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 Irène Némirovsky, Due
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eloise
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603 Posts

Posted - 26/01/2014 :  08:35:48  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Ah! In ritardo ma eccomi qui!
Inauguro la nuova discussione su Due, di Irène Némirovsky.



Rosario ci ha già fatto una piccola introduzione per passare dai temi di Anna Karenina a questo nuovo mondo familiare e sociale della Nemirovsky.
Ma sono curiosa, data la lettura, di capire soprattutto perché Tiziano ci ha proposto questo testo
A prestissimo!

Eloise
www.letteratour.it

Tiziano
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Italy
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Posted - 26/01/2014 :  12:01:30  Show Profile
E' stato Rosario a proporre "Due", non io...
Dunque: è stata una lettura un pò annoiata, non per colpa di Irene bensì mia (tornerò su questo punto...). Comuque giudico questo romanzo con la sufficienza, benché lo trovi piuttosto "normale", privo di originalità; alla fin fine è il solito triangolo amoroso: lui, lei e l'altra, appena complicato dalla serialità: 1. Antoine, Marianne, Nicole 2. Antoine, Marianne, Evelyne 3. Antoine, Marianne, Dominique 4. Dominique, Gilbert, Solange. E' anche piuttosto prevedibile nel suo svolgimento: la comparsa di Evelyne con la sua aureola sensuale faceva facilmente presagire che avrebbe scompaginato qualcosa, così come era facile prevedere che anche Marianne avrebbe tradito Antoine (ma definirlo tradimento non mi piace, sa tanto di morale cattolica; meglio: tentativo, esplorazione esistenziale).
A me pare che, attraverso la combinatoria delle relazioni tra i personaggi (e tuttavia nella banale linearità dell'intreccio, con tanto di tempi scanditi - questo è un altro punto si cui tornerò) alla fine "Due" sia la storia di come Antoine Carmontel e Marianne diventano i cloni di Albert Carmontel e Berthe; che poi è sempre la stessa storia: le illusioni della gioventù, le delusioni della maturità, con i suoi smottamenti e assestamenti, accorgimenti, sbigottimenti e - perché no?! - accorpamenti.
Seguiranno dettagli narratologici. Ciao

Tiziano
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Rosario
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Italy
418 Posts

Posted - 26/01/2014 :  13:40:40  Show Profile
Hai ragione Tiziano, ho proposto io Due di Irene Nemirovsky in alternativa alla proposta di Rosella, "Anna Karenina" e ai tuoi dubbi sollevati sulla "pesantezza di lettura" del romanzo di Tolstoj.

La proposta di Due è stata motivata dal fatto l'autrice, russa e francofona, mi pare corrispondesse alle attese sia di Rosella sia di Eloise, dopo un loro breve scambio di battute sulla nuova lettura da discutere al forum.

Eloise con una saggezza salomonica propose allora la lettura in successione di Anna Karenina e Due.

Dopo questo preambolo sulla scelta, prima di entrare nel vivo del romanzetto "Due", inserisco una breve nota che contiene:

1) le origini del nome Nemirovsky;

2) un cenno biografico sulla famiglia Nemirovsky; in particolare sul difficile rapporto di Irene con l'odiata madre;

3) qualche accenno sull'esordio nel mondo editoriale parigino con un altro romanzetto "David Golder".

Tutte le informazioni sono tratte dall'appendice di "Suite francese", romanzo postumo dell'autrice che ha riscosso un grande successo in tutta Europa ed è stato giudicato dai critici come il capolavoro di Irene Nemirovsky.

Il nome Nemirovsky significa "colui che non conosce pace" e richiama i secoli di soprusi subiti dagli ebrei-russi di Nemirov, città della Russia.

Nel 1929 Bernard Grasset, entusiasta di David Golder, un manoscrtto arrivato per posta, decise di pubblicarlo immediatamente.

Appena uscito, David Golder fu elogiato all'unanimità dalla critica, tanto che Irene Nemirovsky divenne subito celebre e fu lodata da scrittori di diversa estrazione, come Joseph Kessel, un ebreo, e Robert Brasillach, un monarchico di estrema destra e antisemita. Brasillach elogiò in particolare la purezza della prosa di quella nuova arrivata nel mondo letterario parigino.

Irene era nata a Kiev, ma aveva imparato il francese dalla governante fin dalla prima infanzia. Inoltre parlava correntemente il russo, il polacco, l'inglese, il basco e il finlandese, e capiva lo yiddish.

La Nemirovsky si meravigliò perfino che si attribuisse tanta importanza a quel David Golder che lei stessa definiva un romanzetto.

Il padre, Leon Nemirovsky, aveva avuto la sventura di nascere nel 1868 nella città dalla quale doveva dilagare la grande ondata di pogrom contro gli ebrei russi, persecuzione che durò molti anni. Sul suo biglietto da visita si poteva leggere: "Lèon Nemirovsky, presidente del consiglio della banca commerciale di Voronez, Amministratore delegato della Banca Unione di Mosca, membro del consiglio della Banca Privata del Commercio di San Pietroburgo".

La madre, che si faceva chiamare Fanny, l'aveva messa al mondo unicamente per compiacere il ricco marito: per lei la nascita di quella figlia non rappresentava altro che il primo segno del declino della propria femminilità, e aveva lasciato la bambina alle cure della balia.

Per dimostrare a se stessa di essere ancora giovane si ostinò a voler vedere Irene, divenuta adolescente, un eterna bambina, che obbligava a vestirsi e a pettinarsi come una scolaretta.

Irene, abbandonata a se stessa durante le ore di libertà della governante, si rifugiava nella lettura; cominciò a scrivere, e reagì alla disperazione sviluppando a sua volta nei confronti della madre un odio feroce.

Le vin de solitude:
"Non diceva mai "mamma" articolando chiaramente le due sillabe; pronunciava "mam" in una sorta di rapido borbottio che si strappava dal cuore con sforzo e con una sorta di sordo e subdolo dolore".

"Il volto della madre, contratto dall'ira, si avvicinò al suo, e lei vide brillare gli occhi che odiava, le pupille dilatate dalla collera e dalla paura … Dio ha detto: "Mia sarà la vendetta…"

Con sorpresa la vendetta continua a governare la storia delle nostre eroine.

Ricordate Anna Karenina?

“Mihi vindicta: ego retribuan":

RF
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Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 26/01/2014 :  20:19:44  Show Profile
Ancora in tema di preambolo, inserisco la breve introduzione di passaggio di cui ha parlato Eloise.

Da Tolstoj a Nemirovsky; io sono pronto.

1903 - nata a Kiev (11 febbraio)
1918 - fuga in Finlandia;
1919 - approdo a Rouen e arrivo a Parigi;
1939 - conversione al cristianesimo;
1942 - deportata ed eliminata ad Auschwitz;

Dalla Russia con amore, alla Francia con stupore, fino ad Auschwitz per morire.

Questo il percorso di Irene Nemirovsky:
nata ebrea in Russia, cristianizzata in Francia, morta in Germania.

Irene Nemirovsky era una profuga russa; per comprendere lo stato d'animo di una profuga, inserisco un link sul mio blog in cui ho riportato una pagina sulla confessione di una profuga, tratta dal romanzo di Sandor Marai, "Il sangue di San Gennaro". Riporto qui solo l'incipit:

"Sono una profuga e comincio a capire che, quando si lascia una patria, si lasciano tutte le patrie possibili. Quello che noi profughi riceviamo per attestare la nostra identità, è solo un documento; di qua o di là, in qualsiasi angolo del mondo, la nostra identità è solo un documento. La spoliazione che subiamo non ci toglie di dosso soltanto la vera identità - non quella di un freddo e anonimo pezzo di carta - ma ci toglie anche tutto quello che gli uomini chiamano patria, in qualsiasi epoca. Lo capiamo solo lentamente."

ed ecco il link:

http://facereetdocere.blogspot.it/2014/01/la-confessione-di-una-profuga-comincio.html

Il materiale introduttivo che ho inserito, non ha a che fare con ciò che è raccontato nel romanzetto ma serve a conoscere un pò meglio l'autrice. Spero che la lettura di questo materiale, possa aumentare la fruibilità dell'opera e le risonanze più recondite dei lettori.

RF
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ombra
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296 Posts

Posted - 27/01/2014 :  12:06:05  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Ben ritrovati a tutti! :D
Per me è stata una lettura piacevole e non scontata. Un punto di vista disincantato e vero sul rapporto matrimoniale e a due. Risulta raffinato ed elegante il suo approccio all’erotismo e all’adulterio non scade nella volgarità che in altre opere mi ha infastidito. Credo che sia una lettura che spinge comunque a riflettere sui rapporti, sul loro evolversi nel tempo. Spinge a guardarli con un occhio esterno e a vedere a che punto si è arrivati: alla rassegnazione di un rapporto che è solo un riflesso si quello che era e che volevamo oppure a comprendere che le cose cambiano, il tempo passa, i rapporti mutano ma si riesce a trovare completezza con la persona che ci sta a fianco. Però mi chiedo è giusto accontentarsi di questo?

A presto, baci

Marta

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Rosario
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Posted - 27/01/2014 :  12:34:29  Show Profile
Una lettura piacevole, sono d'accordo con Ombra. Per conto mio nel rileggere il romanzetto sono stato colpito subito dall'incipit, che in prima lettura non mi aveva colpito. Ne riporto testo e la mia risonanza:

"Si baciavano. Erano giovani. I baci nascono in modo così naturale sulle labbra di una ragazza di vent’anni! Non è amore, è un gioco; non si insegue la felicità, ma un attimo di piacere. Il cuore non desidera ancora niente: è stato colmato d’amore durante l’infanzia, saziato d’affetto. Che taccia adesso. Che dorma! Che lo si dimentichi!"


Questo incipit mi fa aleggiare nel soffio leggero di un bacio giovanile. Non passione ma gioco; non felicità ma piacere. Un attimo che rapisce dall'inesorabilità del tempo che trascorre. Si resta sospesi nel bacio, rapiti in una specie di "(in-sostenibile) leggerezza dell'essere". Quanta dolcezza in questo bacio; quanta tenerezza; quanta "saudade".

(Parallelo letterario: L'insostenibile leggerezza dell'essere. Milan Kundera)

RF
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eloise
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603 Posts

Posted - 27/01/2014 :  14:47:59  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Allora chiedo scusa a Rosario e Tiziano per essermi ricordata male chi aveva proposto questa lettura. Ammetterete con me però che se fosse stato Tiziano sareste stati ugualmente curiosi di conoscere le sue motivazioni!! eh eh.
Comunque sia, ricordando (erroneamente) che fosse stato Tiziano a proporre questa lettura mi immaginavo chissà che significati narratologici o epistemiologici dietro quel "DUE", per cui sono stata invece sorpresa di ritrovarmi sottomano una lettura che sondasse i significati familiari del termine.
Detto ciò, sono contenta di aver avuto l'occasione di conoscere un'autrice per me nuova, ne ho approfittato per prendermi una raccolta delle sue opere e dopo "Due" sto leggendo anche altri racconti per avere un quadro più generale della scrittrice.

Sono più d'uno gli aspetti di questa lettura che vorrei trattare, ma per adesso dico solo che sono contenta di aver "omaggiato" - anche se in modo inconsapevole - la Giornata della Memoria che si celebra oggi con l'affrontare questa sfortunata scrittrice. Ringrazio quindi anche per questo Rosario per la sua introduzione al testo e alla scrittrice in generale.

Eloise
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Rosario
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Posted - 27/01/2014 :  15:46:49  Show Profile
"Per me è stata una lettura piacevole e non scontata. Un punto di vista disincantato e vero sul rapporto matrimoniale e a due. Risulta raffinato ed elegante il suo approccio all’erotismo e all’adulterio non scade nella volgarità che in altre opere mi ha infastidito."

Marta, mi trovo d’accordo con te sulla “lettura piacevole e non scontata” e sull’approccio “raffinato ed elegante all’erotismo e all’adulterio”; però quel “raffinato ed elegante” lo considererei riferito solo all’aspetto linguistico e letterario.

La prosa e la vita

Nemirovsky scrive con una prosa raffinata ed elegante, questo è condivisibile, ma dietro questa prosa c’è una donna sofferente che riversa nella scrittura tutta la sua inquietudine, la sua solitudine, le paure taciute, le certezze inutili.

Irene Nemirovsky era una profuga ebrea russa. Forse la nostra autrice ha cambiato nazionalità e religione solo per ritrovare una sua stabilità; conformandosi alla cultura e alla religione del luogo in cui viveva.

Il conformarsi alla Francia, all’Europa e al cristianesimo, non cambia la sua natura di profuga, di donna nata ebrea, cresciuta in una nazione ostile a lei, alla sua famiglia e alla sua gente. Il popolo errante che da millenni percorre sentieri inesplorati nel deserto, in attesa fiduciosa del Messia. Qui si aprirebbe un discorso fuorviante per i fini di questo forum. Chi vuole può approfondire da sé l’argomento della mancata integrazione (culturale) degli ebrei nelle altre culture esistenti.

C’è un’altra ostilità che consumava la scrittrice Irene Nemirovsky: l’odio per la madre. Una donna che ha visto nella figlia adolescente, l’approssimarsi della propria decadenza femminile. Anche qui si aprono temi di discussione che potrebbero sovraccaricare la natura letteraria di questo forum. Chi vuole può approfondire da sé e l’argomento dei rapporti tra genitori e figli.

Una prosa raffinata ed elegante dunque, ma che nasconde l’esistenza popolata dalla precarietà e dalle insicurezze proprie dell'emarginazione dell'autrice Irene Nemirovsky.


RF
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ombra
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Posted - 27/01/2014 :  17:13:44  Show Profile  Visit ombra's Homepage
quote:

"Per me è stata una lettura piacevole e non scontata. Un punto di vista disincantato e vero sul rapporto matrimoniale e a due. Risulta raffinato ed elegante il suo approccio all’erotismo e all’adulterio non scade nella volgarità che in altre opere mi ha infastidito."

Marta, mi trovo d’accordo con te sulla “lettura piacevole e non scontata” e sull’approccio “raffinato ed elegante all’erotismo e all’adulterio”; però quel “raffinato ed elegante” lo considererei riferito solo all’aspetto linguistico e letterario.

La prosa e la vita

Nemirovsky scrive con una prosa raffinata ed elegante, questo è condivisibile, ma dietro questa prosa c’è una donna sofferente che riversa nella scrittura tutta la sua inquietudine, la sua solitudine, le paure taciute, le certezze inutili.

Irene Nemirovsky era una profuga ebrea russa. Forse la nostra autrice ha cambiato nazionalità e religione solo per ritrovare una sua stabilità; conformandosi alla cultura e alla religione del luogo in cui viveva.

Il conformarsi alla Francia, all’Europa e al cristianesimo, non cambia la sua natura di profuga, di donna nata ebrea, cresciuta in una nazione ostile a lei, alla sua famiglia e alla sua gente. Il popolo errante che da millenni percorre sentieri inesplorati nel deserto, in attesa fiduciosa del Messia. Qui si aprirebbe un discorso fuorviante per i fini di questo forum. Chi vuole può approfondire da sé l’argomento della mancata integrazione (culturale) degli ebrei nelle altre culture esistenti.

C’è un’altra ostilità che consumava la scrittrice Irene Nemirovsky: l’odio per la madre. Una donna che ha visto nella figlia adolescente, l’approssimarsi della propria decadenza femminile. Anche qui si aprono temi di discussione che potrebbero sovraccaricare la natura letteraria di questo forum. Chi vuole può approfondire da sé e l’argomento dei rapporti tra genitori e figli.

Una prosa raffinata ed elegante dunque, ma che nasconde l’esistenza popolata dalla precarietà e dalle insicurezze proprie dell'emarginazione dell'autrice Irene Nemirovsky.


RF



Si Rosario, il raffinato ed elegante si accosta perfettamente al suo stile. Questo mi è molto piaciuto, forse era contorto il mio ragionamento. Grazie dell'intervento per avermi permesso di essere più chiara. :)

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Tiziano
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Italy
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Posted - 27/01/2014 :  17:22:22  Show Profile
Leggendo il romanzo m'è sembrato di fare quel che feci con "Persuasione": la geometri delle coppie...
(A proposito; dietro a questo pensiero s'è aggiunta una mia soggettiva valutazione dell'interesse che le nostre letture mi hanno suscitato: al primo posto metto "Mrs Dalloway",al secondo "Zazie nel metro", al terzo "Stupori e tremori"...all'ultimo "Teresa Raquin").
Dunque: concordo con Rosario sull'incisività dell'incipit: incalzante nella sua struttura paratattica che ci pone subito in medias res, elegante con l'anafora "non"; subito conosciamo i personaggi, con le 2 coppie che dovranno formarsi: Antoine-Marianne, Dominique-Gibert. Già però la simmetria presenta la sua perturbazione: Gilbert. Che ci fa lì dove altri amoreggiano? Ma su questo tornerò. Ora voglio far notare che a quell'incipit effervescente segue un rallentamento narrativo che riporta il racconto alla classica linearità dell'intreccio, con tanto di tempi scanditi: "la domenica di Pasqua volgeva al termine", "La primavera giungeva al termine", "Era arrivato luglio", "In agosto la partenza di Marianne", "Al ritorno di Antoine, in autunno", ecc. D'altronde il vero temo del racconto è proprio il tempo, che trascorre dalla gioventù alla maturità, dalla sensuale esuberanza giovanile alla tranquilla rassegnazione delmatrimonio, Alberoni direbbe: dall'innamoramento all'amore. Infine la storia è tutta qui: lo sdipanarsi dei fatti per cui Antoine e Marianne diventano da amanti diventano marito e moglie, padre e madre. Felici? No. Sereni, forse. Fatti che sono accompagnati da valutazioni psicologiche e morali, talvolta interessanti, talvolta banali.
Quello che trovo intrigante è che lo sdipanarsi dei fatti è soprattutto, come scrivevo all'inizio, un avvicendamento di coppie di cui sto ricostruendo l'evoluzione.
Però credo che la domanda più intrigante sia: chi è Manouche?

Tiziano
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Rosario
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Italy
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Posted - 27/01/2014 :  23:49:11  Show Profile
quote:

D'altronde il vero tema del racconto è proprio il tempo, che trascorre dalla gioventù alla maturità, dalla sensuale esuberanza giovanile alla tranquilla rassegnazione delmatrimonio, Alberoni direbbe: dall'innamoramento all'amore.
Tiziano


Concordo Tiziano, "il vero tema del racconto è il tempo". Tempo che già dall'incipit mostra la sua inesorabile "corsa a tappe", come Tiziano ha fatto notare. Ecco la mia risonanza che segue quella del bacio iniziale; come prima, testo e risonanza:

"Tutti e due pensavano a quei giovani, fratelli, amici, le cui ossa, da tempo, si disfacevano nella terra delle tante fosse comuni. E loro, i sopravvissuti, sapevano finalmente di essere mortali. E’ una lezione che di solito si impara quando la giovinezza è ormai finita, ma chi l’ha appresa a vent’anni non la dimenticherà più. Ah, bisognava far presto, non perdere tempo, respirare, baciare, bere, fare l’amore!"

Tempo di sospensione, dal piacere sensuale del bacio, al disfacimento delle ossa nelle fosse comuni. L'autrice aggiunge una riflessione sul tempo da "non perdere", del bisogno di "far presto" perché la morte è lì, dietro l’angolo, che inesorabile aspetta il disfacimento di “ossa nella terra delle tante fosse comuni.”

Tempo inaspettato, in cui, con cruda e sarcastica noncuranza, l’autrice ci fa precipitare dalla poesia del bacio al disfacimento delle ossa dei morti nelle fosse comuni; la morte ineluttabile e sempre presente, che alimenta l’ansia di vivere il più possibile i piaceri e i godimenti della vita: “tutto e subito”.

Tempo di guerra, che apre gli occhi sulla morte e dà consapevolezza della precarietà della vita e delle sue piacevolezze. La condizione di profuga ebrea-russa dell’autrice, affiora in questa cruda spietata descrizione dell'infida ineluttabilità della morte ovvero dell'estrema caducità della vita sospesa in un "attimo fuggente".

Paralleli letterari

Soldati

Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.

(Giuseppe Ungaretti)

La poesia di Ungaretti rende benissimo quella che era, secondo me, la visione della vita di Irene.

Chi sarà Manouche. "Un'altra donna, probabilmente."


RF
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eloise
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603 Posts

Posted - 28/01/2014 :  08:49:27  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Scusate, forse sono io che non colgo bene la domanda, ma Manouche non si capisce alla fine che è solo un nomignolo per la moglie (madre di Antoine)? Inizialmente lui pensa che sia un'amante del padre, poi scopre che non è che un'altra dimensione del rapporto affettivo esistente tra padre e madre, anzi tra marito e moglie. Dando così uno spessore ancora più generazionale alla tesi di tutto il racconto: nonostante tutto, quei "due" che da sposati vengono a costituire la molecola del matrimonio, sono legati da un vincolo indissolubile. Anche se esternamente, anche se addirittura agli occhi dei figli, ciò non sembra apparire.

Detto ciò, lasciatemi introdurre un tema di tutt'altro genere che però mi ha colpita fin da subito: l'atmosfera piena di vita, lusso e giovinezza dell'inizio mi ha ricordato moltissimo il libro che abbiamo letto di Fitzgerald, Il Grande Gatsby. Il periodo storico è pressoché lo stesso. I giovani sono anche loro pressoché gli stessi ovunque. Però con una grande, enorme differenza: la guerra. Quello che nel nuovo continente non c'è affatto, ha invece già segnato profondamente il vecchio continente, e ciò spiega sicuramente il senso di tristezza e malinconia ineludibile che permea, volente o nolente, la generazione dei giovani nel racconto della Nemirovsky. Giovinezza, luccichio, follie... ok, ma sullo sfondo rimangono sempre due grandi occhi incavati muti e pensosi che si portano dietro il ricordo dei morti.
Mi colpisce però un parallelismo: anche nel romanzo di Fitzgerald, alla fine, prevale su tutto la coppia sposata, anche e proprio nelle difficoltà. Ricorderete come di fronte all'evidenza della sventatezza di Daisy che si rende omicida, la coppia sposata si chiude in se stessa e rigetta fuori ogni elemento disgregante esterno, compresi gli pseudo amanti e gli idilli della giovinezza.
Da un continente all'altro, almeno all'epoca, il collante matrimoniale, la legge del Due, rimane inalterata.

Eloise
www.letteratour.it
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Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 28/01/2014 :  11:55:51  Show Profile
"Scusate, forse sono io che non colgo bene la domanda, ma Manouche non si capisce alla fine che è solo un nomignolo per la moglie (madre di Antoine)? Inizialmente lui pensa che sia un'amante del padre, poi scopre che non è che un'altra dimensione del rapporto affettivo esistente tra padre e madre, anzi tra marito e moglie. Dando così uno spessore ancora più generazionale alla tesi di tutto il racconto: nonostante tutto, quei "due" che da sposati vengono a costituire la molecola del matrimonio, sono legati da un vincolo indissolubile. Anche se esternamente, anche se addirittura agli occhi dei figli, ciò non sembra apparire.

Eloise
www.letteratour.it"

Perfetto Eloise, anche per Antoine, quando sente sibillare dal padre morente il nome Monouche, lui sa che non è la madre e pensa a "un'altra donna probabilmente"; quella che tu hai colto in un'altra dimensione (la dimensione dell'amore) è la vera e sola amante del padre, non la moglie. La stessa donna per due ruoli distinti (ah i ruoli, gli attori, il teatro); nel Sogno di una notte di mezza estate, Shakespeare dà un esempio fantastico di come ruoli distinti di una stessa persona, possano essere inter-cambiati in scena dallo stesso attore).

Tornando a Due, quando il padre di Antoine muore, la madre è descritta finalmente nell'altra dimensione, nell'altro ruolo, quello dell'amante; e la descrizione del momento ne dà ragione:

"Gli sollevò per un attimo la testa, se l'appoggiò sullo scarno seno. Pascal fece un movimento come per sostenerla; lei lo allontanò e posò sul cuscino, ben dritto e rigido, il viso che teneva tra le mani. Non si decideva a lasciarlo, e con le dita accarezzava piano le guance pallide. China su di lui, non lasciando avvicinare neanche i figli, lo aveva stretto tra le braccia, protetto con il proprio corpo, riscaldato con il proprio respiro, fino all’ultimo istante."

Chi fa queste cose, non è la moglie ma Monouche..."fino all'ultimo istante". Davanti a Dio ci si presenta da amanti, perchè "Deus caritas est".
E qui si aprirebbero infiniti argomenti che ci potrebbero portare nel "regno dei cieli". Ripeto il refrain: chi vuole può approfondire da sè l'argomento in altra sede; in questa sede cerchiamo di rimanere fedeli a "Due" di Irene Nemirovsky.

RF
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Rosella
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316 Posts

Posted - 28/01/2014 :  17:14:56  Show Profile
Ciao a tutti e complimenti per tutti questi interventi, uno più interessante dell'altro.

All'inizio concordavo con Tiziano, ho trovato il romanzo un po' banale, ma molto è dovuto al fatto che, per motivi esterni, spesso avevo la testa da tutt'altra parte, e l'ho letto con difficoltà, per mantenere l'impegno preso con voi.

L'introduzione di Rosario mi ha chiarito molti aspetti che mi lasciavano perplessa, soprattutto il palese disamore e la disattenzione dei genitori verso i figli.

Non so se riuscirò a fare molti interventi ma vi leggerò con molta attenzione

Rosella - Gwendydd

"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante"
Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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Tiziano
Average Member

Italy
166 Posts

Posted - 28/01/2014 :  18:20:57  Show Profile
In primo luogo mi scuso per il banale errore commesso nel post precedente: ovviamente la coppia è Dominique-Solange, non Dominique-Gilbert (ma...sarò forse incappato in un lapsus freudiano?); in secondo luogo ricordo che anche Eloise aveva rintracciato coppie, in "Anna Karenina".
In terzo luogo...nulla, poiché quel che penso l'ha già scritto Rosario (e devo dire che anch'io come Eloise avevo fatto un pensierino su Gatsby, e concordo anche con lei), compreso il ruolo di Manouche, che fu l'altra Berthe al tempo dell'amore, prima di diventare "solo" moglie; così come accade a Marianne, alla fine. Ecco perché mi pare che il racconto sia la storia della clonazione di una coppia, con tanto di nuovi figli al seguito.
Comunque ho notato una sorta di reazione chimica delle coppie:
1. si formano le coppie Dominique-Solange e Antoine-Marianne, col terzo incomodo Gilbert per l'una e Evelyne per l'altra,
2. la tripletta Dominique-Solange-Gilbert si scioglie, con Dominique che va poi a formare la terza tripletta con Antoine e Marianne, mentre si forma la coppia Solange-Gilbert.
3. Nel frattempo si forma e di nuovo si scioglie la seconda tripletta Antoine-Marianne-Evelyne. Quindi si scioglie anche la coppia Gilbert-Solange, perché ella muore.
Quindi nel vicendevole intrigarsi delle coppie delle due iniziali una scompare,liberando Dominique che sceglie un altro percorso; l'altra resiste, infine, perché Dominique si allontana ma soprattutto perché è morta Evelyne. Evelyne è la vittima della famiglia Carmontel 2. Dominique è vittima solo di se stesso, ma di lui ne riparleremmo...

p.s. lo so che è presentuoso autocitarsi ma c'è la coincidenza che mentre noi stiamo a parlare di coppie ho appena pubblicato su www.ousia.it un saggio che parla proprio di coppie (filosofiche), titolo "Uno e due"; se vi va leggetelo, altrimenti fingete d'averlo letto, che fa lo stesso

Tiziano
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eloise
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603 Posts

Posted - 29/01/2014 :  08:57:28  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Mi riprometto di dare un'occhiata al tuo saggio in giornata, perché ieri quando ho letto il tuo messaggio ero con lo smartphone e il pdf non me lo apre

Dunque, faccio un'altra osservazione sul dualismo rispetto alla nostra lettura precedente. Anche Anna Karenina, come abbiamo visto, gioca molto sulle coppie. Ma dal titolo è evidente che si parla di una individualità, di Anna Karenina, donna fondamentalmente sempre sola, che tra l'altro compare proprio da sola all'inizio del romanzo e poi muore sempre da sola (non l'abbiamo detto nella precedente discussione, ma noto ora che appare da un treno, e con un treno poi "scompare"). In questo testo della Nemirovsky invece i protagonisti appaiono subito nella forma duale. Direi che mentre in Karenina le coppie derivavano comunque da una formula 1+1 dove ogni unità rimaneva profondamente se stessa, nel testo della Nemirovsky la formula è 1+1 = 2, dove il 2 rappresenta non la somma delle unità ma a tutti gli effetti un'entità nuova. Quindi, per meglio dire: a+b = c. E' questo "C" il protagonista effettivo del romanzo, di cui si tenta di capire la nascita, la formazione, l'essenza, il valore. Mai titolo fu più programmatico. E questo "C", come giustamente osserva Tiziano, riesce a comporsi anche a partire da altri elementi: anche e+f = C, eccetera. C è una grande costante, che si autoclona all'avvicinarsi di qualsiasi elemento nell'unione matrimoniale.

Domande:
1. Ci sono eccezioni a questa costante? Quali e perché?
2. Che consapevolezza dei rapporti umani e familiari aveva la Nemirovsky per scrivere un romanzo così apparentemente banale ma in realtà intriso di complicazioni relazionali?
3. Si può presumere che anche lei, se fosse vissuta più a lungo, avrebbe scritto testi più sperimentali, in senso moderno?

Eloise
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