Il blog di Rosella Rapa

Tourismi letterari

Lettere da Torino – di Friedrich Wilhelm Nietzsche

nov 112022

Lettere da Torino 

di Friedrich Wilhelm Nietzsche

Anni fa comprai questo libretto più per Torino che per Nietzsche. Ebbene, mi sono ricreduta: è stata davvero una grande rivelazione.

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Tanti poveri studenti liceali, si ritrovano spesso alle prese con filosofie delle quali non capiscono nulla, perché raccontate da saggi e libri di testo che si sforzano di spiegare, secondo la loro personale interpretazione, pensieri e concetti di personaggi con idee del tutto personali, fuori dagli schemi; menti superiori, ai quali i mediocri tentano di avvicinarsi con frasi astruse, circonvoluzioni senza senso, periodi lunghi una pagina, al termine dei quali un/una ragazzo/a di 17 – 18 anni si trova più confuso di prima. Ed è esattamente ciò che voleva l’autore della “spiegazione”, per potersi gloriare del fatto che “lui” ha capito il grand’uomo, mentre quegli stupidi ragazzini non sono degni di avvicinarsi a tanto eccelso pensiero.

 In questo libriccino senza pretese, Nietzsche si racconta, attraverso una serie di lettere ad amici, editori, parenti e… nemici, in modo molto semplice e tremendamente efficace. Tremendamente, sì. Purtroppo appare evidente a qualunque lettore che il “grande filosofo” giunse nella mia città già sull’orlo della pazzia, affetto da una sorta di “disturbo bipolare”. La diagnosi spiega tutto e niente; le lettere invece mostrano chiaramente come Nietzsche fosse affetto da manie di grandezza, perdesse spesso il contatto con la realtà, e andasse soggetto a periodi di profonda depressione ed abbattimento, come gli era accaduto a Nizza.undefined

Torino, almeno temporaneamente, lenì il suo spirito tormentato. Nietzsche si trovò bene nella mia città, che giudicava “elegante, francese, riposante” e dove “ogni persona si comporta con educazione signorile”. E dire che vi abitò in un periodo niente affatto prospero, verso la fine del XIX secolo, quando Torino, capitale storica di un Regno sofferto, fu tradita proprio da quel re cui aveva sacrificato tutto.

I suoi abitanti, educati, dignitosi, gentili. ma non invadenti, poco rumorosi, ma intellettualmente attivi, erano ciò che ci voleva per un animo già abbastanza provato dai suoi fantasmi interiori. Qui a Torino Nietzsche scrisse molte delle sue opere, in una frenesia lavorativa che comunque non lo portò a trascurare la sua salute, come le lettere documentano. Pasti regolari, un clima (per lui!) mite, concerti d’autore e rappresentazioni teatrali. Pare che a Torino tutto gli fosse gradito, tutto era perfetto.

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Non bastò a guarirlo. La sua malattia, allora, era incurabile, qualunque ne fosse la vera causa. Le lettere testimoniano la sua caduta verso il baratro, la perdita della ragione che, benché malata, lo aveva spinto a scrivere libri dai quali trasse vantaggio economico una sorella quasi ripudiata e reduce da un catastrofico fallimento economico.
La sua filosofia fu distorta a un punto tale da renderla esplicitazione del superuomo “germanico”, e in questo modo fu usato per giustificare altri generi di follia collettiva, mentre nelle sue lettere si professa anti tedesco (rivendicando ascendenze polacche per il suo cognome), a favore degli ebrei, nemico di Wagner e delle sue opere.

Povero Friedrich.
Leggendo le sue lettere mi è venuta voglia di conoscere meglio le sue opere, tutte, ma soprattutto quelle scritte a Torino. A parte il legame “cittadino” che ora condivido con lui, credo che molti, dopo aver conosciuto l’uomo, sarebbero più propensi a conoscere anche il filosofo.
Fu Genio, o Pazzia?
Non saprei dirlo. Forse quella che consideriamo pazzia è solo la manifestazione di una mente che non riesce ad adeguarsi al mondo comune, che sfugge alle regole, che non trova modo di esprimersi. Il Film “Beautiful Mind” è molto in sintonia con questo pensiero.

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Piazza Carlo Alberto a Torino. Nell'angolo a destra, la casa in cui abitò Nietzsche

 

 

Ed ora alcune foto storiche di Torino ai tempi di Nietzsche, prese principalmente da https://www.mepiemont.net/foto_stor/luoghi/luoghi_2t.html

 

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Chiammatemi ... Ann...E

ott 012022

 undefined    Chiamatemi ANNA (AnnE ... con la E) – serie televisiva

Il titolo italiano non ha molto senso: se si chiama Anna, è ovvio che abbia la "a", ma in inglese ci sono 50 modi per dire Anna: Hannah, Hanna, Anna, Anne, Ann, Annie, Nancy... e insomma ne avrete trovati altri leggendo romanzi o autori.

La Anne della nostra serie vuole mettere l'accento sul finale del nome perchè lo ritiene più raffinato. Orfana, passata di famiglia in famiglia per badare a troppi bambini, è tormentata dai suoi capelli rossi che tutti pensano segno di disastri e cattiva condotta (ricordate Pel di Carota o Rosso Malpelo?).

A me piace il vecchio titolo "Anna dai Capelli Rossi", che mi ricorda il romanzo letto da bambina, e il lungo anime degli anni '70 – '80; poi ci fu anche una mini-serie pochi anni dopo. Il titolo originale inglese invece è "Anne from the Green Gables". Chi indovina cosa sono i "Gables"? (**)

L'inizio della serie è molto fedele al romanzo. I due fratelli che accolgono Anne e poi l'adotteranno, Marilla e Matthew , non si preoccupano dei capelli, ma di come devono fare per allevare una ragazzina, invece del giovane robusto che si aspettavano per aiutare Matthew negli onerosi lavori della fattoria.

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Anne è arrivata in un luogo quasi idilliaco,'Isola del Principe Edoardo, con tanta Natura che lei trasforma e rende magico con la sua fervida fantasia: Avonlea, località con tante fattorie e un minuscolo centro, con una scuola altrettanto minuscola in cui i bambini di ogni età e condizione studiano tutti insieme. Anne viene derisa per i suoi capelli rossi e le lentiggini, ma riuscirà a farsi rispettare e ad essere la migliore.

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A questo punto il romanzo e la serie divergono. Nel romanzo del 1908 tutto restava concentrato nell'Isola, nei problemi delle ragazze, amicizie e inimicizie, i maschi lasciati al margine e desideri di matrimonio che a volte svaniscono, a volte si rivelano diversi da quanto sognato. La serie, invece, introduce personaggi e situazioni molto più moderne: la poverissima famiglia di origine francese, la ricca famiglia con le figlie istruite e un figlio fannullone, il ragazzino gay, la zia non convenzionale, la famiglia di colore, la maestra con nuovi metodi d'insegnamento. Tutti vengono accolti con iniziale diffidenza, ma grazie ad Anne pian piano riescono ad integrarsi.

Spinta dalla sua irrefrenabile curiosità, Anne riesce a entrare in confidenza con una bambina nativa, e riesce a convincerla a farle visitare il proprio accampamento. Un bell'accampamento, popoloso.
Ora, se qualcuno non ha letto i libri di Raffaella Milandri (*), può almeno guardare l'ultima stagione di Anne. Sembra di vedere davanti ai propri occhi ciò che altrove viene raccontato. La bambina amica di Anne viene irretita con la promessa di una scuola dove imparare lingua e abitudini del popolo bianco. Ma la scuola è lontana, molto lontana da Anne e dalla propria famiglia, le bambine sono vestite come piccole carcerate, e infatti ci sono sbarre alle finestre e porte chiuse con più lucchetti. Disperata, la piccola nativa riesce a fuggire, con la promessa di liberare le altre bambine, ma viene ritrovata da "cacciatori" armati di fucile, criminali prezzolati che devono impedire fughe e ripensamenti, ovviamente sparando "se nececessario". Ma quando mai è necessario sparare a un/a bambino/a?

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Anne non lascia niente d'intentato: si presenta alla scuola, prima sola, poi con la maestra del villaggio, con i genitori della piccola amica. Tutto inutile. Che una bambina di 12 anni non possa essere restituita ai genitori è già di per sè aberrante, ascoltare le invettive del "prete" che governa l'istituto è demenziale, irripetibile.

Papa Francesco ha portato in Canada le scuse sue e della Chiesa dopo più di 100 anni da queste vicende. Io ho saputo dalle mie cugine Canadesi che nel Quèbèc questi rapimenti sono continuati fino agli anni '950 e sono stati cancellati grazie alle lotte per la libertà di pensiero da parte degli abitanti di etnia Europea, anzi, delle numerose Etnie di origine prevalentemente Europea.

La storia di Zitkala-Sa può farci sperare in una buona soluzione anche per la giovanissima nativa di questa storia. In fondo, ci è permesso sognare.

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(*) recensioni su Letteratour

(**) Da quanto ho capito i Gables sono degli abbaini, che mostrano piccoli tetti a punta con racchiusa una finestrella. La fattoria di Marilla e Matthews ha i tetti verdi, quindi anche gli abbaini: Green Gables.

 

 

 

Le Ragazze del Centralino

ott 162021

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Le Ragazze del Centralino – Serie TV Netflix

Se si accetta l'iniziale ritmo da telenovela, con bambini rapiti, amori traditi, delinquenti ritrovati, si alza il sipario e si scopre immediatamente una serie molto molto curata dal punto di vista storico e sociologico, con personaggi ben delineati, attrici/attori validi e una estrema attenzione all'ambiente: persino il trucco e le acconciature delle "ragazze" cambiano col passare del tempo. Una ricostruzione perfetta della Spagna, dagli anni '20 maschilisti e retrogradi, alla lieta quanto breve parentesi della Repubblica Spagnola che si conclude con la terribile guerra civile e la successiva spietata repressione dei conservatori.

Ma andiamo con ordine.

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Le Ragazze sono quattro operatrici telefoniche, il primo lavoro che fu aperto alle donne: Lidia, Carlota, Angeles, Marga. A loro si aggiunge la supervisore, Sara/Oscar. Il lavoro è ambito da tutte per poter diventare indipendenti, anche se a quell'epoca non potevano certo abitare da sole, ma in una rispettabile pensione per signorine. Vengono da ambienti diversi e con motivazioni diverse, ma le accomuna la convinzione di stare facendo il primo passo verso un mondo più aperto nei confronti delle donne, che permetterà lavori più importanti e decisionali.

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Intanto però devono confrontarsi con la dura realtà di tutti i giorni, in cui la loro parola vale meno di quella di un uomo, e i ricatti sono frequenti e continui. La Legge NON è giustizia: un uomo può uccidere la moglie perchè lo tradisce, una donna non può ribellarsi né trovare aiuto contro un marito violento che la picchia. I diritti umani non esistono: si finisce in prigione senza processo e in clinica psichiatrica senza consenso. Non sono solo le donne ad essere esposte a questi abusi, ma anche le minoranze di genere, gli/le omosessuali, i poveri, gli indifesi. Partite da una realtà retrograda, dopo anni e anni di lotta si ritroveranno purtroppo in un paese respinto indietro di almeno cent'anni, completamente isolato dal resto del mondo, in cui i diritti della popolazione non esistono più. Negli anni '20 si poteva anche ridere e scherzare, sebbene il cinema fosse visto come un luogo “peccaminoso”; nella fine anni '30 esiste solo la propaganda del regime, chi si oppone finisce in carcere, anche se innocente o ammalato.

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La serie segue lo svolgersi degli eventi con particolare attenzione ai fatti storici, ecco quindi che il mondo delle ragazze evolve, non rimane congelato in una asfittica commedia. Al contrario, man mano che le stagioni proseguono si fa strada una forte drammaticità.

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Il finale può sembrare eccessivamente forte per una serie, ma io l'ho trovato estremamente simbolico. Partite in modo giocoso, le ragazze si troveranno ad affrontare le asperità della vita, prive di protezione, ma terranno fede ai propri ideali, fino al momento cruciale in cui non si può più scegliere. Come indicano anche i titoli di coda, è una rappresentazione di ciò che moltissime donne hanno dovuto subire per permettere a noi, nel XXI secolo, di poter fare scelte di vita che ci sembrano scontate: andare al cinema, vestirci come vogliamo, abitare da sole o convivere, avere bambini pur essendo single, andare all'Università, VOTARE.

Non è stata una passeggiata.

Consiglio questa serie a tutte le donne, per ricordare cosa c'era, la raccomando in particolare a giovani e giovanissime, che non sanno quanto sia costato poter indossare un paio di jeans.

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OGGI

 


 

 

Il pranzo ai tempi del Coronavirus

mag 152020

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Il Pranzo ai tempi del coronavirus

Avete bisogno di dimagrire? 7 kg in 7 gg?

Via affitto mia figlia, V anno di medicina.

- Mamma, hai fatto troppa pasta! Non vorrai mica finirla, vero?
- Papà, cosa stai facendo! Il parmigiano l'hai già preso ieri!
- Mamma, metti troppo sale, ti alza la pressione!
- Papà perchè hai comprato le meringhe!?! Ti fanno venire il diabete!
- Mamma, non c'è sera senza il tuo cubetto di cioccolata! E il fegato?
- Papà guarda cosa metti nel piatto: hai preso tre cucchiai di sugo anzichè due!
- Basta acqua frizzante, gonfia la pancia!
- Da adesso, solo latte scremato. Pensiamo alle vostre arterie.

Io non resisto più...
Ieri pomeriggio mi sono nascosta in cucina per mangiare latte e biscotti.
La Fame è FAME !!!!

 

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