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 Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila
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ombra
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Posted - 01/03/2013 :  11:32:00  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Ragazzi ce l'ho fatta a scrivere... avete detto molto e per me è difficile riprendere il filo.
Cerco di riportare le mie impressioni, in ogni caso. Come asserisce Rosella il pensiero di Pirandello è ingarbugliato, moltissimo per me.
Quello che ci mostra è come la società sia costruita su stereotipi e schemi imposti. In questo modo l'Io viene distrutto o forse scisso in quello che siamo per gli altri e per il mondo. Se ci si fa risucchiare da questo vortice si finisce come il povero Vitangelo ad essere nullo, tanto da non avere un opinione propria di se stessi. Si vive di riflesso... quel riflesso che si ha da specchi... che altro non sono se non persone.
Vitangelo sente il bisogno di autenticità proprio perché si rende conto che la sua vita è impregnata dalla casualità. Mi sembra che questo bisogno sia un po' di tutti noi.

“(…) vi sentii dentro tutto lo sgomento delle necessità cieche, delle cose che non si possono mutare: la prigione del tempo, il nascere ora,e non prima e non poi,; il nome e il corpo che ci è dato; la catena delle cause; il seme gettato da quell’uomo:mio padre senza volerlo;il mio venire al mondo dal quel seme, frutto involontario di quell’uomo, legato a quel ramo e espresso da quelle radici (…)”.

Questa frase potrebbe essere espressa di uno qualunque di noi.

Questi i miei primi pensieri, credo molto più incasinati di quelli di Pirandello stesso.
Spero di chiarirmi leggendovi.

Un bacio e a presto

Marta

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Rosella
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Posted - 01/03/2013 :  15:58:19  Show Profile
Ringrazio Marta ed Eloise per i loro interventi, mi sembra di avvertire anche in voi una certa perplessità riguardo al testo, e ai concetti che esprime, o tenta di esprimere. Avevo scritto che in questa discussione qualcosa mi disturba, ora provo a spiegarlo.

Pirandello, col suo 1, 0, 100.000 mio ha messa in difficoltà.

Ho letto volentieri il libro, e lui mi cattura come scrittore; purtroppo, mentre cerco di analizzare il testo, un muro si innalza a bloccare i miei ragionamenti. Nella mia formazione culturale hanno molta importanza un rigoroso metodo scientifico e svariati corsi di psicologia applicata. Questo mi porta a considerare Vitangelo Moscarda come un caso clinico, da esaminare, diagnosticare, curare. Qui ci vorrebbero psicofarmaci e una profonda conoscenza del metodo tradizionale freudiano, l’analisi comportamentale non basta.

Obiezione: è un romanzo, uno strumento che l’autore usa per comunicarci il suo pensiero. E mi viene voglia di psicanalizzare Pirandello.

Mi vien da dire che noi “siamo” , probabilmente molto più di quel che pensiamo di essere. Siamo il prodotto della nostra genetica, della nostra educazione, e della nostra evoluzione personale. Sono arrivata a sostenere l’esatto contrario di quel che afferma Pirandello, e, quando ho cominciato a scrivere, non ne avevo proprio l’intenzione.

Ora, psicanalizzatemi voi.

CIAO


Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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eloise
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Posted - 01/03/2013 :  17:08:57  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Rosella, mi diverti :)

Come al solito Ombra (sai che mi piace questo pseudonimo e continuo pertanto a chiamarti così ;) ) ci riporti a una lettura personale del testo. Personale, intendo come lettura dove riflettere i propri stato d'animo. E' un tipo di lettura che non mi viene spontanea generalmente, ma proprio per questo mi offre spunti di riflessione.

Riflettendo dunque sulle tue parole non posso fare a meno di pensare alle nostre storie contingenti, personali e generali. Viviamo un periodo molto incerto e oltre a mettere in dubbio se stessi tutto, intorno a noi, sembra essere messo in dubbio.
Mi viene da pensare che anche Pirandello ha vissuto momenti storici particolari, e chiaramente molti critici hanno spesso attribuito queste riflessioni sulla frantumazione dell'io come un'espressione di malessere, vedi di rifiuto verso le spinte monolitiche, granitiche e totali che in quegli anni sono emerse, nella società e nell'arte.
Ogni artista è scosso da queste cose, tanto più Pirandello che in effetti - e qui mi riallaccio a Rosella - ha vissuto in prima persona, sulla moglie, gli effetti dei disturbi psichici della mente umana. C'è tutta una serie di novelle borderline, se vogliamo, sul tema della pazzia. Non a caso citavo Henry James e Maupassant (Le Horla), ma potrei metterci anche Poe.
Mi viene in mente la novella "La carriola", dove il protagonista stavolta fa la scelta opposta a Vitangelo, ma per questo paga un pegno: continua a mantenere il suo ruolo, la sua immagine davanti agli altri, a patto di poter via via ritagliarsi piccoli momenti di pazzia totale. Qual è la via giusta per l'individuo per trovare un equilibrio tra mondo esterno e mondo interno? Sembra che Pirandello tentenni, provi prima una soluzione, poi un'altra, poi un'altra ancora, facendole interpretare ai suoi personaggi. Di sicuro si butta nella scrittura, ma non la fa assurgere a salvezza, come hanno fatto altri.
Altri ancora si sono buttati nella contingenza, ma queste sono altre scelte, altre consapevolezze, altri periodi storici, anche, probabilmente.

Eloise
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Rosella
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Italy
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Posted - 01/03/2013 :  18:38:56  Show Profile
Mi piace il tuo paragone informatico, Eloise. Vitangelo va proprio in loop, e noi sappiamo che quando un’elaborazione cade in questo meccanismo perverso non c’è uscita, bisogna fare il classico “spegni tutto”.

Questo loop mi pare si colleghi bene con quanto scrive Marta, osservando che “l'Io viene distrutto o forse scisso in quello che siamo per gli altri e per il mondo. Se ci si fa risucchiare da questo vortice si finisce come il povero Vitangelo ad essere nullo”.

Un simile atteggiamento mi fa pensare a Vitangelo come a una personalità debole, incapace di trovare, in se stesso o negli altri, una “vera” ragione di esistere. Del resto è descritto fin dall’inizio come un fannullone, un incapace, che non porta mai a termine nulla. Nella sua ricerca di un “sé”, finisce col farsi sbatacchiare di qua e di là, esageratamente preoccupato di ciò che gli altri pensano di lui, lui che non è niente perché non ha mai fatto niente, si è limitato a oziare. Eppure c’è qualcosa che lo rende UNO agli occhi di TUTTI: l’appellativo di usuraio (nel mio testo, “usurajo”)

Non solo il testo è complesso, io lo trovo spesso contraddittorio. Anche Pirandello va in loop.

Concordo anche con l’osservazione di Eloise riguardo al pessimismo dell’autore, e all'epoca in cui scrive. Probabilmente, quando fu pubblicato questo romanzo, era proprio al fondo: anziano, stanco, con il mondo intorno a lui completamente sfasciato dalla carneficina della grande Guerra, cui seguì l’epidemia di Febbre Spagnola (che pochi ricordano, ma che fu devastante come le più famose pestilenze del medio-evo) e già in regime fascista, che segna il fallimento della democrazia, dopo che la guerra aveva decretato la fine senza appello dei vecchi imperi. Viveva in un mondo privo di punti di riferimento e Vitangelo è un personaggio che non ha punti di riferimento.

Potrebbe essere una metafora, un simbolo?

CIAO


Rosella - Gwendydd

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eloise
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Posted - 01/03/2013 :  21:19:22  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Sono andata a rovistare tra i libri e ho ritrovato il testo della Carriola; riporto questo passo, tra i più significativi secondo me:

quote:
Ora la mia tragedia è questa. Dico mia, ma chissà di quanti!
Chi vive, quando vive, non si vede: vive... Se uno può vedere la propria vita, è segno che non la vive più: la subisce, la trascina. Come una cosa morta, la trascina. Perché ogni forma è una morte.
Pochissimi lo sanno; i più, quasi tutti, lottano, s'affannano per farsi, come dicono, uno stato, per raggiungere una forma: raggiuntala, credono d'aver conquistato la loro vita, e cominciano invece a morire.


Eloise
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eloise
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Posted - 03/03/2013 :  06:07:05  Show Profile  Visit eloise's Homepage
E' vero Rosella, Vitangelo è un debole che non ha punti di riferimento, ma alla luce di quanto cito, per esempio, dalla Carriola (chi prende una forma in realtà muore, chi si rinasce attimo dopo attimo vive, anche se non si sa bene come), mi fai pensare che si potrebbe anche intravedere uno spiraglio di luce nel finale di questo "romanzo". Partendo da una pura forma morta e priva di sostanza, se non di totale apparenza estranea ai suoi infiniti io, Vitangelo approda attraverso un percorso inverso di formazione - direi di riformattazione, o di disin-formazione - alla sostanza eternamente mutevole e inafferabile dell'io cangiante, o perlomeno alla sua consapevolezza ed assunzione. Su quanto possa funzionare questa soluzione ho i miei dubbi, ma è una delle soluzioni vagliate da Pirandello.
Alla luce di quanto ci ricordi sul periodo storico che ha vissuto l'autore, questa soluzione di "vita nell'eterno rinnovarsi dell'io" opposta alla "morte della forma fissa" appare sicuramente come una fortissima critica alla società. Come a dire: meglio non avere nessun punto di riferimento, che come punti di riferimento quelli che la società intorno a me mi offre.
In un certo senso, riabilito il personaggio che, forte della sua debolezza, se ne fa carico e così facendo riscatta se stesso di fronte alla società monolitica. Certo Vitangelo non ha la forza di lottare contro questa società, non è un eroe, esaurisce le sue forze nello staccarsene e allontanarsene. Ma un gesto - molto simbolico - comunque lo fa.

Eloise
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Rosella
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Posted - 03/03/2013 :  15:52:36  Show Profile
quote:

... una fortissima critica alla società. Come a dire: meglio non avere nessun punto di riferimento, che come punti di riferimento quelli che la società intorno a me mi offre.



E' un pensiero tristissimo, non trovi?

Vitangelo non è poi così debole nel suo totale rifiuto. E' debole prima, mentre vive come gli altri. Non è nemmeno egoista, perchè dona i suoi averi per i poveri, gli abbandonati. Ma la sua è una non-soluzione. Rifugiarsi nella pazzia è come cercare conforto nell'alcool o nella droga, annullando se stessi, e la società, come tu sottolinei.

Certo non sono molto allegra neppure io.

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
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ombra
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Posted - 04/03/2013 :  22:47:41  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Mi sovviene una riflessione... Pirandello è colui che ha scritto: "la vita o si scirve o si vive", per questo motivo lui, a suo dire, non l'ha vissuta. Lui ha scritto di vita... per cui non ha vissuto la sua? E' questo che la frase sta a significare? Se non l'ha vissuta allora è per questo che non riesce a farci capire quale sarà la fine di Vitangelo? Che cosa rappresenta la storia ingarbugliata del personaggio? Che messaggio veicola? Che cosa possiamo imparare noi da questo?

Scusate ma questo romanzo mi porta più interrogativi che risposte. Eloise perdonami ma io nella lettura cerco degli spunti per leggere la vita... forse è un errore ma non posso fare diversamente.

A presto

Marta

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eloise
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Posted - 05/03/2013 :  10:24:43  Show Profile  Visit eloise's Homepage
quote:

Eloise perdonami ma io nella lettura cerco degli spunti per leggere la vita... forse è un errore ma non posso fare diversamente.


Chi l'ha detto che è un errore? Io mai!... Anzi, questo per me mostra "solo" (scusate se è poco) quanto la letteratura sia fondamentale per le nostre vite, e che anche se a volte può sembrare "morta" non lo è affatto.

Per quanto riguarda la frase che citi, non la conoscevo, ma mi conferma quello che ho detto: Pirandello-uomo si pone delle domande, Pirandello-scrittore tenta delle soluzioni, e ne vaglia più d'una. Mattia Pascal, Vitangelo, il persongaggio della carriola, ecc, sono tutti protagonisti dell'una o dell'altra.

Eloise
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eloise
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Posted - 05/03/2013 :  22:05:52  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Altra riflessione.
Mi sembra interessante in questo romanzo confrontare incipit e finale (lo sapete che sono due aspetti di un testo cui mi piace sempre guardare).

Bene, il testo comincia con il personaggio che INDUGIA DAVANTI ALLO SPECCHIO, e poi finisce nel finale per scegliere di voltare SUBITO GLI OCCHI PER NON VEDERE PIù NULLA FERMARSI NELLA SUA APPARENZA E MORIRE. Evidente il tema fondamentale dello sguardo.
Si passa dal compiacimento di guardarsi nello specchio (quindi sguardo anche DOPPIO), al desiderio non guardare più nulla. Paradossalmente però, mentre all'inizio Vitangelo si compiace davanti allo specchio, egli in realtà non è nemmeno in grado di notare che ha il naso storto; mentre dopo, quando si rifiuta di guardare fissamente il mondo esterno, forse si accorge meglio di cos'ha intorno a sé. Guardarsi nello specchio è come non vedere nulla, nemmeno riuscire a vedere se stessi: perché vi si riflette solamente la propria immagine che si ha di sé; mentre poi, guardando rapidamente il mondo esterno e, si presume, mai più guardandosi allo specchio, si ha maggiore consapevolezza di sé. Lo specchio, simbolo per eccellenza dell'apparire, viene quindi totalmente rifiutato come strumento di verità.

Questo tema dello specchio mi fa ricordare un altro personaggio che abbiamo trovato nelle nostre letture, completamente diverso: Mrs Dalloway. Ricordo sempre il passo in cui si guarda allo specchio e pensa:
quote:
"Quante migliaia di volte aveva visto la propria faccia e, sempre, con quella stessa, impercettibile smorfia (...) Quella era lei quando un certo qual sforzo, un certo qual invito a essere se stessa, connetteva le varie sue parti insieme, quanto diverse solo lei sapeva, quanto incompatibili, e riunite così, per il mondo soltanto, intorno ad un unico centro, in un unico prisma".

Stessa idea della frantumazione dell'io. Ma qui c'è volontà di ricompattazione, mentre in Vitangelo no. Vitangelo è un altro Septimus?

Eloise
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Rosella
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Posted - 07/03/2013 :  04:49:29  Show Profile
quote:

Mi sovviene una riflessione... Pirandello è colui che ha scritto: "la vita o si scirve o si vive", per questo motivo lui, a suo dire, non l'ha vissuta. Lui ha scritto di vita... per cui non ha vissuto la sua? E' questo che la frase sta a significare? Se non l'ha vissuta allora è per questo che non riesce a farci capire quale sarà la fine di Vitangelo? Che cosa rappresenta la storia ingarbugliata del personaggio? Che messaggio veicola? Che cosa possiamo imparare noi da questo?

Scusate ma questo romanzo mi porta più interrogativi che risposte. Eloise perdonami ma io nella lettura cerco degli spunti per leggere la vita... forse è un errore ma non posso fare diversamente.

A presto

Marta





Carissima Marta-Ombra,

Io non posso dire se Pirandello abbia davvero "vissuto", certo è che ha scritto molto.
Io cerco di NON documentarmi prima di aver letto il libro; nel nostro caso, prima di aver avviato la discussione, per non farmi influenzare dai pareri di altri. Il testo, qualunque esso sia, preferisco commentarlo secondo il mio personale sentimento, pur se viziato da problemi contingenti, esperienze vissute, realtà quototidiana.

Oggi viviamo una realtà priva di punti di riferimento, siamo nel caos più completo, che investe valori tradizionali, etica, società. Molto simile all'epoca in cui Pirandello scriveva. Forse è per questo che non abbiamo risposte, e ci poniamo mille interrogativi, anzi 1,0,100.000.

Parlandone, anzi "scrivendone" insieme, forse potremo riuscire a trovare qualche risposta, ma ne dubito. Per quel che conosco di Pirandello, a lui piace suscitare domande ed interrogativi, piuttosto che proporre soluzioni.

Discutendone fra noi, invece, potrebbe emergere una "filosofia di vita" che ci aiuti in questo momento contingente che personalmente trovo drammatico quasi quanto una guerra mondiale. Si è mutato il modo di combattere, ma nulla è cambiato nel pensiero europeo (dire mondiale sarebbe toppo.)

CIAO a tutti

Rosella - Gwendydd

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Tiziano
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Posted - 08/03/2013 :  18:42:42  Show Profile
Bene...com'era prevedibile Pirandello ci ha intrappolati (o affascinati, o intrigati, scegliete voi l'aggettivo che preferite) nei suoi sofismi. Intendiamoci, non lo ritengo un difetto; credo che il valore essenziale dell'opera letteraria consista proprio nel fornirici opportunità di pensiero, prospettive sulla vita e i mondo; tuttavia Pirandello esagera, ci presenta un Io ipertrofico, arrovellato dalla propria ipertrofia. E noi finiamo per credere che davvero l'Io sia così. Ma andiamo! Siamo molto più semplici, edifichiamo noi stessi su una rassicurante struttura di schemi e routines, imbrigliamo il mondo in una rassicurante griglia categoriale. Ma ecco, proprio questo è il punto: che accade se la griglia si dissolve, gli schemi non funzionano più, le routines divengono opprimenti scatole vuote? Accade che diventiamo matti, fool. Dunque Vitangelo è una versione contemporanea, espressionista del fool, per l'appunto. Solo che non ci fa più ridere; così come non ci fa ridere Roquentin che vede la realtà trasformarsi in un mostruoso blob, né K., né Zeno, tutti questi testimoni dell'orrore(ricordate Kurtz, che vede l'orrore prima di morire?).
Se non erro fu Segre a dirlo: il romanzo del '900 ha messo in scena l'orrore dell'insensatezza del mondo.
Beh, come se ne esce?

Tiziano
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eloise
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603 Posts

Posted - 08/03/2013 :  19:04:03  Show Profile  Visit eloise's Homepage
quote:

Beh, come se ne esce?



Ancora non lo sappiamo, e il nostro post sulla letteratura 2.0 si è bloccato, ma... continuando la mia similitudine: forse con uno "spegni e riavvia"?

A parte gli scherzi, io credo di aver detto su questo testo tutto quello che mi ha ispirato. Ho già detto, subito, che di Pirandello preferisco altri testi.

Eloise
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Rosella
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Posted - 09/03/2013 :  02:42:36  Show Profile
quote:

Ma andiamo! Siamo molto più semplici, edifichiamo noi stessi su una rassicurante struttura di schemi e routines, imbrigliamo il mondo in una rassicurante griglia categoriale.




Semplici o sempliciotti, caro Tiziano?

Chi si adagia nella routine quotidiana, nel tran-tran senza interessi di sorta, è una persona che probabilmente non si pone molte domande riguardo al mondo in cui vive: chi siamo, da dove veniamo, c’è una vita futura, quanto facciamo parte della complessità dell’Universo?

Oggi, personalmente, conosco ben pochi che, a prescindere dalle domande più profonde, possono dire di vivere secondo una routine: i mariti sono sballottati a destra e a manca, continuamente in trasferta, non certo per loro diletto; le mogli/madri devono correre come delle pazze per seguire tutte le necessità famigliari, spesso senza aiuto alcuno; i ragazzi, apparentemente tranquilli nella loro vita casa-scuola subiscono continue vessazioni da compagni di classe semi-delinquenti, e da insegnati incompetenti o disadattati. E’ vita questa?

I punti di riferimento, i “valori” cui ogni generazione da sempre ha cercato di aggrapparsi sono quasi sempre gli stessi: religione, patria, famiglia.

Spesso sono stati male interpretati, ed è facile per noi “moderni” giudicarli severamente, ma cosa avremmo fatto se fossimo vissuti in epoche diverse, con culture diverse?

Ora i valori che ci servono per avere dei punti di riferimento nella vita hanno cambiato definizione: rispetto per le regole del vivere civile, giustizia ed equità per tutti, difesa dei diritti delle donne, degli emarginati, dei deboli, proposte per la pace, rifiuto della violenza, diritto/dovere per un lavoro dignitoso.

Al momento, vedo tutto ciò che ho descritto, e in cui ingenuamente credevo, andare a scatafascio. Non abbiamo più una patria, un paese, di cui essere minimamente fieri; chi doveva tutelare la religione, nel suo spirito, non nelle sue forme ha fallito (preti pedofili e scandali vari) ; la mia famiglia è solida, ma intorno a me ne vedo di continuo altre che si disfano senza pudore; l’amicizia e la lealtà sono un optional, quel che conta è farsi bene gli affari propri fregando il prossimo, e poi vantarsene.

In questo caos come è possibile non perdersi? Siamo come Alice nel labirinto, ma è un labirinto senza fine. Scusa, forse Alice è troppo banale, forse preferivi Teseo, però lui aveva il filo capace di ricondurlo indietro.

Probabilmente non ho capito nulla di ciò che volevi comunicarci; pazienza, me ne scuso, è stato uno spunto per lasciarmi andare a questa poco divertente disamina del periodo che stiamo vivendo.

Forse i veri pazzi sono coloro che si rifiutano di aprire gli occhi; tornando a Pirandello, Vitangelo è l’unico savio, sono pazzi tutti coloro che lo circondano, la vita stessa non è altro che un’enorme pazzia, o una solenna fregatura.

Ciao a tutti, e scusate lo sfogo.


Rosella - Gwendydd

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Tiziano
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Posted - 09/03/2013 :  16:59:30  Show Profile
@Rosella: probabilmente mi sono mal espresso; quando parlo di schemi e routines non mi riferisco ad abitudini e ruoli sociali o cose del genere, figuriamoci i valori, che non ho mai ben capito che roba è (quando leggevo Nietzsche che li voleva trasvulutare mi chiedevo sempre: "Va beh, ma trasvalutare che?"; ah! a proposito, credo che alla fin fine Pirandello l'abbia spiegato proprio Nietzsche, quando in "La nascita della tragedia" avverte del pericolo: se troppo a lungo guardi l'abisso, poi l'abisso guarderà te); piuttosto mi riferivo alla nostra costituzione biologica, psicofisica. Ad esempio: se noi individuiamo una cosa è perché abbiamo determinati schemi percettivi e cognitivi che ce la fanno riconoscere tale; questi schemi appartengono in prima istanza alla specie, in seconda istanza alla cultura. Non sempre funzionano, talvolta ci appaiono controvertibili (esempio: una foglia è una cosa? e una nuvola, un buco, ecc?), pero servono per orientarci nel mondo e abitarlo vivendo; quando non funzionano è il caos, la follia, lo smarrimento.
Come vedi queste cose c'entrano poco con la routine del quotidiano vivere, che - l'ammetto - è piuttosto noioso,se non si trova qualcosa di interessante da fare (ad esempio lottare per vivere, evitare la fame e il dolore; però ammetto che, riflettendo, preferisco annoiarmi vivendo che assoparare l'afrore della vita soffrendo; ma si sa: è una questione di gusti; comunque a Punta Ala c'è una barca che m'aspetta, perché tra un po' me ne tornerò in mare, dove i nasi non si vedono. E il mare - come ha detto qualcuno in un film - non pensa, esiste). Ecco come se ne esce! Pensiamo di meno...;-)

ciao

Tiziano
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