Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Il lascito del manager

lug 302018

 Riflessioni di lettura dell'articolo di Mario Calabresi su La Repubblica del 26/7/2018, in memoria di Sergio Marchionne.

La libertà

 

 

Chagal - Crocifissione bianca

 

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"Con questa intervista ho comprato la mia e la tua libertà.” (Sergio Marchionne)

Perché la scelta di questa frase? Per il fascino della parola "libertà". Sergio Marchionne l'ha pronunciata quasi in segno di vittoria, non tanto per lui, quanto per Mario Calabresi, il giornalista che lo ha intervistato.

Dal racconto del giornalista, traspare la soddisfazione e la gioia del manager per aver conquistato la libertà per il suo interlocutore oltre che per se stesso.

Il manager appare consapevole e sicuro della propria libertà ma, probabilmente, voleva che anche il suo interlocutore si affrancasse dalle possibili sudditanze politiche, economiche e aziendali che lo avrebbero costretto a inevitabili autocensure ovvero alle mezze verità e alla menzogna, privandolo della libertà; lo ha fatto semplicemente: comunicandogli una verità nascosta agli altri ma palese a lui, in quanto amministratore delegato della Fiat, fonte sorgente di quella verità: la Fiat non aveva alcun interesse per gli "incentivi alla rottamazione” proposti dal governo.

Con questa notizia-verità, in esclusiva personale, il manager ha costruito, forgiato e corazzato un canale comunicativo preferenziale con il giornalista; un canale sicuro e coeso verso il mondo esterno, verso il mercato; un canale unico a vantaggio sia della Fiat sia del giornale La Stampa. L'articolo commemorativo, di sapore "umano", scritto da quel giornalista in occasione della morte del manager, reso in forma di testimonianza, è la prova tangibile del rapporto umano che correva tra i due.

 

 

 

 

L'articolo

 

undefinedI due titoli, (prima e seconda pagina):

"Marchionne, l'orgoglio della fatica"
"Marchionne, l’uomo che viveva di lavoro"

Due titoli “lapidari” per rispondere alla probabile domanda che qualche (o molti) ignaro lettore si sarà posto leggendoli, confuso dal turbinio di informazioni e notizie propinate a pioggia dai media: "Chi è questo Marchionne da meritare per giorni le prime pagine dei giornali?

I richiami dei due titoli sono emblematici: identità della persona, la sua umanità, la sua vita, la sua opera.

Due titoli concatenati, seppur a sé stanti in prima e seconda pagina; due frasi di poche parole; parole forti e chiare, che non lasciano spazio a fraintendimenti; parole che orientano il lettore verso una lettura formativa, educativa e pedagogica dell’articolo.

 

L'occhiello

L’occhiello dell’articolo è strutturato su alcune frasi (di cui una con citazione) che preannunciano gli argomenti trattati:

- L’azienda era la sua passione.
- Aveva quella voglia di rivalsa e affermazione che nasce dalla fatica e dall’emigrazione.
- Apprezzava Obama ma era certo dell’elezione di Trump: “Chi non lo capisce non capisce l’americano medio”.
- La sua felicità quando stava ai box Ferrari

Queste frasi possono essere ridotte in termini generici, adatti cioè ad evidenziare possibili vizi e virtù di qualsiasi persona:

- Passione
- Desiderio
- Discernimento
- Felicità

Desiderio, passione, discernimento e felicità, dunque, sono i capisaldi esistenziali sui quali Mario Calabresi incardina la personalità, la vita e le opere di Marchionne.

Su questi termini così generici, occorre fare un pò di chiarezza; per non confondermi e confondere ambiti che sono estranei agli argomenti che intendo trattare in questo lavoro.

Il desiderio va riferito al "desiderio mimetico" di René Girard ovvero al suo significato antropologico; un significato che può essere riformulato come "volontà di operare per ottenere un "bene oggettivo" che è l'oggetto del desiderio. Girard lo chiama desiderio mimetico perchè lo fa nascere dall'imitazione del desiderio di un altro:

"l'oggetto (del desiderio) non è che un mezzo per raggiungere il mediatore (l'altro). È all'essere del mediatore che mira il desiderio. Proust paragona alla sete questo desiderio di essere l'altro.(...) questo desiderio di assorbire l'essere del mediatore si presenta frequentemente in forma di desiderio di iniziazione a una nuova vita. L'improvviso prestigio di un modo di esistere sconosciuto è sempre connesso con l'incontro di un essere che risvegli il desiderio." 

Il discernimento va inteso come la capacità di giudizio sulla realtà oggettiva; giudizio che permette e motiva le scelte per l’agire orientato al bene. La virtù cui fa riferimento è la prudenza.

La passione va intesa in senso estensivo come "una realtà che suscita interesse".

La felicità intesa come la compiuta esperienza di ogni appagamento.

 

 La passione

 

Il testo

Come nasce una passione

undefinedL'iniziazione - "L'improvviso prestigio di un modo di esistere sconosciuto è sempre connesso con l'incontro di un essere che risvegli il desiderio." (Renè Girard)

“Sono arrivato in Canada dall’Abruzzo che avevo 14 anni, parlavo l’inglese malissimo, con un marcatissimo accento italiano. Ci ho messo più di sei anni a perderlo. Sei anni persi con le ragazze. L’imbarazzo di aprire la bocca mi paralizzava."

Sergio davanti alle ragazze resta paralizzato perché parla male l'inglese: non le capisce e non sa farsi capire.

Sergio non riesce a mettersi in gioco e a competere con gli altri ragazzi per conquistare le ragazze. L’imbarazzo di aprire la bocca lo paralizza. 

Sergio desidera quelle ragazze, vuole assorbirle, vuole trasformarsi, essere come quei ragazzi che riescono ad parlare e scherzare con le ragazze.

Sergio vorrebbe capire quel che dicono i ragazzi e le ragazze della sua età ma non ci riesce: parlano un'altra lingua;

Sergio con le ragazze vorrebbe essere irresistibile, affascinarle, conquistarle. Ma non riesce a parlare, qualcuno lo schernisce;

Sergio si sente preso in giro perché non sa ascoltare, non sa parlare.

Sergio resta come paralizzato, schiva le compagnie, schiva le ragazze, si emargina nel sottosuolo esistenziale.

Sergio cova vendetta: è tormentato da un’atroce sete di vendetta: vuole diventare come gli altri senza cessare di essere se stesso. La tentazione dell’orgoglio è eterna ma per lui, per un immigrato diventa irresistibile poiché è orchestrata e amplificata in maniera inaudita in quella terra straniera, in quella selva oscura.

Sergio sente le voci dell’orgoglio, la coscienza d’essere un immigrato che deve vivere in una città che non conosce, che non lo ha cullato nell'infanzia, che non lo ha visto crescere,  si fa più amara e solitaria e la solitudine acuisce la pena.

Sergio non può condividere con gli altri la sua sua sofferenza; lui è diverso, è solo, è un immigrato che non sa parlare. Lui è solo loro sono tutti.

"Sei anni persi con le ragazze”... quanta dolcezza, quanta nostalgia, quanto distacco in queste parole, dette da Sergio qualche decennio dopo, in una confessione; quando ormai si erano consumate le braci del suo desiderio di vendetta; quando ormai era diventato "Marchionne, l'uomo che viveva di lavoro".

Riflessioni 

undefinedMario Calabresi, ripercorrendo le tappe nella sua memoria affettiva, affida alle parole di Marchionne la presentazione di se stesso e l'apertura dell'articolo:

“Sono arrivato in Canada dall’Abruzzo che avevo 14 anni, parlavo l’inglese malissimo, con un marcatissimo accento italiano. Ci ho messo più di sei anni a perderlo. Sei anni persi con le ragazze. L’imbarazzo di aprire la bocca mi paralizzava."

È un incipit che segna il luogo, il tempo e il fatto in cui Marchionne stesso colloca la sua iniziazione da migrante: “Sono arrivato in Canada dall’Abruzzo che avevo 14 anni".

Un migrante che approda nel territorio sconosciuto del Canada, proveniente dalla fine di un mondo conosciuto: l'italico Abruzzo. Un migrante proveniente dalla fanciullezza che approda nell'adolescenza. Ma aveva un handicap comunicativo che lo imbarazzava; davanti alle ragazze restava paralizzato: "Sei anni persi con le ragazze. L'imbarazzo di aprire la bocca mi paralizzava".

Forse a 14 anni, davanti alle ragazze si può rimanere bloccati per svariate e molteplici ragioni; ma per Marchionne ce n'è stata una sola: la lingua non in senso anatomico, ma in quello linguistico; quello della parola, dell'espressione verbale: "Parlavo l'inglese malissimo, con un marcatissimo accento italiano".

Lo scarto culturale scopre la menzogna. Parlare in inglese e farsi scoprire italiano nasconde la menzogna di "cercare d'apparire per ciò che non sei". È il disagio pirandelliano dell'essere e dell'apparire; quello vissuto da Vitangelo Moscarda nel romanzo "Uno nessuno e centomila" (Discussione "Luigi Pirandello, "uno, nessuno, centomila"") . Marchionne lo ha vissuto come immigrato legale nell'Ontario, in Canada a 14 anni. In un paese straniero il migrante soffre di questo mal di comunicazione.

È una regola che vale per tutti i migranti; anche per quelli che muoiono inghiottiti dal mare. Un ragazzo di 14 anni, in un paese straniero, davanti a ragazze che parlano un'altra lingua...viene inghiottito dal mare dell'inadeguatezza, dell'impaccio, dell'imbarazzo. Per Marchionne è stato così.

Il desiderio di rivalsa

undefinedDa questo mare dell'inadeguatezza e della vergogna ci si può salvare. Nel mio taccuino di lettura, sotto il capitolo "La rivalsa" ho appuntato i tre passaggi per me più significativi dell'articolo. Il primo è riferito al cammino di salvezza che Calabresi sintetizza con poche parole:

"Ogni giorno, per oltre mezzo secolo, ha voluto dimostrare che non si sarebbe più lasciato paralizzare o mettere in un angolo da quelli più grossi di lui, anche per questo prese tre lauree."

Sergio Marchionne, offeso nell'amor proprio in un Paese straniero, decise di "vendicarsi" e affrancarsi da quelle situazioni imbarazzanti per vincere la sua battaglia di migrante italiano. Si laureò in filosofia presso l'Università di Toronto; in un'intervista dichiarò: «Quando ho iniziato l’università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me».

Successivamente si laureò in giurisprudenza alla Osgoode Hall Law School della York University (Ontario, Canada) con il massimo dei voti, conseguendo poi presso la University of Windsor (Ontario, Canada) un Master in business administration. Esercitò quindi come commercialista, procuratore legale, avvocato ed esperto contabile diplomato. (wikipedia)

Ebbe la sua rivalsa combattendo con le sue armi (filosofia, giurisprudenza, business amministrazion) contro un avversario smisuratamente più grande; proprio come il bibblico pastorello Davide contro il gigante Golia. E qui entra in gioco il secondo passaggio appuntato sul mio taccuino:

 

"Il Golia da battere nell’ultimo decennio sono state le case undefinedautomobilistiche tedesche e le pubblicità del Superbowl erano ogni anno il suo manifesto; (Eminem, Clint Eastwood e Bob Dylan… e il cruccio per non aver convinto Bruce Springsteen.)"

Il Golia tedesco e/o americano lo lascio da parte perchè è Davide che interessa in questa sede. E siamo al terzo passaggio appuntato nel mio taccuino di lettura:

"Una bambina afroamericana che raccontava una storia di rivincita con parole che sembravano scritte da lui; sembrava la sua biografia: - Siamo circondati da giganti, abbiamo dovuto imparare ad affrontarli e a batterli, siamo piccoli ma veloci e sappiamo che essere svegli è più importante che essere il ragazzo più grosso del quartiere -."

Calabresi ha colto nel segno: quella bambina afroamericana, che racconta la storia della sua rivincita, è Marchionne!

 

 

L'opera 

"Poiché nell'opera consiste la bontà e perfezione dell'uomo." (Aristotele)

«Quando ho iniziato l’università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me»

 

Sergio iundefinednizia il percorso universitario a Toronto; sceglie la facoltà di Filosofia semplicemente perché sentiva che, in quel momento, era una cosa importante. Probabilmente perché vedeva nello studio della filosofia la possibilità di iniziare la sua opera secondo l’assunto aristotelico di definir bene i prìncipi:

"Si metta ogni studio a definir bene i princìpi, avendo ciò una grandissima importanza per quel che viene dopo: poiché si può dire che il principio è più della metà del tutto, e per esso divien chiaro gran parte di quel che si cerca". (Aristotele - Etica Nicomachea)

In seguito si laurea in giurisprudenza con il massimo dei voti, conseguendo un Master in Business Administration. Esercita quindi come commercialista, procuratore legale, avvocato ed esperto contabile diplomato.

Sergio, nel 2003 approda alla Fiat, dopo aver esercitato per 20 anni in Nord America e in Europa. La sua opera prende forma; è diventato un manager stimato in ambito internazionale. Parla con franchezza e professionalità, con i Presidenti USA Obama e Trump diversi nelle loro reciproche vision politiche ma egualmente attenti ed efficaci nelle decisioni da prendere per salvare dal caos l’industria automobilistica americana, ormai sull’orlo del baratro.undefined

Procede con piglio e tenacia nell’opera di trasformazione dell’azienda facendola diventare un formidabile realtà produttiva globale, non un colosso ma un gruppo produttivo, agile, duttile, di grande valore strategico per il mercato mondiale dell'auto; razionalizza, accorpa, dismette, apre nuove vie; negozia con chiarezza di idee; immagina e prospetta il mercato del futuro e accompagna gli interlocutori nel prendere le decisioni più convenienti per tutti.

Con filosofia e professionalità manageriale è riuscito a definir bene il principio di un nuovo mercato globale, rispondendo al bisogno di chiarezza dei suoi interlocutori e dei compagni di strada, facendo "divenir chiaro gran parte di quel che si cerca.”

 

undefinedSergio ormai parla in inglese con i colleghi, con i presidenti…

anche con quelle ragazze della sua adolescenza migrante;

Sergio parla una lingua universale che tutti possono capire e parlare;

Sergio ha ormai recuperato quei sei anni persi della sua adolescenza,

vissuta da migrante nelle strade di una città che non conosceva,

dove si parlava una lingua che non conosceva;

Sergio ha recuperato quei sei anni

da qui all'eternità.

 

 

Il riposo

“Adesso non vedo l’ora di risalire sull’aereo,

è piccolo e scomodo

ma devo dormire a tutti i costi.

Dormire sarà il mio modo di festeggiare.

(Sergio Marchionne)

 

La felicità

 

Era felice ai box della Ferrari,undefined

con le cuffie in testa,

quando cercava di azzeccare al millesimo

i tempi dei giri di prova.

Nel suo futuro forse

sarebbe stata la sua nuova vita

e ci era quasi riuscito.

(Mario Calabresi)

 

 


La memoria affettiva

 

La prima volta che l’ho incontratoundefined

nella hall di un albergo

sul Central Park a New York.

quando stavo per essere nominato

direttore della Stampa,

non lo riconobbi,

aveva una sciarpona blu

che gli copriva anche il naso

e continuava a tossire.

 

Non mi chiese nulla di politica

e mi parlò della sua infanzia,

dell’idealizzazione dell’Italia

e delle nostalgie che aveva

di suo padre, di sua madre

e degli studi di filosofia.

 

 

Ma soprattuttoundefined

della sorella Luciana

che amava tantissimo,

morta a 32 anni di cancro.

Mi raccontò di quando accompagnò

per l’ultima volta

il figlio di lei all’ospedale

per salutare la mamma.

 

 

 

 

 

 

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Si commosse

e smise di parlare per un po’;

poi cambiò discorso e ordinò

una bottiglia di vino e due bistecche.

(Mario Calabresi)

 

 

 

 

 

 

undefinedSergio Marchionne

(Chieti, 17 giugno 1952 – Zurigo, 25 luglio 2018[1]) è stato un dirigente d'azienda italiano naturalizzato canadese.

È noto a livello internazionale per aver guidato il profondo rinnovamento della FIAT. Ha ricoperto ruoli importanti nel gruppo Fiat: è stato amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles N.V., FCA Italy e FCA US, di cui è stato anche presidente. È stato presidente anche di CNH Industrial N.V. e Ferrari N.V., oltre che Presidente e amministratore delegato di Ferrari S.p.A.

È stato inoltre vicepresidente di Exor S.p.A. e membro permanente della Fondazione Giovanni Agnelli, Presidente del CdA dell'ACEA (associazione costruttori) per l'anno 2012 e membro del CdA del Peterson Institute for International Economics, nonché co-presidente del Consiglio per le Relazioni tra Italia e Stati Uniti.

 

(wikipedia)

 

 

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Mario Calabresi

(Milano, 17 febbraio 1970)

è un giornalista e scrittore italiano, direttore del quotidiano la Repubblica dal 15 gennaio 2016.

 

 

(wikipedia)

 

 

Appendici

1 - La memoria affettiva e il desiderio

Per definireil desiderio René Girard parla dell'effetto dissociante della memoria affettiva:

"La memoria dissocia gli elementi contraddittori del desiderio. Il sacro emana il suo profumo mentre l'intelligenza attenta e staccata può ora riconoscere l'ostacolo nel quale urtava; comprende la funzione del mediatore e ci svela il meccanismo infernale del desiderio.

La memoria affettiva reca dunque in sé la condanna del desiderio originale. I critici parlano a tale riguardo di contraddizione. Viene ripudiata l'esperienza che, a conti fatti, procura la felicità. E' vero. Ma la contraddizione non è nell'autore, è nel desiderio metafisico. Cogliere il desiderio significa in realtà cogliere il mediatore nella sua duplice funzione malefica e sacra. L'estasi del ricordo e la condanna del desiderio si implicano vicendevolmente come la lunghezza e la larghezza o il rovescio e il dritto. La psicologia aurorale è indisgiungibile dalla rivelazione mistica: ne è l'altra faccia. Non costituisce, come oggi si afferma, una seconda impresa letteraria di interesse alquanto mediocre.

La memoria affettiva è il giudizio universale dell'esistenza dell'autore. Essa separa il grano dal loglio, ma il loglio deve figurare nel romanzo perché il romanzo è il passato, è l'identità dell'autore. La memoria affettiva è il focolare di tutta l'opera dell'autore. E' fonte di verità e fonte di sacro; da essa scaturiscono le metafore religiose; essa svela la funzione divina e demoniaca del mediatore. Non bisogna limitarne gli effetti ai ricordi più antichi e più felici. Mai il vivo ricordo è più necessario che nei periodi di angoscia, perché dissipa la nebbia dell'odio. La memoria affettiva è in gioco in tutta la successione temporale. Chiarisce altrettanto bene l'inferno di Sodome et Gomorrhe quanto il paradiso di Combray.

La memoria è la salvezza dello scrittore e di Marcel Proust uomo. Noi indietreggiamo dinnanzi al messaggio trasparente del Temps retrouvè. Il nostro romanticismo tollera la salvezza soltanto se immaginaria; tollera la verità soltanto se disperante. La memoria affettiva è estasi, ma è anche conoscenza. Se trasfigurasse l'oggetto, come spesso viene ripetuto, il romanzo ci descriverebbe non tanto l'illusione vissuta al momento del desiderio, ma una nuova illusione, frutto di questa nuova trasfigurazione. Non vi sarebbe realismo nel desiderio."

 

2 - La felicità

Per definire la felicità Aristotele fa ricorso all'attività umana ovvero all'opera che è propria dell'uomo:

Il concetto della felicità ha da essere ricavato dal concetto dell'attività umana nella sua perfezione.


La felicità è il più grande dei beni. Questo verrà detto più chiaramente se si potrà cogliere l'opera che è propria dell'uomo. Poiché nell'opera consiste la bontà e perfezione dell'uomo.

L'opera propria dell'uomo è la vita in atto ovvero l'attività dell'anima secondo ragione o, almeno, non priva di ragione: in tutti i casi e senza eccezione, quando nell'operare si raggiunge la perfezione.

Se poniamo che l'opera dell'uomo è una certa vita e che questa non sia altro che attività dell'anima e azione congiunte con la ragione (l'agire), diremo che proprio dell'uomo eccellente è operare bene e bellamente.

La perfezione dell'agire umano è da riporre nell'attività dell'anima secondo virtù, e se più sono le virtù, in quella che è secondo la virtù ottima e perfettissima.

Aggiungi: in una vita perfetta. Perché, come in una sola rondine o in un sol giorno non fa primavera, così neppure un sol giorno né un picciol tempo fa l'uomo beato e felice."
(Etica Nicomachea - Aristotele)

 

Ora lascio alle parole dell'articolo di Mario Calabresi, che ho sintetizzato e raggruppato in distinti punti di riflessione, l'arduo compito di accompagnare chi legge alla ricerca di sè e della verità. Buona lettura

 

3 - Appunti

(sintesi organizzata dell'articolo di Mario Calabresi) Marchionne, l'uomo che viveva di lavoro

La presentazione
“Sono arrivato in Canada dall’Abruzzo che avevo 14 anni, parlavo l’inglese malissimo, con un marcatissimo accento italiano. Ci ho messo più di sei anni a perderlo. Sei anni persi con le ragazze. L’imbarazzo di aprire la bocca mi paralizzava."

La rivalsa

- Ogni giorno per oltre mezzo secolo ha voluto dimostrare che non si sarebbe più lasciato paralizzare o mettere in un angolo da quelli più grossi di lui, anche per questo prese tre lauree.
- Il Golia da battere nell’ultimo decennio sono state le case automobilistiche tedesche e le pubblicità del Superbowl erano ogni anno il suo manifesto; (Eminem, Clint Eastwood e Bob Dylan… il cruccio per non aver convinto Bruce Springsteen).
- Lo spot che amava di più. Maserati in America, 2014. Una bambina afroamericana che raccontava una storia di rivincita con parole che sembravano scritte da lui; sembrava la sua biografia: “Siamo circondati da giganti, abbiamo dovuto imparare ad affrontarli e a batterli, siamo piccoli ma veloci e sappiamo che essere svegli è più importante che essere il ragazzo più grosso del quartiere”.

La filosofia

- Comandare non significa solo decidere ma essere capobranco che non molla mai la presa e lavora più di tutti gli altri.
- La fatica era la sua compagna di vita e la cartina tornasole con cui giudicava le biografie di chi incontrava. I suoi ritmi, per chi lavorava con lui, a volte erano insostenibili. Non ne faceva mistero e prendeva in giro quei manager che a Torino sparivano all’ora di pranzo: “Si mettono la protezione cinquanta per non farsi vedere abbronzati”. Qualche estate fa apparve abbronzato anche lui e raccontò di essere stato finalmente in vacanza: “Un fine settimana a Boston, per vedere da turista l’università di Harward e la Kennedy Library. Poi mi sono messo a leggere un libro su una panchina al sole e mi sono scottato”.
- Era un uomo di poche raffinatezze, viaggiava con uno zainetto, molto spesso con due buste di plastica, una per le sigarette e il the freddo, l’altra per i caricatori dei tre cellulari: uno americano, uno svizzero e uno italiano. Da uno dei sacchetti faceva capolino una statuetta di Ganesh (divinità indiana con testa di elefante) il suo portafortuna.
- L’amore per il metodo lo legava a John Elkann; spesso parlavano in inglese tra loro, per capirsi più in fretta; era fissato con la velocità: “La lingua italiana è troppo complessa e lenta: per un concetto che in inglese si spiega in due parole, in italiano ne occorrono almeno sei."

La politica italiana

- Allergico ai riti della politica italiana, per lui più soffocanti dell'odiata cravatta.
- Rifiutava le dicerie sulla sua presunta incapacità di mediazione: “Ho riportato in Italia una produzione che era stata delocalizzata in Polonia, quella della Cinquecento, e trovano il modo per contestarmi. Ho rilanciato Pomigliano, una fabbrica del sud Italia, un luogo dove c’erano i cani randagi in giro per lo stabilimento, dove trovavi i loro peli sulla carrozzeria dopo la verniciatura”.
- Gli piacque Renzi; gli sembrava diverso, più dinamico, non ingessato, diretto. Pensò che avrebbe cambiato l’Italia. Quando lo vide in difficoltà ragionò che aveva sbagliato a non scegliere i migliori, ma a circondarsi da una stretta cerchia di “amici” fiorentini.

La comunicazione

- Quando ero direttore di La Stampa (di proprietà Fiat), mi chiamò una sola volta per lamentarsi del giornale; in particolare riguardo a un titolo apparso sul sito in cui si diceva che "Er Batman” (Franco Fiorito) si era comprato una jeep con i soldi pubblici: “Non ha comprato una Jeep ma un fuoristrada, non si può usare il termine come se fosse generico perché è un marchio, soprattutto perché non facciamo automobili per politici ladri."
- Durante il governo Berlusconi, mi propose un’intervista per dire che Fiat non aveva alcun interesse a chiedere incentivi per la rottamazione. Alla fine del colloquio si alzò e disse soddisfatto:”Con questa intervista ho comprato la mia e la tua libertà”.
- Una volta l’anno chiedeva i conti dell’editoria e non sopportava il rosso, però di fronte a un piano serio di recupero, non fece problemi a investire: "Se perdete vi dobbiamo sovvenzionare ogni anno, allora finirete per essere l’Illustrato Fiat; ma a me la cosa non interessa: state in piedi da soli e questa sarà la migliore garanzia della libertà del giornale”.
- All'Italia contestava l’incapacità di scommettere sui giovani, di dare spazio alle nuove generazioni, anche per questo rimase folgorato quando lo invitarono al Meeting di Rimini: “Ho visto l’energia dei ragazzi in un Paese che li soffoca”.

La politica americana

- Amò molto Obama di cui lodava la capacità di visione, di aver salvato Detroit, l’auto è un pezzo fondamentale della storia dell’industria americana; di aver aperto la porta agli italiani. Il rapporto tra i due era fortissimo. Ma questo non gli impedì una certa familiarità anche con Trump:

- “Chi non lo capisce, non capisce l’americano medio; che non è quello che vive a New York o a San Francisco, ma che sta nel mezzo. Quello che è orgoglioso di farti vedere quanto è grande il suo televisore o ti trascina in garage prima del barbecue per mostrarti la macchina nuova. Trump è esattamente quella cosa lì. Quando sono entrato alla Casa Bianca mi ha portato a fare il giro delle stanze per farmi vedere tutto quello che aveva cambiato, le sue aggiunte, dalle tv alle tende dorate. Poi mi ha dato una gran pacca sulla schiena. La rappresentazione perfetta dell’americano medio".
- "Hillary aveva l’accordo con i leader sindacali, ma anche nelle nostre fabbriche gli operai hanno votato per Trump. Erano storici elettori democratici ma avevano trovato uno che per la prima volta parlava la loro lingua e diceva quello che volevano sentirsi dire: nessuno porterà più il lavoro fuori dai confini dell’America”.

La famiglia

- La prima volta che l’ho incontrato, a New York, non mi chiese nulla di politica e mi parlò della sua infanzia, dell’idealizzazione dell’Italia e delle nostalgie che aveva di suo padre, di sua madre e degli studi di filosofia. Ma soprattutto della sorella Luciana che amava tantissimo, morta a 32 anni di cancro. Mi raccontò di quando accompagnò per l’ultima volta il figlio di lei all’ospedale per salutare la mamma. Si commosse, smise di parlare per un po’, poi cambiò discorso e ortinò una bottiglia di vino e due bistecche.

La Ferrari

- Era felice ai box della Ferrari, con le cuffie in testa, quando cercava di azzeccare al millesimo i tempi dei giri di prova. Nel suo futuro forse sarebbe stata la sua nuova vita e ci era quasi riuscito.

La Chrysler

- Era stato appena firmato l’accordo tra Fiat e Chrysler. “Dovrò dividere il mio tempo e la mia vita tra l’Europa e gli Stati Uniti, ma certo dovrò alleggerire certe cose che facevo perché ho raggiunto i miei limiti fisici e di più non posso chiedere a me stesso.
- Adesso non vedo l’ora di risalire sull’aereo, è piccolo e scomodo ma devo dormire a tutti i costi.
- Dormire sarà il mio modo di festeggiare."

 

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