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 Teresa Raquin, Emile Zola
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ombra
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296 Posts

Posted - 16/07/2012 :  09:18:26  Show Profile  Visit ombra's Homepage
La bravura di Zola è stata quella di caratterrizzare magistralmente personaggi "comuni" con problematiche che ancora oggi si riscontrano. I fatti di cronaca ne sono pieni.
La zia, Teresa, Camillo, Lorenzo e "gli amici" sono persone abiette ed egoiste che pensano solo ai loro stessi e cercano di piegare sempre e comunque gli eventi a loro vantaggio. Il secondo matrimonio di Teresa ad esempio è approvato da tutti solo perchè non potrerebbe cambiamenti nella vita di familiari ed amici. Nessuno è interessato realmente alla felicità dei giovani ma solo al poter tornare ogni giovedì in casa Raquin.
Guardando il mondo per come è ora, credo che le sperimentazioni di Zola ci possano aiutare a capire l'animo umano veramente per quello che è. Mi chiedo certe volte se nell'agire delle persone vi è sempre un fine ultimo personale ed egoistico! E' questa l'innata natura umana? Io non ci posso e non ci voglio credere ma mi scontro costantemente con il mondo. In ogni caso vado avanti e non perdo mai la speranza. A volte mi viene detto che sono un po' "cogliona", che dovrei essere io ad adattarmi e che se tutti fossero "buoni" come me il mondo sarebbe migliore.
Ma perchè dovrei farlo?

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Rosella
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Italy
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Posted - 16/07/2012 :  23:48:15  Show Profile
quote:
In ogni caso vado avanti e non perdo mai la speranza. A volte mi viene detto che sono un po' "cogliona", che dovrei essere io ad adattarmi e che se tutti fossero "buoni" come me il mondo sarebbe migliore.
Ma perchè dovrei farlo?


Non adattarti, Ombra, persisti con la tua speranza: anche io sono tra le "coglione" che credono nella possibilità di costruire un mondo migliore. Perchè farlo? Partiamo da un motivo tutto al femminile, per cominciare: confrontiamo la condizione di Teresa con le libertà di cui godiamo al giorno d'oggi. C'è ancora molto da fare, ma molto si è costruito. Ti saluto con affetto.

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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ombra
Senior Member

296 Posts

Posted - 19/07/2012 :  08:48:41  Show Profile  Visit ombra's Homepage
quote:

quote:


In ogni caso vado avanti e non perdo mai la speranza. A volte mi viene detto che sono un po' "cogliona", che dovrei essere io ad adattarmi e che se tutti fossero "buoni" come me il mondo sarebbe migliore.
Ma perchè dovrei farlo?


Non adattarti, Ombra, persisti con la tua speranza: anche io sono tra le "coglione" che credono nella possibilità di costruire un mondo migliore. Perchè farlo? Partiamo da un motivo tutto al femminile, per cominciare: confrontiamo la condizione di Teresa con le libertà di cui godiamo al giorno d'oggi. C'è ancora molto da fare, ma molto si è costruito. Ti saluto con affetto.

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra




Grazie Rosella per il sostegno! Davvero grazie!
Credo infatti che non mi adatterò mai e andrò avanti a fare sempre e comunque di testa mia. Per me vivere nella condizione di Teresa sarebbe stato impossibile. Io devo essere libera e forse è per questo che non capisco e non capirò mai la protagonista.
Legata all'inizio ad una famiglia, un marito impostole e anche con Lorenzo non mi sembra che a scegliere sia davvero lei.

A presto

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Rosella
Senior Member

Italy
316 Posts

Posted - 20/07/2012 :  00:27:15  Show Profile
Credo che nessuna di noi potrebbe tollerare una vita come quella di Teresa. Anch'io mi sarei ribellata, ma come? A quell'epoca le donne potevano essere solo figlie, mogli, madri. Le uniche che riuscivano a godere di una certa libertà d'azione erano le vedove, purchè benestanti. E' un periodo buio per la condizione femminile, molto buio. L'unica alternativa al matrimonio era andare a servizio da gente più ricca, come domestica o come istitutrice, se si aveva almeno un'istruzione.
Teresa, in realtà, avrebbe la possibilità di essere più attiva, di uscire dal guscio: la vecchia Raquin cerca infatti di avviare un'attività, con la merceria. Però la sceglie di proposito in un angolo buio e angusto, per non dover lavorare troppo (> egoismo) e Teresa si deprime. Io soffro di depressione ereditaria, quindi capisco il suo stato d'animo, almeno in quel momento, quando viene strappata via da una vita povera, ma immersa nella natura, nel sole, nei colori, per finire in una specie di cella malsana e noiosa, sposata ad uomo meschino ed egoista.
Resta una domanda: deprimersi, per un certo periodo di tempo, è comprensibile; crogiolarsi in questa depressione, covando odio, disprezzo e risentimento, è davvero l'unica soluzione? Zola vuol presentarci la storia di una caduta verso "il male". E' veritiera? Temo di sì, e vorrei sperare di no.
Teresa resta un personaggio ambiguo.
Ombra, invece, è una gran bella persona. Lasciami dire che ti ammiro; per quel che vale, avrai sempre il mio sostegno, anche se, per forza di cose, solo via internet. Il progresso tecnologico non è poi così malvagio, almeno dal mio punto di vita.
CIAO

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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ombra
Senior Member

296 Posts

Posted - 20/07/2012 :  09:56:49  Show Profile  Visit ombra's Homepage
quote:

Credo che nessuna di noi potrebbe tollerare una vita come quella di Teresa. Anch'io mi sarei ribellata, ma come? A quell'epoca le donne potevano essere solo figlie, mogli, madri. Le uniche che riuscivano a godere di una certa libertà d'azione erano le vedove, purchè benestanti. E' un periodo buio per la condizione femminile, molto buio. L'unica alternativa al matrimonio era andare a servizio da gente più ricca, come domestica o come istitutrice, se si aveva almeno un'istruzione.
Teresa, in realtà, avrebbe la possibilità di essere più attiva, di uscire dal guscio: la vecchia Raquin cerca infatti di avviare un'attività, con la merceria. Però la sceglie di proposito in un angolo buio e angusto, per non dover lavorare troppo (> egoismo) e Teresa si deprime. Io soffro di depressione ereditaria, quindi capisco il suo stato d'animo, almeno in quel momento, quando viene strappata via da una vita povera, ma immersa nella natura, nel sole, nei colori, per finire in una specie di cella malsana e noiosa, sposata ad uomo meschino ed egoista.
Resta una domanda: deprimersi, per un certo periodo di tempo, è comprensibile; crogiolarsi in questa depressione, covando odio, disprezzo e risentimento, è davvero l'unica soluzione? Zola vuol presentarci la storia di una caduta verso "il male". E' veritiera? Temo di sì, e vorrei sperare di no.
Teresa resta un personaggio ambiguo.
Ombra, invece, è una gran bella persona. Lasciami dire che ti ammiro; per quel che vale, avrai sempre il mio sostegno, anche se, per forza di cose, solo via internet. Il progresso tecnologico non è poi così malvagio, almeno dal mio punto di vita.
CIAO

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra




Grazie Rosella , l'ammirazione è reciproca! E' sempre e comunque bello sentire la vicinanza di qualcuno anche se distante. Quello che ho scritto può essere un controsenso ma la tua comprensione e partecipazione la sento. Per me sono le sensazioni a tenerci vivi.
Poi chissà che un giorno non decidiamo di fare una "sessione in presenza" del nostro gruppo e ci vediamo!!!!! sarebbe bello!

Tornando a Teresa, capisco quello che dici riguardo al luogo e tempo in cui viveva ma in ogni caso quello che non riesco forse a perdonarle è la sua apatia ed inerzia. Ovviamente le donne di quel tempo non avevano il nostro margine di manovra ma non credo che tutte si adattassero senza fare una grinza. Non si chiedeva loro di essere rivoluzionarie (anche se per fare passi avanti qualcuna che si distingue dalla massa ci vuole sempre), ma almeno di far intravedere un barlume, uno scintillio di vitalità! Nel personaggio di Teresa manca tutto questo. Zola forse, come dici tu, ci vuol presentare la storia di una discesa verso il male, ma quello che mi chiedo è se in Teresa ci fosse mai stato del bene. Sin dal principio ce la presenta come schiva, taciturna e falsa. E' un personaggio veramente difficile da comprendere.

Mi dispiace per la tua malattia non credo che sia facile da gestire. Tutto ciò che è ereditario e cronico (e io ne so qualcosa con i problemi della mia testa) è sempre così devastante specie quando uno se ne accorge. Fatti forza, per quello che è, ti sono vicina!

A presto

Marta

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Tiziano
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Posted - 20/07/2012 :  16:42:36  Show Profile
@Rosella: se dico una bischerata perdonami; temo di dirla perché può essere che la mia e la tua condizione siano molto diverse. Comunque io sono lievemente depresso, un malinconico (specialmente d'inverno, mi dicono che è un problema di mancanza di luce), ebbene questa mia malinconia mi piace, mi consente di guardare il mondo e il mio prossimo di traverso, con un po' di ironia e di cinismo.

Venendo a Teresa: come avete letto il romanzo mi ha annoiato (che volete farci, è una questione di gusti!), perciò non ho partecipato alla conversazione, non avendo nulla da dire; però mi viene in mente un particolare che potrebbe essere interessante: Teresa viene dall'Africa, lì è nata, da una relazione "marginale", e da lì porta quella selvaticità che poi viene repressa.

Tiziano
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eloise
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Posted - 21/07/2012 :  14:34:55  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Ottima osservazione Tiziano! Non manca infatti in Zola il tema del primo straniamento dell'uomo a contatto con il nuovo mondo meccanizzato, all'epoica il processo dell'industrializzazione era all'inizio e avrebbe portato a scombussolamenti della persona non indifferenti, la nuova società borghese dell'utile si sta allargando e ne faranno le spese le masse. Ciò chiaramente anticipa parte della produzione di Zola, la più interessante per me, e per primo un romanzo come Germinale dove si mettono in scena proprio queste problematiche sociali. Qui non interessa più fare ricerca sperimentale con personaggi-marionette, ma comincia il miglior Zola, cioè quel crudo ritrattista della condizione delle masse, del nuovo popolo operaio, dell'assenza dei valori naturali e buoni, della repressione violenta dei propri istinti che poi scoppia e degenera: con Teresa, fino all'assassinio e a rovinare definitivamente il proprio destino individuale; con Germinale, fino alla rivolta popolare che si prospetta però nuovamente in un'ottica pessimista della società. E' qui che trova il vero terreno uno scrittore sempre attento alle dinamiche sociali come Zola. Ricordiamocelo, è lui l'autore del più famoso J'accuse della storia!

Eloise
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Rosella
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Italy
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Posted - 22/07/2012 :  22:43:42  Show Profile
Stavo proprio elaborando questo pensiero: in Teresa Raquin si avverte la disapprovazione dell'autore verso un certo tipo di vita priva sia di sentimennti sia di pensiero autonomo; d'altra parte manca la denuncia sociale che permea, per esempio le opere di Dickens.
Come ho già scritto, io mi muovo meglio tra la letteratura di lingua inglese, ora Eloise mi apre una prospettiva diversa su Zola come autore. Teresa Raquin è un esperimento, un "suo" esperimento, che prelude ad opere di più profondo impatto sociale.
Il romanzo forse è da osservare da un altro punto di vista. L'utilitarismo e l'egoismo mostrati da tutti i protagonisti sono emblematici della "filosofia" che si andava diffondendo in quel periodo: rivoluzione industriale > nuovi modelli di esistenza > crisi dei valori precedenti. La denuncia c'è. E' appena abbozzata, maldestra, ridondante; è un inizio.
Abbiamo notato come sia ben rappresentato l'ambiente, ora vedo i personaggi come complemento di questo ambiente. Devono essere antipatici e gretti, sono il prodotto dello squallore esistenziale che li crea.
A questo punto ciò che "stride" è il tono melodrammatico che a volte balza fuori, soprattutto nella parte finale.

Ho scritto di getto queste idee, perdonate se sono un po' confuse, ma sentivo il bisogno di comunicarle. Ora andranno esaminate con più calma.

Grazie x la solidarietà . La depressione oggi è finalmente considerata una vera malattia, e come tale viene curata. Un altro vantaggio del vivere nel XXI secolo.

Però... non vi sembra che si stia vivendo in questi anni una crisi di valori dell' "Essere", a favore di uno smodato bisogno di "Avere" ? Anzi, avere non basta più, oggi è ammirato soprattutto chi sa "Usare" gli altri.

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
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eloise
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Posted - 23/07/2012 :  14:40:27  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Sì, sono fermamente convinta che limitarsi a interpretare Teresa Raquin nell'ottica che vuole Zola sia riduttivo. Noi, a differenza probabilmente dello stesso Zola, sappiamo ormai che verso ha preso la produzione letteraria successiva, e persino la successiva produzione dello stesso Zola, per questo ci permettiamo da lontano di giudicare pro e contro. Il vantaggio dei posteri... ;)

Per quanto riguarda l'altro discorso... Rosella, che tristezza il mondo che vediamo fuori, mica solo quello che vediamo in Teresa Raquin! Ognuno reagisce come riesce meglio... Io cerco forse in questo mio "produrre" creature (4 figli!!! e anche Letteratour è un po' come il mio figlio, il primo della serie..) di reagire positivamente alla povertà dell'essere che si vede, effettivamente, in giro. Anche il mio modo di passare il tempo libero rientra un po' in questo ritorno al passato. Invece di andare al cinema o a fare shopping, a me piace il sabato sera stare a fare la pizza coi bimbi, per dire. Avere o essere? diceva un po' di anni fa Fromm. E la domanda è sempre più che mai attuale.

Eloise
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Tiziano
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Italy
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Posted - 23/07/2012 :  22:58:48  Show Profile
D'accordo, non c'entra nulla con Teresa Raquin, ma siccome avete nominato Fromm voglio farvi leggere un aforismo tratto dal mio zibaldone:

To list

Era un freddo terso mattino sul finire dell’inverno. Uscendo da casa vidi alcuni giardinieri intenti alla potatura dei platani che adornano il prospiciente viale. Vedere quegli alberi ridotti in tristi scheletri dagli arti amputati, pensando che nell’ormai prossima primavera non avrebbero sparse le loro folte fronde davanti alle mie finestre né ombreggiato il mio consueto cammino, mi avvilii. Cupo e preoccupato perciò mi avvicinai ad uno dei giardinieri chiedendogli se le foglie sarebbero spuntate prima dell’estate. “Sì. – mi rispose – Poche, però. D’altra parte – aggiunse, quasi volesse giustificarsi per quello scempio che stavano perpetrando - bisogna seguire la loro idea.”
Rimasi per un momento sconcertato, prima di comprendere quelle parole. L’idea di chi? Forse che gli alberi hanno idee? Poi intesi: non mi ero imbattuto in un giardiniere platonico ma solamente in un uomo esperto di piante e non di lingua, che quindi si era espresso attraverso una semplice eppure efficace metafora, dicendo “idea” per dire piuttosto “inclinazione”, con ciò volendo indicare il naturale sviluppo dell’albero.
Fui rassicurato dalla notizia che comunque le foglie sarebbero presto ritornate, non fui persuaso – ma ammetto la mia ignoranza botanica - che quella potatura integrale fosse un modo giusto per assecondare la spontanea crescita della pianta; mi trovai infine a percorrere un non più ombroso viale svagato in una riflessione indotta dalla consonanza che avevo intravista tra il concetto espresso dall’incolto giardiniere (e perdonatami l’involontaria ironia dell’aggettivo) e la coltissima analisi linguistica svolta da Erich Fromm in Avere o essere?.
In quest’opera si tratta di due opposte modalità dell’esistenza, appunto l’avere e l’essere, che secondo Fromm rappresentano un aut-aut tra il benessere e il malessere della vita. Nella prima la relazione che l’individuo instaura col mondo, con gli altri e perfino con se stesso è il possesso, in quanto proprietà di cose e dominio sugli uomini; nella seconda invece il fine non è il dominio bensì l’autorealizzazione, in armonia col mondo e con gli uomini. E’ una prospettiva provocata dalla guerra tra le due modalità la falsa credenza che il malessere sia invece il benessere, poiché nell’odierna società dei consumi chi possiede si giudica benestante, mentre il possedere sarebbe invece il male da curare.
Un comportamento dell’individuo determinato dall’essere nel rapporto con gli altri e con le loro idee è il manifestare genuino interesse; per spiegare cosa questo veramente sia Fromm ricorre all’antico verbo inglese to list, oggi desueto nel suo significato originario, che è “ascoltare”, “prestare attenzione”. Attualmente la lingua inglese ha to listen per “ascoltare” mentre to list è diventato un termine tecnico nautico che significa lo “sbandare”, l’inclinarsi della nave; però è rimasto listless che significa distratto”, “non curante”, “indifferente”. Evidentemente si è conservato solo l’uso metaforico di to list, che per Fromm è riduttivo; io invece lo trovo illuminante: mi fa immaginare la nave che sbanda con le vele gonfie che si lasciano prendere dal vento, assecondando la sua forza; mi pare proprio la migliore analogia con l’ideale armonia tra l’essere e la natura, ciò che dovremmo volere: l’inclinare verso un destino che ci è proprio. Esattamente il contrario della hybris che invece ci anima, ci rende listless, ci fa navigare controvento.
A proposito di hybris: c’è nella Genealogia della morale di Nietzsche un passo folgorante, che sintetizza tutta la sua drammatica visione della storia del genere umano:

Hybris è oggi tutta la nostra posizione rispetto alla natura, la nostra violentazione della natura con l’aiuto delle macchine e della tanto spensierata inventiva dei tecnici e degli ingegneri; hybris è la nostra posizione di fronte a Dio, voglio dire di fronte a qualsivoglia presunto ragno etico-finalistico, celato sotto il grande tessuto e reticolo della causalità, (…) hybris è la nostra posizione di fronte a noi stessi, giacché eseguiamo esperimenti su di noi, quali non ci permetteremo su nessun animale, e soddisfatti e curiosi disserriamo l’anima tagliando nella viva carne: che cosa ci importa ancora la “salute” dell’anima! Dopo di ciò ci medichiamo da noi: essere malati è istruttivo

Nietzsche rappresenta l’uomo nella sua spavalda moderna innaturalezza. Non nego che questa sembianza prometeica sia affascinante, però mi spaventa (e in fondo preferisco Sisifo), proprio perché si incardina in una libertina e tecnica spensieratezza, che è listless della natura, della nostra natura.
Non ho rimpianto di ragni metafisici, né di un passato che non fu idilliaco; ma non spero neanche in idilli futuri, nelle magnifiche sorti e progressive di cui Leopardi già si beffava. Perciò è meglio temperare pensosamente la nostra volontà di potenza ascoltando la natura, la nostra natura, non violentandola. Navighiamo di bolina.

Tiziano
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eloise
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603 Posts

Posted - 24/07/2012 :  07:04:10  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Wow. Anche voi scusatemi. Stanotte Arianna non mi ha fatto dormire, ormai sono sveglia da un bel po', oggi ho la prospettiva di lavorare come una matta perché domani ho una consegna urgente e non so neanche ancora le specifiche esatte del lavoro da fare, ma accendere il computer e leggere queste cose mi da' piu' energia di un tazzone di caffe' :)
E scusatemi anche perché quando sono in questo stato tendo a buttare giù per iscritto tutta l'ondata di sensazioni e pensieri appena abbozzati che mi travolge e sicuramente striderà o farà arrossire d'imbarazzo i più riflessivi di me.
Insomma leggendo Tiziano mi viene in mente innanzitutto che tu, Tiziano, potresti essere benissimo oggetto di una ricerca integrale sui rapporti uomo-mare, perché di nuovo parli con metafore saline, e questa cosa mi diverte. Ho sempre in mente la tua immagine come gocciolina che vola in alto.. e poi ripiomba nel mare oceano, quasi l'immagine di una singolarità che si diverte all'ok-corral.
Poi, passando a immagini terrestri anziché liquide e saline, queste tue digressioni botaniche ben si riallacciano a queste mie giornate in cui, aspettando che muratori elettricisti idraulici finiscano di buttare all'aria la mia nuova prossima dimora, vado leggendo e rileggendo tutti i miei libri di giardinaggio (intima passione coltivata da anni, ma mai messa in pratica perché non ho mai avuto un giardino... però ahimé ho sempre comprato libri di giardinaggio... che volete farci) perché sono arrivata alla ferma idea che nel piccolo pezzo di terra finalmente approdato tra le mie braccia voglio far crescere alberi e piante perlopiù autoctone, in controtendenza con i classici giardini in cui si coltivano specie importate e spesso anche mal adattate ai nostri climi. L'idea è proprio quella di seguire la via della natura, e vado riscoprendo mirti, corbezzoli, ecc anziché cercando di coltivare ortensie rigorosamente blu.
Sulla scia di questi ed altri pensieri e trasportata dalle riflessioni su Fromm mi vengono in mente altre letture, come minimo due: da una parte gli scritti brevi di Hesse, uno in particolare che ho sempre amato, in cui l'autore parla ad un Albero e soprattutto ascolta l'Albero:

quote:
Gli alberi sono sempre stati per me i più assidui predicatori. Io li venero, quando vivono in popolazioni e famiglie, in boschi e foreste. E più ancora li venero quando se ne stanno soli. Essi sono come dei solitari. Non come eremiti che si siano sottratti ad una qualche propria debolezza, ma come grandi uomini solitari, come Beethoven e Nietzsche. Nelle loro cime stormisce il mondo, le loro radici riposano nell'infinito; sono i soli a non sperdervisi, ma anzi con ogni energia della propria esistenza essi tendono ad un unico scopo: portare a compimento la legge che in loro dimora, realizzare la propria intima fisionomia, interpretare se stessi


Poi mi viene in mente... come si chiamava? era una letturina dell'adolescenza... Ah sì: Va' dove ti porta il cuore, o qualcosa del genere. Ricordo solo una cosa di quel libro, che però mi è piaciuta molto. C'è un passo in cui dice qualcosa come: quando sei tra gli alberi, sii un albero; quando guardi il cielo, sii il cielo; quando sei ecc ecc sii ecc ecc. Insomma scusate, non ricordo bene cosa, ma il concetto è quello. Ma l'albero lo cita davvero.
Ma per finire bene il concetto, torno però a Hesse che saggiamente conclude:

quote:
Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi, non desidera più essere un albero. Desidera soltantoessere ciò che è. Questa è patria. Questa è felicità.


Beh, tornando al post. Siamo proprio agli antipodi rispetto a Teresa Raquin! O meglio, siamo forse alla dimostrazione estrema di cosa avviene quando si dimenticano queste cose. Ora non so se davvero il vecchio contadino di una volta, come spesso è stato dipinto, mentre era lì che vangava per l'intera giornata sotto il sole cocente e magari senza aver mangiato a sufficienza, avesse anche il tempo o la voglia o la capacità di fermarsi commosso a guardare la propria terra frutto del proprio lavoro e della coesistenza tra l'uomo e la natura, o piuttosto non smoccolasse contro tutto ciò che rendeva duro il proprio lavoro. Ma sicuramente l'industrializzazione e la meccanizzazione del lavoro non ha aiutato granché il suo processo di beatificazione.

Eloise
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ombra
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296 Posts

Posted - 24/07/2012 :  09:01:34  Show Profile  Visit ombra's Homepage
quote:

Wow. Anche voi scusatemi. Stanotte Arianna non mi ha fatto dormire, ormai sono sveglia da un bel po', oggi ho la prospettiva di lavorare come una matta perché domani ho una consegna urgente e non so neanche ancora le specifiche esatte del lavoro da fare, ma accendere il computer e leggere queste cose mi da' piu' energia di un tazzone di caffe' :)
E scusatemi anche perché quando sono in questo stato tendo a buttare giù per iscritto tutta l'ondata di sensazioni e pensieri appena abbozzati che mi travolge e sicuramente striderà o farà arrossire d'imbarazzo i più riflessivi di me.
Insomma leggendo Tiziano mi viene in mente innanzitutto che tu, Tiziano, potresti essere benissimo oggetto di una ricerca integrale sui rapporti uomo-mare, perché di nuovo parli con metafore saline, e questa cosa mi diverte. Ho sempre in mente la tua immagine come gocciolina che vola in alto.. e poi ripiomba nel mare oceano, quasi l'immagine di una singolarità che si diverte all'ok-corral.
Poi, passando a immagini terrestri anziché liquide e saline, queste tue digressioni botaniche ben si riallacciano a queste mie giornate in cui, aspettando che muratori elettricisti idraulici finiscano di buttare all'aria la mia nuova prossima dimora, vado leggendo e rileggendo tutti i miei libri di giardinaggio (intima passione coltivata da anni, ma mai messa in pratica perché non ho mai avuto un giardino... però ahimé ho sempre comprato libri di giardinaggio... che volete farci) perché sono arrivata alla ferma idea che nel piccolo pezzo di terra finalmente approdato tra le mie braccia voglio far crescere alberi e piante perlopiù autoctone, in controtendenza con i classici giardini in cui si coltivano specie importate e spesso anche mal adattate ai nostri climi. L'idea è proprio quella di seguire la via della natura, e vado riscoprendo mirti, corbezzoli, ecc anziché cercando di coltivare ortensie rigorosamente blu.
Sulla scia di questi ed altri pensieri e trasportata dalle riflessioni su Fromm mi vengono in mente altre letture, come minimo due: da una parte gli scritti brevi di Hesse, uno in particolare che ho sempre amato, in cui l'autore parla ad un Albero e soprattutto ascolta l'Albero:

quote:
Gli alberi sono sempre stati per me i più assidui predicatori. Io li venero, quando vivono in popolazioni e famiglie, in boschi e foreste. E più ancora li venero quando se ne stanno soli. Essi sono come dei solitari. Non come eremiti che si siano sottratti ad una qualche propria debolezza, ma come grandi uomini solitari, come Beethoven e Nietzsche. Nelle loro cime stormisce il mondo, le loro radici riposano nell'infinito; sono i soli a non sperdervisi, ma anzi con ogni energia della propria esistenza essi tendono ad un unico scopo: portare a compimento la legge che in loro dimora, realizzare la propria intima fisionomia, interpretare se stessi


Poi mi viene in mente... come si chiamava? era una letturina dell'adolescenza... Ah sì: Va' dove ti porta il cuore, o qualcosa del genere. Ricordo solo una cosa di quel libro, che però mi è piaciuta molto. C'è un passo in cui dice qualcosa come: quando sei tra gli alberi, sii un albero; quando guardi il cielo, sii il cielo; quando sei ecc ecc sii ecc ecc. Insomma scusate, non ricordo bene cosa, ma il concetto è quello. Ma l'albero lo cita davvero.
Ma per finire bene il concetto, torno però a Hesse che saggiamente conclude:

quote:
Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi, non desidera più essere un albero. Desidera soltantoessere ciò che è. Questa è patria. Questa è felicità.


Beh, tornando al post. Siamo proprio agli antipodi rispetto a Teresa Raquin! O meglio, siamo forse alla dimostrazione estrema di cosa avviene quando si dimenticano queste cose. Ora non so se davvero il vecchio contadino di una volta, come spesso è stato dipinto, mentre era lì che vangava per l'intera giornata sotto il sole cocente e magari senza aver mangiato a sufficienza, avesse anche il tempo o la voglia o la capacità di fermarsi commosso a guardare la propria terra frutto del proprio lavoro e della coesistenza tra l'uomo e la natura, o piuttosto non smoccolasse contro tutto ciò che rendeva duro il proprio lavoro. Ma sicuramente l'industrializzazione e la meccanizzazione del lavoro non ha aiutato granché il suo processo di beatificazione.

Eloise
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Credo che il contadino facesse entrambe le cose. Vedo mio padre che da pensionato fa l'orto, il fieno per i nostri cavalli ecc... e lo vedo stanco ma felice perchè è consapevole che se mangiamo una zucchina è per l'impegno da lui profuso.
Credo che l'industrializzazione e la settorializzazione del lavoro hanno portato l'uomo a non rendersi conto che lo sforzo che fa porta ad un risultato finale. Il problema delle fabbriche alla Ford era ed è questo: trattare l'uomo da automa, fargli fare il piccolo compitino senza farlo sentire parte di un insieme.

A presto

Marta

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Rosella
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Posted - 27/07/2012 :  04:11:52  Show Profile
Ecco cosa mi suggeriscono i vostri ultimi post.

La stupenda località alpina da cui vi scrivo si chiama Pràgelato. Fino a circa 50 anni fa, prima che lo sci diventasse sport di massa, veniva così definita dagli abitanti del luogo: "9 mesi d'inverno e 3 mesi d'inferno".

Questo spicciolo di saggezza contadina credo si presti a numerose e profonde riflessioni.

Ricollegandomi a Teresa, e al pensiero di Marta, mi sento di affermare che in ogni tempo ci siano state donne coraggiose e volitive, capaci di prendere in mano la loro situazione e di combattere per se stesse, i figli, la famiglia. Ma quante si ritrovarono prigioniere in ambienti angusti, fisicamente e spiritualmente, senza mai intravedere una via d'uscita? Credo molte di più.

Il discorso potrebbe continuare quasi all'infinito; però a me piacerebbe parlare di Lorenzo, un carattere che mi sembra meglio definito, dipinto in tutta la sua aberrante completezza.

A voi ora la scelta.
CIAO

Rosella - Gwendydd

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ombra
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296 Posts

Posted - 03/08/2012 :  20:02:10  Show Profile  Visit ombra's Homepage
quote:

Ecco cosa mi suggeriscono i vostri ultimi post.

La stupenda località alpina da cui vi scrivo si chiama Pràgelato. Fino a circa 50 anni fa, prima che lo sci diventasse sport di massa, veniva così definita dagli abitanti del luogo: "9 mesi d'inverno e 3 mesi d'inferno".

Questo spicciolo di saggezza contadina credo si presti a numerose e profonde riflessioni.

Ricollegandomi a Teresa, e al pensiero di Marta, mi sento di affermare che in ogni tempo ci siano state donne coraggiose e volitive, capaci di prendere in mano la loro situazione e di combattere per se stesse, i figli, la famiglia. Ma quante si ritrovarono prigioniere in ambienti angusti, fisicamente e spiritualmente, senza mai intravedere una via d'uscita? Credo molte di più.

Il discorso potrebbe continuare quasi all'infinito; però a me piacerebbe parlare di Lorenzo, un carattere che mi sembra meglio definito, dipinto in tutta la sua aberrante completezza.

A voi ora la scelta.
CIAO

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra




Secondo te è ben definita la sua personalità? A me non risulta molto chiara... per cui se approfondisci mi illumineresti. Quello che posso dire è che mi sembra semplicemente un bimbo viziato che ha difficoltà a comprendere la portata delle sue azioni.

Baci e a presto

Marta

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Rosella
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Posted - 05/08/2012 :  17:22:30  Show Profile
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Secondo te è ben definita la sua personalità? A me non risulta molto chiara... per cui se approfondisci mi illumineresti. Quello che posso dire è che mi sembra semplicemente un bimbo viziato che ha difficoltà a comprendere la portata delle sue azioni.



Ciao Marta, ci provo.
Sì, Lorenzo sembra proprio un bambino viziato, ma non per questo è da ritenersi un “carattere” meno veritiero e reale. Mi viene subito alla mente un “tipo” che ho studiato in psicologia applicata, il “bambino libero negativo”, dove con libero non si intende che goda di vera Libertà, con la “L” maiuscola, ma solo senza freni, privo di inibizioni; ciò genera a volte un comportamento, appunto, solo negativo. Lorenzo non ha scrupoli di alcun genere: morali, religiosi, di costume. Tutte le sue azioni sono dettate da puro egoismo, è un fannullone, privo di ambizioni, senza personalità, meschino, ignorante. (Attenzione: io chiamo ignoranza la mancanza di cultura, di vivacità intellettuale, che non coincide con la mancanza di istruzione!) Anche quando uccide, lo fa non per passione, o amore (parola grossa), si decide solo perché sogna una vita di dolce far niente come premio. Che gli assassini siamo persone astute ed intelligenti, motivate da complesse elucubrazioni mentali, è un’idea forgiata dai romanzi gialli e dai serial TV; basta leggere qualche fatto di cronaca per comprendere come quasi sempre i moventi siano alquanto sordidi, le persone spregevoli. Per questo trovo che Lorenzo, nella sua pochezza, sia ben definito e analizzato. Non hai mai incontrato persone così, soprattutto in ambito lavorativo? Io ne ho una collezione intera. Nessuno è arrivato ad uccidere, questo no, ma quante meschinità, quante malevolenze! Portare una persona al collasso nervoso, o distruggerle la carriera è forse meno grave che colpirla e ucciderla fisicamente? Io penso di no. In casi estremi si può portare una persona al suicidio, o a una malattia invalidante.
La parte che riguarda non il rimorso, ma il terrore del “fantasma”, che impedisce di godere quanto ottenuto con il delitto, l’avrei considerata un artifizio letterario, fino a soli due mesi fa, mentre leggevo. Ho dovuto ricredermi. In persone intelligenti ho constatato come sia diffusa una strana (per me) voglia di credere ad apparizioni, messaggi dall’oltretomba, e via dicendo. Anche qui, dunque, andiamo su casi reali. Un assassino suggestionabile può ben vedere l’ombra del defunto che lo perseguita, ed essere spinto alla pazzia.
Zola ci descrive un cambiamento che sopravviene in Lorenzo, dopo il delitto. Questo è forse l’unico punto su cui sono un po’ perplessa: può una persona cambiare così tanto, mutare la sua sensibilità il suo carattere? Da una parte Lorenzo continua ad essere meschino ed opportunista, nel ricercare il matrimonio, nel suo comportamento verso Teresa, nel suo abbandonare il lavoro per vivere alle spalle della moglie e della vecchia Raquin; dall’altra manifesta sintomi di puro delirio. Mi sembra quasi che Zola inserisca questo meccanismo di terrore che precede l’autopunizione più per un “dovere” di condanna dei malvagi, che come effettiva maturazione ed evoluzione del personaggio.
Insomma, l’autore difetta un po’ in logica e continuità narrativa, ma il protagonista, nel complesso, mi sembra una buona e completa rappresentazione di un “cattivo” niente affatto da romanzo, ma tratto dalla squallida realtà quotidiana, sempre uguale, nel XIX come nel XXI secolo.



Rosella - Gwendydd

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