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 Daniele Del Giudice, Nel museo di Reims
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eloise
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Posted - 23/09/2020 :  14:48:47  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Adoro Tournier!!!!!! (piccolo off-topic ma non potevo farne a meno)

Salto di pala in frasca e introduco un altro tema: la fiducia nell'altro. Una cosa che amo di questo romanzo breve è anche il rapporto che si instaura tra i due.. Anne riesce a far tornare a Barnaba la fiducia nell'altro e in se stesso, e questo nonostante l'uso della menzogna. E' vero, come ha detto l'autore e ha riportato Rosario, che questa è una bellissima storia d'amore tra due persone in qualche modo affini.

Il tema della fiducia e della menzogna si applica anche all'altra grande "menzogna": la finzione letteraria. Tra il lettore e l'autore affinché si compia il miracolo della comunicazione si deve stabilire un legame di fiducia altrettanto stretto. Ma se, come dice saggiamente Anne, anche per mentire la condizione migliore è a metà, forse si capiscono anche gli intermezzi autoriali tra le parti in prima persona, come a dire: c'è lui, il mio personaggio, che è lì, parla, è autonomo, ma ci sono pure io, narratore esterno. E tra me e lui si dipana un filo comunicativo che deve arrivare al lettore, tramite la sua fiducia (il suo entrare nella storia).

Eloise
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Edited by - eloise on 23/09/2020 15:02:46
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Rosario
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Posted - 26/09/2020 :  14:45:44  Show Profile
Il nuovo tema lanciato da Eloise: "la fiducia nell'altro",

"Il tema della fiducia e della menzogna si applica anche all'altra grande "menzogna": la finzione letteraria. Tra il lettore e l'autore affinché si compia il miracolo della comunicazione si deve stabilire un legame di fiducia altrettanto stretto."

Ma noi lettori come possiamo avere fiducia nell'autore se sappiamo che ciò che scrive è una finzione?

Tutto questo mi ha smosso un ricordo di molto tempo fa.

Che cos'è la letteratura?

Spesso me lo sono domandato; e non solo io! Anche J. P. Sartre se lo domandò qualche tempo fa e ancora qualcuno se lo domanda. Chissà? anche Del Giudice... forse.

Intanto riporto il testo di J. P. Sartre che ai miei primi passi universitari (1972) mi colpì con la potenza di una cannonata...perchè vorrei arrivare a scoprire se Del Giudice ha o meno lo stesso approccio critico di Sartre legato al suo presente storico e/o a un'ideologia pseudorivoluzionaria, o viaggia in tutt'altre direzioni magari più personalistiche.

Che cos’è la letteratura?

A Dolorès

Se volete impegnarvi” scrive un giovane imbecille “che cosa aspettate a iscrivervi al P. C. ?” Un grande scrittore che si è spesso impegnato e, ancor più spesso, disimpegnato, ma se ne è dimenticato, mi dice: “gli artisti peggiori sono quelli più impegnati: guardate i pittori sovietici.” Un vecchio critico piagnucola: “Voi volete assassinare la letteratura; nella vostra rivista il disprezzo per le Belle Lettere è ostentato in modo insolente.”
Un poverino dice che sono una testa dura, che per lui è evidentemente una delle peggiori ingiurie; un autore che fece fatica a trascinarsi da una guerra all’altra, e il cui nome risveglia talvolta languidi ricordi nei vegliardi, mi rimprovera di non curarmi dell’immortalità: lui conosce, grazie a Dio, tanta gente per bene per la quale l’immortalità è la principale speranza. Agli occhi di un gazzettiere americano il mio torto è di non aver mai letto né Bergson né Freud; quanto a Flaubert, che non s’impegnò, sembra che mi perseguiti come un rimorso. I furbi strizzano l’occhio. “E la poesia? E la pittura? E la musica? Volete impegnare anche quelle?”
I tipi decisi chiedono: “Di che si tratta? Della letteratura impegnata? Ma allora è il vecchio realismo socialista, a meno che non si tratti di un rifiorire di populismo, per di più aggressivo. Quante sciocchezze! Il fatto è che si legge in fretta e male, e che si giudica prima d’ave capito. Quindi ricominciamo. (…/…)


Qualche tempo fa avevo iniziato a buttar giù per mio conto qualche idea su questa insulsa domanda e l'ho appuntata sul mio taccuino evernote.

Per chi vuole, riporto il link.

https://www.evernote.com/l/AOzsH5Lc_UpOY4l8q662SFSn4Lheq-PAoD0



RF

Edited by - Rosario on 26/09/2020 15:05:20
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eloise
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Posted - 26/09/2020 :  15:40:41  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Grazie Rosario.
In realtà è proprio ciò di cui volevo parlare: cos'è la letteratura. E' la domanda male espressa o del tutto inespressa che ho sottinteso nel mio ultimo intervento.
In realtà - direi meglio - è la domanda principe che io mi faccio sempre, anche senza volerlo, quando leggo un testo. Assieme a quest'altra, imprescindibile: questo testo è consapevole di se stesso? cioè di essere un'opera letteraria? se sì, ovviamente, do' per scontato forse troppo macchinalmente che il testo già solo per questo è degno di essere letto. E per me si aprono scenari infiniti: il testo che sa di essere un testo implica la necessità di comunicarlo in qualche modo. Da lì l'interesse per i giochi narrativi, vere e proprie chiavi interpretative di questo livello.

Torniamo a Sartre. Impegno o non impegno (è un altro grosso tema che per adesso accantono) la Nausea si chiude con una dichiarazione d'intenti molto esplicita da parte dell'autore. Calvino pure, al quale ci siamo richiamati più volte in questo contesto, ci ha abituati alla stessa cosa. Che si possa dire altrettanto di Del Giudice? Io credo di sì. Per cui c'è un livello in più in questa storia, oltre alla storia della cecità, al gioco di ombre e luci, di verità e menzogna, di arte e copie (attenzione!!!), di fiducia nell'altro, di obiettività e invenzione, di ribaltamento di punti di vista (!!!). C'è il tema dell'intento letterario. Che è in fondo un po' tutto questo messo insieme.

Eloise
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Rosario
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Posted - 26/09/2020 :  19:11:29  Show Profile
[quote]Originally posted by eloise

Grazie Eloise per aver accolto la mia intemerata provocazione fatta volare sulle ali della fiducia nonostante la finzione.

... il testo già solo per questo è degno di essere letto. E per me si aprono scenari infiniti: il testo che sa di essere un testo implica la necessità di comunicarlo in qualche modo.

Condivido pienamente. Aggiungo soltanto che qualsiasi testo, prima di essere un testo deve essere scritto; prima di essere scritto deve essere pensato; e prima di essere pensato...


Tutto parte dalla realtà oggettiva osservata, interpretata e vissuta dall'autore. Il testo deve il suo "essere" testo, all'autore che l'ha creato ... e diventa consapevole di se stesso solo se viene letto dal lettore.

Abbiamo così ricostruito il processo letterario nei suoi tre livelli che lo caratterizzano: i tre livelli della letteratura:

autore - testo - lettore


gli scenari infiniti contenuti nel testo li apre il lettore e non è detto che coincidano con quelli immaginati dall'autore. Il testo è portatore di verità e finzione senza soluzioni di continuità.

Il gioco del passaparola è lì a ricordarcelo.

..."Nel museo di Reims" avviene proprio questo tanto tra autore e narratore quanto tra narratore e Barnaba ed anche tra Barnaba e Anne.

quel che resta, dopo la dissolvenza del tutto, è la relazione tra i personaggi e i loro doppi mimetici e mostruosi; questa relazione a me piace chiamarla "amore" anche quando si "veste" di odio.



ratio imitarum naturam (I, 60, 5.)


RF

Edited by - Rosario on 27/09/2020 15:39:06
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Tiziano
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Posted - 27/09/2020 :  16:19:11  Show Profile
E' un gatto che si rincorre la coda...
Quando si interpreta un'opera letteraria in qualche modo si deve inserirla dentro il contesto della letteratura, e viceversa.
IO sono arrivato ala conclusione che la domanda "che cosa è la letteratura?" è oziosa, poiché non è una cosa, ovvero un oggetto definibile, bensì mutabile e nel tempo mutato. Per cui ricorro alla inutile incontrovertibilità della tautologia: la letteratura è l'insieme di testi che una data società, in una data epoca, con una data cultura, definisce come letterari.
Dopo di che si ricomincia con il gioco dei perché: perché un testo è definito letterario? Perché l'Odissea non sarebbe un testo letterario e invece il Simposio di Platone sì? ....poi s'arriva a: perché i Greci usavano una metrica quantitativa e i poeti romanzi una metrica tonale? E cominciamo ad annoiarci...
Però mi rimane una certezza. Quando Ulisse comincia a raccontare la sua storia ad Alcinoo "l'incanto si diffuse per l'ampia sala ombrosa"; ecco: quando un'opera letteraria sa incantare tutto il resto è noia, anche chiedersi cos'è la letteratura.
E' raro che accada, ma credo che con "Nel museo di Reims" accada. Mi rendo conto di essere un po' crociano, mio malgrado, ma pazienza.

p.s definire la letteratura è difficile, anzi impossibile, perché è un prodotto bastardo della storia; infatti è il risultato della confluenza di 3 fatti: 1. il linguaggio, 2.la tendenza affabulatoria dell'essere umano, 3. la scrittura. Riuscire a venire a capo di questo guazzabuglio linguistico, culturale, sociale, psichico ecc. ecc. è una missione impossibile

Tiziano
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Rosario
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Posted - 27/09/2020 :  16:34:57  Show Profile
quote:
Originally posted by eloise


....Per cui c'è un livello in più in questa storia, oltre alla storia della cecità, al gioco di ombre e luci, di verità e menzogna, di arte e copie (attenzione!!!), di fiducia nell'altro, di obiettività e invenzione, di ribaltamento di punti di vista (!!!). C'è il tema dell'intento letterario. Che è in fondo un po' tutto questo messo insieme.



L'intento letterario per me è una atto volitivo ed espressivo dell'autore destinato al mondo e ai posteri ovvero chi mai leggerà quel suo testo.

Borges addirittura si rivolge espressamente ai lettori in questo modo:

"A chi mai leggerà
Se le pagine di questo libro consentono qualche verso felice, mi perdoni il lettore, la scortesia di averle usurpate io, previamente. I nostri nulla differiscono di poco; è banale e fortuita la circostanza che sia tu il lettore di questi esercizi, ed io il loro estensore."


anche secondo Borges l'intento letterario è quel "tutto questo messo insieme" specificato da Eloise; e la posizione autore-lettore dell'opera letteraria è una pura coincidenza.

La letteratura cioè il "testo", è una vera e propria testimonianza di vita.

In fin dei conti l'autore, scrivendo una storia, rappresenta la sua interpretazione della realtà che lo circonda romanzando situazioni e personaggi che interagiscono tra di loro fingendo e mentendosi reciprocamente; e lo fa seguendo un suo stile particolare, che si rifà forse a Calvino ma, come ha detto Tiziano, alla lunga se ne discosta, prendendo una piega del tutto personale.

Possiamo considerare la mediazione Calvino - Del Giudice come una girardiana mimesi tra mediatore (Calvino) e soggetto (Del Giudice); in altri termini, abbiamo che:

  • (soggetto) Del Giudice)
  • (oggetto del desiderio) arte dello scrivere
  • (mediatore) Calvino


Questa triangolazione del desiderio mimetico l'ho applicata a Cervantes, Don Chisciotte, Girard, in un approfondimento di cui, per chi vuole, riporto il link: https://www.letteratour.it/tesine/rene-girard.asp#.X3Ch4gjSG48.link



RF

Edited by - Rosario on 27/09/2020 16:57:07
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eloise
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Posted - 27/09/2020 :  20:25:03  Show Profile  Visit eloise's Homepage
quote:
Però mi rimane una certezza. Quando Ulisse comincia a raccontare la sua storia ad Alcinoo "l'incanto si diffuse per l'ampia sala ombrosa"; ecco: quando un'opera letteraria sa incantare tutto il resto è noia, anche chiedersi cos'è la letteratura.

E comunque si, questo lo sottoscrivo non una, ma due volte.

Eloise
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Edited by - eloise on 27/09/2020 20:25:41
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Rosario
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Posted - 30/09/2020 :  07:38:21  Show Profile
quote:
Originally posted by eloise

quote:
Però mi rimane una certezza. Quando Ulisse comincia a raccontare la sua storia ad Alcinoo "l'incanto si diffuse per l'ampia sala ombrosa"; ecco: quando un'opera letteraria sa incantare tutto il resto è noia, anche chiedersi cos'è la letteratura.

E comunque si, questo lo sottoscrivo non una, ma due volte.
Eloise



Sono d'accordissimo. Però l'incanto ha senso solo con un "prima" e un "dopo"; così come la lettura di qualsiasi opera letteraria.. e in genere per qualsiasi opera d'arte.

Questo è ben espresso in una frase pronunciata qualche tempo fa da Franciscus

“Memoria del passato e utopia verso il futuro si incontrano nel presente, che non è una congiuntura senza storia e senza promessa, ma un momento nel tempo, una sfida per raccogliere saggezza e saperla proiettare.” (Franciscus – Brasile 2013)

Senza questa collocazione nel tempo, nella storia e nella realtà quotidiana, qualsiasi opera d'arte che incanta, qualsiasi lettura che rapisce non farebbero "letteratura" ma sarebbero "oziose" come ha ben scritto Tiziano.



RF
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Rosario
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Posted - 01/10/2020 :  13:03:48  Show Profile
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Originally posted by eloise


Torniamo a Sartre. Impegno o non impegno (è un altro grosso tema che per adesso accantono) la Nausea si chiude con una dichiarazione d'intenti molto esplicita da parte dell'autore. ....
Eloise



L'importanza dei sensi

Prendo spunto dal commento di Eloise, che ha citato la Nausea di Sartre, per fare la comparazione delle rispettive conclusioni e farne una sintesi (s)ragionata tra la scrittura di Sartre "nauseato" e quella di Del Giudice "quasi cieco".

La conclusione della nausea sartriana:

Antonio Roquentin ascolta per un’ultima volta, al Ritrovo dei Ferrovieri, Some of these days, ed è visitato dall’«esile possibilità».

riporto i versi tradotti di Some of these days

Alcuni di questi giorni
Ti mancherà il tuo miele

Alcuni di questi giorni
Ti sentirai così solo

Ti mancheranno i miei abbracci

Ti mancheranno i miei baci

Ti mancherò, tesoro

Quando te ne vai

mi sento così solo

Solo per te

Per te lo sai, tesoro

Hai fatto a modo tuo

E quando mi lasci

So che mi rattristerai

Ti mancherà il tuo piccolo miele

Alcuni di questi giorni


Ascoltando i versi di una canzone, il protagonista Roquentin, nauseato, è visitato dall'"esile possibilità" (di esistere).

E ora vediamo come conclude Del Giudice il suo racconto Nel museo di Reims:

Il protagonista Barnaba attende la reazione della sua accompagnatrice Anne, dopo averle mentito - (ma è comunque una finzione) - su quello che riesce a veder scritto, sulla cassetta di legno del "Marat Assassinato":

..c'è scritto solo "A MARAT, DAVID"

"Si soltanto due parole", disse Anne, e la sua voce aveva un colore caldo e brillante, lucido di tenerezza.

La consapevolezza di esistere per Roquentin è solo un'esile possibilità; e ogni possibilità può rivelarsi un'illusione;

Per Barnaba,invece, la consapevolezza di esistere è concreta ed è sperimentata; è legata, cioè, all'ascolto e alla sensualità della voce di Anne;

una voce di cui vede(colore caldo);
una voce luminosa (che vede lucida);

insomma: un ascolto che Barnaba trasforma in vista (colore) e tatto (il calore del colore).

L'ascolto di quella voce lo avvolge di tenerezza...

(confesso che ri-leggere questo finale mi ha fatto quasi venire i brividi... so il perchè ma non lo scrivo).

Tornando alla comparazione delle conclusioni tra la Nausea di Sartre e la cecità di Del Giudice, personalmente ritengo che, nella partita della conoscenza, la cecità di Del Giudice batte la nausea di Sartre con un rotondo 3 a 1.

(ma questa sintesi è soggettiva, solo soggettiva, molto soggettiva).


I sensi


I sensi sono importanti! avrebbe gridato Moretti all'ignara giornalista che lo intervistava

(In "Palombella rossa" l'esclamazione di Moretti è le parole sono importanti!. Lo scambio tra sensi e parole, forse sarà una coincidenza...ma, d'altra parte, siamo nel forum di Letteratour e le parole hanno il loro peso, e possono assumere un significato universale).

I sensi ci riportano alla realtà. I sensi sono il nostro collegamento con la realtà che ci circonda e che percepiamo con tutto il corpo.

Barnaba è quasi cieco: vede male ma sente bene, molto bene.

Richiamando il tema della conoscenza introdotto da Eloise in uno dei primi commenti va sottolineato che:

senza sensi non c'è conoscenza

Laddove Barnaba non arriva a conoscere con il senso della vista ci arriva con il senso dell'udito.

Ratio imitarum naturam (I, 60, 5.)

RF

Edited by - Rosario on 02/10/2020 16:56:16
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Rosario
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Italy
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Posted - 06/10/2020 :  17:35:06  Show Profile
Visto che l'autore ci tiene tanto a farci sapere che nel racconto ci sono due livelli:

“In questo testo ci sono due livelli del tema sul rapporto fra luce e ombra."

ho pensato di raccogliere un po' di citazioni su questo "poetico" rapporto e di condividerle mettendole in discussione:

Citazioni sul rapporto luce/ombra.

- A venticinque anni ho intuito che la luce e l'ombra sono i lati opposti della medesima cosa, che il luogo illuminato dal sole viene sempre raggiunto dall'ombra. (Natsume Soseki)

- Agiamo nell'ombra per servire la luce. (Assassin's Creed II)

- Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera. (Johann Wolfgang von Goethe)

- E quando l'ombra dilegua e se ne va, la luce che si accende diventa ombra per altra luce. (Khalil Gibran)

- Hai mai sentito parlare del concetto di "doppio"? Ognuno ha in sé due personalità. Una di loro è la persona di tutti i giorni, della vita pubblica, mentre l'altra è l'esatto opposto. La personalità nascosta nel subconscio viene chiamata "Ombra" in termini psicologici. L'Ombra nega il suo opposto simmetrico, la persona "Luce", e in certi casi si espande fino allo stesso livello. Se riesce ad espandersi abbastanza, assume una forma propria, si separa dal corpo, e può andarsene in giro per conto proprio. È per questo, amico mio, che siamo qui entrambi. (Metal Gear Ac!d)

- I raggi forti del sole formano ombre scure. [...] Luce e ombra vanno a braccetto. Non puoi avere l'una senza l'altra. (Kingdom Hearts Birth by Sleep)

- L'ombra nasce proprio ove vi è la luce. (Metropolis)

- L'ombra prepara lo sguardo alla luce. (Giordano Bruno)

- La luce dà origine all'ombra. E più la luce brilla forte, più l'ombra che produce è fitta e oscura. A volte, è nera come le tenebre. (Young Black Jack)

- Luce e ombra sono due lati della stessa medaglia... Una non può fare a meno dell'altra... Sono indissolubili. (The Legend of Zelda: Twilight Princess)

- Non avessi visto il Sole | avrei potuto sopportare l'ombra | ma la Luce un rinnovato Deserto | il mio Deserto ha reso. (Emily Dickinson)

- Più ti avvicini alla luce, più grande diventa la tua ombra. (Kingdom Hearts)

- Quando una bestia entra nella luce... A meno che non si spenga la luce... Le ombre non si possono cancellare. Finché ci sarà luce... Ci saranno le ombre. Perché tutto torni normale... La luce dev'essere spenta. (Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots)

- Vuoi trovare le ombre? Prova ad accendere la luce. (Kingdom Hearts)

...e non scordiamoci Dante e le sue prime sei terzine della Divina Commedia:

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!

Tant' è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

Io non so ben ridir com' i' v'intrai,
tant' era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.

Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m'avea di paura il cor compunto,

guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de' raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.

... la Bibbia:

Luce e tenebre (Gn, 1-5)
In principio Dio creò il cielo è la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: "Sia la luce!" E luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separo' la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte.

RF

Edited by - Rosario on 06/10/2020 17:46:55
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Rosario
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Posted - 07/10/2020 :  15:01:19  Show Profile
quote:
Originally posted by Tiziano


1 - E' raro che accada (l'incanto), ma credo che con "Nel museo di Reims" accada.

2 - p.s definire la letteratura è difficile, anzi impossibile, perché è un prodotto bastardo della storia; infatti è il risultato della confluenza di 3 fatti: 1. il linguaggio, 2.la tendenza affabulatoria dell'essere umano, 3. la scrittura.



@Tiziano, ho ridotto e sintetizzato il tuo intervento in due punti per meglio organizzare la mia risposta.(I tuoi interventi sono così pregni di significati e significanti che stare appresso a tutti diventa per me una "missione impossibile").

Il primo punto - (a cui in parte avevo risposto trattando il tema dell'incanto ripreso da Eloise) - ha smosso la mia curiosità per il suo riferimento esplicito al romanzo-racconto "Nel museo di Reims"; naturalmente mi trovo d'accordo sull'incanto della sua lettura; ritrovarsi in quel tempo sospeso, in quei luoghi, fermi e dimentichi del mondo reale, all'ascolto delle risonanze che, in vario modo, vengono suscitate nelle nostre recondite intimità nell'accompagnare Barnaba e Anne nel museo di Reims, nell'ascoltare i loro dialoghi, nell'osservare con loro le opere esposte e magari nel desiderio d'intervenire per dire la nostra sul modo di vedere e percepire quei quadri, quelle scene, quei segni, quei colori. È proprio della buona letteratura catturare "altre presenze", le nostre, quelle del lettore, risucchiarle nella storia, nei luoghi e nei personaggi che racconta. Così si realizza il miracolo che unisce scrittore, opera e lettore nell'unicum esistenziale della letteratura.

E allora si, la letteratura non si può definire come tu hai scritto, si può solo sperimentare, si può solo "vivere" perchè non solo la storia ma tutta la letteratura siamo noi.

Al secondo punto non servirebbe più rispondere se non per sottolineare la tendenza affabulatoria dell'essere umano che tu stesso hai trattato in un articolo che ho letto qualche tempo fa su Letteratour, in cui è scritto:

Quando l'uomo racconta finge (e anche la mimesi è finzione, come Platone non comprese) un mondo: a volte verosimile, a volte fantastico, ma sempre è un duplicato i cui caratteri selezionano quelli del mondo "vero".

mi piaceva sottolinearlo e condividerlo.

riporto il link dell'articolo per chi vuole esplorare, approfondire e/o semplicemente leggerlo:

https://www.letteratour.it/teorie/A05_letteratura_affabulazione.asp#.X326D5G9ZIs.link




RF

Edited by - Rosario on 09/10/2020 18:37:34
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eloise
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Posted - 09/10/2020 :  10:52:56  Show Profile  Visit eloise's Homepage
"definire la letteratura è difficile, anzi impossibile, perché è un prodotto bastardo della storia; infatti è il risultato della confluenza di 3 fatti: 1. il linguaggio, 2.la tendenza affabulatoria dell'essere umano, 3. la scrittura"

Alla fine sono abbastanza d'accordo anche io (l'abbastanza è solo dovuto al margine di incertezza che mi lascio su una questione per cui mi riservo ancora un bel pezzo di vita per approfondire ).

E da queste tre cose si evince anche un'altra cosa la cui evidenza secondo me oggi viene spesso dimenticata: la letteratura per l'uomo alla fine è anche una necessità.

Anche quando guardo un film, per dire, e lo apprezzo, vedo che ciò che apprezzo - a parte la fotografia e l'interpretazione - è ciò che si trova in quello che potrei chiamare il canovaccio, la sceneggiatura, la regia insomma. Come a teatro. La maestria di chi racconta, ecco. Non si può definire in parte letteratura anche quella?, mi domando.

Eloise
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Tiziano
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Posted - 09/10/2020 :  11:54:29  Show Profile
Eloise, io credo che tu stia parlando dell'affabulazione.
Ovvero: dell'interesse per il narrare, del piacere della narrazione, sia del narratore che dell'ascoltatore. Questo è un fatto antropologico e psicologico; la prova più evidente ne è il desiderio di ascoltare storie da parte dei bambini.
Poi: le storie si raccontano in tanti modi, uno di questi è la letteratura, che ovviamente è posteriore all'affabulazione, poichè per esistere ha bisogno della lingua scritta, del passaggio della scrittura da mnemotecnica a retorica, della formazione di una comunità alfabetizzata, ecc. ecc.
L'affabulazione è un fatto universale, la letteratura un fatto sociale e storico. Secondo me c'è una supervalutazione della letteratura (che però si sta estinguendo, per via della digitalizzazione della comunicazione) rispetto agli altri modi di narrare (cioè delle altre arti) per due motivi: 1. il linguaggio verbale ha una relazione profonda e originaria con la mente 2. la nostra civiltà è fondamentalmente una civiltà alfabettizata, in cui la scrittura è onnipresente

Tiziano
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Rosario
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Posted - 09/10/2020 :  12:41:24  Show Profile
quote:
Originally posted by eloise

Anche quando guardo un film, per dire, e lo apprezzo, vedo che ciò che apprezzo - a parte la fotografia e l'interpretazione - è ciò che si trova in quello che potrei chiamare il canovaccio, la sceneggiatura, la regia insomma. Come a teatro. La maestria di chi racconta, ecco. Non si può definire in parte letteratura anche quella?, mi domando.



@Eloise, me lo sono domandato anch'io qualche tempo fa e mi sono risposto si, senza se e senza ma. La letteratura è un vocabolo coniato da poco (come ha scritto anche Barthes a proposito di Zazie nel metrò) ma la sua applicazione nell'ambito della comunicazione in generale, ha "allargato la placenta letteraria" ovvero la letteratura avvolge e alimenta tutti gli ambiti comunicativi dell'uomo fin dall'origine del mondo.

Se cosideriamo le tre componenti costitutive elencate da Tiziano:

  • linguaggio
  • affabulazione
  • scrittura


il linguaggio è applicabile non solo alla parola scritta ma anche alla mimica, ai gesti, al ritmo, alle sequenze, ai numeri, ai colori, ecc... tant'è che diciamo linguaggio musicale, teatrale, cinematografico, matematico, ecc...

allo stesso modo l'affabulazione e la scrittura possono essere applicate a tutto lo scibile comunicativo: raccontiamo storie nelle rappresentazioni teatrali, nelle sequenze cinematografiche, nelle composizioni musicali, nelle opere pittoriche, nei libri, nei romanzi, nelle poesie, ecc... raccontiamo la nostra vita... mentre viviamo; ciascuno a suo modo, raccontiamo noi stessi nel mondo.

Riporto le definizioni di "fabula" e "letteratura" così ognuno ne può trarre vantaggio o svantaggio nel comprendere antropologicamente il senso delle parole.

fabula ‹fàbula›
s.f. lat. (pl. fabulae)
1 Nella filologia classica, ogni tipo di racconto o di rappresentazione (miti, leggende, romanzi, testi scenici comici o drammatici): f. milesia,f. palliata.

2 Nella critica letteraria, l'insieme degli elementi che costituiscono il contenuto narrativo di un'opera (contrapposto all’intreccio).

3 generic. Vicenda, narrazione, racconto.

ETIMOLOGIA Der. di fari ‘parlare’; propr. “favola, racconto”
DATA prima metà sec. XIV; nel sign. 2, 1964.


letteratura ‹letteratùra›
s.f.
1 L'insieme delle opere variamente fondate sui valori della parola e affidate alla scrittura, pertinenti a una cultura o civiltà, a un'epoca o a un genere: l. latina, provenzale, italiana; l. contemporanea; l. popolare, per ragazzi; corso, professore di l.; spec. in quanto oggetto di ricostruzione o d'indagine storico-critica: la storia della l. del De Sanctis

In origine, l'arte di leggere e scrivere o il complesso di conoscenze che ne derivano.

2 Secondo l'estetica crociana, quanto si ritiene principalmente frutto di una formazione tecnica ed erudita piuttosto che di un'intima commozione poetica o anche (estens.) quanto si ritiene viziato da astrattezza o da mancanza di spontaneità
Fare della letteratura su qualcosa, parlarne o scriverne in maniera retorica, ma senza costrutto.

3 L'insieme degli scritti che costituiscono la bibliografia di un argomento, dal punto di vista pubblicistico oltre che tecnico
Letteratura grigia, l'insieme dei testi cartacei e digitali diffusi al di fuori dei normali canali commerciali (tesi di laurea e di dottorato, rapporti tecnici, cataloghi, manuali, ecc.).

4 non com. Il volantino inserito nelle confezioni farmaceutiche contenente la posologia del farmaco, le sue caratteristiche e le indicazioni terapeutiche relative.

ETIMOLOGIA Dal lat. litteratura ‘alfabeto’ o ‘grammatica’
DATA inizio sec. XIV.

RF

Edited by - Rosario on 09/10/2020 13:00:52
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eloise
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Posted - 10/10/2020 :  10:17:39  Show Profile  Visit eloise's Homepage
Non so se il mondo digitale toglierà importanza alla letteratura, come dici tu Tiziano, oppure no. Io credo però di no. Forse ad una certa scrittura sì. Ma alla letteratura no. La complessità e la vastità di pensieri ed emozioni (che proprio per questo sono capaci di produrre anche quell'incanto di cui parli) che il linguaggio scritto riesce a contenere e ad esporre con meravigliosa precisione sono difficilmente sostituibili. Solo la parola orale ha (in modi però un po' diversi) la stessa potenza, ma deperisce e si scorda.

Prendiamo di nuovo Nel museo di Reims. Anzi, prendiamo il quadro del romanzo. Da un lato c'è il quadro. Dall'altro c'è il testo che gli gira intorno, composto dai pensieri di Barnaba, dalla parola di Anne, dal significato del quadro (visto anche dallo sguardo "altro" di Barnaba, che è cieco, e di Anne, che se lo inventa), dal tentativo narrativo compiuto dal narratore esterno... ecco tutto questo solo la scrittura può permetterselo e aggiungo un'altra cosa fondamentale: solo la scrittura può permettersi un discorso meta-narrativo: parlare di sé. Certo tutto il linguaggio può farlo ma, ribadisco, il linguaggio orale non si può trasmettere come quello scritto e quindi non può permettersi un discorso meta-narrativo e costruire un sistema che sia universale (= trasmettersi nel tempo e nello spazio).

Io mi sento di dire che la letteratura NON è solo un prodotto del linguaggio che deriva dal desiderio umano di affabulazione espresso tramite la scrittura (e qui rientrano i tuoi concetti), ma anche e forse soprattutto il tentativo (consapevole o no, non lo so, dipende) di spiegare se stesso, di spiegare il proprio piacere dell'affabulazione, e nel contempo anche di spiegare il mondo. Di rappresentarlo dandone una interpretazione. Cioè di darne un'idea. Insomma di CREARE UN SISTEMA. Per questo si avvale di regole, coordinate, stili, modi narrativi. E può quindi permettersi anche l'ironia. I ribaltamenti. Per questo, infine, la maggior parte dei libri che amo non raccontano solo una storia, ma cercano di dare un'idea del mondo o parte di esso che trascende la storia in sé, e questa idea la raccontano in un certo modo: parlando della storia, parlando di sé, parlando di come raccontare la storia, e magari ironizzando pure su di sé. Insomma forse per me è questo che alla fine distingue un testo letterario da un testo che racconta una storia e basta. Eccola qui, l'Arte: nella sua complessità (più livelli narrativi e interpretativi), nella sua sistemiticità (costruzione di regole, anche per ribaltarle) e nella sua universalità (trasmissione nel tempo e nello spazio).

Tutto questo ovviamente il discorso orale non può farlo, perché essendo per natura incorporeo, fugace, non persistente, non può permettersi di accumulare, costruire, comporre, rappresentare e poi rimodellare e ribaltare interi sistemi.
Le altre arti pure possono farlo ma in modo diverso e meno "preciso", con una complessità minore.

Allora mi viene da dire: se l'affabulazione è una necessità antropologica umana, e pure quella di rappresentare il mondo per spiegarselo narrandolo, allora l'uomo non può fare a meno della letteratura, viste le sue caratteristiche (regole e modi) e la sua persistenza (durata nel tempo, perché scritta).

Boh, forse ho messo troppa carne al fuoco e mi sto perdendo.

Eloise
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Edited by - eloise on 10/10/2020 10:27:20
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