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 Zoe Rondini, Nata Viva
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Rosario
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Posted - 03/07/2015 :  17:51:36  Show Profile
Colpo d'occhio, interpretazione e mimesi.

inizio da Calvino e arrivo a Girard. Ecco la riflessione:

Calvino conclude un suo intervento sulla diatriba "forma e contenuto",trasformando il "colpo d'occhio"[cognitivo] della realtà
in una forma di proiezione [introiettiva] rielaborata dall'autore. Ovvero in una interpretazione "soggettiva" della realtà "oggettiva".

"Tutto ciò che l'uomo fa è figurazione, è creazione visuale, è spettacolo… S'annuncia una nuova antropologia per cui ogni attività e produzione dell'uomo vale in quanto comunicazione visiva nei suoi aspetti linguistici e estetici."

La nuova antropologia annunciata da Calvino è stata codificata da Renè Girard nell'intuizione antropologica del "desiderio mimetico triangolare".

"L'uomo è incapace in genere di desiderare prescindendo da un modello, consapevole o inconscio: l'oggetto o lo scopo del suo desiderio gli è proposto o imposto da un terzo che funge da mediatore."
(MRVR)

Secondo tale teoria l'autore "interpreta" la "realtà oggettiva" secondo un modello ideale"mediato" ed esterno.
Nell'atto "creativo" l'autore trasferisce
nell'opera una realtà "trasformata", cioè la realtà oggettiva introiettata e addomesticata secondo il suo desiderio d'essere "metafisico". L'opera [oggettiva] che ne risulta, è a sua volta, reinterpretata dal fruitore (lettore) secondo lo stesso canone interpretativo del "desiderio mimetico triangolare".

Secondo il modello di analisi "girardiana", i tre vertici del triangolo mimetico sono:
il soggetto (ovvero l'autore reale che è)
l'oggetto del desiderio (ovvero la realtà oggettiva)
il mediatore (ovvero l'autore ideale che "desidera" essere)

Nel caso di Nata Viva, l'autrice Zoe Rondini, nella descrizione di se stessa e degli altri descrive la realtà oggettiva di una "disabile", considerata nella sua diversità, in un mondo di "abili", considerati nella l'orco "normalità".
Il soggetto è Zoe Rondini (intesa come diversità)
l'oggetto del desiderio è la normalità (intesa come abilità degli altri)
il mediatore è Zoe Rondini (intesa come ideale metafisico di se stessa)

Nel caso di Zoe Rondini soggetto e mediatore sono due personalità distinte: una "diversa" desidera l'altra che è "normale". Ma essere "normale" per Zoe significherebbe anche annullare la Zoe "diversa" che è: Zoe diventa rivale antagonista di se stessa, del suo doppio. Una situazione drammatica che genera tutta una serie di sentimenti "estremi" caratteristici dell'analisi girardiana: invidia, risentimento, emulazione, rabbia, ecc. Si genera così una rivalità reciproca tra soggetto e mediatore ovvero tra Zoe che è e Zoe che desidera essere.

Vittoria e sconfitta sono sue poli complementari della struttura di rivalità. La rivalità e' una concreta relazione tra "doppi"; una reciprocità mimetica che continua a stringersi a causa degli sforzi che si compiono per scioglierla.

Non so è chiaro; rileggendo mi è sorto qualche dubbio e mi è venuta in mente una canzone che cantava Renato Zero millenni fa: "il triangolo no, non l'avevo considerato…".

Aggiungo il finale e forse un po' si chiarirà

Zoe desiderava le abilità degli altri ovvero del suo "ideale" normale, mediatore-rivale metafisico di se stessa. Ma il suo desiderio di "possesso delle abilità" si trasforma nel desiderio di "essere il suo ideale"; essere il suo ideale vuol dire competere da pari a pari con se stessa reale. Compito improbo per Zoe reale competere con Zoe ideale. La schizofrenia è alle porte.

Ma accade l'impensabile: Zoe impara a "camminare" in modo letterario. Scopre le sue abilità con la scrittura. I suoi pensieri si sviluppano nello schermo di un computer, la tastiera diventa la sua penna autorale. Zoe inventa storie, scrive relazioni, articoli, ecc. Zoe rinasce a nuova vita e vola libera come le rondini nel cielo. Zoe disabile nel camminare e in qualche altra funzionalità, rinasce (super)abile nello scrivere ed è viva.

Questo il messaggio che ho trovato nella lettura di Nata Viva di Zoe Rondini; e, parafrasando San Giovanni possiamo azzardare: "la scrittura vi farà liberi".


RF
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Rosario
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Italy
418 Posts

Posted - 07/07/2015 :  11:53:15  Show Profile
Ieri ho riletto gli interventi fatti finora e, leggendo un intervento di Eloise sull'opera di Zoe ("nè carne nè pesce") mi sono accorto che è stato nominato il giornalismo; la mente è andata all'opera di una giornalista che parlava proprio del nascere o non nascere: Oriana Fallaci e la sua "Lettera a un bambino mai nato". Ho riletto qualche pezzo con "voracità comparativa" con Nata Viva di Zoe; ecco i due incipit:

Stanotte ho saputo che c'eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d'un tratto, in quel buio, s'è acceso un lampo di certezza: sì, c'eri. Esistevi. E' stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata. Mi si è fermato il cuore. E quando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Cerca di capire: non è paura degli altri. Io non mi curo degli altri. Non è paura di Dio. Io non credo in Dio. Non è paura del dolore. Io non temo il dolore. E' paura di te, del caso che ti ha strappato al nulla, per agganciarti al mio ventre. Non sono mai stata pronta ad accoglierti, anche se ti ho molto aspettato. Mi sono sempre posta l'atroce domanda: e se nascere non ti piacesse? E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando "Chi ti ha chiesto di mettermi al mondo, perché mi ci hai messo, perché?". La vita è una tale fatica, bambino. E' una guerra che si ripete ogni giorno, e i suoi momenti di gioia sono parentesi brevi che si pagano un prezzo crudele. Come faccio a sapere che non sarebbe giusto buttarti via, come faccio a intuire che non vuoi essere restituito al silenzio? Non puoi mica parlarmi. La tua goccia di vita è soltanto un nodo di cellule appena iniziate. Forse non è nemmeno vita ma possibilità di vita. Eppure darei tanto perché tu potessi aiutarmi con un cenno, un indizio. La mia mamma sostiene che glielo detti, che per questo mi mise al mondo. (Oriana Fallaci - "Lettera a un bambino mai nato" - incipit; prima edizione 1975)

Quando ero piccola tutti mi dicevano che ero uguale agli altri bambini, poi crescendo mi è venuto qualche dubbio.
Adesso mi domando quand'è che ho cominciato a capire che avevo qualcosa che mi "distingueva" dagli altri, qualcosa che non permetteva loro di accettarmi, li metteva a disagio. Non tutti si intende, ma già dal modo in cui la gente si avvicinava a me, riuscivo subito a distinguere se una persona era sensibile, senza pregiudizi e senza imbarazzi, oppure no.Forse ho percepito questo fin dall'asilo, visto che i miei primi ricordi risalgono a quegli anni, forse da molto, molto tempo prima, quando osservavo gli altri bambini sgambettare dall'interno dell'incubatrice. O forse l'avevo già intuito quando mi trovavo nella pancia di mia madre e avevo tutta quella fretta di uscire e tutta quella paura, non potevo non aver paura, "qui sono al sicuro" devo aver pensato. Non volevo ritrovarmi in un mondo troppo grande per me, troppo rumoroso, pieno di doveri e regole da rispettare. Dove tutti corrono e poche persone hanno tempo e voglia di aiutare chi resta indietro. "La nascita è un cambiamento troppo grande per me", devo essermi detta, e io ho sempre temuto i cambiamenti. (Zoe Rondini - "Nata Viva" - incipit; prima edizione 2011).

Buona lettura



RF
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Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 09/07/2015 :  18:13:53  Show Profile
Carissime compagne di lettura e discussione, ho riletto la storia dei nostri interventi e mi sono accorto che Eloise ha indicato una svolta da dare a questa discussione:
"come lettrice mi aspetto, se questo è effettivamente il desiderio della scrittrice, che questo materiale possa essere raccolto e "trasformato", distillato e potenziato in un prossimo testo, di levatura maggiore."

Nell'ultima mia nota inserita ho parlato di "Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci. Trovo che la Fallaci rappresenti un modello autorale ideale per Zoe; anche lei infatti è un'autrice giornalista come mi pare sembra avviata ad essere Zoe.

La forma epistolare che la Fallaci ha usato per raccontare una "non nascita" potrebbe essere presa quale forma per descrivere una "nascita". Il punto di vista di chi scrive potrebbe essere quello del feto nella pancia che si appresta a nascere e racconta gli episodi (che da memorie si trasformeranno in visioni); ma in questo voluto evento della nascita è ostacolata da un antagonista che la costringerà a quei cinque minuti di attesa. La fine dell'agone si risolverà in una "nascita" energica e prorompente nel suo cammino esistenziale.

L'antagonista potrebbe essere la madre stessa, mediatrice e modello di Zoe che immersa e persa in un conflitto coniugale con il padre, (che poi fuggirà) si dimentica della meraviglia che sta per compiersi nel suo corpo femminile: la maternità.

Ho dato un'idea, una traccia; ma potrebbero prese altre strade e diversi punti di vista per esempio quello della mamma di Zoe, o della nonna, o del nonno; penso al Decamerone di Boccaccio, o al modo di narrare a monologhi di Sandor Marai; ecco il link della mia recenzione "l'arte del monologo": http://www.letteratour.it/recensioni/D01_marai_le_braci.asp .

A scrivere la lettera dovrebbe essere sempre Zoe che userà tecniche narrative per esprimere i diversi punti di vista. Potrà diventare un romanzo di formazione come quello che Matteo ha preso a base della sua lettura comparativa: "Pinocchio"; una successione di episodi-visioni che tracciano la formazione di Zoe Rondini,"Nata Viva".

Vi piace l'idea?

RF
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eloise
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603 Posts

Posted - 09/07/2015 :  18:40:30  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Mi sembra molto bello il tuo suggerimento. In effetti come ho detto più volte il testo ha molto materiale che con gli studi e la ricerca formale può arricchirsi molto e dare corpo a un testo pieno, completo. Potrebbe essere interessante il tuo ultimo suggerimento, che tra l'altro mi fa sovvenire un vecchio ricordo (Placenta) che lega te a Letteratour e legherebbe anche - diciamolo - Zoe a tuo figlio :)

Giornalismo o letteratura? Entrambe possono incontrarsi ma una scelta va fatta. Zoe dimostra interesse per entrambe, una forse si è "imposta" a lei come esperienza liberatoria di una condizione rifiutata; l'altra si "impone" come volontà quotidiana di essere testimone di una scelta matura.
Ma se Zoe vuole partecipare a questa discussione per dirci qual è la strada che sente di seguire, quali le sue sensazioni leggendo le nostre riflessioni e critiche, quali i suoi progetti per il futuro, credo che potrebbe essere bello per tutti quanti.

Eloise
www.letteratour.it
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ombra
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296 Posts

Posted - 10/07/2015 :  10:30:41  Show Profile  Visit ombra's Homepage
Molto bello il tuo suggerimento Rosario e mi piace anche l'accostarla ad Oriana Fallaci. Credo che sia un ottimo esempio per Zoe, per comprendere la strada da percorrere.
Giustissimo il messaggio che hai scovato: "la scrittura vi farà liberi". E' azzeccatissimo e mi chiude il cerchio.
Concordo con Eloise, sarebbe interessante avere Zoe nella nostra discussione.

a presto

Marta

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Rosario
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Italy
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Posted - 11/07/2015 :  11:18:03  Show Profile
Bene, ho letto or ora i vostri commenti e ho recepito una comune volontà di procedere.

Mi farò vivo dopo aver riletto, con la dovuta calma e attenzione, le vostre risposte.

ps: cara Eloise anch'io ho pensato a vincolo solidale che mi ha fatto conoscere a letteratour. Avevo giusto estrapolato l'incipit del racconto che ha dato il titolo al libro. eccolo:

Da Placenta di Matteo Frasca:

Allargava la placenta (racconto fantastico) - incipit

Una leggenda narra di una mamma che non voleva partorire. Non voleva abortire. Voleva tenersi il bambino dentro, ecco tutto.
E così avvenne, il bambino non nacque.
"Se non è nato, non potrà mai morire" pensò la mamma. "In questo modo anch'io non morirò e vivremo sempre insieme".
A circa un anno di età il figlio non nasceva e sembrava starsene bene lì, da non nato. Non aveva mai pianto come un neonato, aveva sempre riso della sua non nascita, condividendo in pieno le intenzioni della mamma. La madre si contorceva dal ridere: "Le abbiamo fregate figlio mio, abbiamo fregato la vita e la morte!".

(Matteo Frasca - Placenta - diciotto racconti per piccoli e Grandi - I edizione febbraio 2007)

Come hai fatto notare, le tematiche in gioco e comuni con Nata Viva sono, (o possono essere) tante; riflettiamoci e aggiorniamoci per chiarirle e chiarirci.

RF
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Rosario
Senior Member

Italy
418 Posts

Posted - 11/07/2015 :  23:27:26  Show Profile
"Scrivere mi aiuta a dare importanza a quello che sfugge ma che continuamente è sotto i nostri occhi. La parola analizza, ferma il mondo e lo re-inventa. Il mio sogno è riuscire a parlare un giorno, grazie alla scrittura, come i piccoli cantastorie, come leggeri ma epici narratori di infinite novelle svelanti noi stessi.»"
Matteo Frasca

Parole rubate dalla quarta di copertina di Placenta. A leggerle sembra proprio che Matteo aveva già in sè gli insegnamenti di Renè Girard.

Possiamo proprio dire che già in Placenta c'è la vita di Zoe Rondini Nata Viva... due testi che si incontrano al di là del tempo e del luogo. Ma solo una donna può sperimentare e conoscere questo sentire la vita "dentro". Come avrà fatto Matteo a immaginarlo con tanta chiarezza, Dio solo lo sa.

Si, sono convinto che c'è sempre un unicum sotteso su diversi testi letterari distanti fra loro nel tempo e nello spazio (ecco perchè mi piace Girard).

Tempo fa quando Matteo stava collaborando con Zoe alla stesura di Nata Viva, gli ho fatto presente questo unicum tra il suo Placenta e il libro di Zoe. Dopo qualche tempo si sono aggiunti altri testi sullo stesso tema; ultimo quello di Oriana Fallaci; che in realtà, cronologicamente li ha preceduti; e si potrebbe andare avanti all'infinito.

Inserisco il link di un abbozzo comparativo di questi testi che mi girano attorno:

https://www.evernote.com/l/AOzo903Y_j9PfYRuV-IvqhwoElDm5ZYE2JY


RF
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Rosario
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Italy
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Posted - 13/07/2015 :  11:29:59  Show Profile
La scelta di Zoe
Ho inviato a Zoe un copia incolla dei vostri ultimi interventi; Zoe ha ringraziato e mi ha chiesto di inserire la sua risposta nella nostra discussione; eccola:

"A mio avviso Nata viva è un romanzo di formazione a tutti gli effetti; è rapsodico e scritto in età diverse. Per queste sue caratteristiche alcune pagine hanno tratti giornalistici, anche influenzati degli studi universitari dell'autrice. Ma la scelta tra autrice o giornalista è senz'altro la prima.

Nei libri cerco di seguire il difficile percorso dell'autrice; invece nel mio portale www.piccologenio.it prevale l'anima più sintetica, analitica e didascalica, tipica del mestiere del giornalismo.

Ringrazio tutti voi per avermi stimolata a riflettere e ad unirmi ad un interessante riflessione.

Per il futuro spero di finire presto il mio II libro, si tratterà di un saggio non di un romanzo. Vedremo dove mi porterà questa nuova avventura!

Ancora grazie a tutti voi ed aspetto nuove interessanti domande qual'ora ce ne fossero!"

Dunque Zoe aspetta altre domande. Personalmente penso che sarebbe utile stilare una lista di domande da presentare a Zoe; le sue risposte potranno essere finalizzate a ideare, pianificare, strutturare e rafforzare la nuova edizione.

Leggendo un articolo di Zoe potrebbero venire idee sulle domande da proporle; inserisco di seguito le frasi tratte dall'articolo e che personalmente ritengo significative ai fini dell'intervista a Zoe:

1. Sull'amore : Con l’aiuto dell’inseparabile amico Stefano, Francesco troverà comunque la strada per vivere serenamente la sua prima volta, con l’intraprendenza che appartiene alla sua età e superando gli ostacoli, le paure e le insicurezze causate dalla sua menomazione.

2. Sull'autenticità: bello essere indipendente, avere rapporti “sani” e autentici con le persone, non farsi influenzare dagli altri che dipendono da lui e che tra l’altro sono pagate…

3. Sui conflitti familiari: interessante la parte del film in cui lui se la prende con madre per avergli organizzato un incontro di sesso a pagamento, rapporto che si è consumato in fretta modo squallido, tutto il contrario del rapporto amoroso finale, con Sofia, compagna d’università.

4. Sulla maternità: Autentico il rapporto tra la madre e quest’unico figlio maschio, sua appendice, parte di lei, parte non normale perché senza braccia. Lo psicologo della madre le chiede: “suo figlio ha un handicap, perché fargli pesare il fatto che lei non ha più una vita sessuale?” La domanda del dottore rende veritiere certe assurde dinamiche…

5. Sulla narrazione: Il narrarsi garbatamente e con discrezione lascia il segno.

6. Sui luoghi: l’incanto dell’ambientazione in Puglia e le bellissime musiche aggiungono poesia e bellezza alla storia.

7. Sul metodo (di ricerca): la regista ammette di aver costruito un’unica storia partendo dalle interviste a persone disabili su temi quali l’amore, la sessualità e l’amicizia.

8. Sull'identità di genere (femminile): Ho visto diversi film che trattano “amore, sessualità e disabilità” i protagonisti erano tutti maschi, sarebbe interessante veder narrata la questione con la sensibilità e le difficolta di un ruolo femminile.

9. Sul sesso "terapeutico": riflettere anche sulla figura dell’assistente sessuale: forse il suo ruolo limitato di terapista del sesso non assolverà tutti i bisogni fisici e sentimentali dei suoi assistiti.

10. Sulle difficoltà identitarie quando si ha un handicap: È difficile crearsi una propria indipendenza se si ha un’handicap, riconoscersi come adulti e farsi trattare e rispettare come tali dagli altri e dalla società.

11. Sui limiti, il rispetto, l'autonomia e le crisi esistenziali: La disabilità non è fonte di rispetto, comporta una limitazione dell’autonomia, dipendenza, difficoltà nella gestione di sé e della propria vita e così via…

12. di certo non aiuta e non facilita la presa di coscienza del proprio io,
13. delle capacità, del costruire rapporti sani, non legati al denaro (cosa esplicita molto bene in questo film) o ai tanti momenti del bisogno.

14. La tata (la mamma a ore) e il suo ruolo: Positiva è anche la figura della tata, lavora con Francesco e la madre ad ore, ha un ruolo ben definito, non si sostituisce alla vera mamma, di conseguenza può permettersi di viziare il ragazzo senza essere invidiata e additata, neanche il ragazzo rischiava stupidi atteggiamenti per il rapporto con la tata, la madre, gli amici l’Altro.

15. Sugli studi universitari, l'amicizia e il senso della vita: Ammirabile il desiderio di Francesco di finire l’università per vivere con il migliore amico. Chissà come può essere il seguito della storia… Francesco è reduce da una delusione d’amore come me… e ammette “un altro rifiuto non riuscirei a sopportarlo”, ma con il migliore amico e la ragazza di quest’ultimo è riuscito ad andare avanti.

16. La normalità, la stima e l'autostima: la vita di Francesco era quella di uno studente brillante, ma normale, non segnata dall’urgenza di risolvere problemi ed impellenze quotidiane, dover fare o dimostrare chissà cosa… diversamente la stima degli altri, l’autostima, l’indipendenza, la libertà, la mobilità… sarebbero finite chissà dove.

17. Ruolo, mobilità e autonomia: Belli gli anni d’università quando avevo un ruolo, la patente e pensavo che la laurea servisse a trovare un posto di lavoro, c’era anche chi mi aiutava, forse troppo… a mantenere rapporti con diverse persone.

18. ...anche sulla vita sessuale e l'amore (canta e ambula): Comunque con gli aiuti, guidavo, studiavo, sapevo come passare le giornate, avevo un mio ruolo di persona che vive da sola, esce, studia, ho avuto delle storie sentimentali, ero più capace di infischiarmene di chi si svegliava con la luna storta ed anche di chi non approvava le mie scelte amorose e sessuali…!

19. sarebbe bello (un papà):
a. pedagogo che ti accompagna nelle scelte (D.S.): avere ancora qualcuno che ti istradi nel mondo del lavoro anche a costo di farti capire, col suo esempio, cosa vuol dire guadagnarsi il pane,
b. compiti: avere degli incarichi sia familiari, sia lavorativi da assolvere…
c. responsabilità: avere scadenze, rendere conto ai capi perché altrimenti c’è chi è più bravo di te e ti può sostituire.
d. Tutor: contare su una persona che ti introduca nel complicato mondo del lavoro, anche mettendoti davanti alla fatica e l’impegno che ora sono del padre e poi un giorno saranno del figlio in chissà quale ambito… magari molto diverso da quello del suo modello di riferimento, il papà appunto…!


ecco il link con l'articolo completo e semplificato (ovvero di più facile lettura)

www.evernote.com/l/AOzTKJgKU95CmplI0lYfJKtjjRMdZtUM-Xs" target="_blank">https://www.evernote.com/l/AOzTKJgKU95CmplI0lYfJKtjjRMdZtUM-Xs

RF

Ho inserito, (in seconda battuta), a capo di ogni frase di Zoe, gli argomenti correlati al contenuto; potrebbero essercene altri che io non vedo ma che voi, per vicinanza di genere e diversità formativa, potreste aver colto. Mi piacerebbe avere qualche risposta al riguardo, per poter procedere alla lista delle domande da proporre a Zoe valutando insieme che siano adeguate sia nel contenuto sia nel numero.
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Rosario
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Posted - 18/07/2015 :  02:10:07  Show Profile
A questo punto credo sia opportuno ritornare a porre l'attenzione sul rapporto tra ciò che è scritto in Nata Viva e la verità di Zoe Rondini. A questo riguardo riporto la frase che ho premesso ad una mia recenzione su un'altro spettacolo teatrale (Donne Fatali) che su Letteratour è titolato "La vocazione di Eva".

"Di tutte le cose importanti che possono succedere nella vita, la più importante, quella che illumina e spiega tutte le altre è, senza dubbio, la vocazione, cioè la scoperta del senso della nostra vita, dell'oggetto della nostra esistenza". (Federico Suàrez - Maria di Nazaret)

L'ho riportata perchè mi sembra coerente con il romanzo di formazione di Zoe, "Nata Viva". Per me è evidente che, dopo la nascita rocambolesca di Zoe, il tema della vocazione è continuamente affrontato nel cercare la propria identità via via sempre più consapevole della propria diversità.

Noi abbiamo parlato di diversità di genere (femmina-maschio)offuscata dalla diversità fisico-motoria del corpo rispetto ad una presupposta "normalità" degli altri; (una normalità tutta da verificare nei suoi aspetti pedagogici e antropologici).

Un'altra diversità è stata evidenziata da Eloise quella letteraria ovvero il modo di scrivere di Zoe che spazia dal romanzo al giornalismo. Zoe ha chiarito che la sua scelta è per il profilo d'autrice di romanzi; ma subito dopo ci ha comunicato che il suo prossimo libro non sarà un romanzo ma un saggio.

Naturalmente scrivere un saggio o un romanzo è diverso, anche se è nelle possibilità di una stessa penna; il problema è per noi che dobbiamo stare sempre attenti a non scambiare e/o confondere i due diversi ambiti di approfondimento e riflessione.

Forse potrà essere utile un approfondimento e che Zoe chiarisca con più forza la sua scelta romanziera e/o giornalistica e/o accademica; fermo restando che stiamo discutendo il suo romanzo e non i suoi articoli.



RF
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Rosario
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Posted - 18/07/2015 :  21:52:12  Show Profile
le tre età della donna Gustav klimt
https://youtu.be/nSipcBRei8g
se il filmato è troppo inserisco solo l'immagine
https://www.evernote.com/l/AOyGSqeOfg5NSaIgmJx9MN6F93MmlWxEMqo
forse Zoe conosce questo capolavoro di Klimt.

I tre personaggi che corrispondono alle tre età della donna sono:
Zoe, il cucciolo di donna
la mamma, che tiene tra le braccia la sua cucciola
la nonna. che staccata dall'abbraccio sta china su se stessa e forse piange.

E' proprio nel rapporto tra questi tre personaggi che si caratterizza il tema di fondo di Nata Viva, che dà significato e senso al romanzo.

"Sono note le varie risorse che offre l’analisi letteraria: prestare attenzione alle parole che si ripetono o che si distinguono, riconoscere la struttura e il dinamismo proprio di un testo, considerare il posto che occupano i personaggi, ecc. Ma l’obiettivo non è quello di capire tutti i piccoli dettagli di un testo, la cosa più importante è scoprire qual è il messaggio principale, quello che conferisce struttura e unità al testo."
...
"La riflessione sui testi che leggiamo non dovrebbe oscurare o indebolire il loro significato esortativo al cambiamento, ma piuttosto aiutare a farli propri per attuarli nella vita con coraggio e fervore affinché il testo diventi "vivente" nel nostro essere, linfa della nostra esistenza. Perché complicare ciò che è semplice? Gli apparati concettuali, che ricaviamo dalla riflessione, esistono per favorire il contatto con la realtà che si vuole spiegare e non per allontanarci da essa." (E.G. - Franciscus)

Sono due brani quasi consecutivi di Evangelii Gaudium - che riflettono il concetto di letteratura pedagogica di Papa Francesco. Una concezione della "parola vivente" propria della formazione evangelica cristiana e in particolar modo gesuitica. Leggere ci cambia, volenti o nolenti la parola è per se stessa "vivente" perché rimanda sempre al mistero dell'origine della vita e del nostro esistere.

Scoprire il messaggio principale in un testo, vuol dire penetrare il significato e il senso di quel che leggiamo; non studiare per sapere ma leggere e ri-leggere (re-ligio) per vivere; per fare esperienza diretta di ciò che leggiamo; questo produce il nostro cambiamento, la nostra crescita umana nella storia.

Per Zoe incrociare lo sguardo della nonna è stato il guizzo che l'ha inchiodata alla vita; questa nonna onnipresente che l'ha adottata fin da quel suo primo viaggio nei corridoi del Policlinico. La mamma osserva questa relazione trans-generazionale e la custodisce nel suo cuore…. con tutte le conseguenze dell'amore.


RF
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Rosario
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Posted - 19/07/2015 :  15:24:52  Show Profile
sullo scrivere e sul nascere mi sono ricordato di un autore che tanto mi è piaciuto leggere qualche anno fa: George Perec. Ecco una nota raccolta di frasi significative.

George Perec - Sono Nato

(contenuto)
"So, grosso modo, come sono diventato scrittore. Non so esattamente perchè. Avevo davvero bisogno, per esistere, di allineare parole e frasi? Mi bastava, per essere, essere l'autore di alcuni libri?

Aspettavo, per essere, che gli altri mi designassero, m'identificassero, mi riconoscessero. Ma perchè attraverso la scrittura? Per molto tempo ho voluto essere pittore, per le stesse ragioni suppongo, ma sono diventato scrittore. Perchè proprio la scrittura?

Avevo dunque qualcosa di tanto particolare da "dire"? Ma cosa ho detto? Cosa si dovrebbe dire? Dire che si è? Dire che si scrive? Dire che si è scrittore? Bisogno di comunicare cosa? Bisogno di comunicare che si ha bisogno di comunicare? Che si sta comunicando? La scrittura dice la propria presenza, e nient'altro, e rieccoci in quel palazzo di specchi in cui le parole si riflettono l'una nell'altra, si ripercuotono all'infinito senza mai incontrare altro che la loro ombra".

Georges Perec (1936-1982) è autore tra l'altro di "Le cose" (premio Renaudot, 1956) e "La vita: istruzioni per l'uso" (premio Médicis, 1978).

(scrittura)
Non so cosa mi aspettassi dalla scrittura quando, quindici anni fa, ho cominciato a scrivere. Ma mi sembra di cominciare a capire, al tempo stesso, l'attrazione che la scrittura esercita - e continua a esercitare - su di me, e la frattura che tale attrazione svela e racchiude.

La scrittura mi protegge. Vado avanti facendomi scudo delle mie parole, delle mie frasi, dei miei paragrafi abilmente concatenati, dei miei capitoli astutamente programmati. Non manco d'ingegnosità.

Sono nato in Francia, sono francese, ho un nome francese, Georges, un cognome francese o quasi: Perec. La differenza è irrilevante: non c’è accento acuto sulla prima e del mio cognome, perché Perec è la grafia polacca di Peretz. Se fossi nato in Polonia, mi sarei chiamato, mettiamo, Mordechai Perec, e tutti avrebbero saputo che ero ebreo. Ma non sono nato in Polonia, per mia fortuna, e ho un nome quasi bretone, che tutti scrivono Pérec o Perrec: il mio cognome non si scrive esattamente come si pronuncia.
A questa contraddizione insignificante si associa il sentimento tenue, ma insistente, insidioso, ineluttabile, di essere in un certo modo straniero rispetto a qualcosa di me stesso, di essere «diverso», ma non tanto diverso dagli «altri» quanto diverso dai «miei»; non parlo la lingua che parlavano i miei genitori, non condivido nessuno dei ricordi che essi poterono avere. Qualcosa che era loro, che faceva di loro quel che erano, la loro storia, la loro cultura, la loro speranza, quel qualcosa non mi è stato tramandato.

[Georges Perec, Sono nato, traduzione di Roberta Delbono, Torino, Bollati Boringhieri 1992, pp. 83-84]


È appena uscita, per Bollati Boringhieri, la ristampa di uno stranissimo libro dello scrittore francese Georges Perec. Si intitola Mi ricordo, è uscito, in origine, nel 1978 ed è composto da 480 frasi che cominciano tutte con «Mi ricordo». Per esempio: «Mi ricordo: “Grégoire e Amédée presentano Grégoire e Amédée in Grégoire e Amédeé”»; «Mi ricordo che Alain Delon faceva il commesso salumaio (o il garzone di macellaio?) a Montrouge»; «Mi ricordo che Jean Gabin, prima della guerra, doveva, per contratto, morire alla fine di ogni film»; «Mi ricordo che Kruscev ha sbattuto una scarpa sulla tribuna dell’O.N.U.»; «Mi ricordo che la mia prima bicicletta aveva le gomme piene»; «Mi ricordo che Fidel Castro era avvocato»; «Mi ricordo la sorpresa provata scoprendo che “cow-boy” vuol dire “vaccaro”»; «Mi ricordo che a Stendhal piacevano gli spinaci»; «Mi ricordo che una delle prime decisioni prese da de Gaulle, una volta giunto al potere, fu di eliminare la cintura dalle uniformi»; «Mi ricordo la fatica per capire che cosa volesse dire l’espressione “senza soluzione di continuità”».
Alla fine del libro ci sono alcune pagine bianche che, su richiesta dell’autore, l’editore ha lasciato per il lettore che volesse annotare i «Mi ricordo» suscitati dalla lettura dal libro di Perec.

Accostamenti? Comparazioni? Si penso proprio che ci sono tanti spunti per la nostra riflessione sul nascere e sullo scrivere.



RF
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Rosario
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Posted - 19/07/2015 :  17:59:15  Show Profile
La colpa - Sensi di colpa famigliari

Sentirsi in colpa perché non faceva "niente di utile".

Ecco ciò che scrive l'autrice Zoe Rondini nel suo sito (piccologenio.it):

La nascita di un figlio disabile può portare a molte reazioni positive e negative: c’è chi riesce ad aiutare il bambino garantendo il suo diritto a crescere andando in contro alle sue potenzialità e realizzazione.

C’è chi invece non supera mai lo "shok" di aver dato alla luce il figlio diverso, così facendo, oltre al perenne senso di colpa, inadeguatezza e frustrazione dei genitore (meccanismi difficili da contrastare per mancanza di volontà, aiuti da medici, istituzioni e società) si generano due sensi di colpa nel figlio disabile; il primo riguarda l’essere diverso e per quanti sforzi si facciano per migliorarsi non si potrà mai raggiungere la chimera della ”normalità”.

Il secondo è l’essere costantemente colpevole di aver procurato un dolore ed un rifiuto ad alcuni membri della famiglia che non vogliono o non ce la fanno a superare la cosa. Il fardello, sia per un disabile, sia per la famiglia, se non si supera diventa via via più pesante e difficile da tollerare.

Questi meccanismi annientano la persona, fino a farle pensare che c’è poco di bello intorno a lei ma soprattutto in lei. Ecco che ciò condiziona la visione di sé ed i rapporti che si stabiliscono o non vengono appunto stabiliti con altri: fidanzati, mariti compagni di scuola, colleghi e soprattutto ci possono essere grosse lacune nel campo dell’amicizia.

C’è un elemento che può riequilibrare gli scompensi? Sì, spesso sono i fratelli e i saggi nonni ha colmare le lagune ed ad usare il cervello quando tutti sembrano averlo perso a causa di un dolore che sembra non possa essere sconfitto. Essi possono anche aiutare il disabile lì dove non arrivano da soli, aiutarlo ad essere felice, curare i passatempi, stimolare la sua intelligenza e sensibilità, sentirsi utili per la famiglia e la società. Mettendo in primo piano le famose "capacità residue" che non sempre vengono riconosciute e stimolate.
Il mio approfondimento

Il sentimento di Zoe e il punto di vista dell'autore

Considerato ciò che Zoe ha scritto nel suo articolo in riferimento ai sensi di colpa mi è venuto in mente di approfondire l'argomento sui diversi punti di vista familiari con i quali è stata accolta Zoe alla sua nascita.

Rispondendo ad una domanda di Eloise in una precedente discussione (mi pare fosse Opinioni di un clown)
e considerato che anche un romanzo autobiografico è scritto da un unico autore, Nata Viva non sfugge alla limitazione di un unico punto di vista, più o meno abilmente differenziato nella caratterizzazione dei diversi personaggi del romanzo.

Riporto la nota così come l'ho costruita senza "addomesticamenti" posteriori.

"Il punto di vista dell'autore".

La domanda di Eloise sul "vero" punto di vista dell'autore rimanda alla questione della "verità nel testo" di cui già abbiamo discusso fin dalla lettura del romanzo di Queneau.

Qual è il vero punto di vista dell'autore?

E' chiaro che dietro ogni personaggio del romanzo c'è l'autore, lui l'ha scritto, lui ha inventato i personaggi; li ha plasmati secondo gli umori del momento; ne ha delineato i caratteri; ecc. Insomma è certo che l'autore trasferisce nei personaggi quello che gli pare; c'è poco da fare: se li sona e se li canta e forse qualche volta, quando rilegge la sua opera, se li sente pure. Vale a dire che il confine tra il punto di vista del personaggio e il punto di vista dell'autore è surrettizio; cioè delineato da chi legge solo a fini analitici; in altre parole il confine non c'è perché la ricerca del "vero" punto di vista dell'autore è estranea all'economia della narrazione anche se interagisce con la caratterizzazione dei personaggi. Per il lettore, stabilire il confine, differenziare cioè il punto di vista dell'autore dai punti di vista dei personaggi, è una faticosa ricerca che, pur partendo dal romanzo, si dipana tra le maglie sociali e spirituali dell'ambiente storico, geografico e temporale in cui si situa e si sviluppa il romanzo e l'autore; insomma la ricerca dei diversi punti di vista è un'analisi letteraria di quelle potenti che non possono prescindere la storia e la biografia dell'autore: ufficiale, ufficiosa e certificata.

L'autore è veramente un asettico osservatore?

sicuramente il "lirismo" che pervade il romanzo, quindi il punto di vista autobiografico, in prima persona eccetera eccetera non aiuta a delineare il confine tra punto di vista del personaggio e punto di vista dell'autore. Ma in questo altrettanto sicuramente ci aiuta la citazione iniziale di San Paolo:
"Coloro ai quali non e` stato annunciato nulla di Lui, lo vedranno, e coloro che non ne hanno udito parlare, lo intenderanno. (Rm 15,21)

Ciò che ci può aiutare in questa ricerca del "vero" punto di vista dell'autore è, in altri termini, l'analisi letteraria fondata sul "realismo ermeneutico" (per intenderci un realismo fondato sul "desiderio mimetico" di Renè Girard); e, quando si parla di desiderio, non può non entrare in gioco la citazione iniziale ripresa dalla lettera ai romani di San Paolo. Si tratta però di un tipo di analisi che in realtà abbiamo introdotto e discusso già dalla lettura di Zazie nel metrò di Queneau (che insegnava geometria al novello premio nobel per la letteratura e non citava San Paolo, manco da lontano).

"Il ribaltamento dell'analisi tradizionale, dalla singolarità e unicità degli autori e delle opere, al fatto di avere qualcosa in comune, rivoluziona gli esiti critici; si va dalla singolarità dell'opera, al comune denominatore di tutte le opere ovvero alla valenza universale del contenuto di ogni opera. Tutte le opere, in qualsiasi tempo e in qualsiasi luogo rispondono alla logica del desiderio mimetico". (Marco Porta ).

Per chi vuole approfondire la lettura riporto il link della nota completa che comprende la relazione integrale
di Marco Porta sul "realismo ermeneutico" di Renè Girard.

https://www.evernote.com/l/AOxBL-dSjLVCK6IxjAx3wWeo9FYdYilChBo


RF
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eloise
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Posted - 20/07/2015 :  11:00:19  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Rosario, tutti spunti davvero notevoli! purtroppo non riesco a starti dietro!!! vuoi (e soprattutto) per il tempo (scarso) a disposizione, vuoi anche perché Nata viva, che sicuramente in germe contiene una miriade di potenzialità, che infatti stai tutte dimostrando, come testo letterario è (ancora) allo stadio larvale e i tuoi spunti, seppure costituiscano una rete critica solidissima per fargli da appoggio, sono secondo me precoci rispetto al testo.
Tra tutte le tue osservazioni, queste sono comunque quelle che mi intrigano di più:
- il riferimento a San Giovanni e alla salvezza dell'individuo attraverso la scrittura. Eterno tema che ricorre fin dall'epoca in cui l'uomo ha affermato la propria ragion d'essere come individuo distaccato da Dio. In campo narrativo, abbiamo Rousseau in cui l'uomo si pone il problema dell'educazione. Abbiamo, ancora prima e in modo ancora più potente, quella che è forse la prima "analisi del sé" letteraria: la troviamo negli scritti di Montaigne;
- il riferimento al legame e ai rapporti generazionali Zoe-mamma-nonna. Specchio dell'esperienza individuale di Zoe ma anche specchio dell'esperienza familiare di molti, racconta a tratti lievi quello che in altri contesti e in altre realtà talvolta si trova in modo eccessivo: l'incapacità di vivere pienamente la propria storia da parte di tutta una generazione, quella che nel racconto è rappresentata dalla madre. Figlia di una generazione precedente cresciuta più forte, anche a costo di un passato recente tormentato e difficile (la guerra, le incertezze del dopo-guerra, ma poi anche il "boom" degli anni 50), la generazione della madre rappresenta a tratti quella di una generazione eterna-figlia, quindi incapace di essere a sua volta riferimento e punto di appoggio della generazione successiva. Un ciclo, forse, che costituisce una costante anziché una variante: forse tutte le generazioni devono diventare nonne prima di riuscire a diventare delle solide radici per una famiglia. Per questo è importante, per tutta la nostra società, valorizzare e recuperare il ruolo dei nonni, colonna portante della famiglia in un paese come l'Italia che ancora molto sulla famiglia si basa. E anche di questo il racconto di Zoe si fa testimone;
- il tema del narratore. Dal mio punto di vista, qui è evidente che il punto di vista del narratore si sposa completamente con quello del protagonista. Se da una parte questo fa perdere un certo valore "tecnico" al testo, d'altra parte così è capace di rappresentare più ingenuamente il puro grido di liberazione di Zoe, una voce che grazie alla scrittura non si è persa nel deserto.



Eloise
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Rosario
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Posted - 21/07/2015 :  13:35:42  Show Profile
"come testo letterario è (ancora) allo stadio larvale e i tuoi spunti, seppure costituiscano una rete critica solidissima per fargli da appoggio, sono secondo me precoci rispetto al testo."

Eloise, credo proprio che sulla precocità dei miei spunti hai ragione… forse la spiegazione è che il testo l'ho conosciuto ancor prima che venisse pubblicato e tutte le elucubrazioni che sono scaturite, sono dovute proprio alle possibili e impossibili comparazioni cui il testo, seppur in stato larvale, si presta.

Proprio ieri, rileggendo "Sono Nato di George Perec", ho trovato tantissime assonanze e dissonanze con "Nata Viva di Zoe"; una di queste tocca l'argomento della scrittura che tu hai citato di sfuggita in chiusura:

"Se da una parte questo fa perdere un certo valore "tecnico" al testo, d'altra parte così è capace di rappresentare più ingenuamente il puro grido di liberazione di Zoe, una voce che grazie alla scrittura non si è persa nel deserto."

Solo per una semplice lettura di alleggerimento, riporto una parte del testo di Perec che mi ha particolarmente impressionato:

"So, grosso modo, come sono diventato scrittore. Non so esattamente perchè. Avevo davvero bisogno, per esistere, di allineare parole e frasi? Mi bastava, per essere, essere l'autore di alcuni libri?
...
Non so cosa mi aspettassi dalla scrittura quando, quindici anni fa, ho cominciato a scrivere. Ma mi sembra di cominciare a capire, al tempo stesso, l'attrazione che la scrittura esercita - e continua a esercitare - su di me, e la frattura che tale attrazione svela e racchiude.

La scrittura mi protegge. Vado avanti facendomi scudo delle mie parole, delle mie frasi, dei miei paragrafi abilmente concatenati, dei miei capitoli astutamente programmati. Non manco d'ingegnosità.

Ho ancora bisogno di essere protetto? E se lo scudo diventasse giogo?

Eppure bisognerà che un giorno cominci a servirmi delle parole per smascherare il reale, per smascherare la mia realtà."

"Smascherare la realtà" sembra un rimando a Renè Girard; comunque il realismo di George Perec è confermato dall'autore in alcune risposte dell'intervista contenuta nello stesso libro Sono Nato.

"Sono Nato" e "Nata Viva" sono quindi entrambi "testi di formazione" autobiografici: uno concettuale l'altro più narrativo e personale.

I romanzi di formazione sono testi realistici, anche se mascherati e romanzati dagli autori stessi.

Nata Viva è un romanzo di formazione intriso di quel (nuovo)realismo che Renè Girard ci aiuta a decodificare nella lettura di qualsiasi testo letterario.

Ecco tutto (come scrive il narratore Matteo in "Allargava la Placenta".
RF
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eloise
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Posted - 22/07/2015 :  20:24:57  Show Profile  Visit eloise's Homepage
quote:

il testo l'ho conosciuto ancor prima che venisse pubblicato e tutte le elucubrazioni che sono scaturite, sono dovute proprio alle possibili e impossibili comparazioni cui il testo, seppur in stato larvale, si presta



Hai sicuramente ragione, Rosario. Si vede e si sente che questo testo te lo sei visto nascere e crescere sotto mano, e ti ha dato tanti spunti per arricchirlo e rivestirlo, in un certo senso, di riflessioni e comparazioni che la tua cultura e sensibilità letteraria (e non solo) hanno permesso. Questo è ovviamente un meritato complimento per te, ma anche per il testo, e quindi per Zoe. Nata viva è la storia di una creatura che è rimasta sospesa nel limbo per un attimo, tra l'incoscienza della vita e della morte, e che poi passati quegli effimeri ma fondamentali secondi di attesa... è precipitata nel flusso vitale che ci travolge tutti. E la scrittura rappresenta una seconda creatura, un secondo nascere da un limbo sospeso, quello dell'incapacità a dare voce alla propria esistenza. Doppia metafora di una condizione esistenziale. Tutte le tue osservazioni critiche che avvolgono questo testo sono come linfa vitale anch'esse, per questa scrittura, e perciò aggiunge ad esso un terzo livello di soffio vitale.
Si comincia quindi con l'essere in sé. La domanda di questo primo stadio è: vivo oppure no? E la vita prevale. La domanda del secondo stadio è: affermo la mia vita oppure no? E prevale, con la forza della scrittura, l'affermazione. La domanda a questo terzo livello riguarda infine la metadiegesi con la confermazione dei primi due livelli grazie alla critica narrativa.
Ecco, ci sono testi "maturi" in cui la metadiegesi si intreccia sapientemente alla diegesi. Qui questo elemento ancora carente è stato affrontato da Rosario, con i numerosi interventi che hanno dato corpo contestuale al testo e l'hanno portato ad essere ben incastonato nell'immensa rete ipertestuale della comparazione letteraria.

Grazie!!

Eloise
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