli elementi-chiave della classica storia di paura viene tralasciato:
- lo strano terrore...
- l'inspiegabile panico...
- Non si avvicinavano e non dicevano una parola...
- il tornello che gira e vuole essere oliato
- il rumore dei passi nella casa
- la maniglia che cigola

Ecco, attraverso tutti questi elementi la scena è pronta; questo è il piatto in cui tutti i racconti sono serviti.
Il cuore pulsante di questo racconto introduttivo è la stanza dello zio Montague. Si potrebbe dire: c'era una volta, nel cuore di un bosco oscuro e profondo, un giardino oscuro e nebbioso; nel cuore di questo giardino, c'era una casa cimiteriale e fredda; nel cuore di questa casa, c'era una grande stanza che sembrava una grotta stipata di libri e ricordi di viaggi; nel cuore di questa stanza, c'era uno strano zio che raccontava storie...
Cuore pulsante, ho detto? Esatto, e non è un caso:

Il pavimento era coperto da un lussuoso tappeto persiano e la tinta dominante di quel tappeto era un rosso intenso, uguale a quello delle decorazioni sulle pareti e del damasco dei tendaggi. Nel focolare ardeva un grande fuoco che rendeva quel colore ancora più vivido palpitando al ritmo delle fiamma, come se quella stanza fosse il cuore pulsante della casa.

In un insieme cupo e tetro dove tutto è nero: dal genere, alle illustrazioni, ai personaggi, alle storie narrate, si ha un cuore rosso vivo e pulsante: la stanza dei racconti. L'unica stanza? Non si sa, né l'autore né il protagonista, né zio Montague ci rispondono. Ma di sicuro è la stanza principale, il motore di tutto il libro, quella dove prende vita ciò che è morto, e torna alla memoria ciò che è sepolto:
sapevamo entrambi cos'era a portarmi da lui: la fame, la fame di storie.

Buona lettura! ;)

Eloise
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Rosario
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Italy
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Posted - 26/09/2015 :  14:49:03  Show Profile
Grazie Eloise per aver aperto i giochi con tanta generosità; le tue osservazioni, con la loro precisione, l’ordine e gli sviluppi di analisi accennati, offrono molteplici spunti di discussione interessanti.

Devo confessare che, dopo aver letto le vostre note introduttive, mi sono dilungato a pensare quale fosse l'approccio più adatto alla discussione; ebbene Eloise ha tagliato la testa al toro e mi ha salvato dalle sabbie mobili in cui mi ero impantanato: l’approccio d'analisi di Eloise è perfetto e risponde in pieno alle mie personali aspettative. Ma ora inserisco alcuni spunti che avevo già registrato su questo primo racconto-cornice; poi rileggerò con calma l'intervento di Eloise per approfondire la mia personale riflessione su quello che ha scritto... che non è poco.

1 - La selva oscura
Passiamo “al di là del bosco” introduttivo e parliamo un po’ della paurosa attraversata di Edgar nella “selva oscura”. Sì, il mio pensiero è andato proprio all’incipit della Commedia dantesca. Anche Dante aveva paura in quella selva oscura; anche lui si è quietato e rasserenato alla vista del “vate”, proprio come Edgar Allan Poe all’ascolto delle storie raccontate da zio Montague.

Le immagini e le sensazioni descritte in questa “passeggiata nel bosco narrativo” rimanda l’”Eco” della commedia dantesca. (un po’ bisogna pure divertirsi con le associazioni… a delinquere o letterarie ergo: Umberto Eco - Sei passeggiate nei boschi narrativi - Bompiani). Questa è la prima osservazione che io ho annotato nel viaggio nelle terre di Icaro.

2 - La fame di storie
La seconda osservazione è di tipo “pedagogico”. L’autore mi sembra tenga con una certa insistenza comunicativa, a rimarcare la valenza pedagogica delle sue storie. Da questo punto di vista il primo spunto lo dà la descrizione che Edgar fa dei genitori e del critico rapporto dis-educativo dovuto alla loro indifferenza e “lontananza” dai suoi bisogni; tanto che lo zio Montague rappresenta per lui l’ancora di salvezza, il "vate" che lo guiderà nel suo viaggio di iniziazione.

Le storie di zio Montague sono per Edgar “lezioni di vita”. Superfluo dire che girardianamente lo zio Montague è il mediatore venerato dal ragazzo, il “vate” che lo guida; l'“oggetto” del suo desiderio d'essere; il desiderio d’essere (come lui): uomo esperto della vita che racconta storie.

Ecco le frasi che avevo appuntato in vacanza.

Edgar, cosa fate tutto il pomeriggio quando vai a trovarlo?» «Mi racconta delle storie», dissi.
… Io e lo zio eravamo molto legati, ma sapevamo entrambi cos’era a portarmi da lui: la fame, la fame di storie.

Lo zio Montague è il mediatore a cui il ragazzo Edgar guarda con riverenza e ammirazione per imitarne le gesta o meglio per essere come lui. Come Dante nella selva oscura alle porte dell'Inferno, guarda al suo "vate" come modello da seguire e imitare per superare lo smarrimento e la la paura che prova nella selva oscura. Le storie raccontate da zio Montague sono il campo d'azione in cui si sviluppa il desiderio mimetico "metafisico" di Edgar. In Dante il "trattar del ben ch'io vi trovai" passa attraverso "dirò l'altre cose ch'io v'ho scorte"; così l'azione educativa di zio Montague si estrinseca attraverso il racconto di "storie terrificanti".

3 - Gli alberi sacri e i sacrifici.
La terza mia osservazione riguarda la sacralità della natura ovvero degli alberi. Lo zio Montague si sofferma sulla natura sacra, sugli alberi, sul sacro e sui sacrifici:
… «Gli storici dell’antica Roma parlano di radure sacre, di querce imbrattate di sangue…»
. … «Parlano di sacrifici… sacrifici umani talvolta. I Celti staccavano la testa ai nemici, era un trofeo di guerra.
… «Guarda quanto vivono a lungo certi alberi. Pensa a quante cose hanno visto. Eh già, nei cimiteri delle chiese ci sono alberi millenari; sono più vecchi perfino della chiesa attigua. Hanno le radici in un millennio e i rami in un altro. E chi non prova soggezione al cospetto di una grande quercia o di un acero o di un olmo che si staglia solitario come un gigante afflitto?».

Tutti questi discorsi per introdurre il secondo racconto ovvero il primo racconto narrato da zio Montague; la prima porta del racconto-cornice: "Non salire"

«Conosco una storia su un albero del genere», disse mio zio. «Ti andrebbe di ascoltarla, Edgar?»


RF
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Rosario
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Posted - 26/09/2015 :  20:26:30  Show Profile
Eloise ha scritto in chiusura del suo intervento:
"Il cuore pulsante di questo racconto introduttivo è la stanza dello zio Montague. Si potrebbe dire: c'era una volta, nel cuore di un bosco oscuro e profondo, un giardino oscuro e nebbioso; nel cuore di questo giardino, c'era una casa cimiteriale e fredda; nel cuore di questa casa, c'era una grande stanza che sembrava una grotta stipata di libri e ricordi di viaggi; nel cuore di questa stanza, c'era uno strano zio che raccontava storie...
Cuore pulsante, ho detto? Esatto, e non è un caso:

Il pavimento era coperto da un lussuoso tappeto persiano e la tinta dominante di quel tappeto era un rosso intenso, uguale a quello delle decorazioni sulle pareti e del damasco dei tendaggi. Nel focolare ardeva un grande fuoco che rendeva quel colore ancora più vivido palpitando al ritmo delle fiamma, come se quella stanza fosse il cuore pulsante della casa.

In un insieme cupo e tetro dove tutto è nero: dal genere, alle illustrazioni, ai personaggi, alle storie narrate, si ha un cuore rosso vivo e pulsante: la stanza dei racconti. L'unica stanza? Non si sa, né l'autore né il protagonista, né zio Montague ci rispondono. Ma di sicuro è la stanza principale, il motore di tutto il libro, quella dove prende vita ciò che è morto, e torna alla memoria ciò che è sepolto:

sapevamo entrambi cos'era a portarmi da lui: la fame, la fame di storie."

Ho ridigitato direttamente l'intero paragrafo del "cuore pulsante" scritto da Eloise per non perdermi nulla anzi, per mangiarmi tutto quello che ha scritto e metabolizzarlo, farlo mio; perchè tutte le parole, le frasi, le virgole, le citazioni, etc. mi hanno ispirato un'infinità di risposte su quasi tutti i racconti letti.

Ecco la mia prima rimurginazione:

Bellissima questa immagine del cuore pulsante; e voglio partire proprio da questa immagine di Eloise per allacciare e per ordinare le mie osservazioni sulla base del ritmo di questo "cuore pulsante" che è la stanza delle storie.

Il luogo è descritto magistralmente e offre al lettore un senso di vita "palpitante" al ritmo della fiamma danzante del grande fuoco nel camino così come scritto nella didascalia dell'immagine:
"Entrambi fissammo il camino,
incantati dalle fiamme danzanti…"
tutto ciò rende ancora più vivido il colore rosso intenso del tappeto persiano, delle decorazioni sulle pareti e dei tendaggi damascati di cui è ornata la stanza.

In una scena così descritta, le storie raccontate dallo zio Montague assumono un carattere di rito sacro; come fossero le note e i canti di una danza tribale intorno al fuoco sacro che infiamma il cammino. Le storie acquistano così la funzione di una preghiera e il loro contenuto narrativo è sacralizzato mediante il canto della voce sicura e profonda di zio Montague e l'ascolto palpitante e attento del nipote Edgar.

Sì, è questa l'atmosfera giusta per dare profondità e forza rigenerante alle storie terrificanti di zio Montague. Questa sarà l'atmosfera che accompagnerà e colorerà le mie osservazioni nella discussione.

RF
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Rosario
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Italy
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Posted - 28/09/2015 :  13:22:08  Show Profile
Mi sono accorto che ho dimenticato di rispondere alla richiesta perentoria di Marta sulla racconto più piacente; rimedio subito:
la storia raccontata da zio Montague che mi ha "coinvolto" di più è: "La scultura del demone";
il racconto che mi piace di più è il racconto-cornice del cuore pulsante: "Al di là del bosco"; (anche perchè contiene tutte le storie terrificanti raccontate da zio Montague).

RF
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ombra
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Posted - 29/09/2015 :  10:38:17  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Complimenti ad entrambi!!! Ottime le vostre osservazioni.
Riparto anche io dalla mia domanda. Il racconto che ho maggiormente apprezzato, a parte la cornice narrativa che è veramente ben congeniata, è la non-porta! Partendo da un tema classico (le storie di fantasmi) l'autore ci porta ad una conclusione affatto scontata. Alla fine ti fa quasi pensare che Harriet, cinica e spietata con le sue ricche vittime, abbia avuto un po' quello che si meritava.
In assoluto la cosa più intrigante del libro è però la storia di zio Montague e il "potere" di attrazione che ha nei confronti di Edgar. Come un magnete con del ferro. Per tutta la durata dei racconti ti aspetti che ci sia qualcosa dietro allo zio Montague, ma non certo quello che si svela alla fine. Per questo lo ho molto apprezzato, per la non banalità. Per la freschezza delle idee.
Ha fatto apprezzare, inoltre, le illustrazioni pure a me, che non ne sono amante!! Veramente adatte e evocative, riuscivano a farti entrare ancora di più nell'atmosfera delle storie. Alla fine, come Edgar, anche io ero entrata nella malia dei racconti dello zio Montague. Quasi fosse un pifferaio magico che mi spingesse a continuare a leggere!

Scusate se la mia osservazione non prosegue le vostre, ma queste sono le mie impressioni per ora.

A presto

Marta

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Rosario
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Italy
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Posted - 29/09/2015 :  13:28:33  Show Profile
Per un aggiornamento sussidiario, riporto il link di un paragrafo di Menzogna romantica e verità romanzesca, (che mi sono appuntato in Evernote), in cui Reneè Girard affronta il tema del "sacro" attraverso i rimandi della memoria affettiva:

https://www.evernote.com/l/AOxgqmsGIhJPmJX9AtfIx4jqdX_A5ps5cQ4

ri-leggendolo ho ri-trovato molte risposte alle situazioni e alle caratterizzazioni dei personaggi delle Storie terrificanti di zio Montague.

RF
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eloise
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Posted - 01/10/2015 :  14:54:06  Show Profile  Visit eloise's Homepage
La non-porta

Dunque dato che è il mio racconto preferito cercherò di abbozzarne una piccola analisi. Abbiamo già detto quanto questo racconto risulti godibile per il suo finale non scontato, degno del più inquietante film di paura.
Vorrei ora soffermarmi su alcuni aspetti narrativi del racconto, che ho apprezzato anche intellettualmente.

La prima frase:
"Harriet arretrò adagio verso la porta quando sua madre cominciò a parlare"
incredibilmente contiene già quasi tutto il succo della storia. Essa ci introduce infatti ad alcuni temi e movimenti fondamentali del racconto: il tema della porta e il movimento "all'indietro", un movimento strano, già sospetto e inusuale, perché di solito da una porta si viene avanti entrando, oppure si esce di spalle. Anche il tema della porta, già presente nel titolo, si manifesta in senso contrario: il lettore è già avvisato che nel racconto non si parla di porte normali, ma di non-porte.

Cos'è una porta? per definizione diciamo che è un elemento architettonico di congiunzione, che "porta", appunto, da un luogo ad un altro. Cosa può mai dunque essere una non-porta? Un elemento di non-congiunzione? un finto elemento di congiunzione? un trompe-l'oeil, famoso nome dato al dettaglio barocco (normalmente pittorico) che dà l'illusione di spazi ed elementi architettonici che in realtà non ci sono?

Andando avanti con la lettura il lettore prende consapevolezza della scena, conosce le due protagoniste e i loro cinici stratagemmi per approfittare della moda, molto diffusa in una certa epoca, di darsi alle sedute spiritiche, assiste all'incontro tra Harriet e Olivia, e infine entra nel vivo del "perturbante" quando si verifica l'inspiegabile: Maud che per la prima volta in vita sua si fa veramente da tramite come medium nel dar voce a una richiesta di aiuto... indirizzata a se stessa. A questo punto le cose precipitano e non starò certo qui a raccontare la storia. Solo mi preme sottolineare alcuni aspetti:

1. Innanzitutto, il TEMPO.
Nella storia, il momento che dà inizio all'elemento perturbante, cioè quando Maud è posseduta da Harriet e dà voce alla sua richiesta di aiuto, si ricollega alla fine del racconto, quando viviamo assieme a Harriet il suo destino e arriviamo al momento in cui grida aiuto. Abbiamo cioè un pezzo di narrazione che in realtà ripercorre un pezzo di storia che avviene nel frattempo, e lo stesso tempo del plot subisce un ritorno all'indietro nel tempo. Harriet perciò vive il suo destino due volte: prima da "spettatrice", poi in prima persona. La dimensione del tempo non sembra più essere lineare (dal passato al futuro, attraverso il presente) ma ciclica. O peggio: infinita. E l'orrore è doppio.

2. Poi, lo SPAZIO.
Lo spazio nel racconto è anch'esso a due dimensioni: c'è la dimensione lineare, diciamo quella "normale", dove ogni luogo ha precise coordinate xy. Poi c'è la dimensione alterata, dove un luogo tridimensionale può aprirsi in un singolo punto geometrico e dare luogo a dimensioni parallele: è il caso della camera cui si accede dalla non-porta. Inoltre, questa dimensione parallela va anch'essa oltre le coordinate finite che conosciamo per ampliarsi in direzione infinita: è il caso della stanza che contiene la casa di bambole che contiene la casa di bambole che contiene la casa di bambole e così via all'infinito.

Siamo di fronte a un loop temporale e un loop spaziale, per dirla in termini moderni.
Da un punto di vista stilistico, tutto ciò rimanda a caratteristiche che definirei barocche (rieccoci al "trompe-l'oeil"). E' tipico di una narrazione barocca presentare infinite varianti di un tema che si incrociano nell'infinitesimale piccolo e nell'infinitesimale grande. E' tipico di una narrazione barocca avere, anche, personaggi-spettatori che diventano protagonisti-attori e viceversa, che cioè si scambiano i ruoli, oppure personaggi che non sono ciò che realmente sembrano. Nel nostro caso: le due protagoniste sembrano mamma e figlia devote ma non lo sono; Olivia sembra la figlia della padrona ma non lo è; la stessa padrona sembra estranea ai fatti e poi si scopre invece che ha una certa complicità con Olivia; Maud sembra una falsa medium ma in realtà poi lo è davvero; e così via in un ribaltarsi di ruoli e verità sempre capovolte.
Lo stesso titolo, la non-porta, non è che uno splendido esempio di figura retorica che ci introduce al mondo barocco. Insomma, se fosse una pièce teatrale, lo stesso Corneille sarebbe, temo, fiera di Priestley!

Eloise
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eloise
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Posted - 02/10/2015 :  14:35:20  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Vorrei adesso riprendere il tema delle storie, della fame di storie, attorno al quale si dipana tutta la narrazione come ho già detto più su e come anche Rosario ha osservato.
La stanza "narrativa", cuore pulsante della casa e del libro, in cui zio e nipote si incontrano, ha molti aspetti interessanti. In quello che a tutti gli effetti sembra essere lo studio dello zio, ci si potrebbe aspettare che, tipicamente, ci debbano essere pareti piene di librerie e volumi di libri. Qui invece non si hanno tanto libri, quanto oggetti. In questo modo si sottolinea come in questo testo il raccontare sia, più che un'operazione puramente intellettuale, un modo per "dare corpo" ai racconti, nel senso proprio di viverli, di dare loro la vita. Già il racconto orale rispetto a quello scritto ha una dimensione in più (corporale, perché instaura una relazione fisica vera tra narratore e ascoltatore). Ma in "Le terrificanti storie di zio Montague" questo aspetto è ancora più importante, almeno per due motivi:
1. ogni racconto nasce non da un libro ma da un oggetto, che sembra chiamare a sé lo zio affinché racconti la storia che cela. Un rapporto fisico dunque, anche qui, quasi un materializzarsi attraverso l'oggetto della sua storia.
2. la stanza dei racconti, che attira inesorabilmente a sé Edgar, in realtà attira a sé anche gli altri abitanti della casa, Franz e i bambini. Perché ognuno di loro, soprattutto i bambini, vogliono che le loro storie siano raccontate. D'altra parte, tutto il rapporto tra Edgar e il mondo dello zio si caratterizza per una reciproca attrazione, come se l'uno volesse vivere altre vite altrimenti "impossibili" attraverso la narrazione dello zio, mentre gli altri hanno invece bisogno di un ascoltatore per poter continuare a mantenere "vive" le proprie storie, le proprie vite, altrimenti perse nella memoria e spente come fantasmi.

Tutto ciò è una grande metafora della letteratura. Lettori/ascoltatori hanno bisogno di leggere/ascoltare storie che in qualche modo fanno loro vivere altre vite, e in cambio danno a queste storie la possibilità di vivere, dando loro espressione.

Eloise
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