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Rosario
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Posted - 05/12/2012 : 01:06:05
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«Il romanzo è il luogo della più profonda verità esistenziale e sociale del XIX secolo». L'approccio di Girard all'analisi dei testi letterari fa perno sul realismo ermeneutico.
Verità esistenziale e realismo ermeneutico, un connubio indissolubile che guida la mia interpretazione (girardiana) di Zazie nel metrò.
Il tutto, però, dipende dalla preventiva e propedeutica individuazione dell'eroe e del mediatore. Chi può essere l'eroe in questo romanzo? Chi invece è il mediatore?
In un intervento precedente avevo individuato in Zazie la mediatrice e mi pare che Tiziano lo ha confermato. Se Zazie è la mediatrice l'eroe non può che essere Gabriel e, in misura minore, gli altri personaggi hanno tutti più o meno il loro momento "eroico".
"Zazie indica la strada" anche se Gabriel e gli altri non riescono a seguirla. Ma alla fine c'è un ribaltamento della situazione: Zazie diventa l'eroina che segue il suo mediatore: zio Gabriel. Questo ribaltamento è emblematicamente espresso in quella battuta fulminante e tombale di Zazie: "J'ai vieilli." Sono invecchiata (come zio Gabriel).
In un altro romanzo* che ho letto qualche anno fa, il protagonista, dopo un lungo monologo, dice al suo amico antagonista: "L'uomo comprende il mondo un po' alla volta e poi muore". Mi pare che Zazie con quel "J'ai vieilli" dica la stessa cosa.
* (Le braci - Sandor Marai)
RF |
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Tiziano
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Posted - 06/12/2012 : 22:38:08
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Rosario: La verità! - esclama Gabriel (gesto). - Come se tu sapessi cos'è. Come se qualcuno al mondo sapesse cos'è. Tutta questa roba (gesto), tutto questo, una bidonata, Il Pantheon, gli Invalidi, la caserma di Reuilly, il tabaccaio dell'angolo, tutto. Sì, una bidonata.
eh!no..dissento. Non sono esperto di lingua francese ma mi pare che si debba un po' approfondire. bidon=bidone,arnaque=bidonata, nel senso di "truffa" (anche se si può dire informalmente anche "fare un bidone". Talvolta la verità è veramente una bidonata, cioè una truffa, una menzogna, un inganno, un'illusione; sempre è un bidone, cioè il contenitore da cui pescare molteplici interpretazioni. Non vorrei mettermi a fare il filosofo, altrimenti Rosella mi sbeffeggia, ma la questione della verità è un pochino complessa: la verità non esiste, non dobbiamo perciò chiederci "cosa è vero" ma "qual è il significato" che a quella "cosa" si dà (prescindendo dalla primitiva fondamentale istanza di come ci rappresentiamo il mondo cognitivamente). Siccome si parla di "verità del testo" il la butto lì: il testo letterario non è vero né falso, è "finto", essendo la finzione quell'affascinante terra di mezzo tra la menzogna e la verità. Il narratore è un prestigiatore che fa magie che lui e noi sappiamo non essere magie, però nel momento dello spettacolo sospendiamo il giudizio fattuale. Ricordatevi quel che dice Omero (?) quando Ulisse inizia a raccontare la sua storia nella reggia di Alcinoo: l'incanto si diffuse per l'ampia sala ombrosa; ecco, l'opera d'arte, quindi anche il testo letterario, è quest'incanto, quest'uscire dalla realtà per esplorare mondi possibili o impossibili. O - per dirla con Bruner - è una declinazione al congiuntivo della realtà.
ragazze/i Zazié ci sta aprendo il paese delle meraviglie
Tiziano |
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Rosella
Senior Member
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Posted - 06/12/2012 : 23:06:05
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Caspita Marta, che intervento! Provo a riprenderlo meglio che posso. Per me l'interpretazione del romanzo, o meglio, la chiave di lettura, passa proprio attraverso l'analisi dei giochi, che Eric B. ci ha cortesemente fornito 
quote:
L'interesse che Berne aveva a tal riguardo è dovuto soprattutto al fatto che questi rappresentano dei fenomeni comunicativi "patologici". I giochi hanno una struttura tipica, costituita da una serie di mosse in sequenza, stabilite e ricorrenti: la denominazione “gioco” si riferisce proprio a tale struttura, fatta di manovre “strategiche”.
I giochi sono anche una forma di adattamento all’ambiente per risolvere problemi e soddisfare bisogni inappagati.
Abbiamo appurato, documentandoci, che Queneau intendeva realmente proporre un gioco. Impossibile entrare nella sua testa, ma quanto tu scrivi sembra poter spiegare parecchie delle relazioni che si creano tra i protagonisti, cui anche Rosario fa rifermento. Di volta in volta giocano tra loro, seguendo le regole ormai consolidate: in effetti Gabriel-Charles ripetono più volte lo stesso schema. Zazie gioca con tutti, o meglio, secondo me prova a giocare, ma in effetti non riesce a stabilire una vera relazione con nessuno, perchè è un elemento estraneo, che non può rientrare negli schemi già consolidati delle persone con cui viene a contatto, e che si conoscono tra loro da anni. Mi sembra che questo sia ben spiegato da quanto segue:
quote:
La ripetitività dei giochi si esplica (...) in prospettiva longitudinale o personale, in quanto gli stessi individui tendono ad effettuare dei giochi preferenziali che ripropongono nel corso del tempo, cercando dei “compagni di gioco” disposti ad assumere ruoli complementari.
E' soprattutto in questo secondo caso che il gioco diventa patologico, costruendo intorno alle persone una sorta di recinto dal quale non riescono più a sfuggire. Talvolta si tratta solo della quasi normale caduta nella routine quotidiana, che affligge milioni di individui, senza che ciò porti a comportamenti pericolosi o nocivi, altre volte le forme che il gioco assume sono causa di malattie psicologiche o comportamenti devianti
quote:
Tutto questo preambolo perchè, a mio avviso, in Zazie esistono molte forme di comunicazione strane e patologiche.
Soprattutto noto che vi è la presenza di molti "compagni di gioco". Vedi il rapporto Gabriel-Charles. Mi sembra che osservando bene il modo di interagire dei personaggi fra loro questi siano caratterizzati da una certa routine. A rompere un po' "il gioco" arriva Zazie. Anche lei però è come se ne proponesse un altro. Il suo comportamento, infatti, può essere ricollegato ad un "gioco", con chiunque è sempre e comunque ribelle.
Alla fine però mi chiedo quale sia il senso che Queneau volesse dare a queste strane relazioni. Che cosa ci vuol comunicare con questo?
Come vedi noi due "giochiamo" proprio sullo stesso terreno. In effetti è fondamentale la domanda che poni: perchè io penso che uno scrittore, effettivamente, si dia la pena di comporre perchè vuole comunicare un suo pensiero.
Le riflessioni che si aprono sono molte: - la vita non è che una clamorosa beffa per tutti noi - crediamo di vivere, ma in realtà non facciamo che girare a vuoto senza uno scopo - le persone parlano parlano e non si capiscono mai (cadendo nello schema ripetitivo patologico).
Queste sono le prime che mi vengono in mente., ma se e possono trovare molte altre, perchè, giocando, sono presi in esame aspetti molteplici e differenziati di tanti stili di vita: Gabriel col suo strano lavoro, l'amico del bar, il tassista, i turisti, la famiglia di Zazie. Quest'ultima è pesino qualcosa di più che "patologica": è andata addirittura oltre il gioco, la relazione perversa che si era instaurata in essa è sfociata nella tragedia. Sì, monsieur Queneau ci ha regalato un bel rompicapo.
CIAO
Rosella - Gwendydd
"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante" Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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Rosella
Senior Member
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Posted - 06/12/2012 : 23:22:08
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quote:
Rosario: La verità! - esclama Gabriel (gesto). - Come se tu sapessi cos'è. Come se qualcuno al mondo sapesse cos'è. Tutta questa roba (gesto), tutto questo, una bidonata, Il Pantheon, gli Invalidi, la caserma di Reuilly, il tabaccaio dell'angolo, tutto. Sì, una bidonata.
eh!no..dissento. Non sono esperto di lingua francese ma mi pare che si debba un po' approfondire. bidon=bidone,arnaque=bidonata, nel senso di "truffa" (anche se si può dire informalmente anche "fare un bidone". Talvolta la verità è veramente una bidonata, cioè una truffa, una menzogna, un inganno, un'illusione; sempre è un bidone, cioè il contenitore da cui pescare molteplici interpretazioni. Non vorrei mettermi a fare il filosofo, altrimenti Rosella mi sbeffeggia, ma la questione della verità è un pochino complessa: la verità non esiste, non dobbiamo perciò chiederci "cosa è vero" ma "qual è il significato" che a quella "cosa" si dà (prescindendo dalla primitiva fondamentale istanza di come ci rappresentiamo il mondo cognitivamente). Siccome si parla di "verità del testo" il la butto lì: il testo letterario non è vero né falso, è "finto", essendo la finzione quell'affascinante terra di mezzo tra la menzogna e la verità. Il narratore è un prestigiatore che fa magie che lui e noi sappiamo non essere magie, però nel momento dello spettacolo sospendiamo il giudizio fattuale. Ricordatevi quel che dice Omero (?) quando Ulisse inizia a raccontare la sua storia nella reggia di Alcinoo: l'incanto si diffuse per l'ampia sala ombrosa; ecco, l'opera d'arte, quindi anche il testo letterario, è quest'incanto, quest'uscire dalla realtà per esplorare mondi possibili o impossibili. O - per dirla con Bruner - è una declinazione al congiuntivo della realtà.
ragazze/i Zazié ci sta aprendo il paese delle meraviglie
Tiziano
Via, Tiziano, non sono poi così cattiva... solo un po' birbantella, dai!
Quel che dici riguardo alla "verità" che non esiste in senso assoluto, e che dobbiamo trovare il "significato" di ciò che l'autore ha voluto proporci, è in fondo la stessa domanda che si pone Ombra. Queneau porta all'estremo proprio ciò che ogni scrittore realizza: una finzione, perchè ci racconta una storia, uscita dalla sua mente;altrimenti sarebbe un cronista. Nella storia è nascosto un messaggio, come un biglietto più o meno scolorito dentro una bottiglia. In Zazie ci sono talmente tanti colori che si sovrappongono e si intrecciano, lasciandoci una matassa ingarbugliata da districare. Un gioco interessante. E se anche il concetto di "verità" facesse parte del gioco?
Rosella - Gwendydd
"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante" Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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Rosario
Senior Member
Italy
418 Posts |
Posted - 08/12/2012 : 23:45:40
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@Tiziano: dissenti da Gabriel, da Queneau, da Girard o da me? O dissenti semplicemente dalla verità? Dire che non esiste è come dire che esiste. Non posso negare nè affermare qualcosa che non esiste. Parlare di menzogna è come affermare la verità. Se c'è una finzione vuol dire che c'è una realtà. Se c'è menzogna vuol dire che c'è verità. Anche Pilato davanti al quel giudeo si domandava cos'è la verità e alla fine per non affrontare la questione decise di lavarsene le mani. Gabriel dice semplicemente ciò che Queneau ha deciso di fargli dire, forse per gioco, come dice Resella, ma è il narratore che parla per bocca del suo personaggio. E io aggiungerei che è il lettore che legge ciò che vuole leggere come dicono Ombra e Rosella. La verità romanzesca è coperta dalla menzogna romantica. Per ricomporre il mosaico dell'esistenza tra menzogna e verità ci vuole un mediatore; se non riconosciamo il mediatore e rimaniamo sospesi tra verità e menzogna, finiamo per assumere l'atteggiamento di Pilato. Ciò non toglie che possiamo godere dell'opera d'arte e della poesia, ma la verità che ci intriga è nella realtà, nella vita di tutti i giorni, nella quotidianità.
RF |
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Rosella
Senior Member
Italy
316 Posts |
Posted - 10/12/2012 : 00:31:57
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quote:
@Tiziano: dissenti da Gabriel, da Queneau, da Girard o da me? O dissenti semplicemente dalla verità? Dire che non esiste è come dire che esiste. Non posso negare nè affermare qualcosa che non esiste. Parlare di menzogna è come affermare la verità. Se c'è una finzione vuol dire che c'è una realtà. Se c'è menzogna vuol dire che c'è verità. Anche Pilato davanti al quel giudeo si domandava cos'è la verità e alla fine per non affrontare la questione decise di lavarsene le mani. Gabriel dice semplicemente ciò che Queneau ha deciso di fargli dire, forse per gioco, come dice Resella, ma è il narratore che parla per bocca del suo personaggio. E io aggiungerei che è il lettore che legge ciò che vuole leggere come dicono Ombra e Rosella. La verità romanzesca è coperta dalla menzogna romantica. Per ricomporre il mosaico dell'esistenza tra menzogna e verità ci vuole un mediatore; se non riconosciamo il mediatore e rimaniamo sospesi tra verità e menzogna, finiamo per assumere l'atteggiamento di Pilato. Ciò non toglie che possiamo godere dell'opera d'arte e della poesia, ma la verità che ci intriga è nella realtà, nella vita di tutti i giorni, nella quotidianità.
RF
Bello questo intervento, Rosario! Mi hai anticipata (e scusa se ti ho trascurato ) perchè volevo proprio chiederti di esplorare più a fondo il concetto di Verità, che in effetti nel mio intervento avevo mescolato con quello di Realtà. A questo punto non aggiungo più nulla perchè hai già districato il groviglio da me involontariamente allacciato. Quale gioco mentale ho inconsciamente seguito? Mah, lasciamo stare.
Interessante l'introduzione del mediatore. Se ho ben capito, è il "portavoce" dell'autore, colui/colei che ne esprime il pensiero trasponendo la Realtà nella Finzione, e riportandoci così alla Verità, che le trascende entrambe. Secondo te il Mediatore è sempre distinto dall'Eroe? Molto spesso l'identificazione dell'autore con uno dei protagonosti è tale, che queste due figure potrebbero coincidere. Non credo sia ciò che avviene in Zazie, però. La ragazzina è troppo palesemente "esterna" allo svolgersi degli eventi, anzi dei giochi, pur essendo sempre presente: in qualche modo è proprio lì per raccontarceli. CIAO
Rosella - Gwendydd
"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante" Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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ombra
Senior Member
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Posted - 10/12/2012 : 16:07:17
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In merito allo scoprire la Verità dagli "occhi" del mediatore, ho una domanda secondo voi il mediatore è proprio Zazie? Io me lo sono chiesta e a tratti mi dico di sì, a tratti mi dico di no. Ma se è lei la mediatrice, qual'è il messaggio che ci vuol lasciare Queneau? A mio avviso, con le strane relazioni che ci mostra e la difficoltà che a Zazie nel comunicare, lo scrittore vuol farci capire che nella vita la difficoltà più grande sta nel conoscersi e nel far comprendere agli altri come si è davvero. La frase "Sono invecchiata" è carica di tutto questo. E per voi cosa comunica Queneau?
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Tiziano
Average Member
Italy
166 Posts |
Posted - 10/12/2012 : 18:10:49
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dissenti da Gabriel, da Queneau, da Girard o da me? O dissenti semplicemente dalla verità? Dire che non esiste è come dire che esiste. Non posso negare nè affermare qualcosa che non esiste. Parlare di menzogna è come affermare la verità. Se c'è una finzione vuol dire che c'è una realtà. Se c'è menzogna vuol dire che c'è verità. Anche Pilato davanti al quel giudeo si domandava cos'è la verità e alla fine per non affrontare la questione decise di lavarsene le mani. Gabriel dice semplicemente ciò che Queneau ha deciso di fargli dire, forse per gioco, come dice Resella, ma è il narratore che parla per bocca del suo personaggio. E io aggiungerei che è il lettore che legge ciò che vuole leggere come dicono Ombra e Rosella. La verità romanzesca è coperta dalla menzogna romantica. Per ricomporre il mosaico dell'esistenza tra menzogna e verità ci vuole un mediatore; se non riconosciamo il mediatore e rimaniamo sospesi tra verità e menzogna, finiamo per assumere l'atteggiamento di Pilato. Ciò non toglie che possiamo godere dell'opera d'arte e della poesia, ma la verità che ci intriga è nella realtà, nella vita di tutti i giorni, nella quotidianità.
Caro Rosario, ovviamente dissento da te, o meglio: dalla tua interpretazione del bidone. Non posso dissentire da ciò che afferma un personaggio, neanche da quello che narra il narratore, neanche da quello che sostiene una certa interpretazione della letteratura. Neanche dissento dalla verità, che non esiste. Però me lo sentivo che era meglio che tacessi sull'arduo problema, o lo pseudoproblema, della "verità". Ah! l'importanza delle virgolette: come scriveva Tarsky: l'enunciato "la neve è bianca" è vero se e solo se la neve è bianca. Analogamente la verità non esiste ma la "verità" esiste; esiste dentro - per dirla col filosofo Wittgenstein - un gioco linguistico. Infatti noi stiamo parlando della "verità del testo", il quale testo è una macchina semiotica, che produce senso, ovvero interpretazione/i. Infine: sono un ammiratore dello scettico Pilato, perché lo interpreto come uno che si rende conto dell'oziosità della domanda "che cos'è la verità?". Comunque io posso affermare che qualcosa esiste o non esiste, a prescindere dalla sua esistenza. Questa è infine la risposta al paradosso di Epinemide, che ha a lungo angustiato i logici: Epimenide il Cretese afferma che i Cretesi sono bugiardi, ma allora Epimenide è bugiardo, allora i Cretesi non sono bugiardi, allora Epimenide non è bugiardo...Poi Russel ha capito: sono due gli enunciati: uno esistenziale e uno fattuale. Insomma - per ridirla con Wittgenstein, ma quello del Tractatus - esistono "stati di cose" e "giudizi"; il giudizio è vero quando corrisponde ad uno stato di cose (siamo sempre lì, a Tommaso d'Aquino: corrispondentia rei ad intellectus). Ma noi non stiamo parlando di stati di cose bensì di un racconto, che non è né vero né falso: ecco lo spazio della finzione: il narratore racconta come se fosse verodentro la convenzione della finzione. Perciò quando leggo anche il paese delle meraviglie è vero, poiché sospendo provvisoriamente il giudizio di realtà. Ma non sono Don Chisciotte, poi chiudo il libro e torno alla realtà.
ahivoi...so bene che questa mia replica è un po'sbrigativa ma non vorrei farla troppo lunga deviando fuori tema la conversazione e, soprattutto, attirandomi l'ira di Rosella! 
Tiziano |
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ombra
Senior Member
296 Posts |
Posted - 10/12/2012 : 18:29:17
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@Tiziano: Scusa ma io, forse per l'ignoranza, da quanto tu hai scritto non riesco a capire quale sia il tuo pensiero. Non riesco proprio a starti dietro. Per me è un po' nebuloso. Magari se puoi approfondisci e chiarisci. Non credo che verrai linciato da nessuno di noi, in special modo da Rosella.
Grazie in anticipo
Marta
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Rosella
Senior Member
Italy
316 Posts |
Posted - 10/12/2012 : 19:04:31
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Diamine, se sono così terribile quasi quasi metto un costumino col mantello e vado fuori a far paura a qualche "parolaio" che da anni ci tormenta da almeno 6 reti TV...
Certo, sono irriverente, perchè per me nella vita è bene non prender mai nulla troppo sul serio, nemmeno se stessi. E Queneau, ammettiamolo, ci porta a spasso dove vuole e come vuole; ci avverte, anche, con "Lavedure - chiacchieri, chiacchieri, non sai far altro".
Rosella - Gwendydd
"di uno storico parziale, prevenuto e ignorante" Jane Austen - La storia d'Inghilterra
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Rosario
Senior Member
Italy
418 Posts |
Posted - 10/12/2012 : 23:30:41
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Io ho scritto: Il tema del mio intervento è: la verità "nel" testo. Tiziano ha scritto: Infatti noi stiamo parlando della "verità "del" testo.
C'è un piccolo errore di lettura che ha portato Tiziano a vagar tra le stelle.
RF |
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Tiziano
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Italy
166 Posts |
Posted - 11/12/2012 : 17:49:01
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Beh, vediamo se prima rispondo a Rosario e poi ad Ombra.
Rosario - per quanto io possa essere sofista tu mi batti: la verità del testo è, io credo, la verità nel testo, nel senso che il testo è la macchina che produce il suo senso. Ma può darsi che mi sbagli, che ad un livello più densamente analitico si possa incontrare una "verità" del testo anteriore al testo, un po' alla Heidegger o alla Blanchot (ho l'impressione che tu sappia di che sto parlando). Ma torniamo alla verità in sé, che m'avrebbe fatto svagare (e ammetto che io sono un gran divagatore). 1. tutto inizia quando citi un brano del racconto in cui Gabriel dice che la verità è una bidonata 2. poi aggiungi che questo è il pensiero di Queneau, ma questa ovviamente è la tua opinione 3. poi aggiungi ancora che si possono cambiare i nomi (dei monumenti o delle persone come Romeo) senza alterare l'essenza della verità, una verità che rimane ben nascosta agli occhi dei nostri personaggi ed estranea alla storia; e aggiungi, citando i versi di Shakespeare che il nome non identifica l'essenza ovvero la verità. Siccome io ho una personale filosofica idiosincrasia per la verità come essenza, è a questo punto che ho cominciato a vagare tra le stelle, perché probabilmente è là che si trova questa Verità (essendo essenziale credo si meriti la v maiuscola). Credo piuttosto che la verità diventi essenziale poiché si commette l'errore, vecchio come il mondo, di ipostatizzare un concetto trasformandolo in una entità (con tutto quel che ne consegue; ti ricordi ad esempio l'astuto Lacan? "Moi, la Verité, Je parle"). Ecco, tutto qui. Potresti replicare: ma allora sei d'accordo che la verità è una bidonata!? Oh, Yes. Discettavo solo su che tipo di bidonata è. - la questione è:ci sono segni e ci sono cose (i linguisti direbbero referenti); qual è il rapporto tra l'arbitrarietà del segno e la concretezza dei referenti? questo è il fondamentale problema della linguistica semantica (cioè che si soccupa del significato delle parole e degli enunciati) e della logica. I logici, da Aristotele in poi, ne hanno dette di tutti i colori, inventandosi anche paradossi come quello di Epimenide, che ti traduco in termini moderne: "questa frase è falsa", evidentemente se è falsa è vera, ovvero si determina quello che gli informatici chiamano loop. Rosario ha ragione a dire che affermare che la verità non esiste significa affermare un'altra verità, quindi l'enunciato è autocontraddittorio. E'la confutazione aristotelica dello scetticismo (ha! che mente fu quella di Aristotele). Tuttavia non bisogna dimenticare che stiamo parlando di enunciati (ed ecco l'importanza delle virgolette): il fatto che io dica "Babbo natale esiste" o "Babbo Natale non esiste" prescinde dal referente Babbo Natale; ci siamo ormai lasciati alle spalle il furbo Anselmo d'Aosta che sosteneva l'esistenza di Dio perché poteva dire "Dio esiste". Infine, quel che volevo sostenere è che ciò che un enunciato dice è vero o è falso solo se è ammesso il giudizio di fatto: "la neve è bianca"? ASpetta che vado fuori a controllare. Perciò non ha senso introdurre il problema della verità referenziale, che riguarda il mondo, il nostro modo di starci, in un testo letterario, che piuttosto ha a che fare con simulacri del mondo. Sarò stato chiaro? mah!
ciao
Tiziano |
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Tiziano
Average Member
Italy
166 Posts |
Posted - 11/12/2012 : 17:53:57
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Pardon, devo aver premuto qualche tasto sbagliato ed è scomparso il nome di Ombra, a cui nel post precedente rispondo da: La questione è....
Tiziano |
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Rosario
Senior Member
Italy
418 Posts |
Posted - 11/12/2012 : 22:58:28
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Tiziano, non capisco perché per te non ha senso introdurre il problema della “verità nel testo”. Hai forse paura? O pensi che la verità non ci riguardi?
Per il resto, personalmente non m’interessano le teorie linguistiche della semiologia post-strutturalista, che soffermando l’attenzione sulle potenzialità semantiche del linguaggio, si disinteressano con scettica noncuranza della sua funzione referenziale-veritativa.
Preferisco, invece, un approccio realistico, che dando poca importanza alle distinzioni tra significati e significanti, cerca di attingere direttamente il “referente” (la verità oggettuale); ovvero una verità antropologica di portata universale in grado di spiegare i comportamenti umani.
Al vagar tra le “stelle”, preferisco il rigirar tra le “stalle”… ove l’uomo dimora e divora la sua vita.
Uno dei principali motivi della creazione artistica è certamente il bisogno di sentirsi essenziali nei confronti del mondo. (Che cos’è la letteratura? J.P. Sartre).
RF |
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ombra
Senior Member
296 Posts |
Posted - 13/12/2012 : 09:11:15
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quote:
Beh, vediamo se prima rispondo a Rosario e poi ad Ombra.
Rosario - per quanto io possa essere sofista tu mi batti: la verità del testo è, io credo, la verità nel testo, nel senso che il testo è la macchina che produce il suo senso. Ma può darsi che mi sbagli, che ad un livello più densamente analitico si possa incontrare una "verità" del testo anteriore al testo, un po' alla Heidegger o alla Blanchot (ho l'impressione che tu sappia di che sto parlando). Ma torniamo alla verità in sé, che m'avrebbe fatto svagare (e ammetto che io sono un gran divagatore). 1. tutto inizia quando citi un brano del racconto in cui Gabriel dice che la verità è una bidonata 2. poi aggiungi che questo è il pensiero di Queneau, ma questa ovviamente è la tua opinione 3. poi aggiungi ancora che si possono cambiare i nomi (dei monumenti o delle persone come Romeo) senza alterare l'essenza della verità, una verità che rimane ben nascosta agli occhi dei nostri personaggi ed estranea alla storia; e aggiungi, citando i versi di Shakespeare che il nome non identifica l'essenza ovvero la verità. Siccome io ho una personale filosofica idiosincrasia per la verità come essenza, è a questo punto che ho cominciato a vagare tra le stelle, perché probabilmente è là che si trova questa Verità (essendo essenziale credo si meriti la v maiuscola). Credo piuttosto che la verità diventi essenziale poiché si commette l'errore, vecchio come il mondo, di ipostatizzare un concetto trasformandolo in una entità (con tutto quel che ne consegue; ti ricordi ad esempio l'astuto Lacan? "Moi, la Verité, Je parle"). Ecco, tutto qui. Potresti replicare: ma allora sei d'accordo che la verità è una bidonata!? Oh, Yes. Discettavo solo su che tipo di bidonata è. - la questione è:ci sono segni e ci sono cose (i linguisti direbbero referenti); qual è il rapporto tra l'arbitrarietà del segno e la concretezza dei referenti? questo è il fondamentale problema della linguistica semantica (cioè che si soccupa del significato delle parole e degli enunciati) e della logica. I logici, da Aristotele in poi, ne hanno dette di tutti i colori, inventandosi anche paradossi come quello di Epimenide, che ti traduco in termini moderne: "questa frase è falsa", evidentemente se è falsa è vera, ovvero si determina quello che gli informatici chiamano loop. Rosario ha ragione a dire che affermare che la verità non esiste significa affermare un'altra verità, quindi l'enunciato è autocontraddittorio. E'la confutazione aristotelica dello scetticismo (ha! che mente fu quella di Aristotele). Tuttavia non bisogna dimenticare che stiamo parlando di enunciati (ed ecco l'importanza delle virgolette): il fatto che io dica "Babbo natale esiste" o "Babbo Natale non esiste" prescinde dal referente Babbo Natale; ci siamo ormai lasciati alle spalle il furbo Anselmo d'Aosta che sosteneva l'esistenza di Dio perché poteva dire "Dio esiste". Infine, quel che volevo sostenere è che ciò che un enunciato dice è vero o è falso solo se è ammesso il giudizio di fatto: "la neve è bianca"? ASpetta che vado fuori a controllare. Perciò non ha senso introdurre il problema della verità referenziale, che riguarda il mondo, il nostro modo di starci, in un testo letterario, che piuttosto ha a che fare con simulacri del mondo. Sarò stato chiaro? mah!
ciao
Tiziano
Grazie Tiziano, ora ho capito il tuo pensiero nei confronti della "verità nel testo". Io la interpreto forse in maniera diversa, erroneamente. Per me la veità del testo sta nel messaggio che si vuol condividere. Grazie ancora.
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